martedì 9 Dicembre 2025
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Protesta degli agricoltori greci: strade e confini bloccati

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Gli agricoltori greci hanno lanciato una ingente protesta per contestare l’aumento dei costi di produzione, i prezzi bassi loro concessi e i ritardi dei pagamenti nei sussidi statali. In occasione della protesta, migliaia di trattori si sono radunati in decine di località, portando avanti almeno 20 blocchi stradali; bloccate, oltre alle strade, anche i valichi di frontiera, e chiuso un aeroporto a Creta. Nella stessa Creta, sono esplosi violenti scontri con le forze dell’ordine che hanno lanciato gas lacrimogeni addosso ai manifestanti. La protesta di oggi segue le mobilitazione già lanciate a partire dalla fine di novembre, in occasione di cui centinaia di lavoratori hanno invaso le strade di tutto il Paese.

Brindisi, i turisti israeliani fanno come a casa: insulti e minacce di morte ai manifestanti

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A Brindisi alcuni croceristi israeliani sbarcati dalla nave Crown Iris hanno insultato, schernito e minacciato un gruppo di manifestanti pro-Palestina impegnati in un sit-in nel centro città dopo la manifestazione organizzata dal “Comitato contro il genocidio del Popolo Palestinese, contro il riarmo, per la pace”. La mobilitazione intendeva contestare la presenza della nave, di proprietà di una compagnia che collabora direttamente con l’esercito israeliano, e «impedire che criminali di guerra possano trascorrere le proprie vacanze qui in Puglia come se non vi fosse mai stato un genocidio». I filmati diffusi sui social mostrano i turisti israeliani rispondere ai manifestanti con gesti offensivi, sputi, minacce di strangolamento e frasi come «non scherzate con il popolo israeliano» e «vi ucciderò», prima che la polizia intervenisse per separare i due gruppi. Da quanto comunicano i rappresentanti del movimento Extinction Rebellion (XR) Puglia una ragazza è stata successivamente soccorsa da un’ambulanza.

La manifestazione brindisina in sostegno al popolo palestinese si è tenuta lo scorso venerdì in occasione dell’arrivo della nave da crociera Crown Iris, di proprietà di Mano Cruise. Mano Cruise fa capo a Mano Maritime: «Nel decennio post Unione Sovietica, la compagnia ha collaborato col ministero dell’Immigrazione di Israele nella cosiddetta Operazione Exodus, il trasferimento in terra santa di ebrei russi, trasportando più di 140.000 migranti finiti, come gli altri, a colonizzare terre palestinesi», si legge in una nota a firma di Luca Debenedettis, diffusa dai media locali. «Inoltre, il suo armatore, Moshe Mano, è stato omaggiato dalla Marina Militare israeliana per l’assistenza ricevuta in svariate operazioni e anni di attività». Il presidio è iniziato attorno alle 8 presso il Seno di Levante, vicino alla banchina della vecchia stazione marittima, dove si sono riuniti all’incirca 30 manifestanti del Comitato; le forze dell’ordine hanno blindato l’area del porto, e i manifestanti hanno urlato slogan contro il genocidio e contro il governo Netanyahu. Dopo l’arrivo della nave, i manifestanti si sono mossi in corteo.

