venerdì 19 Settembre 2025
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Uno studio quantifica l’impatto ambientale definitivo delle mascherine anti-Covid

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Durante la pandemia di Covid-19 erano ovunque in quanto, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), avrebbero dovuto ridurre i contagi. Oggi, uno studio ne dimostra l’impatto sull’ambiente: le mascherine facciali rilasciano microplastiche, additivi chimici e interferenti endocrini, contribuendo all’inquinamento di suolo e acque. La ricerca è stata condotta dal Centro per l’Agroecologia, l’Acqua e la Resilienza della Coventry University, sottoposta a revisione paritaria e pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Pollution. Analizzando tramite tecniche di laboratorio avanzate le sostanze rilasciate dalle mascherine, i ricercatori hanno scoperto che, anche senza essere indossate o sottoposte a movimento, queste rilasciano centinaia di particelle di microplastica, per lo più inferiori a 100 micrometri (ovvero lo spessore di un capello umano). «Non possiamo ignorare il costo ambientale delle mascherine monouso», avverte la coordinatrice dello studio Anna Bogush, aggiungendo che «dobbiamo sostenere lo sviluppo di alternative più sostenibili e fare scelte consapevoli per proteggere la nostra salute e l’ambiente».

Durante il picco della pandemia, l’uso globale di dispositivi di protezione individuale – cioè gli strumenti impiegati per ridurre l’esposizione a rischi per la salute – aveva raggiunto cifre impressionanti. Secondo le stime dell’OMS, servivano ogni mese circa 89 milioni di mascherine mediche per il solo settore sanitario, mentre ricerche indipendenti hanno calcolato un consumo globale di 129 miliardi di pezzi al mese. Il tutto nonostante esistessero un numero discreto di dubbi e critiche sulla loro efficacia – e che, col passare del tempo, hanno trovato sempre più riscontro con l’evidenza scientifica. Inoltre, si tratta di prodotti realizzati in gran parte con plastiche come polipropilene, polietilene, poliestere o nylon: materiali che, come spiegano gli autori della ricerca, non erano riciclabili con i metodi convenzionali e si sono accumulati come rifiuti in discariche, strade, spiagge e corsi d’acqua. Diversi studi avevano anche già mostrato come i processi di degrado – esposizione al sole, abrasione meccanica, variazioni di temperatura o di pH – favorissero il rilascio di microplastiche, particelle di dimensioni inferiori a cinque millimetri che possono penetrare negli ecosistemi e negli organismi viventi. La novità dello studio della Coventry University, invece, è aver quantificato in modo comparativo quanto inquinante può fuoriuscire dalle diverse tipologie di mascherine anche senza tali condizioni esterne. Per farlo, i ricercatori hanno immerso mascherine nuove in contenitori di acqua ultrapura per 24 ore, filtrando poi i liquidi e analizzandoli con tecniche avanzate come la spettroscopia infrarossa e la spettrometria di massa, controllando attentamente le possibili contaminazioni.

I risultati hanno mostrato che ogni mascherina rilascia microplastiche già dalla fase di produzione. Le chirurgiche standard ne emettono in media circa 250 particelle, mentre le FFP2 arrivano a oltre mille, con dimensioni variabili tra 10 e 2.082 micrometri, ma con una predominanza netta di frammenti inferiori a 100 micrometri. La composizione è risultata per lo più in polipropilene, con percentuali comprese fra l’82 e il 97%, ma nei facciali filtranti sono state individuate anche quantità maggiori di altre plastiche, come polietilene, poliestere e PVC. Oltre alle particelle solide, le analisi hanno evidenziato la presenza di diverse sostanze chimiche, tra cui in particolare il bisfenolo B, considerato un interferente endocrino capace di alterare il funzionamento degli ormoni, e 1,4-bis(2-etilesil) solfosuccinato, un composto usato come additivo industriale. Secondo le stime, la massa enorme di mascherine prodotte durante la pandemia avrebbe comportato il rilascio nell’ambiente di 128-214 chilogrammi di bisfenolo B. «Non possiamo ignorare il costo ambientale delle mascherine monouso, soprattutto quando sappiamo che le microplastiche e le sostanze chimiche che rilasciano possono avere effetti negativi sia sulle persone che sugli ecosistemi. Mentre andiamo avanti, è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica su questi rischi, sostenere lo sviluppo di alternative più sostenibili e fare scelte consapevoli per proteggere la nostra salute e l’ambiente», concludono gli autori.

