sabato 23 Novembre 2024

Depositate le dichiarazioni dei redditi 2023: quanto guadagnano realmente i politici italiani

Sui portali della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, come ogni anno, sono state pubblicate le dichiarazioni dei redditi di parlamentari, leader di partito e membri dell’esecutivo. A ottenere la palma di senatore e leader politico più ricco è Matteo Renzi, con una dichiarazione di 3 milioni e 217 mila euro. Il numero uno di Italia Viva ha superato addirittura il senatore a vita Renzo Piano, che ha presentato una dichiarazione di 2,9 milioni (nel 2021 il suo reddito era di ben 6,3 milioni). Medaglia di bronzo all’ex ministro Giulio Tremonti, di Fratelli d’Italia, con 2,6 milioni. Analizzando lo spaccato complessivo, è possibile che Renzi perda il primo posto come parlamentare più ricco al cospetto di Antonio Angelucci, senatore leghista ma anche editore delle testate vicine al centro-destra Libero, Il Giornale e Il Tempo e ras della sanità privata. Di Angelucci manca ancora la dichiarazione, che l’anno scorso aveva fatto registrare ben 4 milioni e 581 mila euro.

Le dichiarazioni patrimoniali e dei redditi, oltre a quelle inerenti alle spese affrontate per sostenere la propaganda elettorale, sono inserite in un bollettino che viene pubblicato con cadenza annuale dall’Ufficio di Presidenza della Camera, come stabilito dall’articolo 9 della legge del 5 luglio 1982. Anno fortunato, dunque, per il senatore più “discusso” d’Italia Matteo Renzi, che nel 2022 totalizza ben 600mila euro in più rispetto al 2021, quando aveva dichiarato “solo” 2 milioni e 584 mila euro. Se la presidente del Consiglio e leader di Fdi, Giorgia Meloni, dichiara 293.531 euro, di poco sopra i 100.000 si colloca il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. Seguono, a ruota, il segretario della Lega Matteo Salvini con 99.699 euro, Elly Schlein, con 94.725 euro e Carlo Calenda, con 65.291 euro. C’è però da rilevare che, al computo, mancano le dichiarazioni di Antonio Tajani, numero uno di Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi, che nel 2022 aveva dichiarato 54.930 euro, e del leader pentastellato Giuseppe Conte, che lo scorso anno registrava 34.095 euro. Al Senato può fregarsi le mani anche Claudio Lotito, senatore di Forza Italia e, contemporaneamente, presidente della Lazio, con 1 milione e 112 mila euro dichiarati. Ad assediare Renzi, inoltre, potrebbe essere anche la senatrice e avvocatessa Giulia Bongiorno, pure lei eletta nelle file del Carroccio, che lo scorso anno ha dichiarato un reddito di 2 milioni e 928mila euro e di cui manca ancora la dichiarazione.

Tecnicamente, per il loro impegno pubblico, i senatori recepiscono un’indennità mensile netta di 5.304,89 euro, a cui bisogna aggiungere una diaria di 3.500 euro, un rimborso per le spese di mandato di 4.180 euro, nonché 1.650 euro al mese per rimborsi forfettari; i deputati, invece, hanno diritto a un’indennità netta di 5.000 euro al mese più una diaria di 3.503,11, nonché a un rimborso per spese di mandato pari a 3.690 euro e 1.200 euro annui di rimborsi telefonici e da 3.323 fino a 3.995 euro ogni tre mesi per i trasporti. Di base, dunque, i senatori percepiscono 14.634 euro al mese, mentre i membri della Camera ne guadagnano 13.971. Tutto questo al netto dell’incasso relativo all’assegno di fine mandato, che ammonta all’80% dell’importo mensile lordo dell’indennità moltiplicato per il totale degli anni di effettivo mandato.

Nonostante la paga sia decisamente succulenta, come ben testimoniato dai dati riportati, molti parlamentari italiani queste cifre non riescono proprio a farsele bastare. È il caso di Matteo Renzi, re dei paperoni del Parlamento, che da tempo siede nel board del FII Institute, fondazione presieduta dal principe ereditario saudita, attraverso cui incamera un compenso di circa 80 mila dollari. A Riad, così come in molte altre città, tra cui Tokyo, Atene e Londra – con qualche capatina alle Bahamas – Renzi ha incassato lauti cachet in qualità di conferenziere. All’inizio dello scorso anno, un bonifico di 1,1 milioni effettuato il 13 dicembre da Renzi, dal suo conto presso la filiale Bnl del Senato a un altro conto a lui intestato presso un’altra banca, aveva fatto scattare una segnalazione di Bankitalia. Il senatore ha dichiarato di aver incassato quella retribuzione per “prestazioni fornite in qualità di consulente all’Arabia Saudita”. 570 mila euro di quella torta erano direttamente arrivati dalla Royal commission for Al Ula, ente che fa capo al regno saudita che promuove lo sviluppo turistico dell’antica città araba di Al Ula. Il politico è al contempo alla guida della società di consulenza Ma.Re Consulting srl, attraverso cui svolge operazioni mobiliari, immobiliari, commerciali, industriali, bancarie e ipotecarie. Come se non bastasse, Renzi si è accaparrato anche un pezzo di editoria: al momento, infatti, il leader di Italia Viva è direttore del Riformista, noto giornale garantista che ha fatto della battaglia contro i pm – anche quelli che hanno indagato sullo stesso Renzi e i membri della sua famiglia in svariate inchieste – una vera e propria bandiera.

Specie alla luce dei lauti guadagni incassati da parlamentari e ministri per il loro attività pubblica, tante sono le perplessità che queste statistiche inducono a sollevare, in particolare in merito alle regole che stanno alla base delle retribuzioni standard dei parlamentari. Se, infatti, i dipendenti pubblici – come docenti universitari, magistrati e membri delle forze dell’ordine – una volta eletti sono obbligati per legge ad abbandonare momentaneamente la loro occupazione, ciò non accade per professionisti come avvocati (di cui pullulano le Camere), commercialisti, imprenditori e medici, che possono dividere la loro quotidianità e i loro obiettivi professionali tra pubblico e privato. Ricevendo doppi – se non tripli o quadrupli – bonifici a fine mese. Con un fisiologico problema legato al capitolo assenze in Parlamento e un conflitto di interessi latente che riemerge ogni qualvolta siano chiamati a votare su materie che li riguardano direttamente.

[di Stefano Baudino]

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