I primi accenni di tensione si sono sentiti sin dal presidio presso il varco portuale, dove i turisti israeliani a bordo della nave da crociera hanno preso a insulti i manifestanti radunatisi al porto. L’episodio che ha fatto più scalpore tuttavia è quello in centro a Brindisi. Dopo la manifestazione, un gruppo di manifestanti vestito con accessori che richiamavano il loro sostegno al popolo palestinese, e dotato di una bandiera della Palestina si è mosso verso il centro della città, e si è fermato in un bar. Nel vederli, i turisti hanno iniziato a provocarli verbalmente; alla richiesta di essere «lasciati in pace» proveniente dal gruppo di manifestanti, una turista è passata agli insulti e alle minacce: «Sei stupido come la mia c***o di scarpa», dice la donna, iniziando a scaldarsi sempre di più. «Sembri gay; sai cosa fanno loro ai gay? Gli tagliano il c***o [ndr. dal contesto del video sembra riferirsi ai palestinesi o ai gruppi di resistenza]», continua; «pezzo di m***a, ti ammazzo», dice poi sempre più concitata e solo dopo avere sputato addosso ai manifestanti. Trattenuta da un uomo che si trovava con lei, è poi entrata nel gazebo esterno del medesimo bar, sedendosi a un tavolo e insultando a gesti verso il gruppo. Da quanto comunica XR, i turisti avrebbero preso di mira un ragazzo minorenne e si sarebbero «scagliati fisicamente contro una ragazza successivamente soccorsa da un’ambulanza». Dopo l’accaduto, i turisti avrebbero poi «ripreso la loro vacanza in visita ad Alberobello».

Scontro Musk-Bruxelles dopo la multa a X: “l’UE come il Quarto Reich”

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La Commissione europea ha inflitto a X una multa di 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act (DSA). Non si tratta di una sanzione inattesa: Bruxelles aveva sollecitato l’azienda a conformarsi al nuovo pacchetto normativo, ben prima della sua piena entrata in vigore. Non avendo ricevuto un riscontro adeguato, l’UE ha avviato il procedimento formale il 18 dicembre 2023, ma la piattaforma non ha mai mostrato reale volontà di introdurre i cambiamenti richiesti, anzi ha accusato le istituzioni di voler imporre la censura. Nonostante simili premesse, oltreoceano la decisione viene descritta come un attacco diretto al proprietario dell’azienda, Elon Musk, e sta già alimentando tensioni di natura geopolitica.

Il provvedimento, ufficializzato venerdì 5 dicembre, motiva la decisione richiamando tre elementi principali:

  • la cosiddetta “verifica” dei profili con “spunta blu”, legata al pagamento di un abbonamento e non a controlli effettivi da parte della piattaforma, viene ritenuta fuorviante;
  • l’assenza di un archivio trasparente degli inserzionisti che acquistano spazi pubblicitari;
  • gli ostacoli imposti ai ricercatori che intendono accedere ai dati pubblici del social.

Non viene invece fatta alcuna menzione alla gestione della moderazione, tema che era stato al centro di accese polemiche legate alle accuse di diffusione di contenuti di disinformazione. Una questione delicata che aveva portato a un’escalation, culminata nelle dichiarazioni di Musk secondo cui l’Europa gli avrebbe proposto un “accordo segreto e illegale” per “censurare silenziosamente” i contenuti degli utenti.

La reazione di Musk alla multa è stata immediata ed è stata trasmessa facendo leva sui suoi caratteristici canoni di pacatezza e diplomazia. Su X ha scritto: “L’UE andrebbe abolita per restituire la sovranità alle singole nazioni, così i governi potrebbero rappresentare meglio i propri cittadini”. Per rincarare la dose, ha accomunato l’Unione Europea al nazismo, supportando con un repost l’idea che Bruxelles sia ormai a capo di un “Quarto Reich”. A stretto giro è arrivata la replica di Radosław Sikorski, ministro degli Esteri polacco e già protagonista di scontri con Musk, il quale ha definito i discorsi antieuropei e sulla sovranità utili soltanto a chi “vuole trarre profitto diffondendo odio o a chi sogna di conquistare l’Europa”. Il politico ha poi invitato l’uomo a capo di X ad assecondare le sue fantasie esplorative spaziali e di trasferirsi su Marte, “dove non sono censurati i saluti nazisti”. 

