mercoledì 31 Dicembre 2025
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No a Bassetti a capo dei bandi sulla ricerca: i ricercatori denunciano il conflitto d’interessi

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Conflitti di interesse, credibilità scientifica contestata, ombre sulla gestione della formazione specialistica e sul ruolo pubblico. È su questi punti che si concentra la richiesta di un incontro urgente avanzata dal Comitato per la Tutela della Salute Pubblica alla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. Al centro della contestazione c’è la nomina di Matteo Bassetti alla guida della commissione del MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) che decide la distribuzione dei fondi pubblici per la ricerca. Una scelta che, denunciano ricercatori, medici e oltre settanta associazioni tra cui la Commissione Medico-Scientifica Indipendente, non garantirebbe i criteri di terzietà e trasparenza richiesti.

Non è una polemica personale, sostengono i promotori, ma una questione istituzionale: chi assegna risorse pubbliche deve essere indipendente e inattaccabile. «Nessun incarico pubblico» spiegano, «può essere affidato in presenza di conflitti di interesse dichiarati o di condotte comunque discutibili». Il caso emerge fuori dai riflettori, ma la mobilitazione cresce rapidamente: in pochi giorni le firme della petizione hanno superato quota quattordicimila. Al centro della contestazione c’è quanto dichiarato dallo stesso Bassetti nell’audizione presso la Commissione Parlamentare COVID del 17 novembre 2025, quando ha ammesso che la «collaborazione economica continuativa» con aziende farmaceutiche costituisce «una delle parti del mio lavoro». Una dichiarazione che, secondo i firmatari dell’istanza inviata alla ministra Anna Maria Bernini, configura un conflitto d’interessi incompatibile con un ruolo che comporta la valutazione e la destinazione di fondi pubblici alla ricerca. La normativa è chiara, ricordano i ricercatori, dall’obbligo di astensione in caso di conflitto anche potenziale fino alle linee guida sulla terzietà dei valutatori. Affidare la guida dei bandi a chi intrattiene rapporti economici con soggetti potenzialmente beneficiari dei finanziamenti mina la credibilità dell’intero sistema.

C’è poi la questione della credibilità scientifica. Secondo quanto riportato nel comunicato della Commissione Medico-Scientifica Indipendente, nel solo 2025 Bassetti risulta firmatario di oltre ottanta pubblicazioni scientifiche: «È davvero possibile per un singolo ricercatore contribuire con rigore, supervisione e approfondimento scientifico a un numero tanto alto di studi in così poco tempo?», si chiedono i promotori dell’appello. Il numero così elevato di pubblicazioni suscita perplessità sulla qualità del contributo scientifico e richiama una delle distorsioni più discusse della ricerca contemporanea: l’iperproduttività come valore in sé. Non un merito, ma un sintomo di un sistema che privilegia la quantità alla solidità dei risultati, moltiplicando lavori poco riproducibili e pratiche opache. I firmatari avvertono che istituzionalizzare questo modello attraverso i criteri dei bandi pubblici significherebbe aggravare una crisi già evidente.

A completare il quadro arrivano le segnalazioni sulla gestione della formazione specialistica e le questioni etiche legate al ruolo pubblico. L’Associazione Liberi Specializzandi ha denunciato criticità nella scuola diretta da Bassetti (insufficienza del tutoraggio, turni non supervisionati, carenze formative incompatibili con gli standard richiesti dalla normativa europea), mentre la condanna civile per aver definito il Premio Nobel Luc Montagnier “demente” e “rincoglionito” viene richiamata come elemento incompatibile con il decoro richiesto a un rappresentante istituzionale. Per questo, il Comitato per la Tutela della Salute Pubblica chiede un incontro urgente con il ministro e la revoca della nomina. La richiesta è netta: trasparenza totale sui conflitti d’interesse, criteri rigorosi e automatici di esclusione dai ruoli valutativi, restituzione di credibilità alla ricerca pubblica. La posta in gioco, concludono i promotori, non è un nome ma il futuro stesso dell’indipendenza scientifica nel Paese.

Cina: concluse esercitazioni militari attorno a Taiwan

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La Cina ha annunciato di aver completato con successo le esercitazioni militari attorno a Taiwan, comprendenti anche esercitazioni con fuoco vivo e simulazioni di blocco dei porti e attacchi marittimi da parte dell’Esercito Popolare di Liberazione. Il portavoce del Comando del Teatro Orientale ha dichiarato che le truppe proseguiranno l’addestramento per «contrastare i tentativi separatisti di indipendenza di Taiwan e interventi esterni». L’operazione rappresenta l’ennesima dimostrazione di forza di Pechino nella regione.