La Polonia annuncia restrizioni del traffico aereo

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Il Comando Operativo delle Forze Armate polacche ha annunciato che il Paese ha introdotto restrizioni al proprio traffico aereo lungo i suoi confini orientali con Bielorussia e Ucraina. Da quanto spiega in un comunicato, i voli nella zona soggetta alle restrizioni saranno vietati dall’alba al tramonto, per tutti gali aerei a eccezione degli aeromobili dotati di transponder che mantengono aperta una comunicazione bidirezionale con le autorità aeree, e di alcuni voli militari e speciali. La scelta di limitare il proprio traffico aereo sul confine, arriva il giorno dopo una invasione dello spazio aereo nazionale da parte di droni non identificati che la Polonia sostiene essere di origine russa.

Israele continua a bombardare tutti: adesso tocca di nuovo alla Yemen

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L’aviazione israeliana ha lanciato un attacco aereo contro il gruppo yemenita Ansar Allah, meglio noto con il nome di Houthi. I media ufficiali del gruppo riportano che le bombe israeliane avrebbero preso di mira una struttura medica, un ufficio ministeriale, e gli uffici di due quotidiani nazionali, tutti situati nella capitale Sana’a. Colpito anche il complesso governativo ad Al Hazm, principale città del Governatorato di Al Jawf. Secondo le autorità di Ansar Allah diversi missili sarebbero stati intercettati, ma l’attacco avrebbe ucciso 35 persone, ferendone altre 131. L’offensiva contro Ansar Allah arriva in una settimana di intensa attività per l’esercito israeliano, che in soli quattro giorni ha attaccato cinque diversi Stati (contando lo Yemen), ed è accusato di averne attaccato un sesto. Stamattina, in risposta al bombardamento, l’aviazione del movimento ha lanciato un missile contro lo Stato ebraico, che pare essere stato intercettato.

L’attacco allo Yemen è stato lanciato nella sera di ieri, mercoledì 10 settembre. I media israeliani e i giornali yemeniti anti-Ansar Allah riportano che per condurre l’attacco Israele avrebbe utilizzato 10 jet e 30 bombe, e che avrebbe colpito 15 obiettivi diversi. Secondo il quotidiano israeliano Ynet, gli aerei avrebbero volato per 2.350 chilometri, facendo rifornimento in volo; in termini di distanza percorsa, sarebbe l’operazione più lunga dall’escalation del 7 ottobre. L’esercito israeliano ha dichiarato di avere preso di mira un deposito di carburante, avamposti militari, e una sede del dipartimento di informazione di Ansar Allah, venendo prontamente smentito dal gruppo: il portavoce militare del movimento, Yahya Saree, sostiene che Israele avrebbe colpito prevalentemente edifici civili, tra cui le sedi dei giornali 26 Settembre e Al Yeman, uccidendo alcuni giornalisti. I due quotidiani confermano l’attacco subito. I bombardamenti sono stati scagliati contro Sana’a e Al Hazm: nella capitale, Israele avrebbe ucciso 28 persone, ferendone altre 113; nella seconda, sarebbero state uccise 7 persone, e altre 18 sarebbero rimaste ferite. I soccorritori yemeniti stanno ancora cercando eventuali superstiti tra le macerie.

L’aggressione di ieri segue un bombardamento su Sana’a di fine agosto, nel quale Israele ha preso di mira i vertici militari e politici di Ansar Allah, riuscendo a uccidere il primo ministro del gruppo, Ahmed al-Rahawi. Esso, inoltre, è solo l’ultimo di una lunga serie di aggressioni lanciate dallo Stato ebraico negli ultimi giorni. Oltre ai quotidiani massacri a Gaza e agli altrettanto frequenti assedi in Cisgiordania, solo in questa settimana Israele ha colpito anche il sud del Libano, la Siria, e il Qatar; il più recente attacco è stato scagliato proprio contro la capitale di quest’ultimo, Doha, dove Israele ha tentato di assassinare la delegazione diplomatica di Hamas. In seguito all’aggressione, Israele ha ucciso 5 funzionari palestinesi e un militare qatariota, senza tuttavia riuscire a ledere i membri della squadra negoziale. Israele è inoltre accusato dagli attivisti della Global Sumud Flotilla di avere attaccato due imbarcazioni del gruppo attraccate a Tunisi. Entrambe le navi sono state attaccate con dei droni incendiari, la prima ieri e la seconda l’altro ieri.

