giovedì 21 Novembre 2024

Rapporto Mediobanca: in 4 anni le Big Tech hanno eluso almeno 50 miliardi di tasse

Nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022, i giganti del web hanno risparmiato oltre 50 miliardi usufruendo della tassazione in Paesi a fiscalità agevolata. È quanto emerge da una ricerca effettuata da Mediobanca, in cui, all’interno di un capitolo specificamente riferito all’Italia, sono stati esaminati i dati dei primi nove mesi dell’anno corrente e del triennio 2019-2022 delle 25 maggiori WebSoft internazionali per ricavi. Il report mette in luce come colossi del calibro di Tencent, Microsoft e Alphabet abbiano in questo modo eluso, rispettivamente, 19,2 miliardi, 12,3 miliardi e 7,1 miliardi. Secondo quanto riportato dall’istituto di credito, nel 2022 è stato tassato in Paesi a regime fiscale privilegiato circa un terzo dell’utile ante imposte delle maggiori aziende mondiali del web.

Nello specifico, per quanto riguarda la scorsa annata il risparmio fiscale ammonta a 13,6 miliardi di euro, con ben 50,7 miliardi cumulati nel quadriennio 2019-2022. Nel 2022, l’aliquota media è infatti pari al 15,1%, inferiore di quasi 7 punti percentuali a quella media calcolata in base al Paese in cui le aziende in questione hanno sede (21,9%). In quei 12 mesi, i giganti del web – 11 dei quali hanno sede negli Usa, 10 in Cina, 2 in Germania, uno in Giappone e uno in Corea del Sud – hanno fatturato in tutto 1.792 miliardi di euro: una cifra che corrisponde al 90% del Pil italiano. A spiccare è il ruolo delle aziende statunitensi, che hanno fatturato il 70% del totale, e quelle cinesi, con il 26%. I colossi Amazon, Alphabet e Microsoft rappresentano oltre la metà dei ricavi aggregati, con Amazon che, da sola, ne concentra più di un quarto. Ad ogni modo, il 2022 ha rappresentato un anno singolare per i Big Tech, che segnano la più bassa crescita dei ricavi dal 2019, con un +9,6% (nel 2020 si era toccato un +20,9% rispetto al 2019 e nel 2021 un +24%, ma il fattore pandemia non è ovviamente secondario).

In tale scenario, non si può non evidenziare il peso della grande sperequazione tra la pressione fiscale in capo alle controllate dei giganti tecnologici ubicate nel nostro Paese e quella delle micro e piccole imprese italiane. Infatti, come attestato da CGIA nel 2020, se nel primo caso essa non supera il 33%, nel secondo arriva al 59%. Praticamente il doppio. Come registrato la scorsa estate dalla stessa CGIA, se nel 2020 le nostre piccole imprese con meno di 5 milioni di euro di fatturato hanno corrisposto all’erario 19,3 miliardi di euro di imposte, nel 2021 le 25 filiali italiane delle maggiori aziende di WebSoft hanno versato solo 186 milioni di euro. Insomma, nonostante si parli di annualità differenti, da queste statistiche emerge come i nostri piccoli imprenditori siano stati chiamati a sborsare 19,1 miliardi in più delle multinazionali del web presenti nella Penisola. Un primo cambio di marcia potrebbe verificarsi nel 2024, quando anche in Italia dovrebbe diventare operativa la Global minimum tax, che inaugurerà l’applicazione dell’aliquota del 15% sugli utili realizzati dalle multinazionali che hanno fatturato più di 750 milioni in almeno due dei quattro esercizi precedenti.

[di Stefano Baudino]

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