sabato 20 Dicembre 2025
Home Blog

C’è chi dice no: l’esercito di disertori in Russia e Ucraina

0

Sono centinaia di migliaia, giovani, vecchi, russi e ucraini, sulle divise stemmi diversi, ma un’unica, identica promessa: non vogliono uccidere, e non vogliono morire, per una guerra in cui non credono. Eccolo, l’esercito dei disertori, una marea di uomini che sta mettendo in crisi gli Stati di Putin e Zelensky, da entrambi i fronti di quella guerra che sempre più cittadini non vogliono combattere. La linea del fronte divide le almeno 335mila persone che dal febbraio 2022 a oggi hanno rifiutato di imbracciare le armi o sono fuggite dalle caserme; ma le conseguenze, in Ucraina e in Russia, per...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Epstein file, pubblicati nuovi documenti: individuate oltre 1.200 vittime

0
A ridosso della scadenza fissata dal Congresso, il Dipartimento di Giustizia USA ha pubblicato migliaia di documenti sul caso di Jeffrey Epstein, imprenditore condannato per abusi sessuali e traffico internazionale di minori e morto in carcere nel 2019. I file comprendono centinaia di foto e video, una rubrica telefonica di quasi 100 pagine e i nomi – oscurati – di 1.200 giovani donne abusate. La documentazione risulta ampiamente censurata per tutelare le vittime. Dalle carte emergono foto di Epstein con volti noti, tra cui Bill Clinton, Noam Chomsky e Bill Gates; i riferimenti a Donald Trump sono limitati a una denuncia del 2020 su presunti fatti avvenuti negli anni Novanta.

La parola e l’icona: considerazioni sulla cultura russa

0

Tutto comincia forse con una particolare accezione dell’invisibile che si presenta come prosecuzione di quella visione medievale per cui le cose sensibili sono immagini delle cose invisibili. Viene così messa in campo una speciale percezione, una speciale consapevolezza di realtà che sono simultanee. Si tratta di una concezione di stampo neoplatonico che quasi trasforma il guardare in una visione, con una sua forza creativa capace di orientare la comprensione umana: nella convinzione che tanto gli esseri incorporei quanto gli oggetti inanimati rispecchiavano gli eventi umani e potevano influenzarli.

Su questa base si viene ad affermare uno speciale statuto delle forme espressive, per cui si può dire che le parole si vedono, le icone (cioè le immagini sacre) si ascoltano. Nella versione romanzesca del film di Andrej Tarkovskij sul pittore di icone Andrej Rublëv (1992)  si incontra la battuta di un monaco il quale, contemplando l’icona resa scintillante dall’olio di lino, afferma estasiato che osservandola si possono ascoltare i pensieri di quei divini personaggi.

Nella cultura russa dell’Otto e del Novecento, erede intramontabile di una concezione arcaica, fondamentale è cogliere lo speciale statuto della realtà a cominciare dalla dimensione concreta della parola. Quella parola che, ad esempio in Pavel Florenskij, è paragonata a un organismo vivente; essa non trasferisce soltanto pensieri, non raffigura soltanto oggetti e stati di cose. Nella parola, secondo Florenskij, si condensa l’energia della volontà, dell’attenzione, in generale della vita interiore dell’uomo. Lo stesso Majakowskij nella sua poesia fa rivivere l’idea che nella parola si nasconda l’atto creativo: e dunque la parola è insieme tradizione e rivoluzione, ordine e disordine, concretezza e fantasia: di conseguenza i miti e le fiabe si perpetuano nei testi e nei racconti accanto alle nuove invenzioni artistiche.

La svolta cruciale della rivoluzione bolscevica porterà molti esponenti della intelligencija ad aderire anche entusiasti ma poi a tentennare, a retrocedere per finire poi con Stalin vent’anni dopo a essere perseguitati e soccombere nei gulag.

