venerdì 26 Dicembre 2025
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Gaza, ospedale Al-Awda sospende servizi per carenza carburante

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A Gaza l’ospedale Al-Awda ha sospeso gran parte dei servizi per la grave carenza di carburante necessario ad alimentare i generatori. La struttura, nel distretto di Nuseirat, dispone di 60 posti letto e assiste circa mille persone al giorno. Restano operativi solo i reparti essenziali: pronto soccorso, maternità e pediatria. Per far fronte all’emergenza l’ospedale ha dovuto noleggiare un piccolo generatore. La crisi del carburante a Gaza continua a minacciare la capacità di fornire cure di base.

Siria: esplosione nella moschea di Homs, 8 morti e oltre 20 feriti

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È di 8 morti e oltre 20 feriti in Siria il bilancio di un attentato che ha preso di mira la moschea Imam Ali bin Abi Talib nel quartiere a maggioranza alawita di Wadi al-Dhahab, nella città di Homs, durante le preghiere del venerdì. L’esplosione è stata causata da ordigni posti all’interno dell’edificio sacro, mentre è in corso un’indagine per identificare i responsabili. Il gruppo estremista sunnita Saraya Ansar al-Sunna ha rivendicato l’attacco. Il governo ha definito l’attacco un atto terroristico volto a destabilizzare il Paese, rafforzando la sicurezza attorno al luogo e promettendo di perseguire i colpevoli.

Varese, dopo mesi la verità: il presunto drone russo avvistato non è mai esistito

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A fine marzo 2025, una spy-story prende forma attorno al Lago Maggiore, a Varese. Il Corriere della Sera pubblica in prima pagina l’esclusiva di un drone “russo”, modello ZALA 421, «manovrato da una zona non lontana», che avrebbe sorvolato svariate volte la sede dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ospita il Joint Research Centre (JRC) dell’UE, minacciando segreti nucleari e industriali. È l’anticamera della famigerata “guerra ibrida” evocata dal ministro Crosetto, che rimbalza nei titoli allarmistici dei quotidiani che speculano sui sabotaggi putiniani. La Procura di Milano apre un’inchiesta. Nove mesi dopo, emerge la verità: nessun drone, nessun russo all’orizzonte. Solo un amplificatore GSM difettoso utilizzato da una famiglia della zona per migliorare la connessione internet della propria abitazione, che ha ingannato i sistemi anti-drone con falsi positivi.

Le indagini, coordinate dal pool antiterrorismo milanese, hanno escluso qualsiasi velivolo reale: nessuna traccia nei radar, nessun testimone oculare, nessun drone, tantomeno “russo”. La Procura di Milano ha chiesto al Gip l’archiviazione dell’inchiesta aperta a fine marzo. È stato chiarito anche un ulteriore elemento inizialmente ritenuto sospetto: una Cadillac gialla individuata nei pressi del centro di ricerca. Gli accertamenti hanno stabilito che il veicolo apparteneva a un imprenditore in contatto telefonico con cittadini russi, poi risultati essere proprietari di ville nella zona, senza alcun legame con attività illecite. I titoli dei quotidiani, però, sono granitici quanto la certezza che la minaccia sui cieli dell’Ispra sia di matrice russa: “Il giallo dei droni russi che sorvolano il centro ricerca Ue sul Lago Maggiore. Cosa sappiamo” (La Stampa); “Drone russo in volo sul Lago Maggiore obiettivo il Jrc di Ispra” (Varesenews); “Un drone russo ha sorvolato il Centro europeo di ricerca sul Lago Maggiore” (Wired). E così via, in una sterminata serie di articoli copia e incolla.