L’attivista statunitense di destra Charlie Kirk è stato ucciso

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Ieri sera, durante un dibattito presso l’Università dello Utah, negli USA, l’attivista politico Charlie Kirk è stato assassinato. Kirk era una personalità molto nota negli Stati Uniti, aperto sostenitore di Trump, per il quale ha fatto campagna elettorale; era solito dibattere con gli studenti negli atenei, rispondendo agli argomenti del pubblico lasciando il microfono aperto. Ancora ignoti autore e dinamiche dell’omicidio: secondo le ricostruzioni dei giornali, l’assassino avrebbe sparato a Kirk dal tetto di un edificio dell’università usando un fucile d’assalto. Trump ha espresso cordoglio nei confronti della famiglia, ordinando che in tutti gli edifici pubblici dentro e fuori dal Paese venisse esposta la bandiera a mezz’asta fino a domenica.

Sotto l’Atlantico è stata scoperta una nuova riserva d’acqua dolce

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Una spedizione scientifica internazionale ha scoperto vasti depositi di acqua dolce intrappolati da millenni sotto le acque salate dell’Atlantico del Nord, al largo di Cape Cod, penisola nello Stato USA del Massachusetts. La scoperta, frutto della missione Expedition 501, potrebbe aprire nuove prospettive per affrontare la crescente emergenza idrica globale. I ricercatori hanno estratto circa 50.000 litri di campioni, alcuni dei quali hanno registrato una salinità di appena 4 parti per mille: un valore molto inferiore al contenuto medio di sale degli oceani, pari a 35 parti per mille.
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Francia, scontri con la polizia e centinaia di arresti durante le mobilitazioni antigovernative

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Dopo mesi dal lancio della mobilitazione, oggi, mercoledì 10 settembre, in Francia, è iniziata la giornata di blocco totale del Paese. I cittadini sono scesi in piazza all’insegna del motto “Boicottaggio, Disobbedienza, Solidarietà” (in quello che sembrerebbe un richiamo alla campagna BDS contro lo Stato di Israele), per contestare le politiche di austerità e la manovra finanziaria proposta dal dimissionario premier Bayrou. La parola d’ordine era una sola, “indigniamoci”, e i cittadini l’hanno presa alla lettera: i manifestanti hanno interrotto le autostrade, bruciato copertoni, divelto pali e cartelli, travolgendo le regioni di tutta la Nazione, mentre a Parigi il nuovo premier Sébastien Lecornu inaugurava il proprio primo giorno da presidente del Consiglio. Per l’occasione, le autorità hanno schierato 80mila agenti in tutto il Paese; nell’arco di una manciata di ore sono state arrestate centinaia di persone e sono scoppiati violenti scontri tra polizia e manifestanti.

Le manifestazioni in Francia hanno interessato tutto il Paese e sono iniziate sin dalla mattina. A Rennes a partire dalle 9, è stata completamente bloccata la tangenziale. Un video che circola online mostra lunghe code sulla strada e un gruppo di manifestanti con in mano cartelli stradali, situato dietro a delle recinzioni da cantiere in metallo; pare inoltre che sia stato dato fuoco a un autobus. La strada è stata bloccata anche a Quimper, dove tuttavia le forze dell’ordine sono intervenute per allontanare i manifestanti; analoga situazione ad Arles. Ad Aubagne è stato bloccato un tratto stradale della A50 (in direzione Marsiglia), nel dipartimento di Charente è stata bloccata la Statale 10, a Frontignan, a Sète, a Pontivy, e a Saint Brieuc sono state invase le strade cittadine, e a Clermont Ferrand ci sono stati scontri tra manifestanti e polizia; strade bloccate anche a Lione, sulla Statale 7, e a Marsiglia, dove i manifestanti hanno gettato a terra cassonetti della spazzatura e invaso una sede della catena di supermercati Carrefour; è stato interrotto anche il traffico della autostrada A1. A Tolosa sono stati schierati agenti in tenuta antisommossa: qui, le manifestazioni per strada hanno causato incendi e blocchi del traffico, e i dimostranti hanno divelto pali e cartelli stradali.

Gli episodi di maggior violenza sembrano essersi verificati a Parigi. Nella capitale, in zona Port de Vincennes i manifestanti hanno appiccato il fuoco in strada, e migliaia di persone hanno invaso i viali, impedendo alle auto di circolare. Una analoga situazione si è registrata a Port de Montreuil, a Boulevard Magenta, sulla tangenziale cittadina, e davanti alla stazione di Parigi Nord. In diverse aree della capitale, ci sono stati scontri con la polizia: nel secondo arrondissement, le forze dell’ordine hanno lanciato lacrimogeni verso i manifestanti mentre si trovavano nei pressi di una scuola materna; in centro, decine di poliziotti in tenuta antisommossa hanno caricato un gruppo di manifestanti provando a farli indietreggiare; scontri anche a Place de la Nation, alla stazione Parigi Nord e a quella di Parigi Est.