Negli Stati Uniti, il Segretario di Stato Marco Rubio ha definito la multa un “attacco a tutti gli americani” perpetrato da governi esteri. Il Senatore Ted Cruz, figura di spicco del movimento MAGA, l’ha bollata come “abominevole”. Il Segretario al Commercio Howard Lutnick ha parlato di una minaccia alla libertà di espressione, mentre il Presidente della Commissione per le Comunicazioni Brendan Carr ha inquadrato la vicenda come una forma di sleale ostracismo nei confronti delle imprese statunitensi. Forte dell’appoggio sostenuto dalla classe politica, Musk ha dipinto la sanzione come un attacco mosso direttamente a lui, chiedendo all’Amministrazione una reazione equivalente. “Mi pare appropriato imporre la nostra risposta non solo all’UE, ma anche agli individui che hanno intrapreso questa azione contro di me”, ha scritto.

Fatalmente, a distanza di giorni da che l’UE ha reso nota la sua posizione, X ha accusato l’account pubblicitario della Commissione europea di aver sfruttato alcune scappatoie per aumentare la propria visibilità e lo ha quindi sospeso. Che le istituzioni europee siano elastiche nel rispettare i propri standard è cosa nota, tuttavia la mossa appare a tutti gli effetti come una ritorsione, tanto più che il responsabile del prodotto di X, Nikita Bier, ha citato direttamente l’annuncio della sanzione nel discutere il blocco del profilo.

Al di là dei dissapori tra la Commissione e la piattaforma social, l’annuncio segna in ogni caso un passaggio cruciale sul piano della politica internazionale. In un contesto in cui l’Amministrazione Trump rivendica un approccio protezionista a difesa delle proprie aziende, la sanzione rappresenta il primo effetto sanzionatorio del Digital Services Act, un precedente che certamente non passerà inosservato. Nell’attesa di un potenziale riscontro da parte del Governo USA, X ha ora 60 giorni lavorativi per esplicitare alla Commissione le misure correttive che intende implementare per risolvere le ambiguità relative alla “spunta blu” e 90 giorni lavorativi per esporre come voglia normalizzare la gestione dell’archivio pubblicitario e l’accesso ai dati pubblici. In assenza di una strategia valida, l’impresa rischia ulteriori penalità.

Giappone terremoto 7.6: allerta Tsunami

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Oggi in Giappone è scoppiato un terremoto di magnitudo 7.6. L’epicentro si trova a 57 chilometri di profondità e a circa 80 chilometri dalla costa davanti alla prefettura di Aomori, nell’isola settentrionale di Hokkaido, motivo per cui le autorità hanno diramato una allerta tsunami, chiedendo alla popolazione di evacuare verso aree più elevate. L’Agenzia meteorologica del Paese ha avvertito che le onde potrebbero raggiungere fino a tre metri di altezza e abbattersi nell’area nordorientale del Paese. Ancora non vi sono notizie su eventuali danni o feriti.

Gli USA approvano la vendita di armi all’Italia per oltre 300 milioni

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Il Dipartimento di Stato USA ha dato il via libera a una possibile vendita all’Italia di cento missili aria-superficie a lungo raggio JASSM‑ER, per un valore stimato di 301 milioni di dollari. La decisione, notificata al Congresso dall’Defense Security Cooperation Agency (DSCA), riguarda missili AGM-158B/B-2 e fornisce, oltre alle testate, equipaggiamenti e attrezzature correlate. Secondo fonti di Washington, l’Italia li userà in parte per armare i suoi aerei F‑35, ma non solo: la fornitura potrebbe essere sfruttata anche da altri sistemi d’attacco aria-terra. Il Dipartimento della Difesa USA ha specificato che, una volta venduti, i missili serviranno a «sostenere gli obiettivi di politica estera e di sicurezza nazionale» degli stessi Stati Uniti, rafforzando la sicurezza di un alleato della NATO importante per quella che ha definito la stabilità politica e il progresso economico europeo.

