sabato 23 Novembre 2024

Cibo avariato, nessuna igiene e psicofarmaci: chiuso il CPR di via Corelli a Milano

É stato disposto il sequestro d’urgenza della società Martinina srl, azienda che dal 2022 gestiva il centro permanente per il rimpatrio di via Corelli, a Milano. Due settimane fa, l’ispezione della Guardia di Finanza per frode e turbativa d’asta, per la vinta – e non rispettata – gara d’appalto da quasi 4 milioni e mezzo di euro: a finire sotto inchiesta i due amministratori di fatto e di diritto della srl, Consiglia Carus e il figlio Alessandro Forlenza. Ieri, il sequestro. «Cibo maleodorante, avariato e scaduto», «nessuna cura medica e psicologica», «camere sporche», «condizioni igieniche vergognose», un «presidio sanitario gravemente deficitario». Persone senza documenti detenute anche se con tumori al cervello o epilettici, senza le adeguate cure mediche. Migranti con gravi problemi psichiatrici obbligati a restare chiusi in cella per mesi, senza visite psicologiche. Abuso nel dare psicofarmaci ai reclusi per tenerli sotto controllo. Nessuna attività ricreativa né luoghi di culto. Queste le parole di un medico che testimoniano le aberranti condizioni della detenzione dei migranti effettuata dall’azienda, ora indagata per frode “nella esecuzione del contratto di appalto” con “espedienti maliziosi e ingannevoli, idonei” a farlo apparire conforme agli obblighi assunti” per garantire la permanenza “adeguata” ai reclusi.

Secondo i PM di Milano Paolo Storani e Giovanna Cavalleri, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano, gli amministratori di Martinina srl avrebbero prodotto documenti contraffatti – addirittura con firme di persone decedute – per simulare servizi pattuiti con la Prefettura ma mai prestati, o comunque forniti in maniera completamente insufficiente. Un’inchiesta sul gestore del Cpr di Milano di Altraeconomia del 15 novembre aveva fatto emergere numerose altre non conformità dell’azienda, tra cui falsi accordi con Ong e associazioni che avrebbero dovuto svolgere attività nella struttura: campagne di prevenzione della salute inesistenti, servizi di mediazione linguistica-culturale praticamente nulli, falsi protocolli con associazioni sportive. L’altra inchiesta di Altraeconomia, “Rinchiusi e sedati”, aveva mostrato perfettamente gli interessi di spesa medica dell’azienda nel CPR milanese: in cinque mesi la spesa in psicofarmaci é superiore al 60% del totale, di cui oltre la metà ha riguardato il Rivotril, un farmaco autorizzato come antiepilettico ma usato come sedativo.

La società aveva vinto la gara d’appalto per la gestione del centro nel 2022; il 15 dicembre era stata fissata un’udienza su una richiesta di misura interdittiva, per bloccare la possibilità che Martinina potesse vincere altre gare pubbliche in futuro. Nell’inchiesta si é però scoperto che la Prefettura, il 13 novembre, aveva rinnovato il contratto d’incarico all’azienda per tutto il 2024, senza aver fatto nessuna comunicazione alla procura, che aveva chiesto di interdire la società dallo stipulare nuovi contratti con la Pubblica Amministrazione. È nata così l’esigenza da parte dei pubblici ministeri di sequestrare la società – e quindi di fatto il Cpr – per impedirne la gestione da oggi in avanti. Il provvedimento deve ancora essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari; se questo avverrà, il CPR passerà nelle mani di un amministratore giudiziario appositamente nominato.

Il sequestro arriva dopo mesi di inchieste e scandali sui Centri di Identificazione ed Espulsione italiani, dove le condizioni di reclusione delle persone senza documenti sono terribili: cibo scaduto, psicofarmaci nei piatti, condizioni igieniche pessime, nessuna cura medica: in tutti i centri di detenzione italiani si respira la stessa aria. Condizioni che L’Indipendente ha in passato descritto basandosi su testimonianze dei rinchiusi dentro il CPR di Torino. Le aziende che speculano sulla detenzione amministrativa vincono i bandi grazie al meccanismo delle offerte al ribasso, dove chi offre di meno si aggiudica i milioni per la gestione dell’intera struttura. Lo Stato vuole spendere meno soldi possibile per questi centri, e – azioni alla mano – non pare nemmeno così contrario alle condizioni aberranti in cui vengono mantenuti i reclusi. Il Cpr infatti é per lo stato un’arma deterrente, in cui la paura di venire messo all’interno di una di queste strutture vale quanto la detenzione stessa.

Quanto emerge dalle inchieste su via Corelli non può sicuramente essere ridotto a un semplice caso di malagestione di un’azienda: le storie ascoltate sono tipiche di tutti i centri di detenzione, che oggi si vogliono rafforzare e ampliare sul territorio, semplificando anche le procedure di appalto per velocizzarne i tempi, diminuendo ulteriormente i controlli.

[di Monica Cillerai]

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