domenica 20 Aprile 2025
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Migliaia di firme per la petizione che chiede ai supermercati di non vendere prodotti israeliani

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Continuano a moltiplicarsi in Italia e nel mondo le iniziative promosse da chi cerca di colpire l’economia e gli interessi israeliani dopo lo scoppio del conflitto in Palestina e il perpetuarsi dei massacri nella Striscia di Gaza ad opera delle forze armate dello Stato Ebraico. Rete Campagna GD per la Palestina, formata da oltre 160 associazioni riunite in un network interregionale, ha infatti lanciato una petizione contro quelle catene della grande distribuzione che vendono al proprio interno prodotti israeliani, molti dei quali vengono peraltro erroneamente etichettati come “Made in Israel” ma, in realtà, provengono da terre palestinesi occupate. L’operazione si inserisce nella vasta campagna di boicottaggio promossa dal movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) contro i marchi israeliani, che negli ultimi mesi sta ottenendo importanti risultati in diversi Paesi del mondo.

Nello specifico, attraverso la petizione i promotori chiedono alla Grande Distribuzione (Coop, Conad, Esselunga, PAM, MD, Eurospin, LIDL, NaturaSì e altre) di interrompere la vendita di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale. I firmatari evidenziano che, per la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, «è obbligo di tutti gli Stati prevenire il genocidio: l’Italia, come l’Unione Europea e gli Stati Uniti, tace ed è complice». Nella petizione si legge che «la responsabilità ricade anche sulle imprese, che dovranno rispondere delle loro eventuali complicità. E su tutte e tutti noi, cittadine e cittadini: noi non vogliamo essere complici!». I sostenitori dell’iniziativa chiedono dunque il ritiro dei prodotti israeliani dai banchi dei supermercati della Penisola, affermando che, così come «non è accettabile che siano presenti sugli scaffali dei supermercati prodotti che provengano dal lavoro infantile o da sfruttamento come il caporalato», è a maggior ragione «inaccettabile che siano venduti i prodotti del sistema genocidario di Israele». L’azione è infatti nata ad aprile 2024 da un gruppo di socie e soci COOP che avevano segnalato alle loro associazioni che nei punti vendita COOP erano esposti prodotti israeliani (ad esempio avocado e arachidi) e coinvolge ora 3 Cooperative (Alleanza 3.0, Unicoop Firenze, Unicoop Tirreno), che sono le maggiori del sistema COOP. «In questi mesi di lavoro abbiamo preso in esame i Codici Etici di molte imprese della Grande Distribuzione secondo cui le catene di supermercati si impegnano a garantire che i fornitori dei prodotti presenti sui loro scaffali non violino i diritti umani e il diritto internazionale – concludono i promotori –. Richiamiamo tutte le imprese della Grande Distribuzione a rispettare il proprio Codice Etico!».

La petizione segue la scia inaugurata dalla campagna di boicottaggio verso Israele, coordinata dalla rete BDS e ufficialmente nata nel 2005, che si sostanzia nell’invito lanciato ai consumatori a non acquistare prodotti di una precisa lista di marchi. La finalità è quella di rendere l’occupazione economicamente insostenibile e contribuire in maniera attiva alla sua fine, potendo così ambire al riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo e dei profughi palestinesi in nome del principio di uguaglianza. Le iniziative del boicottaggio hanno portato a risultati importanti. Negli USA, ad esempio, la scorsa estate la multinazionale dell’elettronica Intel ha deciso di sospendere un mega progetto da 15 miliardi di dollari in Israele per la costruzione di un nuovo centro per la produzione di chip. A novembre, invece, da un lato il gruppo Majid Al Futtaim, affiliato di Carrefour in Medio Oriente, ha annunciato la chiusura definitiva delle sue attività con Carrefour (considerata legata a Israele) in Giordania, mentre l’azienda tedesca PUMA, attiva nel settore dell’abbigliamento e dell’equipaggiamento sportivo, ha riferito che porrà fine al suo contratto di sponsorizzazione con la Federazione Calcistica di Israele (IFA), l’equivalente della nostra FIGC.