Oltre ai missili AGM-158B/B-2, la vendita include una vasta gamma di equipaggiamenti e servizi di supporto. Nello specifico, sono contemplati apparecchiature di collaudo classificate e contenitori JASSM, dispositivi di crittografia KGV-135A, parti di ricambio, materiali di consumo, software sia classificato che non, pubblicazioni tecniche e un esteso pacchetto di «servizi di supporto ingegneristico, tecnico e logistico da parte del Governo degli Stati Uniti e degli appaltatori». Il contratto, una volta perfezionato, sarà gestito dalla Lockheed Martin, colosso dell’industria bellica americana con sede in Florida, già principale contractor del programma F-35. Secondo le dichiarazioni ufficiali diffuse da Washington, si precisa che i nuovi sistemi d’arma «aumenteranno la capacità di fare fronte alle attuali e future minacce» fornendo all’Italia «capacità di ingaggio a distanza tramite sistemi di attacco avanzati a lungo raggio». Pur trattandosi di un significativo potenziamento, il Dipartimento di Stato tiene a sottolineare che la proposta vendita «non altererà l’equilibrio militare di base nella regione». Resta da vedere tempi e modalità della decisione italiana: se Roma darà l’ok, inizierà una fase negoziale su dettagli logistici, compensazioni e tempistiche di consegna. Fino ad allora la vendita rimane una proposta autorizzata, pronta a diventare concreta non appena il governo deciderà come procedere.

Questa autorizzazione rappresenta soltanto l’ultimo capitolo di una serie intensificatasi negli ultimi due anni. Dalle carte pubblicate dal Pentagono emerge un netto incremento nelle forniture militari USA all’Italia. Nel dettaglio, tra il 15 febbraio 2024 e il 5 dicembre 2025 sono state autorizzate otto diverse forniture per un valore complessivo di 2,64 miliardi di dollari. Un dato che stride con il periodo di relativa calma registrato tra il novembre 2009 e il dicembre 2020, quando si contano solo tre cessioni per un totale di 692 milioni di dollari. Sorge spontaneo il collegamento con il sostegno all’Ucraina, sebbene la destinazione ufficiale dei missili JASSM-ER siano le forze armate italiane e non il meccanismo NATO per gli acquisti in favore di Kiev (il «Purl», Prioritised Ukraine Requirements List). Tuttavia, il governo italiano è l’unico tra i principali alleati occidentali a non aver mai reso pubblico l’elenco dei mezzi donati a Kiev.

L’Italia, così come gli altri Paesi europei, sta in questo modo proseguendo dalla linea prospettata dal governo Trump di aumentare fortemente le proprie spese militari, allo stesso tempo acquistando le armi direttamente dagli USA. In tale dinamica, gli Stati europei pagano il riarmo, mentre gli Stati Uniti vanno all’incasso. Lo scorso giugno, i ministri della Difesa dei 32 Paesi membri della NATO si sono accordati sui nuovi obiettivi per le spese militari. In particolare, si è arrivati a un’intesa di compromesso tra i vari attori incentrata sull’aumento delle capacità nazionali della Difesa al 3,5% del PIL, aggiungendo un ulteriore e più discrezionale 1,5% in investimenti correlati, tra cui le infrastrutture e la cybersicurezza. Per raggiungere appieno gli obiettivi richiesti dalla NATO, l’Italia dovrebbe investire circa 66 miliardi di euro in più all’anno nella Difesa. Che, a meno di miracoli economici, si tradurranno fisiologicamente in tagli alla spesa sociale, indebitamenti e privatizzazioni.

Nigeria, rilasciati 100 dei 303 studenti sequestrati a novembre

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Ci sono novità sul rapimento di 303 studenti e 12 insegnanti rapiti in Nigeria lo scorso 21 novembre da uomini armati in una scuola cattolica a Papiri, nello stato del Niger. Recentemente, infatti, 100 studenti sono stati rilasciati, secondo fonti ufficiali delle Nazioni Unite e della presidenza nigeriana, anche se le circostanze del rilascio restano ancora poco chiare. Si prevede che gli studenti saranno consegnati alle autorità locali nelle prossime ore.  Il sequestro ha suscitato forte indignazione nazionale e internazionale, in un contesto segnato da frequenti rapimenti di massa a scopo di riscatto.