Vietato aiutare i palestinesi: Israele mette al bando 25 organizzazioni umanitarie

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Israele ha annunciato che dal 1° gennaio 2026 sospenderà l’attività di oltre 25 organizzazioni umanitarie e caritatevoli internazionali, tra cui Medici senza frontiere, CARE, Oxfam e Caritas, nella Striscia di Gaza. La decisione, ufficialmente motivata dal mancato rispetto di nuove regole di registrazione e trasparenza imposte da Tel Aviv, rischia di ridurre significativamente l’assistenza in un territorio già devastato da una prolungata crisi umanitaria, con gravi carenze di cure mediche, cibo, acqua ed elettricità. Le ONG denunciano l’arbitrarietà delle nuove disposizioni e l’effetto devastante sulla popolazione civile.

Il Ministero degli Affari della Diaspora ha reso pubbliche nuove norme per la registrazione e il funzionamento delle organizzazioni non governative straniere che operano a Gaza. Secondo le autorità di Tel Aviv, le regole – che richiedono dettagliate informazioni su personale, finanziamenti e attività – mirano a evitare che elementi collegati a gruppi armati, come Hamas, possano sfruttare i canali umanitari per fini militari o logistici. Israele ha affermato che le organizzazioni che non ottemperano a questi requisiti non potranno più operare nella Striscia, e che l’impatto complessivo sul flusso di aiuti sarà contenuto grazie all’impiego di ONG “autorizzate”. Le nuove regole implicano anche l’uscita delle ONG dai territori di Israele e Gerusalemme entro marzo 2026, un passo che alcune organizzazioni definisconoesproprio burocratico” della loro presenza storica nella regione.

Tel Aviv ha anche accusato Medici senza frontiere (MSF), una delle più grandi organizzazioni sanitarie che operano a Gaza, di non aver chiarito i ruoli di due membri del personale che, secondo Israele, avrebbero avuto «legami con organizzazioni terroristiche». MSF ha respinto tali accuse, dichiarando che «non assumerebbe mai consapevolmente persone impegnate in attività militari». Non è la prima volta che Israele cerca di reprimere i gruppi umanitari internazionali. In passato ha accusato – senza fornire alcuna prova – l’Agenzia delle Nazioni unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) di collusioni con Hamas – accuse respinte dall’ONU – fino a vietarne l’operatività a gennaio e favorendo il taglio dei fondi statunitensi nel 2024.

La decisione israeliana arriva in un contesto in cui Gaza affronta condizioni di vita estremamente difficili. Dopo anni di conflitto e blocchi che hanno colpito infrastrutture vitali, la popolazione civile dipende in larga misura dall’assistenza internazionale per l’accesso a servizi sanitari, acqua potabile, cibo e beni di prima necessità. Medici senza frontiere, ad esempio, ha messo in guardia che la revoca della registrazione rischia di privare centinaia di migliaia di persone di cure mediche salvavita, in un sistema sanitario già distrutto: «Se le organizzazioni umanitarie indipendenti ed esperte perdessero la possibilità di operare, ne conseguirebbe un disastro per i palestinesi». Le ONG definiscono arbitrarie le nuove regole israeliane e avvertono che la richiesta di dati sul personale può mettere a rischio la sicurezza degli operatori; respingono ogni accusa di legami armati e, insieme a osservatori internazionali, interpretano la misura come un tentativo di colpire chi documenta la crisi di Gaza e le violazioni dei diritti umani legate all’occupazione.

La decisione di sospendere le attività delle ONG umanitarie non è passata inosservata sulla scena internazionale. Ministri degli Esteri di diversi Paesi, tra cui Regno Unito, Francia e Canada, hanno espresso profonda preoccupazione per le conseguenze che la messa al bando delle organizzazioni potrebbe avere sui civili e hanno sollecitato Israele a favorire l’accesso umanitario e a rivedere i criteri che regolano l’assistenza, ribadendo l’importanza di un flusso ininterrotto di aiuti verso Gaza. Alcune nazioni hanno richiamato l’attenzione sulla definizione di “beni a duplice uso” – spesso utilizzata da Israele per limitare l’ingresso di materiali – e sull’irrigidimento delle procedure doganali che rallentano l’arrivo dei rifornimenti. Le organizzazioni umanitarie avvertono che l’esclusione delle ONG indipendenti rischia di compromettere in modo irreversibile l’assistenza e di ridurre la visibilità internazionale della crisi, affidando gli aiuti a canali sempre più opachi e politicizzati.