Per prepararsi alle manifestazioni, le autorità hanno dispiegato un totale di 80mila membri delle forze dell’ordine, che hanno effettuato cariche e arresti in tutto il Paese. Nell’arco delle prime due ore di manifestazione, sono state arrestate oltre 200 persone, di cui almeno 130 nella sola città di Parigi; a ora il bilancio degli arrestati è di 327 persone. Proprio nella capitale, la giornata di mobilitazione è coincisa con la cerimonia di insediamento del premier Lecornu, alimentando ancora di più le proteste parigine. Il movimento del 10 settembre era effettivamente nato per contestare le politiche del Paese, giudicate sempre più lontane dalle esigenze dei cittadini. Con i mesi, esso è finito per muoversi contro la proposta di bilancio avanzata dall’appena dimessosi premier Bayrou, con la quale il primo ministro proponeva un «anno bianco» per le spese sociali, tagliando giorni di ferie dal calendario, congelando i finanziamenti e le spese previdenziali, e un aumento delle franchigie mediche. Contro di essa si è mossa l’intera opposizione, e Bayrou ha chiesto un voto di fiducia, che lunedì 8 settembre è finito per fare crollare il governo.

Israele ha bombardato la capitale dello Yemen

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L’aviazione israeliana ha lanciato un attacco aereo contro il gruppo yemenita Ansar Allah, meglio noto con il nome di Houthi. Secondo i media ufficiali del gruppo, le bombe israeliane avrebbero preso di mira una struttura medica, un ufficio ministeriale, e gli uffici di un quotidiano nazionale, tutti situati nella capitale Sana’a. Colpito anche il complesso governativo ad Al Hazm, principale città del Governatorato di Al Jawf. Secondo le autorità di Ansar Allah diversi missili sarebbero stati intercettati, ma l’attacco avrebbe ucciso 9 persone, ferendone altre 118. Dopo il bombardamento, Il gruppo ha rilanciato la propria campagna di sostegno al popolo palestinese e ha affermato che l’aggressione di oggi non sarebbe rimasta impunita.

Indonesia, inondazioni a Bali: almeno 12 morti

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L’isola indonesiana di Bali, una delle maggiori mete turistiche del Paese, è stata colpita da una forte ondata di piogge, che ha causato diverse inondazioni. Le piogge sono iniziate nella sera di ieri, martedì 9 settembre, e hanno causato il crollo di due edifici nella capitale dell’isola, Denpasar, uccidendo almeno quattro persone. I soccorritori sono a lavoro per cercare eventuali superstiti sotto le macerie. In totale, l’inondazione ha causato la morte di 12 persone.

Soldati israeliani in vacanza in Italia: il governo chiamato a rispondere in Parlamento

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L’Italia continua a essere meta dei soldati israeliani, che sin dal 2024 giungono nella Penisola per “decomprimere” dopo lo stress derivato dal genocidio palestinese. Stando a quanto si apprende da fonti di stampa e dai gruppi parlamentari di opposizione, i militari avrebbero scelto come mete la Sardegna e le Marche, dove sarebbero presenti in mera veste di turisti. Eppure, i membri dell’IDF giunti nel nostro Paese sarebbero “monitorati” da agenti della DIGOS, che ne registrerebbero gli spostamenti per evitare eventuali attacchi alla loro persona, fungendo di fatto come loro scorta. Di fronte alle proteste della società civile, il Movimento 5 Stelle – seguito a ruota da AVS e dal PD – ha annunciato la presentazione di interrogazioni parlamentari: il governo è chiamato a spiegare se e in quale misura abbia avuto ruolo nell’organizzazione, nell’accoglienza o nella tutela di queste trasferte.

Secondo le ricostruzioni, non si tratterebbe di episodi isolati, ma di una pratica consolidata almeno dal 2024, proseguita anche nell’anno corrente. I militari, in gruppi di decine di persone, vengono ospitati in resort di lusso, come il Mangia’s resort a Baia Santa Reparata in Sardegna, o in case private nelle Marche, tra località come Sirolo, le Grotte di Frasassi e Porto San Giorgio. Fonti informate, citate dall’agenzia ANSA, hanno precisato che non esiste una «tutela di gruppi o delegazioni di militari israeliani in quanto tali», ma un monitoraggio di «turisti che potrebbero essere soggetti a minacce» perché considerati sensibili nel contesto del conflitto e delle mobilitazioni pro-Palestina. L’Italia sarebbe stata scelta come meta perché considerata «Paese amico e sicuro». La scoperta dei soldati israeliani in vacanza in Italia ha scatenato immediate proteste da parte di attivisti locali, come il gruppo Lungoni per la Palestina, che hanno organizzato sit-in davanti ai resort. Consiglieri regionali sardi hanno inviato una lettera alla Geasar, gestrice dell’aeroporto di Olbia, chiedendo la sospensione del volo per Tel Aviv, spiegando che non si possono concedere attività turistiche a un governo «che deve rispondere di crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale».

