lunedì 1 Dicembre 2025
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Vasto: cittadini contro il resort nella Riserva di Punta Aderci

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Il progetto di un “eco-resort” di 39mila mq a Torre Sinello, dentro e ai margini della Riserva Naturale Punta Aderci, divide Vasto. La società C-Naturae, che ne ha in capo la realizzazione, prevede unità abitative, piscine ed edificio benessere nell’area già vincolata e parzialmente ricadente in Zona Speciale di Conservazione. Italia Nostra, Forum H2O e Gruppo Fratino denunciano però un intervento «scriteriato», ritenendo insufficienti le procedure avviate dal Comune, e chiedono una Valutazione di Impatto ambientale. Il sindaco Francesco Menna ha replicato annunciando un esposto per «procurato allarme» e definito il progetto «eco-compatibile» e come un’opportunità per il territorio.

Come si legge nel Rapporto Preliminare per la Verifica di Assoggettabilità a Valutazione Ambientale Strategica, la società C-Naturae «intende procedere alla realizzazione della struttura turistico ricettiva denominata Eco Resort Punta Aderci, operando una profonda riqualificazione dell’area ex “Camping Oasi Punta Aderci”», al fine di creare un servizio di qualità, che risulti adeguato all’ineccepibile valore paesaggistico del luogo, immerso nella natura mediterranea e nei vigneti locali, che fanno di Punta Aderci un territorio di elevata integrazione uomo-ambiente». L’intento progettuale, si scrive, è stato quello di «mettere a sistema il patrimonio paesaggistico e le valenze naturalistiche esistenti con le esigenze di ampliamento del Proponente, attraverso la realizzazione di unità abitative mobili, che non contemplino quindi il consumo permanente di suolo e non creino impatto significativo sui luoghi, così come i connessi servizi.

Tale esposizione non ha però convinto le associazioni ambientaliste. In prima fila contro la realizzazione del resort si è schierata Italia Nostra, che ha espresso «profonda preoccupazione» per un’operazione che, avverte, «prevede 52 unità abitative prefabbricate, piscine, aree wellness e parcheggi su circa quattro ettari di terreno oggi agricolo e in parte naturale», rappresentando «un intervento ad elevato impatto paesaggistico e ambientale, incompatibile con gli obiettivi di tutela della Riserva e con le politiche europee e regionali di conservazione della biodiversità». L’area coinvolta è infatti sottoposta a vincolo paesaggistico e archeologico, in parte inclusa all’internpo della Riserva Naturale Regionale di Punta Aderci, e Sito di Interesse Comunitario (SIC/ZSC) della Rete Natura 2000. L’organizzazione contesta la decisione del Comune di Vasto di «avviare una semplice Verifica di Assoggettabilità alla VAS, senza coinvolgimento del pubblico ma soltanto dei Soggetti Competenti in materia Ambientale (SCA)», definendola «in contrasto con i principi di trasparenza e partecipazione stabiliti dalla direttiva 2001/42/CE e dal D.Lgs. 152/2006».

Critiche all’indirizzo dell’operato comunale sono arrivate anche dal Forum H2O, che ha reso noto di avere «inviato una segnalazione circa il fatto che, per un intervento del genere, è obbligatoria la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, con la fase pubblica per le osservazioni, che appare essere stata completamente dimenticata». In considerazione delle dimensioni del progetto e lo stato attuale dell’area, inoltre, «appare evidente come non ci si possa limitare a un mero screening di V.Inc.A. ma debba essere espletata la procedura completa, più approfondita e aperta alle osservazioni del pubblico», evidenzia l’organizzazione. «A parte il rigoroso rispetto delle procedure, bisognerà fare delle considerazioni di carattere generale sull’impatto naturalistico e ambientale che questi tipi di intervento hanno su un’area protetta», ha aggiunto Stefano Taglioli del Gruppo Fratino di Vasto.