I contributi al riguardo nella cultura russa sono innumerevoli e soltanto apparentemente contrastanti. Lo stesso Nikolaj Berdjaev, esponente di punta del cosiddetto anarchismo cristiano, sostiene, ad esempio, che in Dostoevskij le idee si incarnano in parole come «destini dell’essere, come elementari energie infuocate» e che, sul piano storico, si confrontano incessantemente un tempo divino e un tempo terreno, il dominio di Dio e quello di Cesare.

La cultura russa, insomma, come forza che gestisce conflitti e contraddizioni e che Michail Bachtin, sorprendeva nel Rinascimento a colmare e far esplodere questo conflitto di valori con il grottesco, con la irrisione del potere, che nell’opera di Rabelais, a suo parere, aveva trovato il proprio apice. Il retaggio umanistico neoplatonico va dunque ad urtare contro il realismo corporeo delle rivolte linguistiche popolaresche. Il grande linguista Roman Jakobson, con il suo collega etnografo Pëtr Bogatyrëv giravano curiosi ed entusiasti nei mercati popolari, ai tempi della Rivoluzione, per cogliere le urla dei mercanti ma poi Jakobson si gettava ad analizzare con passione e competenza i grandi poeti.

In ultima analisi, la parola va sottratta ai suoi automatismi, al suo essenziale ma riduttivo compito di comunicare e deve diventare una dea alata, come quelle didascalie che nelle icone contrassegnavano i santi, la Madonna e il Signore non come figure di una composizione ma come parvenze espressive, parole della Parola, immagini libere da qualsiasi destino predeterminato.

Maxi-operazione antidroga in diverse province: 384 arresti

0

Una maxi operazione della Polizia di Stato contro la criminalità diffusa e lo spaccio di droga è stata condotta nelle scorse ore in diverse province con il coordinamento del Servizio centrale operativo e il coinvolgimento delle Squadre mobili. Il bilancio è di 384 arresti e 655 denunce, con il sequestro complessivo di circa 1.400 chili di sostanze stupefacenti: 35 chili di cocaina, 1.370 di cannabinoidi e un chilo di eroina. Identificate oltre 95mila persone, tra cui più di 10.800 minorenni. Sequestrate anche 41 armi da fuoco, 80 armi bianche e oltre 300mila euro in contanti. Effettuati controlli su oltre 300 cannabis shop, con cinque sequestri, tre arresti e 141 denunce.

Manovra, il governo nel caos conferma la norma sull’oro di Bankitalia e il bonus alle paritarie

0

Dopo ore di caos parlamentare, con la maggioranza che ha sfiorato la crisi per lo scontro sulle pensioni, la commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera a due misure simbolo: la dichiarazione che l’oro della Banca d’Italia «appartiene al popolo» e un nuovo contributo per le famiglie che scelgono le scuole paritarie. Mentre il maxi-emendamento governativo viene smembrato e la stretta previdenziale stralciata, queste due norme trovano spazio nella Manovra, insieme ad altre misure su difesa, tassazione e affitti brevi, a testimonianza delle priorità che l’esecutivo ha voluto difendere nell’intenso vortice delle trattative. Le quali, in realtà, hanno mostrato una maggioranza molto meno coesa di quanto si voglia far apparire.

Il clima in commissione è teso, dopo il braccio di ferro che ha portato al ritiro dell’intero pacchetto pensioni. In questo contesto, l’approvazione della norma sull’oro assume un valore politico e simbolico, celebrata con enfasi dai relatori di maggioranza. Il testo, riformulato dal governo, sancisce che «le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono al Popolo italiano», inserendo tuttavia riferimenti al rispetto dei trattati europei. Il senatore Claudio Borghi (Lega) definisce il passaggio «un momento molto importante, una mia battaglia di 11 anni», mentre il collega di Fratelli d’Italia Guido Liris parla di «una grande vittoria di una battaglia storica portata avanti da Giorgia Meloni». Accanto alla questione aurea, trova conferma il contributo per le scuole paritarie. La misura stabilisce un sostegno fino a 1.500 euro per le famiglie con Isee entro i 30mila euro, i cui figli frequentino una scuola paritaria secondaria di primo grado o il primo biennio delle superiori. Il beneficio, determinato con scaglioni inversamente proporzionali al reddito, avrà un tetto di spesa di 20 milioni di euro per il 2026. I dettagli operativi saranno definiti con un decreto del ministro dell’Istruzione.