Il primo gruppo politico a sollevare la questione in entrambi i rami del Parlamento è stato il M5S. «Ho depositato un’interrogazione parlamentare urgente per chiedere al governo come sia possibile la presenza regolare di tali militari in vacanza sul nostro territorio – ha scritto sui propri canali social la deputata pentastellata Stefania Ascari – Esistono degli accordi tra il Governo italiano e lo Stato terrorista Israele? C’è qualcuno che li protegge? Ospitare questi soldati colpevoli di crimini di guerra e contro l’umanità, per cui la Corte Penale internazionale ha emesso mandati di arresto verso chi li ordina, è di una gravità inaudita». Le ha fatto eco la senatrice M5S al Senato Alessandra Maiorino, che ha annunciato il deposito di una interrogazione parlamentare a Palazzo Madama «per fare chiarezza su quanto riportato dalla stampa e capire chi ha spalancato le porte a questa oscena operazione, mentre a Gaza continua il genocidio e si continua a morire di fame e di sete». Anche PD e AVS si sono uniti al coro, chiedendo conto dell’ennesimo presunto tassello della «complicità politica e morale» tra Roma e Tel Aviv e censurando i «tentennamenti» di Palazzo Chigi sulla questione.

A Berlino il sabotaggio del complesso militare ha causato un grande blackout

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Ieri un blackout ha paralizzato per diverse ore la zona meridionale di Berlino. L’incendio — doloso secondo le prime ricostruzioni della polizia — di due tralicci dell’alta tensione ha lasciato case e negozi senza corrente, per un totale di 40mila utenze. È stato costretto a fermarsi anche il complesso militare-industriale situato nel quartiere Adlershof, tra i più grandi parchi tecnologici d’Europa. Il sabotaggio è stato presto rivendicato da «alcuni anarchici» che hanno firmato una lettera-comunicato pubblicata su Indymedia, dove si legge: «Chiediamo ai residenti che ne sono stati colpiti di essere indulgenti, non era affatto nostra intenzione. Tuttavia, consideriamo questo danno collaterale giustificabile, in contrasto con la distruzione della natura e la sottomissione spesso mortale delle persone, di cui molte delle aziende con sede qui sono responsabili giorno dopo giorno».

Dalle tre del mattino di martedì migliaia di case e negozi berlinesi sono rimasti senza corrente, con disservizi segnalati per buona parte della giornata. Con semafori e tram fuori uso il traffico è andato presto in tilt, rendendo difficile la circolazione. Per diverse ore ha smesso di funzionare il parco tecnologico di Adlershof, nella zona meridionale della capitale tedesca. Il complesso militare-industriale si estende su un’area di 4,6 chilometri quadrati, contando al suo interno più di 1300 aziende e istituti di ricerca impegnati in diversi settori, tra cui IT, robotica, biotecnologia, aerospaziale, IA e armi. A quanto pare, il parco tecnologico di Adlershof sarebbe finito al centro di un sabotaggio compiuto da anarchici, i quali hanno rivendicato l’incendio dei due tralicci che ha causato il blackout a Berlino. «I loro slogan pubblicitari di innovazione, sostenibilità e progresso — si legge nella lettera firmata da «alcuni anarchici» e pubblicata su Indymedia — non sono altro che una manovra fuorviante per distrarre dal fatto che in realtà costruiscono strumenti di morte e distruzione. Ogni modello di business presente nel parco tecnologico di Adlershof funziona come stabilizzante del sistema ed è, tra l’altro, un prodotto di interessi militari. Le loro tecnologie sono la garanzia della sopravvivenza della macchina capitalista della morte. Pertanto, sono tutti l’obiettivo della nostra azione». La polizia tedesca ha confermato la natura dolosa dell’incendio e indaga su quanto dichiarato dagli anarchici.

Il sabotaggio del complesso militare-industriale berlinese non è un caso isolato. In Europa aumentano i casi simili, soprattutto a sostegno del popolo palestinese e contro Israele, che continua a ricevere armi dai partner europei, tra cui la Germania, capofila nel continente e seconda soltanto agli Stati Uniti per carichi militari venduti allo Stato ebraico.