Un recente articolo scientifico, pubblicato dalla rivista Frontiers of Environmental Science & Engineering, fa luce sui gravi danni ambientali che le mascherine anti covid-19 potrebbero causare. Si stima che, nel mondo, vengano utilizzati 129 miliardi di mascherine ogni mese, ossia 3 milioni al minuto. La loro produzione mensile è simile a quella delle bottiglie di plastica, che si ritiene sia di 43 miliardi al mese ma, mentre il 25% di queste ultime viene riciclato, per le mascherine non esistono delle linee guida ufficiali sul riciclo e sullo smaltimento delle stesse ed è più probabile che vengano smaltite come rifiuto solido. Inoltre, gli autori del report spiegano che i materiali con cui queste ultime vengono realizzate sono altamente inquinanti: le mascherine usa e getta sono in plastica, non sono biodegradabili e possono frammentarsi in particelle di plastica minuscole, ossia microplastiche e nanoplastiche che, diffondendosi nell’ambiente, producono un danno enorme. Ma il nuovo pericolo è rappresentato da quelle realizzate con fibre di plastica “microsize” (con spessore da uno a 10 micrometri), che sono più inquinanti poiché rilasciano più microplastiche ad una velocità maggiore. Infine, la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente a causa delle innovative “nanomascherine”, responsabili dell’inquinamento nanoplastico.
Dunque, per evitare che questi dispositivi di protezione rappresentino un nuovo problema, il rimedio momentaneo indicato dagli studiosi è quello di sostituire le mascherine usa e getta con quelle riutilizzabili di cotone, in quanto meno impattanti.