Il via libera in Commissione ha riguardato una moltitudine di altri emendamenti. Tra i più significativi spicca quello a sostegno dell’industria della difesa, che autorizza i ministeri competenti a individuare con decreto «attività, aree e relative opere e progetti infrastrutturali» per «l’ampliamento, conversione, gestione e sviluppo delle capacità industriali della difesa», finalizzate alla produzione di materiale bellico. Sul fronte fiscale, il pacchetto include misure variegate: il testo prevede aumenti delle aliquote della cosiddetta Tobin tax sulle transazioni finanziarie — con incrementi che, per alcune categorie di operazioni, portano ad esempio dallo 0,2% allo 0,4% — l’introduzione di una tassa fissa di 2 euro sui piccoli pacchi extra-Ue di valore fino a 150 euro e un incremento del prelievo sulle banche pari a 605 milioni per i prossimi due anni. Passa inoltre una revisione sulle affitti brevi: la cedolare secca resta prevista per gli affitti di breve durata sui primi immobili destinati a tale attività, mentre dal terzo immobile scatterà la presunzione di attività d’impresa; in alcuni passaggi del dibattito si è fatto riferimento a aliquote diverse per le unità ulteriori, fino a un livello indicativo del 26%.

Tra le misure ridimensionate o escluse figurano i tagli previsti al Piano Casa per il 2026, l’ipotesi di adesione automatica alla previdenza complementare per i nuovi assunti e il contributo di 1,3 miliardi chiesto inizialmente alle compagnie assicurative, che è saltato. L’iperammortamento viene stabilizzato su un orizzonte triennale, Transizione 4.0/5.0 è rimodulata e condizionata a investimenti su beni «Made in Italy», mentre la rimodulazione delle norme su banche, deducibilità e dividendi rimane una partita tecnica aperta. A ogni modo, giorno dopo giorno, la tenuta della maggioranza si fa evidentemente sempre più sfilacciata, a causa di evidenti differenze di vedute che sembrano già anticipare il clima della prossima campagna elettorale.

Quello approvato in commissione è il punto di arrivo di un percorso segnato da tensioni e contestazioni. La norma sull’oro era stata presentata a fine novembre e criticata dalla Banca centrale europea all’inizio di dicembre, quando la BCE ha espresso un parere formale che richiamava Roma al rispetto dei Trattati e alla necessità di non mettere in discussione l’indipendenza della banca centrale: di qui la riscrittura del testo governativo per inserire i caveat richiesti. Allo stesso modo, il contributo per le paritarie — proposto come sostegno alle famiglie «di ceto medio» — aveva sin da subito suscitato le critiche delle opposizioni, che lo hanno definito un «regalo» agli istituti privati e hanno rilanciato il tema della tutela del sistema scolastico pubblico. L’approvazione di entrambe le misure, nonostante le obiezioni tecniche e politiche, segna la volontà dell’esecutivo di chiudere due battaglie simboliche.

Cortina ’26: l’inchiesta archiviata che mostra gli effetti della fine dell’abuso d’ufficio

0

Un’inchiesta su oltre trenta assunzioni anomale nella Fondazione Milano Cortina 2026, l’ente che organizza le prossime Olimpiadi invernali, si è scontrata con un muro giuridico e sarà archiviata. La Procura di Milano ha infatti chiesto al giudice delle indagini preliminari di chiudere il fascicolo. Interessante è però la motivazione: ciò è stato fatto non perché non siano state riscontrate opacità – che sono invece assolutamente confermate – ma perché la fattispecie principale per cui si indagava, l’abuso d’ufficio, «non è più previsto dalla legge come reato». Il caso, che coinvolge assunzioni di figli di esponenti politici e parenti di grandi manager, diventa così uno dei più emblematici esempi delle conseguenze pratiche dell’abolizione di quel reato, sancita dalla riforma che porta la firma del Guardasigilli Carlo Nordio.

Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, hanno messo sotto la lente 35 posizioni lavorative. Gli inquirenti hanno rilevato una «mancanza di trasparenza in oltre 30 contratti», attestando che le procedure di selezione siano state caratterizzate da segnalazioni «caldamente» inoltrate da «esponenti pubblici». In un passaggio della richiesta di archiviazione, si legge che la carente applicazione dei principi di trasparenza «ha alimentato, a partire dagli organi di informazione, sin dai primi mesi di operatività, i dubbi circa malsani fenomeni di favoritismo, nepotismo o clientelari». A parlare chiaro sono state anche le parole dell’ex amministratore delegato della Fondazione, Vincenzo Novari, ascoltato dai pm. L’uomo ha descritto un clima di pressioni costanti: «Ogni settimana arrivavano pacchi di curriculum… Politici, non politici, imprenditori, amici, figlio, cugino, chiunque c’aveva qualcuno da portarmi».

Tra i casi più noti figurano l’assunzione di Lorenzo Cochis La Russa, figlio del presidente del Senato, e di Livia Draghi, nipote dell’ex premier Mario Draghi. Su quest’ultima, Novari ha specificato che il suo nome fu caldeggiato dal presidente della Fondazione, Giovanni Malagò, ma che «era esattamente il profilo che stavo cercando». Sul figlio di La Russa, invece, ha raccontato: «Il padre mi ha detto “Fai come vuoi“, quindi non c’era alcun tipo di pressione». Oltre ai criteri di selezione, gli investigatori hanno segnalato «l’esistenza di alcuni benefit, difficilmente giustificabili». Nel contratto di Livia Draghi, ad esempio, è stata riscontrata «l’aggiunta» del «rimborso integrale biglietti aerei e ferroviari per la tratta Milano-Roma, andata e ritorno, per 3 mesi dall’inizio del rapporto, Sim e portatile aziendale». Per un altro assunto, Antonio Marano, è stata notata la circostanza della «vettura con autista a spese della Fondazione», di cui l’attuale ad Andrea Varnier «si lamenta con Malagò» in una conversazione intercettata.

Nonostante questo quadro, I pm — Francesco Cajani e Alessandro Gobbis, con l’aggiunta di Tiziana Siciliano — hanno redatto una richiesta di archiviazione di 92 pagine che ora attende l’esame della gip Patrizia Nobile. Nel documento si prende infatti atto che l’abuso d’ufficio, fino a poco tempo fa lo strumento privilegiato per perseguire condotte di favoritismo nella pubblica amministrazione, è stato abrogato dalla riforma penale nota come legge Nordio. Contemporaneamente, i magistrati ritengono non perseguibile la turbativa per le selezioni di personale, «in quanto le gare sono riferite solo alle procedure comparative relative alla acquisizione di beni e servizi e non a quelle relative all’assunzione di personale». L’archiviazione evidenzia un paradosso: le indagini hanno documentato anomalie, opacità e benefici difficilmente giustificabili, ma la modifica normativa ha ridotto la leva penale a disposizione per sanzionarle. Per questo motivo gli atti sono stati trasmessi alla Corte dei Conti, affinché valuti possibili profili di danno erariale e responsabilità amministrativa; resta aperto inoltre il fronte degli appalti e delle fatture tra la Fondazione e fornitori esterni, al centro di altri filoni d’inchiesta e di una questione più ampia sulla natura pubblica o privata dell’ente, attualmente sottoposta alla Corte costituzionale.

L’abuso d’ufficio (ex art. 323 c.p.) fungeva da “clausola generale” che puniva, in via residuale, qualsiasi condotta di un pubblico ufficiale che, violando leggi o regolamenti, arrecasse un danno ingiusto o procurasse un ingiusto vantaggio. La sua abolizione, con la riforma Nordio, ha quindi provocato la rimozione di questo strumento penale di ampio spettro. Il caso delle assunzioni nella Fondazione Milano Cortina ne è un esempio concreto: condotte descritte come opache e potenzialmente clientelari, ma non inquadrabili in altri delitti specifici, non possono più essere sanzionate penalmente. La riforma crea così un vuoto di tutela penale rispetto a una vasta area di comportamenti amministrativi irregolari, spostando l’onere dell’accertamento e della eventuale sanzione verso sedi diverse, come quella contabile presso la Corte dei Conti.