Difendendo a spada tratta il progetto, il sindaco di Vasto, Francesco Menna, ha bollato come «polemiche futili, inutili e strumentali» le critiche avanzate dalle associazioni ambientaliste, annunciando che presenterà un esposto per procurato allarme. «Ritengo che in Italia ci siano dei burocrati del “No” a prescindere che fanno il male del Paese e sedicenti ambientalisti, che a me piace chiamare “eco-talebani”, che sono quelli della denuncia facile su tutto, che però non vedo presenti quando questa amministrazione ha intrapreso iniziative importanti sul fronte ambientale», ha dichiarato il primo cittadino. «Questo resort va fatto, perché è compatibile con l’ambiente ed è un faro per la transizione ecologica e ambientale», ha poi concluso. Le organizzazioni che contestano il progetto, invece, chiedono «con forza un cambio di passo nelle politiche territoriali e turistiche, affinché la sostenibilità non resti uno slogan di facciata ma diventi sostanza concreta delle scelte pubbliche e private».

È morto Nicola Petrangeli, leggenda del tennis italiano

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È morto a 92 anni Nicola Pietrangeli, leggenda del tennis italiano e primo azzurro a vincere un torneo del Grande Slam, il Roland Garros, conquistato nel 1959 e 1960. Considerato tra i migliori giocatori della sua epoca, vinse 67 tornei complessivi e detiene ancora oggi il record assoluto di vittorie in Coppa Davis: 120 match, di cui 78 in singolare. Tra i suoi successi spiccano anche due Internazionali d’Italia e una semifinale a Wimbledon. Capitano nel 1976, guidò l’Italia al suo unico trionfo in Coppa Davis. Elegante e versatile, fu un maestro della terra rossa e del rovescio a una mano.

Il governo del “compra italiano” affida le forniture di Palazzo Chigi ad Amazon

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Correva l’anno 2018 e Giorgia Meloni, all’epoca fiera sovranista, affermava: «Agli italiani dico: non comprate su Amazon perché la nostra pigrizia può costarci caro, comprate al dettaglio, sosteniamo i commercianti e gli artigiani italiani». Ora, invece, la presidenza del Consiglio ha siglato un patto da 135 mila euro con la multinazionale americana, dalla quale acquisterà le forniture per i prossimi tre anni.

Le tipologie di prodotti per i quali il governo potrà rifornirsi da Amazon sono molteplici e vanno dalla fotografia ai libri, dalla ferramenta agli arredi per l’ufficio, passando anche per i grandi elettrodomestici. Il contratto, della durata di 24 mesi, potrà essere rinnovabile per altri 12. Palazzo Chigi smetterà così di fare approvvigionamento dai piccoli produttori e dalle catene locali italiane, con le ripercussioni socio-economiche che questo comporta. Eppure, l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è in passato più volte espressa esplicitamente contro l’acquisto da Amazon, motivando la sua posizione con la necessità di tutelare il commercio al dettaglio e le piccole realtà imprenditoriali italiane. A poche settimane dalla sua vittoria alle elezioni del 2022, poi, il suo governo aveva valutato l’introduzione in legge di Bilancio di una “Amazon Tax”, una tassa sulle consegne a domicilio effettuate dopo acquisti online, con l’obiettivo di aumentare le entrate nelle casse dello Stato e difendere contemporaneamente i piccoli negozi. Nel 2023 poi, in un discorso che già preannunciava un ammorbidirsi delle proprie posizioni rispetto al passato, Meloni aveva ribadito la necessità di governare adeguatamente il commercio elettronico perchè «il suo impatto sul nostro sistema economico e produttivo sia sostenibile».

