domenica 20 Aprile 2025
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Muore un operaio al porto di Genova: blocchi e sciopero di protesta

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Giovanni Battista Macciò aveva 52 anni ed era un operaio. È morto questa mattina mentre svolgeva il proprio lavoro, travolto da una ralla nel porto di Genova Prà. Un suo collega è rimasto ferito ed è attualmente ricoverato all’Ospedale San Martino, non in pericolo di vita. Subito dopo l’ennesimo incidente dell’annus horribilis delle morti sul lavoro, è stato proclamato uno sciopero immediato di 24 ore. I lavoratori si sono radunati davanti al varco Etiopia del porto, bloccando il lungomare Canepa. Presto tutti i varchi sono stati chiusi dai picchetti. «Ai valichi del porto di Genova in questo momento siamo presenti in molti, c’è la rabbia e il dolore per la perdita di uno di noi», si legge nella nota diramata dall’Unione Sindacale di Base (USB).

Porto bloccato per 24 ore, traffico in tilt e code chilometriche. È stata la rabbia degli operai, vittime sistemiche di un modello produttivo che in nome del profitto li sacrifica volentieri, a svegliare Genova. Nel porto campeggia una scritta eloquente: «Basta morti sul lavoro! Ci siamo rotti il cazzo!». Di fronte all’ennesimo lavoratore che non tornerà a casa, da moglie e figlio, l’USB punta il dito contro «il drammatico contesto di sfruttamento», ricordando che «ritmi di lavoro sopra le capacità fisiche, incremento dei turni notturni e festivi, introduzione di lavoro flessibile, sono la base su cui si fonda un affare da centinaia di miliardi, dove le aziende si fanno sempre meno scrupoli». La procura ha intanto aperto un’inchiesta. Secondo le prime ricostruzioni Giovanni Battista Macciò stava controllando i sigilli di un container intorno alle tre del mattino quando sarebbe stato travolto da una ralla a seguito di una sterzata improvvisa del conducente.

La lista dei morti sul lavoro si allunga. Nei primi dieci mesi dell’anno, da gennaio a ottobre, se ne sono registrati 890, il 2,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Il 2024 si è macchiato di diverse stragi, con vittime multiple, tra cui: l’esplosione nella centrale idroelettrica a Suviana, il crollo nel cantiere di via Mariti a Firenze, l’intossicazione degli operai a Casteldaccia e la recente esplosione a Calenzano. Un anno che rilancia la necessità di ripensare al rapporto col lavoro, per la sicurezza reale – e non quella di propaganda sbandierata dagli omonimi disegni di legge – di milioni di persone.

[di Salvatore Toscano]

Liguria, ok del gup al patteggiamento di Giovanni Toti

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Sette mesi dopo gli arresti domiciliari, l’ex governatore della Liguria Giovanni Toti ha patteggiato a due anni e tre mesi, convertiti in 1.620 ore di lavori socialmente utili. Il giudice per l’udienza preliminare Matteo Buffoni ha approvato l’accordo con la procura: Toti, accusato di corruzione e finanziamento illecito ai partiti, lavorerà presso la Lega Italiana per la Lotta ai Tumori di Genova, occupandosi di comunicazione e prenotazioni. Grazie a una deroga, potrà superare le 15 ore settimanali e operare in tutta Italia. Contestualmente, chiuso anche il caso di Paolo Emilio Signorini (tre anni e cinque mesi) e Aldo Spinelli (tre anni e tre mesi).

La società dei desideri: come il capitalismo americano ha inventato il consumismo

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La corsa all’ultimo smartphone o all’ultima novità tecnologica, la necessità dell’accessorio firmato, l’ostentazione di beni di lusso, la sostituzione rapida, continua e ingiustificata di prodotti ancora nuovi con quelli all’ultima moda lanciati dal marketing e in generale il bisogno di acquistare compulsivamente beni non necessari sono la manifestazione più evidente di ciò che è stato definito consumismo, fenomeno sociale all’insegna del quale sono state plasmate le società occidentali, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra. L’induzione di bisogni superflui, attraverso la nascita della...

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Russia, arrestato un sospetto per l’attentato al generale Kirillov

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La Russia ha annunciato di aver arrestato un sospetto legato all’attentato avvenuto ieri mattina a Mosca, quando un ordigno nascosto in uno scooter è stato fatto esplodere, uccidendo il generale Kirillov, capo delle truppe russe di protezione dalle radiazioni, e dai prodotti chimici e biologici, insieme al suo aiutante. L’uomo è un cittadino uzbeko e, sostengono le autorità russe, avrebbe compiuto l’attentato in cambio di 100.000 dollari e un passaporto europeo. La Russia ha accusato l’Ucraina di aver assoldato l’uomo e ha annunciato che solleverà la questione davanti all’ONU.