In un contesto dominato dalla propaganda, la realtà è stata piegata al sensazionalismo, arrivando a inventare dettagli di sana pianta, come il presunto modello del drone “russo”, attribuito arbitrariamente al ZALA Aero Group, un’azienda sanzionata dopo l’inizio dell’Operazione Speciale. Questa vicenda non è solo un errore tecnico, ma un esempio lampante di come i media mainstream, in preda a russofobia cronica, amplifichino echi vuoti per alimentare paure ataviche, creando allucinazioni collettive senza verificare fonti o attendere i fatti. Così, quotidiani blasonati e testate “autorevoli” hanno preso un’anomalia tecnica e l’hanno trasformata in un caso geopolitico, inseguendo pregiudizi ideologici e urgenze narrative. Il drone “russo” diventa una presenza data per certa, i sorvoli si moltiplicano sulle colonne dei quotidiani, la no-fly zone violata diventa simbolo di una “guerra ibrida” immaginaria che annovera il falso jamming all’aero di von der Leyen atterrando sui cieli di Varese.

A dicembre 2025, con la richiesta di archiviazione al Gip, la bufala è implosa, sgonfiando la bolla mediatica. Proprio i mezzi di informazione hanno giocato un ruolo da protagonisti, presentando ipotesi come fatti assodati. Solo alcuni esempi: Il Corriere della sera titolava il 30 marzo “Ispra, drone russo in volo sul centro di ricerca Ue sul lago Maggiore”, dando per scontata l’origine russa e i cinque passaggi sul’Ispra, senza condizionali che mitigassero l’allarme. Similmente, La Stampa parlava di “giallo dei droni russi che sorvolano il centro ricerca Ue sul Lago Maggiore”, evocando misteri spionistici da guerra fredda. Rai News non era da meno: “Droni russi su centro di ricerca Ue a Ispra sul Lago Maggiore, 5 avvistamenti“, con enfasi su una no-fly zone violata, ignorando la fragilità dei rilevamenti e sbattendo nel titolo ben cinque chimerici avvistamenti, mai avvenuti. Mentre Il Manifesto in “Drone russo su Ispra, indagini e malumori” riportava sei sorvoli in una settimana come minaccia concreta, la testata che ospita la ben nota sezione di fact-checking, Open, sospendeva la verifica delle fonti per attestare la minaccia russa a partire dal titolo: “Drone russo sul centro di ricerca europeo di Ispra, la procura di Milano apre un’indagine”.

Questi esempi mostrano come i quotidiani, inseguendo click e narrazioni anti-Mosca, abbiano trasformato una anomalia in un casus belli, senza attendere verifiche. Non si è trattato di un semplice incidente giornalistico: è una radiografia del sistema informativo contemporaneo che riflette un pattern di disinformazione, dove il sensazionalismo e la fretta mediatica incontrano pregiudizi ideologici, creando mostri inesistenti. Il caso Ispra insegna una lezione scomoda: non tutte le bufale nascono ai margini del sistema. Alcune vengono pubblicate in prima pagina, con il timbro dell’autorevolezza. E proprio per questo sono le più pericolose.

Raid israeliano in Libano, ucciso comandante della Forza Quds

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Le forze armate israeliane hanno annunciato di aver ucciso Hussein Mahmoud Marshad al-Jawhari, un comandante della Forza Quds, l’unità d’élite dei Guardiani della Rivoluzione iraniana, durante un raid in Libano vicino al confine con la Siria. L’operazione ha preso di mira un veicolo colpito da un drone, uccidendo anche almeno due persone secondo media libanesi, mentre un’altra figura legata a Hezbollah sarebbe stata eliminata in un’altra azione simile. Israele accusa l’uomo di essere coinvolto in attività terroristiche dirette dall’Iran contro lo Stato ebraico nella regione. Il raid è l’ultima di una serie di attacchi israeliani in Libano, che stanno continuando nonostante un cessate il fuoco formale.

Messico: dove la Coca-Cola si è fatta Stato

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Coca Cola company è una multinazionale statunitense che possiede 500 marchi di prodotti distribuiti in 200 Paesi nel mondo. Il passato di questa azienda è sicuramente notevole da un punto di vista storico, culturale ed economico, infatti poche altre multinazionali possono vantare fatturati e notorietà al pari del colosso di Atlanta. Ma la sua è una storia ancora più incredibile se si prende in considerazione il prodotto più famoso dell’azienda, la bibita gassata Coca-Cola, appunto, e si guarda alla sua produzione e commercializzazione in Messico. Un Paese dove la bibita della multinazionale am...