[di Stefano Baudino]

UE, avviata indagine su TikTok per le elezioni in Romania

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La Commissione europea ha avviato un’indagine su TikTok per sospetta ingerenza russa in relazione alle recenti elezioni presidenziali rumene, il cui risultato è stato poi annullato. L’indagine riguarda una sospetta violazione del Digital Services Act, in seguito a rapporti di intelligence secondo cui la piattaforma sarebbe stata utilizzata dalla Russia per influenzare le elezioni. Le presidenziali rumene sono state vinte dal candidato filorusso Călin Georgescu, ma la Corte Costituzionale del Paese le ha annullate. Il presidente romeno, Klaus Iohannis, aveva precedentemente accusato la Russia di aver condotto una vasta campagna mediatica per promuovere Georgescu sulle piattaforme social.

 

L’abuso di fentanyl degli americani contagia anche i delfini: trovati esemplari positivi

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Nei delfini del Golfo del Messico ci sono tracce di farmaci e di potenti oppioidi come il fentanyl, sostanza 100 volte più forte della morfina. A rivelarlo sono le analisi condotte da un team di ricercatori della Texas A&M University-Corpus Christi (TAMU-CC) in collaborazione con la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e la Precision Toxicological Consultancy, le quali sono state inserite in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica iScience. I campioni raccolti da tre siti nell’area hanno individuato residui di prodotti farmaceutici in circa un terzo degli esemplari e, secondo i ricercatori, sollevano importanti interrogativi sulla contaminazione dell’ecosistema marino e sui possibili impatti per la salute umana, dato che delfini e uomini condividono la stessa catena alimentare attraverso il consumo di pesce e gamberetti. Infine, gli autori hanno evidenziato che l’esposizione cronica a questi contaminanti potrebbe avere conseguenze ancora sconosciute e, perciò, sono necessarie ulteriori indagini a riguardo.

La ricerca, pubblicata su iScience, ha analizzato 89 campioni di grasso, 83 dei quali raccolti tramite biopsie da animali vivi e sei da delfini deceduti. La ricerca ha coinvolto animali provenienti da tre aree del Golfo: Redfish Bay e Laguna Madre in Texas, oltre al Mississippi Sound, dove sono stati analizzati campioni storici del 2013. Gli autori hanno scelto i delfini come bioindicatori, «grazie al loro grasso ricco di lipidi che può immagazzinare contaminanti ed essere campionato in modo relativamente poco invasivo negli animali vivi». Tra i farmaci rilevati, il fentanyl è stato trovato in 18 delfini vivi e in tutti i campioni post-mortem, e la presenza di residui contaminanti è risultata particolarmente elevata in delfini provenienti da aree ad alto rischio, caratterizzate da fuoriuscite di petrolio, traffico navale e proliferazione di alghe. Infine, il fenomeno sembra anche persistente nel tempo, in quanto il 40% delle rilevazioni farmaceutiche totali proveniva dal Mississippi Sound.

Gli autori hanno sottolineato che le implicazioni per la salute umana sono preoccupanti o peggio ancora ignote, spiegando che il fentanyl è un oppioide estremamente potente e potenzialmente letale in caso di esposizione o consumo accidentale e che i risultati sono stati riscontrati proprio un anno dopo «il più grande sequestro di fentanyl liquido nella storia degli Stati Uniti nella contea adiacente». Inoltre, aggiungono i ricercatori, l’accumulo di contaminanti potrebbe avere effetti tossici anche nei mammiferi marini stessi, compromettendo la loro salute e capacità riproduttiva. «I farmaci sono sostanze terapeutiche utilizzate nella medicina umana e veterinaria per diagnosticare, trattare, curare o prevenire malattie. Tuttavia, l’uso improprio di prodotti farmaceutici può causare effetti dannosi, tra cui resistenza agli antibiotici, dipendenza, overdose e mortalità. Inoltre, i prodotti farmaceutici sono diventati microinquinanti emergenti e sono una preoccupazione globale crescente, poiché la loro presenza è stata segnalata negli ecosistemi di acqua dolce, nei fiumi e negli oceani in tutto il mondo», ha commentato la Dott.ssa Dara Orbach, professoressa associata di biologia marina presso il TAMU-CC e coautrice che ha concluso: «L’esposizione cronica ai prodotti farmaceutici e i loro effetti cumulativi sui mammiferi marini non sono ancora del tutto compresi, tuttavia la loro presenza in tre popolazioni di delfini nel Golfo del Messico sottolinea la necessità di studi su larga scala per valutare l’entità e le fonti della contaminazione. Il nostro team di ricerca sottolinea la necessità di un monitoraggio proattivo dei contaminanti emergenti, soprattutto nelle regioni con grandi popolazioni umane e importanti industrie di pesca o acquacoltura».