Chico Forti ottiene il permesso per lavorare fuori dal carcere

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Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha concesso a Chico Forti il permesso di lavorare fuori dal carcere di Verona, applicando l’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario. Forti potrà uscire per frequentare un corso di formazione professionale per pizzaioli, svolgere attività di volontariato con anziani e insegnare windsurf a persone con disabilità. La decisione arriva dopo che una precedente richiesta di liberazione condizionale era stata respinta a settembre. Già nei mesi scorsi aveva ottenuto permessi per frequentare le aule studio e visitare la madre a Trento.

I professori della propaganda: come l’UE foraggia scuole e università per creare consenso

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Dopo aver scoperchiato, con The EU’s Propaganda Machine, il ruolo delle ONG e dei think tank come megafoni dell’imperialismo culturale di Bruxelles, e con Brussels’s Media Machine il gigantesco apparato attraverso cui la Commissione e il Parlamento Europeo comprano il consenso della stampa con i soldi dei cittadini, il giornalista e ricercatore italiano Thomas Fazi torna a colpire con il suo terzo dossier, Professors of Propaganda. How the EU’s Jean Monnet Programme corrodes academia. Con questo studio, pubblicato per il think tank MCC Brussels, si conclude la trilogia sulla propaganda dell’UE...

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Perù, scontro tra treni per Machu Picchu: un morto e 30 feriti

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Un grave incidente ferroviario ha colpito la tratta turistica che porta a Machu Picchu, in Perù: due treni passeggeri si sono scontrati frontalmente nel martedì pomeriggio nei pressi di Pampacachua, lungo la linea tra Ollantaytambo e la celebre cittadella Inca. La vittima è il macchinista di uno dei convogli, un uomo di 61 anni. Almeno 30 persone, tra cui numerosi turisti stranieri, sono rimaste ferite e sono state trasportate in ospedali della regione di Cusco; circa 20 sarebbero in condizioni serie secondo le autorità. La collisione ha interrotto il traffico ferroviario sulla tratta. Le cause dell’incidente sono ora oggetto di indagine da parte della polizia e delle autorità locali.

Come è andato L’Indipendente nel 2025: resoconto ai lettori

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Come ogni anno condividiamo con voi i risultati del 2025 e vi raccontiamo com’è andata per L’Indipendente. Lo facciamo per trasparenza verso chi ci legge e soprattutto verso i nostri abbonati: siete voi, ogni giorno, a rendere possibile la crescita di questo progetto nato meno di cinque anni fa come un’utopia – un media senza padroni e senza sponsor. In un panorama fatto di crisi di bilancio, dismissioni e chiusure, rivendichiamo con orgoglio che L’Indipendente continua a essere una realtà solida e controcorrente, che lavora ogni giorno sia per diventare una realtà giornalistica sempre più forte e completa, sia per effettuare scelte coerenti con l’attività di denuncia e creazione di consapevolezza che porta avanti.

I numeri, per quanto freddi, dicono molto. Il 2025 si chiude con quasi 4.000 articoli pubblicati e oltre 20 milioni di lettori raggiunti, più di 200 focus di approfondimento, decine di inchieste esclusive, interviste e reportage da tutto il mondo. Siamo tra i pochissimi media italiani con un corrispondente fisso dalla Palestina occupata, oltre che in altre aree del mondo.

Quest’anno abbiamo anche lanciato nuovi progetti. Il primo è il nuovo mensile de L’Indipendente: 80 pagine di contenuti esclusivi in una rivista rilegata da leggere e conservare. Dentro ci sono inchieste che svelano i lati oscuri del potere e dell’industria, guide per un consumo critico, reportage e approfondimenti per capire meglio il mondo che ci circonda.

Il mensile de L’Indipendente, ogni mese 80 pagine di contenuti inediti e d’inchiesta

Abbiamo poi rafforzato la collana dei libri con due pubblicazioni importanti: Manuale di autodifesa alimentare e Boicottare Israele. Due guide di consumo critico diverse ma complementari: la prima per riconoscere le bugie del marketing e nutrirsi con consapevolezza; la seconda per dare peso politico alle scelte quotidiane e contribuire a porre fine all’occupazione della Palestina. Boicottare Israele ha ottenuto un risultato notevole nella saggistica italiana, superando le 10 mila copie vendute.