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È morta Maria Sole Agnelli, sorella dell’Avvocato

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Si è spenta oggi, 26 dicembre 2025, Maria Sole Agnelli all’età di 100 anni. Nata il 9 agosto 1925 a Villar Perosa (Torino), era figura storica della famiglia Agnelli, sorella di Gianni e di Susanna Agnelli. Maria Sole Agnelli aveva svolto un lungo impegno pubblico e culturale: dal 1960 al 1970 è stata sindaca di Campello sul Clitunno (Umbria) e, fino al 2018, presidente della Fondazione Agnelli. Appassionata di equitazione, fu anche proprietaria di cavalli da competizione, tra cui Woodland, medagliato alle Olimpiadi di Monaco nel 1972.

Venezuela libera 99 prigionieri politici, Trentini resta in carcere

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Il Venezuela ha rilasciato 99 prigionieri politici tra uomini, donne e minori, quasi tutti detenuti dopo le tensioni legate alle elezioni del 2024. Lo ha annunciato il Ministero penitenziario di Caracas, che parla di «misure sostitutive della pena» volute da Nicolás Maduro per rispettare i diritti umani. Tuttavia, tra gli scarcerati non ci sono cittadini italiani: restano in carcere Alberto Trentini, cooperante detenuto da oltre 400 giorni senza accuse formali, Daniel Echenaguccia e Biagio Pilieri, la cui salute è considerata fragile dai familiari. La Farnesina e gli ambasciatori continuano i canali diplomatici per la loro liberazione, mentre ONG e le rispettive famiglie chiedono più trasparenza sulle condizioni di detenzione e sul destino dei loro congiunti.

Trump bombarda la Nigeria: “Dobbiamo proteggere i cristiani”

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Gli Stati Uniti hanno bombardato postazioni dell’ISIS in Nigeria, nello Stato di Sokoto, in coordinamento con il governo di Abuja. Ad annunciare l’operazione nella notte italiana tra il 25 e il 26 dicembre è stato il presidente Donald Trump, che con un post sul social Truth, ha rivendicato un «attacco potente e mortale contro la feccia terrorista dell’ISIS nel nord-ovest della Nigeria», sostenendo che lo Stato Islamico aveva messo nel mirino i cristiani che vivono nella regione: «In passato ho avvertito questi terroristi che, qualora non avessero fermato il massacro dei cristiani, avrebbero pagato con un inferno, e stasera c’è stato». A inizio novembre Trump aveva già minacciato sul suo social Truth un raid in Nigeria per «spazzare via i terroristi islamici».

Il Pentagono ha diffuso su X un video che documenta l’operazione. Il Segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth ha ringraziato il governo nigeriano per il suo supporto e la sua cooperazione su X e ha aggiunto: «Seguiranno altre novità…». Abuja ha confermato in una nota la disponibilità a collaborare con Washington per rafforzare l’azione contro i gruppi militanti, ma ha puntualizzato che i gruppi armati colpiscono indiscriminatamente musulmani e cristiani e che le accuse statunitensi di persecuzioni religiose non restituiscono la complessità della situazione, né tengono conto degli sforzi compiuti dal governo per tutelare la libertà di culto. L’operazione americana si inserisce in un quadro di instabilità cronica che da anni interessa vaste aree della Nigeria, dove agiscono gruppi jihadisti, milizie armate e reti criminali. Nelle sue dichiarazioni, Trump ha accentuato la lettura religiosa del conflitto per giustificare i raid americani, sostenendo l’esistenza di una persecuzione sistematica dei cristiani: una narrazione che trova consenso in ambienti conservatori statunitensi, ma che molti analisti giudicano riduttiva, in quanto la crisi è alimentata da fattori intrecciati – tensioni etniche, competizione per le risorse, povertà e fragilità istituzionale – che espongono civili di entrambe le fedi a violenze indiscriminate.