Record globale di miliardari: 2.900 persone possiedono 15.800 miliardi di dollari

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La ricchezza globale ha raggiunto un nuovo picco storico. Lo ha attestato l’ultimo “Billionaire ambitions report” dell’Union Bank of Switzerland, che racconta come nel 2025 il numero di miliardari nel mondo abbia toccato quota 2.900, in netto aumento rispetto ai meno di 2.700 dell’anno precedente. Il loro patrimonio complessivo sfiora ora i 15.800 miliardi di dollari. Questo boom, trainato in gran parte dai mercati azionari e dal settore tecnologico, si accompagna però a un altro fenomeno significativo: una quota crescente di questa ricchezza estrema deriva da passaggi ereditari. In questo contesto emergono contrasti netti tra ricchezza generata da attività imprenditoriali e patrimoni ereditati, con implicazioni profonde su disuguaglianza e politiche fiscali.

Il rapporto mette in luce due dinamiche parallele all’origine dell’esplosione delle grandi fortune. Da un lato, si è registrato un boom di nuovi miliardari “self-made”: nel solo 2025 se ne contano 196, il numero più alto dal 2021. La maggior parte (89) risiede negli Stati Uniti, Paese che ospita complessivamente 924 paperoni, quasi un terzo del totale mondiale. Qui i guadagni sono stati trainati da investimenti in aziende come Nvidia e Oracle e, più in generale, dal rally delle società hi-tech, dimostrando come la fortuna dei miliardari sia legata in gran parte alle elevate valutazioni dei mercati azionari. Dall’altro lato, una fetta crescente della ricchezza miliardaria ha origine ereditaria. Nell’Europa occidentale, 91 persone sono diventate miliardarie per successione in un solo anno, ereditando quasi 298 miliardi di dollari, il valore più alto da quando la banca svizzera monitora questi flussi. A livello globale, i cosiddetti miliardari “multigenerazionali” – ovvero famiglie che da almeno due generazioni detengono un patrimonio superiore al miliardo – sono ora 860, con ricchezze cumulate per 4,7 trilioni di dollari.

Proprio il tema del “grande trasferimento di ricchezza” è centrale. «Guardando avanti, nei prossimi decenni vedremo un numero crescente di miliardari e multi-milionari. Calcoliamo che i miliardari trasferiranno probabilmente 6.900 miliardi di dollari di ricchezza a livello globale entro il 2040», si legge all’interno della ricerca. La quota più consistente è attesa negli USA, ma valori significativi riguarderanno anche India, Francia, Germania e Svizzera. Un altro elemento di rilievo è il ruolo delle donne miliardarie. Nel 2025 se ne contano 374 contro 2.545 uomini, ma la loro ricchezza media è cresciuta più in fretta: +8,4%, fino a 5,2 miliardi di dollari, a fronte di un +3,2% per gli uomini (5,4 miliardi). Molte di loro accedono a questo status attraverso l’eredità, specialmente nei settori del consumo e del retail, mentre tra gli uomini la ricchezza continua a venire principalmente dalla tecnologia e da imprese fondate in prima persona.

Il rapporto segnala inoltre l’elevata mobilità geografica dei super-ricchi: circa il 36% dei clienti miliardari UBS ha cambiato Paese almeno una volta e quasi un altro 10% sta valutando di farlo. Le ragioni principali indicate sono tre: la ricerca di una migliore qualità della vita (36%), le preoccupazioni geopolitiche (36%) e la possibilità di gestire in modo più efficiente la fiscalità (35%). Per quanto riguarda gli investimenti, il Nord America resta l’area più attrattiva (viene indicata dal 63% degli intervistati), seguita dall’Europa occidentale e dalla Cina.

