Non si placano le proteste e gli scontri a Sidi Hassine, piccola città nella provincia di Tunisi. Per la quinta notte consecutiva centinaia di giovani hanno attaccato le forze dell’ordine dopo la morte di un giovane, in circostanze ancora da chiarire, avvenuta all’inizio della settimana in una stazione di polizia.
Val di Susa: migliaia di nuovo in marcia contro il Tav
Un nuovo grande corteo è in corso in Val di Susa contro la linea la linea Tav Torino-Lione. Secondo gli organizzatori sono ventimila i manifestanti che stanno partecipando al corteo partito da Bussoleno e diretto verso l’ultimo cantiere dell’Alta Velocità Torino-Lione aperto, quello di San Didero. Presenti alla marcia no-tav anche i sindaci dei comuni della Val di Susa oltre ad attivisti sia locali sia giunti da diverse regioni italiane.
Nella pandemia l’Occidente scivola verso l’autoritarismo: l’esempio inglese
Si susseguono le proteste in tutta la Gran Bretagna contro quello che è stato definito “disegno di legge anti-protesta” introdotto a marzo dal governo di Boris Johnson e intitolato Police, Crime, Sentencing and Courts Bill. Si tratta di un mastodontico atto legislativo che mira a scuotere il sistema di giustizia penale in Inghilterra e Galles.
La legge conferisce alla polizia nuovi poteri, consentendo loro di decidere se una protesta è giustificata o meno, imporre un orario di inizio e di fine e chiudere una protesta sul posto. I criteri proposti per chiudere una protesta includono formulazioni imprecise e arbitrarie come essere “troppo forte” o un “fastidio”, neutralizzando di fatto qualsiasi protesta pubblica significativa. Persino il troppo rumore è considerato una ragione sufficiente per intervenire.
Teoricamente, lo scopo del disegno di legge è quello di prevenire, ridurre e punire la violenza per la tutela dell’ordine pubblico, ma si tratta di un proposito chiaramente vago e quindi suscettibile delle interpretazioni più varie. Cosa è violenza? Cos’è l’ordine pubblico? La proposta di legge ha infatti messo all’erta numerosi attivisti e già da maggio 2021 nel Regno Unito si è creato un movimento di protesta detto “Kill the Bill.” Le numerose voci critiche hanno osservato che la legge porrebbe seri limiti alle libertà civili, tra queste soprattutto alla libertà di protesta e di associazione, e che di fatto si tratta di una mossa autoritaria, in quanto attribuisce alla polizia la discrezione di stabilire se una manifestazione è o meno un pericolo per l’ordine pubblico.
Sembra che durante la pandemia il Regno Unito di Boris Johnson abbia preso la via dell’autoritarismo. A cominciare dal Coronavirus Act, bollato da molti come draconiano, che di fatto normalizzava una serie di misure straordinarie per il contenimento del virus che conferivano poteri straordinari alle autorità. Sempre nel 2020, Johnson ha anche introdotto una legge che etichetta l’anti-capitalismo come ideologia estrema, escludendolo dai programmi scolastici.
Ma il Regno Unito è in buona compagnia. Altri paesi del continente hanno infatti preso una inaspettata svolta autoritaria proprio in un momento delicato e caotico come quello della pandemia. Ad aprile, in Francia è stata approvata una legge che conferisce poteri speciali alla polizia, impedendo di diffondere immagini “diffamanti” che possano portare all’identificazione di un agente.
[di Anita Ishaq]
L’Indonesia proteggerà le foreste di mangrovie: sono fondamentali per l’ambiente
L’Indonesia è la terra che possiede più foreste di mangrovie al mondo. Le 17.500 isole del paese ne ospitano circa 3,2 milioni di ettari, ovvero un quinto della superficie terrestre. Le mangrovie sono molto preziose per l’ambiente, perché non solo sono in grado di proteggere dalle inondazioni, ma anche di assorbire ingenti quantità di carbonio. Per questo motivo, il presidente Joko Widodo ha annunciato di voler rivitalizzare, entro il 2024, 600mila ettari di costa degradata con la piantumazione di mangrovie. Un obiettivo impegnativo, il quale ha subito scatenato molto scetticismo. Infatti, per attuare un progetto del genere, il governo ha riconosciuto fondamentale il contributo dei cosiddetti “guardiani delle mangrovie” i quali, per decenni, hanno lavorato senza sosta al fine di ripristinare questi habitat, riconoscendone i benefici.
Iwan Winarto, nel villaggio di Pengudang al largo della costa orientale di Sumatra, nel tempo ha imparato come le mangrovie svolgano un ruolo fondamentale nel mantenere l’acqua limpida. Così, ha deciso di proteggere i 22 ettari di piante presenti nel villaggio, continuando a piantarne di nuove e insegnando ai giovani figli dei pescatori locali, il rispetto della preziosa vegetazione. Anche Aziil Anwar, per quasi trent’anni, ha lavorato instancabilmente per preservare e continuare a piantare le mangrovie nella provincia di West Sulawesi. Non solo. Aziil è fondatore del Mangrove Learning Center, con cui ha piantato circa 60 ettari di foresta di mangrovie che oggi ospita molte specie di uccelli migratori. Il guardiano Rika Rumadas era invece su una barca quando, nel 2002, un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito l’area vicino al villaggio di Wamesa, a Manokwari (Papua occidentale), scatenando uno tsunami con onde alte un metro, le quali hanno raso al suolo mille case e ucciso sei persone. È stata questa tragedia a far comprende a Rika e ad alcune donne del villaggio, che le mangrovie che loro continuavano a tagliare per ottenere legna da ardere, avrebbero potuto proteggerli. Nei successivi due anni e mezzo infatti, Rika e il suo gruppo hanno iniziato a piantare e coltivare 32mila piantine su 6 ettari. Purtroppo però, il terreno su cui vivevano e lavoravano non era di loro proprietà, e gran parte della foresta è stata distrutta a causa di un piano di sviluppo deciso dal governo.