Infine, abbiamo portato a termine due iniziative di cui siamo particolarmente orgogliosi perché rappresentano quello che vogliamo essere: un giornale libero e autorevole e anche un’azienda responsabile che prova a mettere in pratica il cambiamento. Siamo diventati soci di Banca Etica, trasferendo i nostri conti nell’unica banca italiana che non investe nel settore bellico, nell’industria fossile e in attività che violano i diritti umani e dei lavoratori. E dal 16 al 22 giugno abbiamo destinato tutti i proventi dei nuovi abbonamenti all’ospedale Al-Awda di Gaza: la vostra risposta è stata straordinaria e ci ha permesso di raccogliere oltre 52 mila euro, utilizzati per salvare vite in uno dei pochi ospedali rimasti in funzione durante il massacro israeliano.

Una conferma magnifica di come attorno a L’Indipendente si sia creata una straordinaria comunità di lettori che sanno ragionare criticamente e agire nel senso della giustizia.. Tutto questo è possibile solo grazie a voi. Con il vostro sostegno possiamo esistere, crescere, migliorare. Auguriamoci insieme un 2026 ricco di soddisfazioni: noi speriamo di condividerlo con ognuno di voi, perché ogni giorno rendete concreto un progetto che in Italia sembrava impossibile: costruire un grande giornale libero e senza padroni.

E per l’anno nuovo sono già diverse le novità molto importanti che stiamo preparando, ma per ora niente anticipazioni…

54 milioni per lavorare al Sud: la Sicilia prova a fermare la fuga dei giovani

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La Regione Sicilia ha deciso di investire in modo strutturale sul south working, cioè la possibilità di lavorare per aziende con sede fuori dall’Isola continuando a vivere e risiedere in Sicilia. La misura, inserita nella nuova Finanziaria regionale, mette sul piatto 54 milioni di euro in tre anni per incentivare le imprese che assumono o stabilizzano lavoratori siciliani permettendo loro di svolgere l’attività da remoto sul territorio regionale. Con l’obiettivo da una parte di contrastare l’emigrazione dei giovani qualificati, dall’altra di riportare competenze nell’Isola senza costringerle a...

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Soldi dai palestinesi italiani ad Hamas? Le tante cose che non tornano

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Sono oltre trent’anni che la solidarietà al popolo palestinese finisce nel mirino degli inquirenti italiani. Per Mohammed Hannoun, presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia (API) e fondatore dell’Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese (ABSPP), quello attuale costituisce il terzo procedimento nel quale si trova coinvolto con l’accusa di aver sostenuto, in un modo o nell’altro, il terrorismo. Le indagini precedenti si sono concluse in un nulla di fatto, con due richieste di archiviazione. E quelle attuali, che hanno portato lo scorso 28 dicembre al suo arresto, insieme ad altre nove persone, sembrano poggiare sul terreno scivoloso del “caso politico”, come lo ha definito uno degli avvocati di Hannoun. Le accuse, infatti, provengono tutte da Israele e dal suo esercito, l’IDF. Non vi è alcun riferimento, nelle centinaia di pagine del tribunale di Genova, al fatto che si tratti di uno Stato accusato di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia, fattore che dovrebbe come minimo inficiare l’affidabilità delle affermazioni. Allo stesso modo, non vi è traccia di prove schiaccianti contro Hannoun e l’ABSPP.

La criminalizzazione della solidarietà con il popolo plaestinese è una carta che Israele ha cercato di giocarsi in più occasioni, con risultati scarsi, se non nulli. Dall’ottobre 2023, sono molteplici le occasioni in cui organizzazioni che operano a favore dei palestinesi sono state accusate da Tel Aviv di complicità con il terrorismo. Il governo israeliano ci ha provato con l’UNRWA, ma ci ha poi pensato l’ONU ha stroncare ogni accusa, sottolineando come non esistessero prove al riguardo. Era stata anche diffusa la teoria secondo la quale gli ospedali di Gaza fossero in realtà basi terroristiche utilizzate da Hamas, anche questa non supportata da alcuna prova al riguardo. È successo anche con la Global Sumud Flotilla, che Israele ha accusato di avere legami diretto con Hamas – accuse mai dimostrate. E nella giornata di oggi Tel Aviv ha fatto sapere che per il 2026 non saranno rinnovati i permessi di decine di ONG straniere operanti a Gaza, proprio per problematiche relative a trasparenza riguardo la provenienza dei fondi.

