Nella conferenza stampa tenutasi in occasione dell’avvio ufficiale della presidenza belga nell’Unione Europea, la Presidentessa della Commissione Ursula von der Leyen ha annunciato una tabella di marcia per un’Europa allargata, in vista delle prossime annessioni che vedono coinvolti i Paesi balcanici, Ucraina e Moldova. «Dobbiamo diventare più grandi ma dobbiamo anche migliorare», ha detto von der Leyen, ricalcando le parole dello stesso premier belga Alexander De Croo, che traghetterà l’UE verso il termine della legislatura, in scadenza con le elezioni previste questo giugno. Nel mirino di von der Leyen ci sarebbe il voto all’unanimità che, di fatto, concede il diritto di veto ai Paesi membri su temi cruciali, e che è diventato – ammette la stessa von der Leyen – un argomento di fondamentale importanza per la questione degli aiuti all’Ucraina, recentemente bloccati dal premier ungherese Orbán. In programma, insomma, pare ci siano delle riforme in chiave politica delle istituzioni europee, volte a semplificare e rendere più rapido il processo decisionale, e soprattutto a ridimensionare i poteri in mano ai singoli Stati nazionali, che in questo momento stanno vivendo il momento di massima influenza dei partiti conservatori.
La conferenza stampa si è tenuta in occasione della visita di rito dei commissari europei ai ministri del governo che assume la presidenza del Consiglio, che cambia a rotazione ogni sei mesi coinvolgendo di volta in volta un Paese diverso. Nonostante il Belgio abbia già condiviso un programma generale contenente i punti fondamentali che intende discutere e portare avanti nel suo semestre di presidenza, la proposta di von der Leyen sottoscritta dal premier belga De Croo non veste ancora di alcuna ufficialità e al momento si limita a ruotare nell’orbita delle dichiarazioni. Malgrado manchi ancora una vera e propria proposta corredata di documenti, il contesto in cui arriva, le problematiche che le vengono accostate e in generale l’approccio europeo dell’ultimo periodo sono tutti elementi che ne evidenziano la centralità. Nello stesso programma della presidenza belga, infatti, la questione del “rafforzamento del processo decisionale” appare abbastanza rilevante da meritare uno dei dodici brevi paragrafi del capitolo sulla politica estera, poiché “visti i passi propositivi presi dall’UE per continuare il suo allargamento, essa ha la responsabilità di ripensare i suoi meccanismi decisionali e di accrescere la sua possibilità di parlare con una voce sola”; a ora i Paesi candidati a entrare nell’UE sono Montenegro, Serbia, Macedonia del Nord, Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo (non ancora riconosciuto dalla Serbia), Turchia, Ucraina, Repubblica di Moldova, e Georgia, e, in particolare, i negoziati con i Paesi balcanici, con l’Ucraina e con la Moldova paiono essere sempre più vicini alla realizzazione. Con l’annessione di altri (almeno) sette Paesi l’UE avrebbe bisogno di meccanismi di decisione più snelli, rapidi e veloci, esattamente come sottolineato dal piano belga.
L’annuncio di Von der Leyen e De Croo arriva in un momento particolarmente delicato per l’Europa. Tra la guerra in Ucraina, su cui i Paesi membri hanno preso una netta posizione, e la forte politica di allargamento, le elezioni previste questo giugno possono essere un momento di svolta per il destino dell’Unione. La stessa von der Leyen ha ammesso senza alcuna riserva che il motivo per discutere ora della questione del voto all’unanimità risiede proprio nel carattere di urgenza che contraddistingue la questione ucraina, e che nonostante l’obiettivo sia sempre quello di raggiungere un accordo plenario, «dobbiamo prepararci per altre opzioni operative», e dunque avere pronto un piano B per superare eventuali veti. Il destino dell’Europa è appeso a un filo. Le problematiche in ballo sono parecchie e il prossimo ciclo istituzionale sarà di fondamentale importanza per il futuro dell’Unione. Con la sempre crescente influenza dei partiti conservatori e nazionalisti nei singoli Stati non v’è alcuna certezza che l’Unione possa, mantenendo questo assetto, procedere con la linea politica portata avanti finora, e attuare una riforma del meccanismo decisionale adesso, può risultare efficace per aggirare futuri veti.
[di Dario Lucisano]
Ragazzi, guardate che l’Europa non è un’entità politica a sè stante. è il 51esimo stato degli USA, proprio come le Hawai, solo che là il clima è migliore. Se ne può uscire solo con una guerra di indipendenza, come quella che loro hanno fatto contro gli Inglesi. Freedom forever…
E questa sarebbe un Europa civile, democratica!?!?! La cosa migliore è sciogliere l’Europa in maniera ordinata e coordinata tra i paesi che la compongono. Quest’Europa è un totale fallimento, non è possibile che questi faccendieri ingaggiati dai poteri forti determinino il futuro della popolazione senza che questi siano nemmeno eletti da popolo. Ci stanno portando verso la rovina, il declino, o la gente si sveglia o finisce molto male!
Pare ovvio che se l’Europa lega il suo destino all’Ucraina, allora è spacciata