Siria, gli USA bombardano decine di basi e strutture dell’ISIS

0

Gli Stati Uniti hanno compiuto raid aerei contro l’ISIS in Siria. L’esercito ha riferito di aver colpito oltre 70 obiettivi nel nordest e nel centro — magazzini di armi e strutture logistiche — e di aver ucciso un capo dell’ISIS e vari combattenti. All’azione hanno partecipato caccia ed elicotteri d’attacco con supporto dell’aviazione giordana. I raid arrivano in risposta a un attacco avvenuto la scorsa settimana a Palmira, in cui erano stati uccisi due soldati e un interprete statunitense, ad opera, secondo gli USA, di un militante dell’Isis. Il presidente Trump aveva promesso «ritorsioni serie».

In Bangladesh riesplode la rivolta della Gen Z: assaltate le sedi dei quotidiani

1

Migliaia di persone sono scese in piazza in Bangladesh, dopo l’annuncio della morte di Sharif Osman Hadi, trentaduenne leader giovanile della cosiddetta “Gen Z“, ferito gravemente in un attentato a Dhaka e deceduto giovedì in un ospedale di Singapore, dove era stato trasferito per le cure. La notizia della sua morte ha riacceso le proteste e ha scatenato la violenza nella capitale e in altre città, con centinaia di manifestanti che hanno preso d’assalto le sedi dei principali quotidiani del Paese, Prothom Alo e The Daily Star, considerate espressione di interessi politici contrari alla causa rivendicata dai dimostranti. La polizia e le truppe paramilitari sono intervenute per cercare di ristabilire l’ordine.

La morte di Hadi, noto come il “combattente di luglio”, ha agito da detonatore in un contesto politico già instabile. Hadi non era un attivista qualunque: portavoce della piattaforma Inquilab Moncho, o Piattaforma per la Rivoluzione, una realtà politica e culturale emersa dal movimento studentesco che l’anno scorso aveva contribuito alla caduta dell’ex primo ministro Sheikh Hasina, era divenuto la figura di riferimento per la mobilitazione giovanile e la richiesta di riforme democratiche. Il 4 agosto 2024, una violenta repressione lasciò circa 100 morti e scatenò una ondata di rabbia che costrinse Hasina a dimettersi e fuggire dal Paese il 5 agosto, ponendo fine alla sua lunga permanenza al potere e segnando una svolta nella politica del Bangladesh. Sotto l’Anti-Terrorism Act, la Commissione elettorale ha sospeso la registrazione del suo partito, la Awami League, impedendogli di partecipare alle elezioni del 2026.

Il 12 dicembre, il giorno dopo l’annuncio del calendario delle elezioni nazionali che si terranno il 12 febbraio, Hadi è stato colpito con un colpo di pistola alla testa sulla Box Culvert Road a Purana Paltan, a Dhaka. Gli investigatori hanno identificato come autore dell’omicidio un membro della Chhatra League, Lega studentesca del Bangladesh Awami League, cioè l’organizzazione giovanile e universitaria del partito ora fuorilegge. Secondo alcune fonti, il sospettato sarebbe fuggito in India. Molti dei manifestanti interpretano l’uccisione di Hadi come un atto deliberato per fermare il suo crescente sostegno popolare, e la sua figura è stata rapidamente trasformata in un simbolo di resistenza. La mobilitazione, iniziata come espressione di lutto e richiesta di giustizia, si è rapidamente radicalizzata nella notte, assumendo caratteristiche di una vera e propria rivolta urbana con slogan, blocchi stradali e attacchi vandalici. A Dhaka e in città come Chittagong, gruppi di dimostranti hanno assaltato non solo le maggiori testate giornalistiche, ma anche uffici politici e istituzioni collegate all’ex regime. Le sedi degli influenti quotidiani Prothom Alo e Daily Star, storicamente centrali nell’informazione nazionale, sono finite nel mirino perché accusate dai manifestanti di essere vicini all’India – che ha offerto ospitalità all’ex premier Hasina – e ostili alla causa della rivoluzione studentesca. Le redazioni sono state vandalizzate e date alle fiamme, con i giornalisti chiusi nelle redazioni, costretti a chiedere aiuto mentre il fumo avvolgeva gli edifici.

