A Bruxelles è attualmente in corso una riunione del Consiglio Europeo per discutere principalmente del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Nell’ordine del giorno è tuttavia presente anche altro, tra cui la delicata questione dei sostegni all’Ucraina, fortemente contrastata dal premier ungherese Viktor Orbán, particolarmente vicino a Putin. Nonostante negate da entrambe le parti, da giorni sembrano essersi aperte trattative per convincere Orbán a riconsiderare il suo veto, ipotesi convalidata dallo sblocco di oltre 10 miliardi di finanziamenti annunciato proprio ieri dalla stessa Commissione. I sussidi europei si rivelerebbero di cruciale importanza per il premier Zelensky, che ha recentemente dovuto ingoiare l’amarissima pillola della mancata conferma degli aiuti da Washington. L’opposizione di Orbán, però, sembra non avere tregua, e si estende anche al “tema allargamento”, derivante da una possibile entrata dell’Ucraina nell’Unione; effettivamente, sul tavolo delle presunte trattative, l’UE si gioca la sua stessa coesione politica oltre che la propria credibilità di fronte al palcoscenico internazionale, mentre sul piatto ungherese ci sono altri 21 miliardi di fondi da sbloccare ulteriormente.
I 10 miliardi che la Commissione ha appena sbloccato all’Ungheria provenivano dai cosiddetti “fondi di coesione” rivolti ai Paesi più in difficoltà dell’Unione, ed erano stati bloccati nel dicembre dello scorso anno, poiché si riteneva che l’Ungheria avesse un sistema giudiziario fortemente illiberale e troppo poco indipendente. Per sbloccare i fondi, il governo ungherese ha portato avanti una riforma del sistema giuridico che, nonostante le contestazioni, ha messo in atto alcune delle richieste della Commissione Europea. Malgrado ciò, secondo il report di Politico, all’Ungheria è ancora negato l’accesso a circa 11,7 miliardi di cui 6,3 bloccati secondo il cosiddetto Meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto, una misura legale che permette a Bruxelles di bloccare i finanziamenti a uno Stato in cui sono in corso violazioni dei principi democratici, che vanno dalla questione della corruzione, alla gestione degli appalti pubblici, fino a sfociare alla efficienza del sistema penale. In aggiunta a essi, vi è un ammontare di circa 10.4 miliardi che dovrebbe provenire dalle misure del PNRR ungherese, fermi a causa delle inadempienze del Paese nell’attuazione dei suoi punti fondamentali.
Per quanto le due parti smentiscano la presenza di trattative, la decisione di sbloccare i finanziamenti fermi dallo scorso anno suggerisce che la Commissione Europea stia portando avanti tentativi di negoziazione con Orbán, comprando di fatto lo scioglimento del suo veto; a questa fresca notizia si aggiungono infatti le molteplici sedute che il premier ungherese ha svolto negli ultimi giorni con i principali leader europei, dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, al francese Macron, fino ad arrivare al leader spagnolo Pedro Sánchez e al nostro Antonio Tajani. Orbán dopo tutto è noto per essere parecchio vicino a Putin, tanto che si è spesso opposto alle sanzioni contro la Russia. In aggiunta a ciò, Orbán si è ripetutamente espresso contrariamente all’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea e al sostegno economico al Paese, posizione che ha ribadito stamattina in una intervista condivisa su X dal suo portavoce Zoltan Kovacs.
Gli aiuti che proverrebbero dalla Commissione e che paiono essere oggetto di trattativa col premier ungherese, ammontano a 50 miliardi di euro, fondamentali per una Kiev in questo momento alla presa di una guerra sanguinaria, e, in aggiunta a ciò, in ginocchio per le troppe spese in programma. Come riporta IlPost, l’Ucraina ha infatti appena approvato nella legge di bilancio lo stanziamento di 39 miliardi finalizzato alle spese militari, soldi di cui il Paese è in questo momento sprovvisto. I 50 miliardi provenienti dalle casse europee si rivelerebbero dunque cruciali per il premier ucraino, soprattutto dopo che si è visto voltare le spalle dagli Stati Uniti, i quali, come si sospettava all’inizio del mese, non hanno confermato il sostegno economico all’Ucraina. Per tale motivo, Zelensky è volato fino agli USA per provare a convincere il Congresso a ritrattare, ritagliando un primo sostegno, tuttavia parecchio inferiore rispetto alle cifre di cui si parlava. Se anche l’Unione Europea dovesse fare mancare il proprio aiuto al Paese, si aprirebbe ufficialmente un altro capitolo di questa lunga guerra, le cui pagine parrebbero essere già scritte.
Dal canto suo, anche l’UE, per quanto non direttamente coinvolta nel conflitto, ha investito parecchio nella guerra, e ha molteplici carte in gioco, che assumono una connotazione fortemente politica. Come riporta direttamente la stessa pagina del Consiglio Europeo, l’Unione ha, finora, messo a disposizione oltre 82 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina e della sua popolazione, tenendo fede alla linea che ha portato avanti dall’inizio del conflitto e alle promesse di fornire al Paese tutto l’aiuto necessario. Di questi, 25 sono stati indirizzati direttamente al sostegno militare, anche se questo non esclude che parte degli altri fondi siano stati utilizzati di fatto per lo stesso scopo. Un eventuale mancato rinnovo degli aiuti, potrebbe andare a minare l’equilibrio interno dell’Unione intaccandone la coesione, soprattutto in questi giorni in cui è riemerso il tema dell’annessione dell’Ucraina, iter ormai avviato dopo la concessione dello status di Paese candidato che l’UE ha fornito allo Stato. Dopo questi due anni di nette prese di posizione, l’Unione ha in ballo una partita che va ben oltre l’urgente questione umanitaria, sempre più al centro dell’attenzione, ma vale lo stesso per l’Ungheria. I fondi bloccati, tuttavia, sono parecchi, e potrebbero rivelarsi un’ottima merce di scambio per comprare il voto di Orbán.
[di Dario Lucisano]