Eppure, in questo momento più che mai l’industria italiana avrebbe bisogno di sostegno, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese, che stanno risentendo maggiormente l’impatto di dazi statunitensi, caro energia e della generale crisi del settore manifatturiero. In un contesto simile, per i prossimi tre anni Palazzo Chigi si è invece assicurato l’acquisto di una ampia gamma di beni, ignorando anche le reiterate proteste dei fattorini della multinazionale di Bezos, che hanno scioperato a più riprese in Italia (e in tutto il mondo) per chiedere orari di lavoro più umani e condizioni di sicurezza più dignitose. Per non citare le accuse di complicità nell’“economia di genocidio” dello Stato di Israele” rivolte all’azienda da rapporti ONU, in quanto risulta aver investito direttamente negli insediamenti illegali dei coloni israeliani in Cisgiordania.

Alluvioni in Asia, il bilancio sale a oltre mille morti

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Continua a peggiorare il bilancio delle vittime delle alluvioni che negli ultimi giorni hanno colpito Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e Malaysia. Oggi le autorità parlano infatti di oltre mille morti e centinaia di dispersi. Secondo l’agenzia per la gestione delle catastrofi, Sumatra risulta l’area più colpita, con 502 vittime e oltre 500 dispersi, mentre in Sri Lanka si contano 334 morti dopo il passaggio del tifone Ditwah. I governi hanno mobilitato elicotteri, navi e mezzi militari per i soccorsi, con lo Sri Lanka che ha dichiarato lo stato d’emergenza. In Thailandia si registrano 176 vittime e due in Malaysia.

La corsa italiana alle rinnovabili, tra necessità e speculazione

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La produzione di energia eolica in Italia si concentra nel Sud, dove si trova il 90% degli impianti presenti sul territorio nazionale e la gran parte delle nuove istanze di connessione relative all’eolico e al fotovoltaico: 1509 pratiche per la Puglia, 1169 per la Sicilia, 767 per la Basilicata, 678 per la Sardegna. In queste sole quattro regioni si registrano il 68% di tutte le 6097 richieste italiane. La richiesta di connessione rappresenta il primo passo di un processo che prevede poi l’elaborazione di un progetto, che deve essere approvato, e la realizzazione dell’impianto. A oggi, a livel...

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Torino: 36 attivisti identificati e denunciati per le “violenze” contro La Stampa

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La Digos ha identificato 36 attivisti ritenuti coinvolti nell’irruzione di venerdì scorso alla sede torinese de La Stampa, dove un gruppo di manifestanti ha messo a soqquadro la redazione. Un’azione dimostrativa durata pochi minuti che ha però innescato immediatamente una reazione politica e mediatica compatta, con toni da emergenza democratica. I denunciati rischiano ora procedimenti penali con più capi d’accusa, mentre l’episodio viene narrato come un attacco alla libertà di stampa, alimentando una narrazione d’emergenza nonostante i danni siano stati limitati a letame lanciato ai cancelli, scritte sui muri e giornali rovesciati in una redazione vuota.

Era in corso lo sciopero generale quando, dal corteo che attraversava il centro di Torino, un blocco di un centinaio di persone si è staccato dirigendosi verso via Lugaro, sede storica de La Stampa. Una volta giunti davanti al complesso, alcuni hanno forzato un ingresso laterale, divelto una telecamera interna e aperto la strada al gruppo. Dentro, in pochi minuti, sono state rovesciate pile di giornali e libri, sparse per i corridoi come a simboleggiare un rifiuto della linea editoriale del quotidiano, accusato dai manifestanti di posizioni filogovernative e di disinformazione sul conflitto in Medio Oriente. Sui muri sono comparse scritte contro la testata e slogan a sostegno della Palestina. La protesta era legata anche all’arresto e all’espulsione dell’imam Mohamed Shahin, voce centrale delle mobilitazioni pro-Palestina, accusato per dichiarazioni politiche e ora a rischio persecuzione in Egitto. Secondo i manifestanti, quotidiani come La Stampa si sono resi complici nel costruire una narrazione mediatica che ha dipinto Shahin come un terrorista, favorendone l’arresto. All’esterno, un piccolo gruppo ha lanciato letame sulla cancellata, gesto plateale e simbolico subito amplificato sui social.