La proposta israeliana per la “pace” a Gaza non è altro che l’occupazione permanente

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Dopo mesi di stallo assoluto, si torna a parlare di cessate il fuoco in Palestina, in una serie di incontri che puntano a istituire una tregua entro l’Inauguration Day del 20 gennaio, giorno dell’insediamento di Trump. Le uniche fonti disponibili sono quelle giornalistiche, che risultano più vaghe e criptiche del solito, sintomo, secondo alcuni analisti, della serietà delle trattative. Tuttavia, le varie opzioni che sembrano venire presentate appaiono le stesse emerse nell’ultimo anno, leggermente più annacquate: Israele vuole mantenere il controllo della sicurezza a Gaza o concentrarlo nei punti chiave del corridoio di Netzarim, che separa la parte settentrionale della Striscia dal resto del territorio, e di Philadelphi, al confine con l’Egitto. L’intenzione israeliana parrebbe insomma quella di mantenere, quanto meno, la propria presenza strategica a Gaza, nell’ottica di un’occupazione permanente della Striscia.

I colloqui per il cessate il fuoco in Palestina sono riemersi tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, per poi farsi, almeno in superficie, sempre più seri. Inizialmente, secondo quanto riporta il sito di informazione Axios, il nuovo quadro dell’accordo non è mutato significativamente dalla proposta avanzata durante il periodo estivo e mai concretizzatasi a causa dell’insistenza di Israele nel continuare i bombardamenti a tappeto: essa prevedeva un piano a tre fasi che consisteva in un graduale ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia, da mettere in parallelo con diversi scambi di prigionieri. I primi incontri dicembrini sembrano essersi concentrati sulla sola prima fase e, secondo fonti del Wall Street Journal, le trattative in corso prevederebbero un cessate il fuoco di 42-60 giorni, durante il quale Hamas rilascerebbe alcuni dei circa 100 ostaggi ancora detenuti a Gaza in cambio di palestinesi imprigionati in Israele. Sembra che si stiano ancora negoziando i nomi dei prigionieri da liberare.

Secondo la fonte del Wall Street Journal, durante questo periodo, le truppe israeliane rimarrebbero temporaneamente a Gaza. Al momento sembra che Israele stia chiedendo che le sue forze restino prevalentemente in due segmenti della Striscia, presso i corridoi di Netzarim e Philadelphi. Hamas sembra disposto a tollerare una presenza israeliana estesa in alcune parti di questi corridoi, purché Israele alla fine vi si ritiri. Questa prima fase dell’accordo sembrava inizialmente vicina a una realizzazione: Hamas ha definito le discussioni «serie e positive» e ha sostenuto che fosse «possibile raggiungere un accordo sul cessate il fuoco e sullo scambio di prigionieri» se Israele avesse smesso «di aggiungere nuove condizioni». Anche il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, che nell’ultimo anno ci ha abituato a esternazioni di tutt’altro tenore, si è mostrato inizialmente fiducioso, affermando che «la tregua non è mai stata così vicina».

Il problema, tuttavia, rimane il dopo cessate il fuoco: secondo fonti di Associated Press la parte palestinese starebbe spingendo per il completo ritiro delle truppe israeliane, ma allo stesso tempo, riporta il Middle East Eye, «Hamas dovrà probabilmente accettare che Israele occupi il terzo più settentrionale di Gaza, che è stato tagliato fuori dal resto della Striscia per quasi tre mesi». Anche funzionari apparsi su Axios hanno placato gli entusiasmi, affermando che, per quanto si siano fatti passi avanti, il raggiungimento di un accordo è tutt’altro che vicino, e che ci sono ancora «tanti buchi da colmare». Lo stesso ministro Katz ha ritrattato le proprie posizioni, sostenendo che «la mia posizione riguardo a Gaza è chiara. Una volta sconfitto il potere militare e governativo di Hamas a Gaza, Israele controllerà la sicurezza a Gaza con piena libertà di azione, proprio come in Giudea e Samaria [ndr. il nome israeliano per la Cisgiordania]». A tal proposito, una fonte interna ad Hamas informata sull’ultimo round di colloqui indiretti ha detto al Middle East Eye che il cessate il fuoco del mese scorso in Libano avrebbe fornito un modello per un’analoga tregua a Gaza. Alcuni mediatori, riporta invece Associated Press, starebbero prendendo in considerazione il ritorno all’accordo del 2005 che consentiva all’Autorità Palestinese di gestire il valico di Rafah insieme agli osservatori dell’Unione Europea. L’unica opzione sul tavolo, insomma, sembrerebbe essere quella di mantenere le truppe israeliano sul suolo palestinese, e di ripetere lo scenario di occupazione entro cui si muoveva la seconda intifada.