In questo contesto si inserisce il procedimento contro Hannoun. Le prime accuse di complicità con Hamas (nata nel 1987) gli vengono rivolte già nel 1991. Ma i due procedimenti penali nei quali si troverà coinvolto, nel 2006 e nel 2010, si chiuderanno entrambe le volte in un nulla di fatto e due richieste di archiviazione. Eppure, il 18 ottobre 2023, pochissimi giorni dopo l’attacco di Hamas e l’inizio dell’offensiva militare israeliana a Gaza, la Digos ricomincia a indagare. Le ipotesi di reato sono di finanziamento con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere, con l’aggravante di istigazione o apologia di delitti di terrorismo. La teoria è che i soldi raccolti tramite ABSPP, invece che finire ai palestinesi bisognosi, finiscano in realtà in mano al braccio armato di Hamas, il quale li impiegherebbe per compiere azioni terroristiche. Il materiale viene raccolto tramite intercettazioni telefoniche, ambientali, informatiche, acquisizione di immagini di videosorveglianza, analisi patrimoniali e finanziarie. Sono state condotte anche attività “sotto copertura”, che hanno permesso di estrarre 4 terabyte di informazioni dai computer di ABSPP. Nel frattempo, ad indagare sono anche gli Stati Uniti. Nel 2024, il Dipartimento del Tesoro USA designa Hannoun come membro di Hamas e dichiara l’ABSPP «organizzazione benefica fittizia», il cui vero scopo sarebbe quello di raccogliere soldi per finanziare l’ala militare di Hamas.

A supportare le indagini del tribunale di Genova vi sono documenti che sono stati forniti da Tel Aviv e dall’IDF, l’esercito israeliano che sta conducendo un genocidio nella Striscia di Gaza e supportando le violenze dei coloni in Cisgiordania. La normativa italiana non regola espressamente l’acquisizione, nei procedimenti penali, di atti extraprocessuali acquisiti grazie ai canali della cooperazione. Tuttavia, si ritiene “significativa” la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, secondo la quale le informazioni raccolte nelle zone di conflitto sono utilizzabili nei processi se raccolte “in modo conforme allo Stato di diritto e ai diritti umani”. Non è specificato in che modo l’IDF, esercito di uno Stato coinvolto in un processo per genocidio presso la Corte di Giustizia Internazionale, abbia raccolto le informazioni che avrebbe a disposizione sul sostegno di Hannoun al “terrorismo”.

Secondo le accuse, “pare possibile affermare” che oltre il 70% dei soldi raccolti da ABSPP siano stati devoluti ad associazioni collegate ad Hamas. Ed è la stessa pm Carpanini a scrivere che Hamas è “un’organizzazione unitaria”, dove l’ala politica non è separabile nettamente da quella militare. I finanziamenti provenienti dall’estero, dunque, “non possono essere sicuramente distinti”: ovvero, non è possibile sapere con certezza se eventuali soldi versati ad Hamas siano effettivamente andati al “braccio armato” del gruppo.

Il contesto nel quale il tribunale inserisce i fatti è quello dell’attacco del 7 ottobre, sul quale tuttavia non esiste ancora una verità giudiziaria, in quanto Israele ha annunciato indagini ufficiali al riguardo solamente una settimana fa, ad oltre due anni dagli eventi. E i documenti del tribunale, infatti, citano informazioni ricavate da “organi di stampa” e tutto quanto è stato ricostruito, dalla “ingente disponibilità di uomini” alle “capacità superare difficoltà di pianificazione e strategica”, fino alla disponibilità di “ingenti risorse finanziarie” che “presuppongono importanti canali di finanziamento”, è tutto frutto di ricostruzioni giornalistiche israeliane. E se da un lato, nelle trenta pagine di ricostruzione della storia del movimento di Hamas – ovviamente non utili ai fini processuali – viene sottolineato come l’obiettivo del gruppo sarebbe quello di “distruggere Israele”, vengono ampiamente sorvolate le innumerevoli e ampiamente documentate dichiarazioni pubbliche di esponenti dell’attuale governo di Tel Aviv che invocano il massacro dei civili palestinesi, inclusi i bambini, a prescindere dal loro coinvolgimento nei fatti del 7 ottobre.

 

Imam di Torino, i giudici nisseni confermano il no all’espulsione

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La Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato il no all’espulsione immediata di Mohamed Shahin, imam di Torino colpito da un provvedimento del ministro dell’Interno. I giudici hanno respinto il ricorso dell’Avvocatura dello Stato, ribadendo che Shahin deve essere considerato richiedente asilo e non può quindi essere rimpatriato in attesa della definizione della sua posizione. L’espulsione era stata disposta per dichiarazioni in cui definiva Hamas un movimento di resistenza e contestualizzava i fatti del 7 ottobre. Già a dicembre la Corte d’Appello di Torino ne aveva ordinato la liberazione dal CPR, giudicando le sue affermazioni legittime espressioni di pensiero.