Il primo ministro ad interim, il premio Nobel per la Pace, Muhammad Yunus ha condannato le rivolte e sta cercando di contenere l’escalation. In un discorso alla nazione, il premier ha definito la morte di Hadi come «una perdita irreparabile per la nazione», ha dichiarato una giornata nazionale di lutto e ha invitato la popolazione a resistere alla violenza di massa attribuendo gli atti più estremi a «pochi elementi marginali» che cercano di sabotare il processo democratico. L’esecutivo ha promesso un’indagine trasparente sull’omicidio e ha fatto appello alla calma, mentre accusa forze esterne e interne di tentare di sfruttare il momento di debolezza per destabilizzare ulteriormente il Paese alla vigilia delle elezioni.

Intanto, la salma di Hadi è tornata in Bangladesh per i funerali che si terranno sabato pomeriggio. Il clima resta teso: nelle strade si alternano cortei pacifici e scontri con la polizia, mentre la retorica anti-India fra i manifestanti rischia di complicare i già fragili rapporti diplomatici nella regione. Con le elezioni di febbraio all’orizzonte, il Bangladesh si trova a un bivio: la capacità delle autorità di mediare e garantire un clima di partecipazione pacifica potrebbe definire non solo l’esito elettorale, ma la direzione futura di una nazione dove il desiderio di cambiamento democratico convive con il rischio di nuovi cicli di violenza.

A Gaza si tirano le somme dell’alluvione, mentre Israele continua a bombardare

0

Mentre Israele continua a violare gli accordi sparando sui civili, il popolo gazawi inizia a raccogliere i cocci causati dell’ultimo disastro autunnale. Nell’ultima settimana, tra bombardamenti e colpi di mortaio, la Striscia è stata colpita da una forte ondata di piogge che ha provocato ingenti danni alle strutture e alle tende dei palestinesi: il ciclone Byron – questo il nome della tempesta – ha allagato interi campi, distrutto migliaia di tende, e causato danni a strade, edifici, sistemi idrico ed elettrico, e campi agricoli, mandando al contempo in tilt il settore ospedaliero. Il ciclone ha causato la morte di 17 persone; tra questi, 4 bambini, deceduti a causa dell’abbassamento delle temperature. Intanto Israele continua a lasciare dall’altra parte del confine quelle medicine, quelle tende, e quelle coperte di cui in questo momento il popolo gazawi necessita, mentre i negoziati per le fasi successive della tregua procedono a rilento; oggi negli USA si terrà un incontro tra i mediatori.

Il ciclone Byron ha iniziato ad abbattersi su Gaza circa due settimane fa. I danni causati dalle piogge sono stati ingenti: l’ultimo bilancio ministeriale parla di ripercussioni in diversi settori, da quello degli sfollati e delle tende, a quello sanitario, quello agricolo, e quelli infrastrutturale e dei servizi. In totale, riporta l’ufficio stampa governativo, sono crollate 13 case già indebolite dai bombardamenti degli ultimi due anni in diverse località della Striscia; 27.000 tende sono state completamente allagate e risultano ora impossibili da abitare, mentre altre 26.000 sono danneggiate almeno parzialmente; con esse, sono stati allagati gli stessi campi – «trasformati in pozze di acqua e di fango», e diversi arredi e materiali quali teli di plastica, materiali isolanti, materassi, cuscini, coperte, e utensili da cucina sono diventati di fatto inutilizzabili. Le strade sterrate e quelle temporanee sono state completamente allagate, così come i sistemi fognari; danni anche alle scorte di cibo, alle serre agricole, ai pannelli solari – da mesi principale fonte di energia della Striscia – e ai generatori. La tempesta, inoltre, ha creato diversi disagi al settore sanitario, impedendo ai punti medici mobili di spostarsi, e di fornire cure a chi ne aveva bisogno. In totale, riporta la protezione civile, le piogge hanno colpito circa 250.000 famiglie e hanno fatto circa 4 milioni di dollari di danni.