La Digos ha lavorato per tutto il fine settimana incrociando registrazioni interne, materiale di videosorveglianza urbano e filmati circolati online. Da queste fonti sono stati riconosciuti 36 presunti partecipanti, per la maggior parte giovani legati al centro sociale Askatasuna e ai collettivi studenteschi Collettivo universitario autonomo e Kollettivo studentesco autorganizzato. Tra le persone identificate, c’è anche il sedicenne che era stato fermato e ammanettato davanti al liceo Einstein durante gli scontri tra studenti di sinistra e di destra. Le accuse ricostruite finora comprendono danneggiamento aggravato, invasione di edifici e, per alcuni, minacce. La Procura valuta, inoltre, la possibile contestazione dell’associazione per delinquere, ipotesi che segnerebbe un salto di scala giudiziaria. È proprio questa sproporzione fra gesti dimostrativi e ipotetica cornice penalmente pesantissima a far discutere: dalle dichiarazioni del governo alle prese di posizione bipartisan del Parlamento, passando per la stampa mainstream, l’irruzione è stata descritta come un “assalto organizzato” contro un presidio democratico, accostamento che evoca stagioni storiche ben più tragiche del passato, come se ci si trovasse di fronte a una azione paramilitare e al ritorno alle attività eversive.

Nel giro di poche ore, la vicenda è diventata simbolo di un presunto clima di violenza politica crescente, sebbene il bilancio materiale dell’episodio parli di danni limitati, nessun ferito, nessuna arma, nessun tentativo di devastazione sistematica degli uffici. L’amplificazione e l’isteria mediatica sull’irruzione alla redazione del quotidiano torinese rischiano che il dissenso radicale venga equiparato automaticamente alla minaccia terroristica, in un’epoca in cui il confine tra ordine pubblico e gestione del conflitto sociale si assottiglia. È inevitabile chiedersi se la reazione non stia strumentalizzando l’episodio, come già avvenuto per le recenti proteste pro-Palestina, per stringere le maglie del controllo e limitare le manifestazioni. Alla luce del disegno di legge avanzato dalla Lega “Disposizioni per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo, che, adottando la definizione dell’IHRA, mira a vietare manifestazioni in favore della Palestina e a criminalizzare ogni critica al governo di Benjamin Netanyahu, la risposta politica sembra voler chiudere la partita prima ancora che un giudice valuti i fatti, costruendo un precedente che potrebbe pesare sul futuro delle mobilitazioni.

Emma Bonino ricoverata in terapia intensiva a Roma

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Emma Bonino è stata trasportata domenica sera in codice rosso all’Ospedale Santo Spirito di Roma, dove è stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva per insufficienza respiratoria. Fonti mediche riferiscono che l’ex ministra, radicale della prima ora, al momento sembra vigile. Nel 2015 le era stato diagnosticato un tumore al polmone, guarito dopo otto anni di cure, e già nell’ottobre 2024 era stata ricoverata per problemi respiratori. I medici faranno il punto con un bollettino nelle prossime ore.

Malta: abbonamenti gratis in palestra contro la sedentarietà dei giovani

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A Malta, i giovani di età compresa tra i 16 e i 21 anni avranno diritto a un abbonamento semestrale in palestra totalmente gratuito. Lo ha deciso il governo guidato dal laburista Robert Abela nella legge di Bilancio, dopo la buona adesione registrata con una misura analoga che ha interessato quest'anno i ragazzi nati tra il 2005 e il 2007. La promozione della salute mentale e fisica tra i più giovani e l'incoraggiamento verso uno stile di vita sano hanno spinto l'esecutivo maltese ad agire; così dall'anno prossimo sarà allargata la platea dei beneficiari, interessando i nati tra il 2004 e il 2...