[di Dario Lucisano]

Una sonda risolve il mistero vulcanico di Io: la luna più infuocata del Sistema Solare

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Al contrario di quanto si pensava in precedenza, i vulcani di Io non sono alimentati da un oceano globale di magma sotto la superficie, ma da camere magmatiche locali: è quanto emerge dai dettagli svelati dalla missione Juno della NASA che, grazie a due sorvoli ravvicinati, ha catturato immagini e dati mai visti prima, permettendo di osservare per la prima volta i poli della luna con precisione e risolvendo un enigma che durava da decenni. I risultati sono stati presentati all’incontro annuale dell’American Geophysical Union e sono stati inseriti in uno studio pubblicato rapidamente sulla rivista scientifica Nature. La luna «è come un temporale incessante. Sta sempre eruttando dappertutto», ha commentato Scott Bolton, ricercatore appassionato dal satellite di Giove e coautore dello studio pubblicato su Nature.

Scoperta da Galileo Galilei nel 1610, Io è una delle quattro lune principali di Giove ed è poco più grande della Luna terrestre. La sua peculiare attività vulcanica fu rilevata per la prima volta nel 1979, grazie alla sonda Voyager 1, che rivelò una superficie dinamica simile a una “pizza al salame piccante”, come descritto dai ricercatori. Da allora, gli scienziati si sono interrogati sull’origine di questa vulcanicità estrema, un fenomeno attribuito all’intensa flessione mareale causata dalla gravità di Giove. L’orbita irregolare di Io genera enormi forze di compressione, che riscaldano l’interno della luna fino a farlo fondere. Per decenni, la teoria dominante ipotizzava la presenza di un vasto oceano di magma sotto la superficie come alimentatore dei suoi circa 400 vulcani attivi.

Tuttavia, i dati raccolti da Juno durante i sorvoli effettuati a dicembre 2023 e febbraio 2024 hanno mostrato che l’interno del satellite è perlopiù rigido e solido, privo quindi di un oceano globale di magma. Al contrario, spiegano i ricercatori, ogni vulcano sembra essere alimentato da una propria camera magmatica locale. Inoltre, le osservazioni non si sono limitate solo alla struttura interna: la sonda ha catturato immagini dettagliate della sua superficie rivelando laghi di lava – tra cui una enorme distesa paragonabile ad un mare incandescente – e isole mai osservate prima. La scoperta, oltre a risolvere un mistero durato decenni, ha implicazioni più ampie, come spiegano gli scienziati: spinge gli astronomi a ripensare la struttura interna di altre lune come Europa e Encelado, dominate da oceani sotterranei, e perfino di pianeti extrasolari e super-Terre, rivoluzionando la nostra comprensione dell’evoluzione planetaria. «La scoperta di Juno secondo cui le forze di marea non creano sempre oceani di magma globali fa più che spingerci a ripensare a ciò che sappiamo sull’interno di Io», ha confermato l’autore principale Ryan Park, il quale ha concluso aggiungendo che la sonda Juno continuerà a fornire nuove informazioni su Giove e sulle sue lune visto che ha recentemente completato un sorvolo delle cime delle nubi vorticose del gigante gassoso e passerà a circa 3.500 chilometri sopra il centro di Giove il 27 dicembre, registrando 1,04 miliardi di chilometri dall’inizio della sua indagine su Giove otto anni fa.

[di Roberto Demaio]

Rapporto ecomafie: in Italia viene commesso un reato ambientale ogni 18 minuti

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In 30 anni, nel nostro Paese sono stati accertati 902.356 reati ambientali, per una media di uno ogni 18 minuti. È quanto emerge dall’ultimo studio di Legambiente, pubblicato a distanza di tre decenni dal primo rapporto sulle Ecomafie, in cui si attesta che il 45,7% del totale nazionale degli illeciti ambientali si verifica nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa. A primeggiare è la Campania, che registra la maggiore quantità di reati nel ciclo del cemento e dei rifiuti, mentre la Lombardia – terra di “conquista” ormai da decenni delle organizzazioni mafiose, tra cui spicca per capacità adattiva e mole di affari la ‘Ndrangheta – guida la classifica del Nord Italia.