Questo quadro di opulenza record si staglia su uno scenario mondiale di forte disuguaglianza. Un rapporto di Oxfam ha calcolato che nel 2024 la ricchezza complessiva dei miliardari è cresciuta di 2.000 miliardi in un solo anno, circa 5,7 miliardi al giorno. Nello stesso periodo, oltre 3,5 miliardi di persone continuano a vivere con meno di 6,85 dollari al giorno, una soglia di povertà che non si è praticamente mossa dal 1990. Il tema tocca da vicino anche il nostro Paese: l’ISTAT ha reso noto che, nel 2024, in Italia la povertà assoluta e la povertà relativa coinvolgono rispettivamente il 9,8 e il 14,9% dei residenti. L’Istituto registra che ben 5,7 milioni di persone non possono permettersi beni e servizi essenziali per vivere in uno standard di vita accettabile, mentre altri 8,7 milioni si trovano in difficoltà economiche per accedervi in maniera adeguata. Il numero di famiglie povere si attesta a 2,2 milioni e i minori che vivono in condizioni di povertà assoluta sono 1,28 milioni, il 13,8% del totale – il dato più alto dal 2014.

Roma, corruzione: arrestato in flagranza primario del Sant’Eugenio

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Roberto Palumbo, primario di nefrologia dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma, è stato arrestato mentre riceveva una tangente di 3mila euro dall’imprenditore Maurizio Terra, ora ai domiciliari. L’arresto, avvenuto nei giorni scorsi vicino alla sede della Regione Lazio, si inserisce in un’indagine della Procura di Roma che da un anno approfondisce un presunto sistema di mazzette legato alla gestione dei pazienti in dialisi. Secondo gli investigatori, Palumbo avrebbe indirizzato i pazienti dimessi verso cliniche private riconducibili a Terra, ricevendo denaro tramite società intestate a prestanome. Nell’inchiesta risultano coinvolte complessivamente dodici persone.

A 20 anni dalla liberazione di Venaus, la lotta No TAV continua

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A novembre, venti anni fa, nei prati di Venaus c’era la neve; cadeva fitta e durava, sull’erba di ghiaccio, sulle tende del presidio di lotta, sulle nostre vite intirizzite ma determinate a resistere. Poco potevano, nei giorni e nelle notti sotto zero, i fuochi accesi nei bidoni, le pentole di bevande calde, i minestroni messi a cuocere sui focolari improvvisati. Eppure l’opposizione popolare contro il progetto TAV durava, cresceva di ora in ora, acquistava volontà e coscienza, si faceva sapere e azione collettiva.

La pratica del “fermare il TAV si può, fermarlo tocca a noi” non era nata all’improvviso, ma veniva da decenni di controinformazione sull’inutilità della grande mala opera e sui suoi costi enormi, non solo economici, ma sociali e ambientali. Il 2005 che terminava nel gelo della Val Cenischia era stato un intenso anno di lotte in tutta la Valle contro gli espropri dei terreni, per impedire le prime trivellazioni geognostiche. Aveva visto la nascita dei presidi nei prati di Borgone e Bruzolo, l’epica battaglia del Seghino, sulla via del Rocciamelone, contro la prima occupazione militare armata a Mompantero.

Ma fu a Venaus, vittima designata per il primo cantiere del tunnel esplorativo – poi realizzato alla Maddalena di Chiomonte – che nacque e resistette per dieci, intensi giorni, la “Libera Repubblica di Venaus”. Contro la violenza del sistema e la disinformazione dei mass media, trovammo con noi il mondo delle persone comuni, gli operai, i contadini, gli studenti delle università di tutto il Paese. Arrivarono i vecchi partigiani che avevano difeso quegli stessi luoghi contro i fascismi di sempre. Anche i sindaci della Valle, davanti alla tracotanza dello Stato di polizia, si fecero movimento. La notte del sei dicembre piombarono sul presidio ruspe, blindati, manganelli: un esercito in assetto antisommossa che randellò le persone, devastò tende ed effetti personali, fece roghi di libri e bandiere. La Valle, riunita in assemblea permanente, rispose alzando barricate e occupando strade statali, autostrada e ferrovia, così da impedire la circolazione delle truppe.

