domenica 24 Novembre 2024

L’oblio oncologico è finalmente diventato legge anche in Italia

Chi ha avuto un tumore e ha terminato le cure da più di dieci anni non sarà più costretto a rivelarlo prima di accendere un mutuo, ricevere un prestito, stipulare un’assicurazione o adottare un bambino. Tale periodo richiesto è dimezzato nel caso si tratti di un under 21. Dopo il via libera della Camera, il Senato ha approvato all’unanimità con 139 voti il disegno di legge sul cosiddetto diritto all’oblio oncologico. Sull’applicazione delle disposizioni della legge vigilerà il Garante per la protezione dei dati personali. «Complimenti al Senato, perché abbiamo votato una grande legge», ha detto il presidente di turno, Gian Marco Centinaio. «L’approvazione della legge sul diritto all’oblio oncologico pone l’Italia all’avanguardia in Europa. Si tratta di una battaglia di civiltà che segna la fine di troppe discriminazioni subite finora dai cittadini guariti dal cancro. Siamo orgogliosi di aver contribuito a questo importante risultato», ha dichiarato l’Associazione italiana di Oncologia medica e la Fondazione Aiom.

I punti principali della nuova legge prevedono che, ai fini della stipulazione o del rinnovo di contratti relativi a servizi bancari, finanziari ed assicurativi, non possano essere richieste informazioni relative allo stato di salute della persona fisica concernenti patologie oncologiche il cui trattamento si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di 10 anni alla data della richiesta. Tale periodo viene dimezzato nel caso in cui si tratti di un under 21. Tali informazioni non potranno essere acquisite neanche da fonti diverse dal contraente e, qualora siano comunque nella disponibilità dell’operatore o dell’intermediario, non potranno risultare determinanti per le condizioni contrattuali. Tali procedure vengono estese similmente anche nel caso di adozione di bambini. Per le procedure concorsuali, qualora siano previsti accertamenti di requisiti psicofisici, tali indagini non potranno avere ad oggetto patologie oncologiche risolte da più di 10 anni senza episodi di ricadute. Periodo ridotto anche in questo caso a 5 anni per gli under 21. Inoltre, vengono promosse specifiche politiche attive per assicurare uguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza del lavoro, oltre che nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi. Infine, è previsto un tavolo tecnico del ministero della Salute che lavorerà per ridurre ulteriormente queste tempistiche in base alla differente storia clinica del richiedente.

L’oblio oncologico «è il diritto di chi è guarito dal cancro di non rivelare informazioni sulla pregressa patologia per non subire discriminazioni». Tuttavia, «il nodo fondamentale è stabilire quando un paziente può dirsi guarito», ha dichiarato Elisabetta Iannelli, avvocato vicepresidente dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac). L’avvocato ha precisato che esistono dei parametri condivisi a livello internazionale che però variano in base a molti fattori, tra cui tipo di cancro e tempo trascorso dalla diagnosi. Ha poi spiegato: «Si definisce guarito chi ha la stessa aspettativa di vita delle persone della sua stessa età e del suo stesso sesso che il cancro non l’hanno mai avuto. Insomma si è guariti quando le probabilità dell’ex-paziente di morire per la neoplasia sono ormai pressoché nulle e lui o lei torna ad essere uguale a tutto il resto della popolazione».

Complessivamente, in Italia ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi di cancro. Nel 2022 sono state quasi 391.000 le nuove diagnosi di tumore. I più comuni per gli uomini colpiscono alla prostata, colon e vescica mentre per le donne alla mammella, colon e tiroide. Tuttavia, negli ultimi trent’anni lo sviluppo di nuovi percorsi diagnostici e di cura ha permesso una crescita costante della popolazione guarita da neoplasie, con una crescita che è arrivata fino al 3% all’anno. A cinque anni dalla diagnosi, oggi si stima che 3 persone su 5 siano ancora in vita. In Europa vi sono 20 milioni di persone che hanno superato con successo la malattia, di cui oltre 3 milioni e mezzo solo in Italia.

[di Roberto Demaio]

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