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Lituania, chiuso l’aeroporto di Vilnius: “invaso lo spazio aereo”

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La Lituania ha chiuso temporaneamente l’aeroporto della capitale Vilnius dopo avere rilevato la presenza di presunti palloni aerostatici all’interno del proprio spazio aereo. Secondo le autorità lituane, i palloni verrebbero pilotati da contrabbandieri che trasportano sigarette illegalmente all’interno del Paese, e partirebbero dalla Bielorussia. La Lituania accusa il presidente bielorusso Alexander Lukashenko di permettere la pratica, definendola una forma di «attacco ibrido» da parte di Minsk; lo scorso ottobre, il Paese ha chiuso temporaneamente i confini con la Bielorussia sulla base delle stesse accuse. La Bielorussia ha sempre smentito le affermazioni di Vilnius.

Palestina, i coloni attaccano volontari internazionali: feriti tre italiani

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Un nuovo attacco dei coloni israeliani ha colpito la comunità di Ein al-Duyuk, vicino a Gerico, nella Cisgiordania occupata. Questa volta a subire le conseguenze delle violenze che quotidianamente colpiscono i villaggi e le comunità palestinesi sono stati 4 attivisti internazionali, di cui tre italiani e una cittadina canadese. Gli attivisti italiani fanno parte della campagna Faz3a, iniziativa palestinese attiva in Cisgiordania. Una decina, i coloni mascherati che hanno fatto irruzione all’alba nella casa dove dormivano, picchiandoli con bastoni e rubando i loro oggetti personali, tra cui i passaporti e i telefoni. Alcuni coloni erano armati con fucili. «Quando sono arrivati hanno puntato le torce dentro la casa dicendo che erano dell’esercito», testimonia a L’Indipendente uno degli attivisti del gruppo. «Sapevano che c’erano internazionali lì dentro». «Li hanno picchiati anche con i calci dei fucili, li hanno ripetutamente colpiti sulle costole, in faccia, nelle parti geniali. Un vero e proprio attacco squadrista», continua l’attivista, anche lui italiano. Tutti e quattro gli attivisti sono stati successivamente portati in ospedale a Gerico a causa delle ferite subite, e poi dimessi.

«Sicuramente questo attacco cambia il livello di escalation che i coloni hanno anche con gli internazionali, oltre alle già gravissime violenze che quotidianamente compiono contro i palestinesi». Le violenze dei coloni si stanno intensificando, e la comunità di Ein al-Duyuk ne è testimone: negli ultimi due mesi le famiglie residenti si sono viste rubare quasi duecento pecore e galline, e i coloni, provenienti da uno degli avamposti illegali che stanno prolificando in Cisgiordania dal 7 di ottobre, hanno assaltato ripetutamente la comunità, danneggiando pannelli solari, macchine, e abitazioni. «Venivano di giorno e di notte a disturbare, minacciare, attaccare gli abitanti del villaggio», testimonia ancora l’attivista, che ha passato alcuni giorni nella comunità prima della recente aggressione. «Il loro obiettivo è chiaro: terrorizzare i palestinesi per spingerli ad abbandonare le loro terre sulle quali vivono da sempre», conclude.

La valle del Giordano, dove si situa il villaggio, è uno dei territori più colpiti dalla pulizia etnica in corso in West Bank; il territorio, che costituisce quasi il 30% della Cisgiordania, è categorizzato “area C”, ossia sotto controllo completo israeliano. Il villaggio di Ein al-Duyuk tuttavia è zona A, ossia – teoricamente – sotto il pieno controllo dell’Autorità palestinese. Ma Tel Aviv non ha mai rispettato queste categorie amministrative. Da decenni Israele si impegna nel rendere invivibile la zona, con l’obiettivo di costringere i palestinesi ad abbandonarla. Centinaia di ettari sono stati classificati come “zone naturali protette”, o “aree militari”, vietando l’accesso ai pastori e agli agricoltori palestinesi e minando il sostentamento dei villaggi. Ma la repressione negli ultimi due anni sta aumentando, e l’impunità dei coloni, connessa con numerosi ordini di demolizione di case nella zona, hanno costretto decine di comunità beduine a lasciare l’area.