E spuntò l’alba dell’8 dicembre, il giorno della liberazione di Venaus. Una moltitudine di almeno 30mila persone si avviò verso la Val Cenischia: un corteo silenzioso, senza musiche né slogan. All’ingresso della valle trovammo il blocco di polizia e carabinieri; furono spazzati via da una valanga di corpi, armati solo della propria rabbia. Così ci riprendemmo ciò che, con amore e sacrificio, avevamo difeso. 

Vent’anni sono passati. Molti di noi di allora non ci sono più, qualcuno se l’è preso il tempo inesorabile, altri le vicende della vita, ma ora ci sono i nostri figli e nipoti. La lotta deve continuare, perché se nulla è stato fatto dell’opera vera e propria, la devastazione sta avanzando con i cantieri propedeutici.

Nell’alleanza di TELT (la Società promotrice del TAV) e SITAF, la società autostradale, i profitti si uniscono per mettere a ferro e fuoco la Valle. Così l’ex autoporto di Susa cambia destinazione e diventa discarica a cielo aperto per i detriti di amianto e uranio, mentre un nuovo autoporto è stato costruito a San Didero, abbattendo il bosco che ricopriva e neutralizzava i veleni delle acciaierie. 

Si trivella sul territorio di Bussoleno, tra i prati e il bosco fluviale, dove sono previsti il nuovo ponte ferroviario e l’interconnessione tra TAV e ferrovia storica. E la faggeta della Maddalena non esiste più, spazzata via dal cantiere e dall’ennesimo svincolo autostradale. Così da questa nostra terra se ne vanno vita e bellezza. Bruciano i ricordi. Anche questa è guerra. Diversi i mezzi e l’intensità, ma identico il fine: i grandi interessi del capitale, la sete di dominio, la follia omicida ed ecocida che nega al pianeta ogni possibilità di futuro. 

Questa consapevolezza ci affratella alla Palestina e a tutti i popoli del mondo che resistono perché vita, terra, giustizia, uguaglianza, libertà, non siano parole vane. A San Giuliano, dove sono previsti lo sbocco del tunnel transfrontaliero e la stazione internazionale del TAV, sono stati espropriati case e terreni e l’abbattimento degli edifici è ormai alle porte. La prima vittima sacrificale sarà una casa-simbolo: vecchi muri costruiti per durare, un orto, qualche pianta da frutta e, sulla facciata, il murale di Blu: un grande albero le cui fronde sono mani che strappano reti, impugnano tronchesi, sventolano bandiere, mentre si difende contro il mostro ferrigno in marcia su piedi di ruspe. Un grido di rivolta, la nostra rivolta. La natura che si difende. Un monito contro l’interiorizzazione della sconfitta. L’immagine ci è cara e ci rappresenta: per questo, a ogni costo, la difenderemo. 

L’UE approva la deregolamentazione dei nuovi OGM

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L’Unione Europea ha dato il via libera al nuovo quadro regolamentare per le cosiddette “Nuove Tecniche Genomiche” (NGT), soprannominate in Italia “TEA” (Tecniche di Evoluzione Assistita): buona parte delle piante ottenute con queste tecniche sarà considerata equivalente a varietà convenzionali e, quindi, sarà esentata da obblighi di etichettatura, valutazione del rischio e monitoraggio ambientale. Le organizzazioni contadine, dell’agricoltura biologica e ambientaliste condannano senza appello l’accordo, denunciando l’assenza di un adeguato monitoraggio degli impatti su salute e biodiversità, i gravi rischi per il settore biologico e la totale mancanza di limiti allo strapotere delle multinazionali sementiere.