Nel suo report, Legambiente scrive che nel periodo compreso tra il 1992 e il 2023 si sono verificati in totale 902.356 illeciti, per una media di 79,7 reati al giorno, 3,3 ogni ora, accompagnati da 727.771 denunce e 224.485 sequestri. Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, dove sono nate le organizzazioni mafiose tradizionali, contano il maggior numero di illeciti. Nello specifico, in questi trent’anni la Campania ha registrato 117.919 reati ambientali, seguita dalla Calabria (84.472), Sicilia (82.290) e Puglia (73.773). Al quinto posto si trova il Lazio, prima regione del Centro Italia, con 66.650 reati, mentre la Lombardia, ottava in classifica, fa registrare 37.794 illeciti. I reati più diffusi sono quelli legati al ciclo del cemento, che totalizzano 215.831 casi, e al ciclo dei rifiuti, che ammontano a 146.480. Nell’ambito del ciclo illegale del cemento, la Campania è in testa con 30.177 reati. Seguono Calabria (22.849), Puglia (18.788) e Lazio (18.115). La Lombardia è nuovamente la prima regione del Nord, registrando 10.831 reati. Analoga la situazione per il ciclo illegale dei rifiuti, dove la Campania si conferma prima in classifica con 22.400 reati, seguita da Puglia (14.516), Calabria (10.810) e Lazio (9.989). La Sicilia e la Lombardia si posizionano rispettivamente al quinto e sesto posto. In 309 inchieste – il 50,8% del totale – è stato possibile ricostruire il totale dei rifiuti sequestrati, che ammonta a 60,576 milioni di tonnellate. Il 40,49% sono fanghi di depurazione, mentre per il 39,64% si tratta di rifiuti industriali misti.

In questi trent’anni di ricerche, Legambiente ha censito 378 clan mafiosi attivi nelle “filiere” dell’ecomafia, appartenenti a tutte le associazioni di criminalità organizzata, che secondo le stime dell’organizzazione hanno accumulato un fatturato illegale di quasi 260 miliardi di euro. Il campanello d’allarme rispetto al fenomeno delle Ecomafie risuona ormai da molti anni. L’Italia, nel 2015, ha introdotto una legge contro gli Ecoreati, mentre nel febbraio del 2022 ha inserito tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale la tutela ambientale. La scorsa primavera, il Parlamento Europeo ha adottato la Direttiva 11/04/2024, n. 1203 sulla tutela penale dell’ambiente, la quale stabilisce le norme minime per la definizione dei reati e delle sanzioni nonché le misure finalizzate alla prevenzione e al contrasto della criminalità ambientale. Presentando il suo ultimo report, Legambiente ha sollecitato il nostro Paese a recepire “quanto prima” la direttiva.

[di Stefano Baudino]

Gaza, continua l’assedio del nord: 11 morti

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L’esercito israeliano continua il proprio assedio del nord, prendendo di mira strutture sensibili e impedendo l’entrata di aiuti umanitari. L’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite (OCHA) riporta che ieri le autorità israeliane hanno respinto tre convogli umanitari che trasportavano cibo e acqua nel governatorato di Nord Gaza, così come avviene per la «stragrande maggioranza» dei tentativi di aiuto. Nel frattempo, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno intensificato il proprio attacco contro l’ospedale Kamal Adwan, situato a Beit Lahia, dove sono state uccise almeno 11 persone. Gli attacchi dell’esercito israeliano hanno inoltre provocato un incendio che ha messo fuori servizio l’unità di terapia intensiva della struttura.

Paul Watson, il capitano che difende le balene, è stato liberato

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Paul Watson, il fondatore dell'organizzazione per la salvaguardia del mare Sea Sheperd e co-fondatore di Greenpeace, è stato liberato. L'uomo si trovava in carcere dallo scorso 21 luglio, quando era stato arrestato a seguito di un mandato d'arresto internazionale emesso dal Giappone, che lo accusava di «cospirazione per violazione di domicilio», «violazione e distruzione di proprietà» e «ostruzione al commercio». Watson non sarà quindi estradato verso il Giappone, come richiesto dalle autorità nipponiche. «A volte è necessario andare in prigione per far valere le proprie ragioni» ha dichiarato...

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Il Canada introduce nuove tariffe sui prodotti cinesi

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A partire dal prossimo anno, il Canada introdurrà nuove tariffe su vari tipi di prodotti cinesi. La notizia arriva dal Ministero delle Finanze canadese, che ha annunciato la decisione di applicare tariffe alle importazioni di minerali e prodotti che usano energia solare provenienti dalla Cina. Nel 2026, inoltre, il Paese imporrà dazi su semiconduttori, magneti permanenti e grafite naturale cinesi. Il governo del primo ministro Justin Trudeau aveva già imposto una tariffa del 100% su tutti i veicoli elettrici cinesi e una del 25% sulle importazioni di prodotti in acciaio e alluminio.