[di Roberto Demaio]

Cloud Seeding: cosa sappiamo degli esperimenti di inseminazione artificiale delle nuvole

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Il cloud seeding, ovvero l’inseminazione delle nuvole, è una tecnica geoingegneristica che punta a una modifica meteorologica. Tale modifica può essere voluta per aumentare la quantità o il tipo di precipitazioni, mitigare la grandine o disperdere la nebbia. L’inseminazione delle nuvole viene effettuata disperdendo nell’aria sostanze che fungono da condensatori delle nuvole o dei nuclei di ghiaccio. Gli agenti comuni utilizzati in questo tipo di geoingegneria includono ioduro d’argento, ioduro di potassio e ghiaccio secco, con materiali igroscopici, come il sale da cucina, che stanno guadagnan...

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Il Senato USA fissa la spesa militare per il 2025 a 895 miliardi

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Il Senato degli Stati Uniti d’America ha approvato il National Defense Authorization Act (NDAA, “legge sull’autorizzazione della difesa nazionale”), il disegno di legge annuale sulla difesa che fissa la politica e le spese del Pentagono. Il documento, lungo 1.800 pagine, autorizza una cifra di spesa per il 2025 pari a 895 miliardi di dollari, che verrebbero utilizzati per acquistare attrezzature militari, migliorare le strutture, aumentare gli stipendi del personale militare e produrre di armi, attrezzature militari e altre risorse necessarie per le forze armate degli Stati Uniti. La legge è stata inviata al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che deve ancora firmarla.

Bruxelles approva nuove sanzioni contro la Russia: nel mirino anche Cina e Nord Corea

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I ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno approvato il quindicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, ampliando il raggio delle restrizioni economiche anche agli alleati di Mosca. Le nuove misure prendono di mira decine di navi della cosiddetta “flotta fantasma”, l’insieme di imbarcazioni che la Russia utilizzerebbe per eludere le restrizioni sul commercio di idrocarburi, impedendo alle petroliere di attraccare nei porti europei e sottoponendole a un divieto di fornitura di servizi. Il pacchetto colpisce anche persone ed entità di Cina e Corea del Nord, impedendo loro di entrare su suolo europeo e congelandone i beni. È questa la prima volta che i 27 prendono direttamente di mira Pechino per il suo sostegno alla Russia, in un contesto di crescente tensione e di attrito economico-commerciale.

Il quindicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia è stato approvato ieri, lunedì 16 dicembre. La lista della nuova misura conta 84 diverse entità, di cui 54 singoli individui e 30 aziende, «responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina». Per quanto riguarda le persone, l’UE ha sanzionato l’unità militare a cui viene attribuito l’attacco all’ospedale pediatrico Okhmadyt di Kiev, alti dirigenti di aziende leader nel settore energetico, soggetti accusati di deportare bambini, compiere atti di propaganda o pratiche di elusione delle sanzioni. Tra le aziende, invece, Bruxelles ha preso di mira principalmente le compagnie di difesa russe e le compagnie di navigazione accusate di trasportare petrolio greggio e prodotti petroliferi via mare. Nell’elenco figura anche un impianto chimico, nonché una compagnia aerea civile russa che fornirebbe supporto logistico all’esercito moscovita.