Dopo oltre due anni di negoziati, l’UE ha definito una classificazione chiara: le NGT saranno divise in due categorie, NGT-1 e NGT-2. Le piante della classe NGT-1 – che comprendono prodotti di laboratorio considerati equivalenti a quelli della natura, con modifiche minime al genoma – saranno trattate come piante convenzionali. Per esse non ci sarà l’obbligo di etichettatura né di tracciabilità, né altre misure restrittive. In questa categoria, attualmente ricade il 94% dei nuovi OGM in fase di studio. Le varietà catalogate come NGT-2, cioè, quelle con modifiche più ampie di una soglia arbitraria di 20 nucleotidi, o con tratti potenzialmente sensibili – come tolleranza agli erbicidi o effetti insetticidi – resteranno soggette alla normativa vigente per gli OGM: autorizzazioni, controlli, etichette informative. Gli Stati membri avranno anche la facoltà di vietare o limitare la coltivazione sul proprio territorio. Secondo le autorità comunitarie e alcuni rappresentanti del mondo agricolo, la mossa rappresenta un’opportunità per rinnovare e modernizzare il settore agrario europeo: le nuove varietà potrebbero essere più resistenti agli stress ambientali, come siccità o inondazioni e tolleranti a condizioni sempre più difficili causate dai cambiamenti climatici. Inoltre, potrebbero richiedere un uso inferiore di fertilizzanti e pesticidi, con benefici per la sostenibilità e la competitività della produzione agroalimentare. In una nota, la confederazione agricola Coldiretti ha definito l’intesa «un passo avanti importante» per valorizzare le potenzialità delle tecniche di evoluzione assistita a favore degli agricoltori europei.

La decisione ha però suscitato l’allarme di molte associazioni per l’agricoltura biologica, ambientaliste e per la tutela dei consumatori – tra cui FederBio, Slow Food, Greenpeace, LIPU e altre – che bollano l’accordo come un grave passo indietro per la tutela della biodiversità, dell’ambiente e della sovranità alimentare. «I TEA sono OGM e come tali devono essere regolamentati», spiega FederBio, che invita la plenaria dell’Europarlamento a bocciare la proposta e i governi a rifiutarla. Il nodo centrale delle critiche riguarda la liberalizzazione delle NGT-1: esentare dalla regolamentazione piante ottenute con tecniche genetiche, senza obblighi di etichettatura e tracciabilità, significa aprire la porta a una diffusione su larga scala di varietà potenzialmente brevettate. Le nuove norme favorirebbero, infatti, le multinazionali, permettendo loro di brevettare le sementi. Questo potrebbe compromettere la certificazione di chi produce biologico o alimenti “OGM-free” e mettere a rischio varietà tradizionali e locali, elemento chiave della biodiversità agraria. La contaminazione genetica dei campi non sarebbe più controllabile e le aziende agricole convenzionali o biologiche correrebbero il rischio di perdere lo status e la fiducia del mercato. Vi è poi un problema di trasparenza e oneri: in caso di danni ambientali o sanitari, le imprese che immettono sul mercato prodotti NGT-1 potrebbero sottrarsi a controlli o responsabilità, rendendo difficile la tracciabilità e la tutela dei consumatori.

L’accordo deve ancora essere formalmente approvato: il testo passerà per il voto del Parlamento Europeo e per la ratifica da parte dei governi degli Stati membri. Non è ancora chiaro se le maggioranze siano consolidate. Se entrerà in vigore, il nuovo regolamento potrà cambiare radicalmente il volto dell’agricoltura in Europa: da una parte offrendo nuove opportunità di resilienza climatica, produttività e innovazione varietale; dall’altra aprendo a scenari critici per il biologico, la biodiversità, la tracciabilità del cibo e la trasparenza verso i consumatori. Il dibattito, già acceso, rischia di intensificarsi. Per molte associazioni, la partita non è chiusa: chiedono che il regolamento venga respinto o quantomeno rivisto nelle aule europee prima di qualsiasi approvazione definitiva. La posta in gioco non è solo normativa: riguarda il futuro stesso del cibo che coltiviamo e mangiamo.