A inizio novembre, su Truth, Trump aveva puntato il dito contro il governo nigeriano accusandolo di tollerare l’uccisione di cristiani e aveva bollato i gruppi estremisti di Boko Haram e la Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP) come responsabili di «atrocità orribili» contro i cristiani. Le minacce di Trump seguivano l’attenzione posta dal senatore Ted Cruz che, a sua volta, aveva accusato la Nigeria di consentire un “massacro” di cristiani. Il presidente nigeriano Bola Ahmed Tinubu aveva respinto la lettura e le minacce di Trump, ribadendo libertà religiosa e sovranità nazionale e negando che la violenza colpisca solo i cristiani. Secondo i dati dell’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), tra gennaio 2020 e settembre 2025 si contano 11.862 attacchi contro civili sia cristiani sia musulmani e 20.409 vittime per mano di Boko Haram e ISWAP. Gran parte della violenza, specie nel nord-ovest, deriva da banditi e milizie etniche. Dall’ascesa di Bola Tinubu nel 2023, si stimano 10.000 morti, centinaia di rapimenti e 3 milioni di sfollati. Secondo la International Society for Civil Liberties and Rule of Law (Intersociety), oltre 52.000 cristiani sono stati uccisi dal 2009, di cui 7.000 solo dallo scorso dicembre, mentre la violenza si espande verso sud tra conflitti per la terra e risorse.

Sul piano geopolitico, l’iniziativa di Washington sembra rispondere più a calcoli di potenza che a preoccupazioni umanitarie. La persecuzione dei cristiani è documentata in diversi altri Paesi – tra cui Somalia, Yemen, Libia, Sudan, Eritrea, Pakistan, Afghanistan e Siria – ma la Nigeria presenta una dinamica più complessa, in cui la violenza colpisce comunità di diverse fedi. I raid USA arrivano mentre la Cina sta rafforzando la propria presenza economica e diplomatica in Nigeria e in Africa occidentale, attraverso investimenti, accordi infrastrutturali e cooperazione politica. Abuja è il principale produttore di petrolio africano, con riserve concentrate soprattutto nel Delta del Niger, area a composizione religiosa mista, ma in prevalenza cristiana. Negli ultimi anni, il rafforzamento del partenariato sino-nigeriano e i meccanismi di cooperazione Sud-Sud hanno accresciuto il peso di Pechino come interlocutore strategico. L’approccio muscolare americano e la retorica trumpiana sulla “difesa dei cristiani” rischiano di essere percepiti come strumentali, alimentando diffidenze e tensioni locali, con l’effetto opposto di spingere ulteriormente Abuja – e con essa una parte dell’Africa occidentale – nell’orbita cinese.

Zelensky annuncia un incontro con Trump

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che si incontrerà con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump «nel prossimo futuro», sottolineando che «molto può essere deciso prima di Capodanno». Zelensky ha scritto su X che la decisione deriva dagli ultimi contatti tra il negoziatore ucraino Rustem Umerov e la parte americana, dopo una telefonata con l’inviato Usa Steve Witkoff e Jared Kushner. Intanto le forze russe hanno attaccato giovedì sera un’infrastruttura critica nella regione di Volinia, nell’Ucraina occidentale.

California, stato d’emergenza in 6 contee causa tempesta

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Una potente tempesta invernale sta colpendo la California, portando piogge intense, venti forti e abbondanti nevicate, con visibilità quasi nulla nelle aree montane. Il maltempo è arrivato mentre milioni di persone erano in viaggio per le festività, rendendo le condizioni stradali estremamente pericolose. In California meridionale sono stati emessi avvisi di evacuazione, in particolare nelle zone già colpite dagli incendi di gennaio. A Los Angeles un uomo intrappolato in un tunnel di drenaggio è stato salvato. Il governatore Gavin Newsom ha dichiarato lo stato di emergenza in sei contee, mobilitando squadre di soccorso e la Guardia Nazionale.