Nonostante la tempesta, l’esercito israeliano non ha mai smesso di sparare sui civili con armi da fuoco e colpi di cannone. Secondo una analisi di Al Jazeera, Israele ha condotto attacchi in 58 dei 69 giorni di tregua. L’ufficio stampa governativo, invece, riporta che dal cessate il fuoco, si sono registrate 738 violazioni: le forze israeliane hanno sparato contro i civili 205 volte, effettuato 37 incursioni oltre la cosiddetta “linea gialla” – la linea dietro cui i soldati israeliani dovrebbero rimanere temporaneamente stanziati, bombardato Gaza 358 volte, demolito proprietà in 138 occasioni e arrestato 43 palestinesi. In totale, dalla tregua dell’11 ottobre, Israele ha ucciso quasi 400 persone. Dal 7 ottobre 2023, invece, il bilancio delle uccisioni dirette da parte di Israele è pari a 70.667, anche se secondo diversi studi l’esercito israeliano avrebbe ucciso persone nell’ordine delle centinaia di migliaia.

Intanto i colloqui per la seconda fase della tregua sembrano procedere a rilento. Oggi, a Miami, riporta Axios, dovrebbe tenersi un incontro tra Steve Witkoff, braccio destro diplomatico di Trump, e alti funzionari di Qatar, Egitto e Turchia – i Paesi mediatori; si tratta del maggiore incontro diplomatico dalla ratifica di cessate il fuoco. In parallelo, a Tel Aviv si terrà un vertice tra i politici israeliani. Nonostante ciò, l’inizio della seconda fase di cessate il fuoco sembra ancora lontano. Quotidiani israeliani riportano che Israele avrebbe intenzione di aprire il valico di Rafah solo in uscita, soluzione che di fatto finirebbe a cacciare i palestinesi dalla Striscia fino a data da destinarsi; per tale motivo, starebbe incontrando resistenza dai mediatori. A ciò si aggiunge il fatto che l’istituzione del corpo di pace – che inizialmente doveva avere tra i propri membri anche l’ex premier britannico Tony Blair – pare ancora lontana, mentre quella della cosiddetta “forza internazionale per Gaza” – corpo di polizia internazionale che monitorerebbe la Striscia – è stata solo annunciata dai giornali. Secondo Axios, inoltre, le continue violazioni israeliane, e specialmente l’uccisione di Raed Saad – numero 2 delle Brigate di Al Qassam, il ramo armato di Hamas – starebbero spazientendo gli USA. In questo scenario di incertezza e sostanziale immobilismo, l’esercito israeliano non nasconde che ormai considera la linea gialla la nuova linea di confine del fronte.

Pfas, sentenza Vicenza: “Miteni sapeva dell’inquinamento”

0

La Miteni era a conoscenza dell’inquinamento da Pfas prodotto dallo stabilimento di Trissino e dei relativi rischi, ma non ne ha mai informato le autorità. È quanto emerge dalle 2.062 pagine di motivazioni della sentenza della Corte d’Assise di Vicenza, che il 26 giugno ha condannato 11 manager a 141 anni di carcere complessivi. Secondo i giudici, l’azienda ha agito per profitto, ignorando gravi conseguenze ambientali e sanitarie su 350mila persone tra Vicenza, Padova e Verona. Disposti risarcimenti a oltre 300 parti civili: 58 milioni al ministero dell’Ambiente, 6,5 milioni alla Regione Veneto, 800mila euro ad Arpav, oltre a Comuni ed enti. Gli imputati possono fare ricorso in Appello.