Con questa ultima misura, l’UE aumenta notevolmente la lista di navi e compagnie accusate di fare parte della cosiddetta “flotta fantasma” russa (in inglese “shadow fleet”, letteralmente “flotta ombra”). Con tale espressione si fa riferimento a un insieme di navi, principalmente petroliere, che opererebbe in modo clandestino o elusivo per aggirare le sanzioni internazionali imposte alla Russia, specialmente quelle relative al commercio di idrocarburi. Le imbarcazioni, tra le altre cose, vengono accusate di navigare con i sistemi di rivelazione spenti, utilizzare bandiere di altri Paesi per celare la loro origine o falsificare i documenti di carico e destinazione. Ieri il Consiglio ha aggiunto altre 52 navi originarie di Paesi terzi, portando a 79 il totale delle imbarcazioni designate. Esse saranno soggette a un divieto di accesso a porti e a servizi legati al trasporto marittimo. Con tale mossa, Bruxelles intende causare un aumento dei costi di utilizzo di tali navi per il Cremlino, allo stesso tempo riducendone il numero.

Tra gli attori asiatici sanzionati, figurano due alti funzionari nordcoreani, un individuo e sei entità cinesi. Le sanzioni agli individui nordcoreani colpiscono il ministro della Difesa e il vice capo di stato maggiore della Corea del Nord, e sono diretta conseguenza del supposto dispiegamento di truppe nordcoreane in Ucraina. Gli individui cinesi, invece, sono accusati di fornire componenti di droni e componenti microelettroniche a sostegno della campagna militare russa; queste costituiscono le prime «vere e proprie sanzioni» contro persone provenienti dalla Cina per il loro supporto a Mosca, e comprendono «divieto di viaggio, congelamento dei beni, e divieto di mettere a disposizione risorse economiche».

[di Dario Lucisano]

Attentato a Mosca: uccisi un generale e il suo aiutante

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All’alba di oggi, a Mosca, un ordigno nascosto in un motorino elettrico è esploso vicino all’ingresso di un edificio residenziale, uccidendo il tenente generale Igor Kirillov e il suo aiutante. Kirillov ricopriva il ruolo di capo delle truppe di difesa radiologica, chimica e biologica, le forze specializzate nell’individuazione, nella prevenzione e nella risposta a minacce di tipo nucleare, radiologico, chimico e biologico. Il Comitato Investigativo russo ha avviato un’indagine sull’esplosione. In precedenza, i servizi di emergenza avevano riferito all’agenzia di stampa governativa TASS che «un’esplosione aveva scosso il primo piano di un edificio residenziale, danneggiando i vetri della facciata dei primi quattro piani dell’edificio».

Lo Zimbabwe ha abolito la pena di morte

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persone zimbabwe

Con l’approvazione di una legge che sancisce l’abolizione della pena di morte, lo Zimbabwe si unisce al gruppo crescente di Paesi che hanno scelto di abbandonare questa pratica controversa. La decisione, attesa da tempo, arriva dopo mesi di dibattiti interni e il recente sostegno del Paese alla risoluzione delle Nazioni Unite per una moratoria globale sulle esecuzioni capitali. L’ultima parola spetta ora al presidente Emmerson Mnangagwa, la cui firma è considerata una formalità. Mnangagwa, da anni impegnato nella lotta contro la pena di morte, ha infatti già commutato tutte le condanne a morte...

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Taiwan, arrivati i carri armati ordinati dagli USA

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Taiwan ha ricevuto 38 carri armati ordinati dagli Stati Uniti, come parte della prima consegna di un contratto firmato nel 2019. Nello specifico, si tratta di carri armati Abrams M1A2T, considerati tra i mezzi pesanti più avanzati sul mercato bellico. Il contratto prevede la fornitura di un totale di 108 unità, per un costo complessivo di oltre un miliardo di dollari. I 38 carri armati M1A2T, una variante dell’M1 Abrams, sono stati scaricati al porto di Taipei, nel distretto di Bali, nella Nuova Taipei. Prima di questa consegna, l’ultimo modello di carro armato ricevuto da Taiwan dagli Stati Uniti era stato l’M60A3, nel 1994.

Olimpiadi Masai: quando la conservazione riscrive la cultura indigena

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Nella riserva faunistica keniota Kimana Sanctuary, lungo il confine con la Tanzania, si sono svolte il 14 e 15 dicembre scorsi le Olimpiadi Maasai. Gare podistiche, lancio di giavellotto e salto in alto sono alcune delle competizioni che hanno visto la partecipazione dei giovani membri della tribù, oltre che delle donne. L’evento si svolge ogni due anni a partire dal 2012, quando questo ha sostituito la tradizionale caccia al leone, rito che segnava il passaggio dei giovani maasai all’età adulta. Secondo gli organizzatori, si tratta di un modo per garantire la protezione del leone, la cui popolazione in Africa si è ridotta del 90% in 100 anni. Tuttavia, la progressiva estinzione di questa specie – che risulta del tutto scomparsa in 26 Paesi africani – è dovuta soprattutto a fattori quali il bracconaggio illegale e il degrado dell’habitat naturale dei felini.

Secondo quanto spiegato dalla Big Life Foundation, organizzazione che si occupa di conservazione in Africa e che dal 2012 organizza l’evento, sono stati gli stessi maasai (Menye Layiok o “padri culturali” maasai) a chiedere di sostituire l’antico rito tradizionale con un tipo di evento differente. Gli esemplari di questo grande felino, infatti, si sono ridotti drasticamente negli ultimi anni, arrivando ad una popolazione di appena 20 mila in tutto il continente. Nei soli ultimi 20 anni, denuncia il WWF, la popolazione di leoni in Africa si è ridotta di ben il 43%. Tra le cause principali, l’organizzazione elenca il progressivo degrado del loro habitat naturale, la scomparsa delle prede (dovuta al commercio di carne di animali selvatici), l’uccisione per tutelare gli allevamenti di animali domestici (spesso situati nei territori di caccia dei leoni) e il bracconaggio illegale. A seguito dell’introduzione di normative più stringenti per limitare il commercio di ossa di tigre, per esempio, è impennata la domanda internazionale di ossa di leone.

Nonostante l’uccisione dei leoni, ora sostituita da gare sportive, fosse un rito originariamente dedicato al passaggio all’età adulta da parte dei giovani uomini del gruppo, è stata incentivata anche la partecipazione delle donne, per evidenziare una volontà di “inclusione” di entrambe i sessi. «Dal momento che le giovani donne sono spesso la motivazione che spinge i guerrieri a cacciare i leoni e sono anche potenziali sostenitrici della conservazione, la loro inclusione è fondamentale» ha scritto Big Life Foundation. Le giovani partecipano a due dei sei eventi totali: la gara dei 100 metri e quella dei 1500. Ogni anno, prima dello svolgersi dell’evento, spiega l’associazione, viene proiettato un film che istruisce i maasai sull’importanza della conservazione dei leoni e quindi sulla rilevanza dell’evento. Secondo Big Life, l’84% dei guerrieri maasai intervistati dopo le Olimpiadi del 2016 ha dichiarato che queste costituivano un’ottima alternativa alla caccia al leone. «Gli atleti competono per riconoscimento, per esprimere coraggio, attrarre le donne e identificare i leader» spiega l’associazione.

Fornire un giudizio di merito sull’uccisione di un animale a scopi rituali, questione assai difficile da sbrogliare, non è oggetto di questo articolo – anche se va osservato come nemmeno l’Occidente sia esente da pratiche simili: si pensi, ad esempio, all’uccisione di centinaia di migliaia di agnelli nel periodo pasquale per motivi legati alla ritualità e alla tradizione. Piuttosto, è interessante notare come le popolazioni locali siano costrette a snaturare tradizioni antiche per riparare a un danno che non è stato fatto da loro. È inoltre interessante osservare come, nel nome di una certa idea di “modernità”, si aderisca criteri di “inclusione” che portano al paradosso di introdurre le donne in una competizione nata come rito di passaggio maschile.

Abolendo quelle che possono essere considerate le caratteristiche più «primitive» e «selvagge» della propria cultura, i maasai possono più facilmente essere riconosciuti come “uguali a noi” (dove il “noi” sta per l’uomo occidentale) e dimostrare di aver acquisito una sensibilità propria di altri contesti socioculturali. E ora più che mai queste popolazioni hanno bisogno di essere “viste” e tutelate: riduzione della libertà di circolazione, sottrazione delle proprie terre ancestrali, eliminazione del diritto di voto sono solamente alcune delle realtà alle quali questi popoli devono far fronte quotidianamente.

[di Valeria Casolaro]