Questi sono tre esempi di guardiani indonesiani di mangrovie, solo alcuni dei tanti individui e gruppi locali che hanno faticato – e faticano tutt’oggi – per preservare questi habitat fondamentali e preziosi per il benessere delle comunità del paese.
[di Eugenia Greco]
Vendita farmaci online: 20 siti oscurati dai Nas
Grazie alla continua attività di monitoraggio nei confronti della vendita sul web di medicinali, effettuata dai Nas di concerto con il ministero della Salute, i militari del Reparto operativo hanno eseguito 20 provvedimenti di oscuramento emessi dalla direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del dicastero. I siti web oscurati erano collocati su server esteri e facevano riferimento a gestori non individuabili. Al loro interno venivano promosse ed offerte, anche in lingua italiana, diversi medicinali, di cui una parte era correlata al Covid.
Open Day vaccinali: gli “esperti” del CTS hanno parecchio da spiegare
Il Comitato tecnico scientifico (CTS) aveva dato il via libera agli Open Day per i giovani con i vaccini a vettore adenovirale (AstraZeneca e Johnson & Johnson), andando contro la raccomandazione fornita dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) di non somministrare tali sieri nelle persone al di sotto dei 60 anni. È quanto si apprende da una lettera pubblicata ieri dal governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, contenente il parere del Comitato: essa era stata inviata alle regioni dalla struttura commissariale che dipende da Palazzo Chigi il 12 maggio. «Il CTS non rileva motivi ostativi a che vengano organizzate dalle differenti realtà regionali iniziative, quali i vaccination day, mirate a offrire, in seguito ad adesione/richiesta volontaria, i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni». Questa, dunque, la presa di posizione degli esperti, che Toti ha riportato per rispondere a «tutti coloro che continuano a dire che le Regioni sugli open day di AstraZeneca siano andate per conto loro».
Tali critiche infatti sono state mosse dopo i casi di trombosi verificatisi in due giovani donne vaccinatesi con AstraZeneca, motivo per cui alcune regioni hanno poi cancellato gli open day in questione. E la polemica è scoppiata in maniera maggiore in seguito alla morte di una delle due donne: Camilla Canepa, una ragazza ligure di 18 anni che si era sottoposta al siero anglo-svedese il 25 maggio e che ha perso la vita nella giornata di giovedì. In seguito alla tragedia, dunque, è stato puntato ulteriormente il dito contro le regioni, colpevoli di aver inspiegabilmente somministrato i vaccini a vettore adenovirale ai giovani.
Adesso, però, grazie alla lettera pubblicata da Toti si viene a conoscenza del fatto che questa decisione non è stata presa arbitrariamente dalle regioni, ma avvallata dal Comitato tecnico scientifico. E precisamente quest’ultimo ha fatto sì che da un lato non venissero seguite le indicazioni date dall’Aifa, e dall’altro nemmeno i dati forniti dall’Ema (Agenzia europea per i medicinali). In tal senso, secondo una recente analisi dell’ente europeo, con una bassa circolazione del virus per i giovani (fino a 49 anni) il rischio di trombosi provocata dal vaccino anglo-svedese supera quello di morire per Covid. E seppur questa “bassa circolazione del virus” non fosse presente in Italia al momento del parere da parte del CTS, motivo per cui inizialmente esso non contrastava con quanto riportato dall’Ema, col passare del tempo la situazione epidemiologica è mutata e già il 31 maggio vi erano 3 regioni “bianche”, caratterizzate appunto da un numero molto basso di contagi. E successivamente, il 7 giugno, esse sono diventate 7.
Dunque, non solo non ci si riesce a spiegare perché gli esperti siano andati contro i consigli dell’Aifa, ma ci si chiede anche per quale motivo questi ultimi non abbiano deciso di formulare subito un nuovo parere nel momento in cui quanto consigliato non fosse nemmeno più in linea con i dati dell’Ema. Tale revisione infatti è arrivata solo nella giornata di ieri, con lo stop all’utilizzo del vaccino Astrazeneca per chi ha meno di 60 anni e la conferma della raccomandazione sulla somministrazione del Johnson & Johnson negli over 60. Si tratta, però, di un ritardo davvero difficile da giustificare.
[di Raffaele De Luca]
Colombia: esplode miniera di carbone, almeno 2 morti e 7 dispersi
Un’esplosione in una miniera di carbone a Socha, nella Colombia centrale, ha provocato la morte di almeno 2 persone, mentre altre 7 sono rimaste intrappolate. Lo ha reso noto l’Agenzia nazionale delle miniere (Anm), la quale ha aggiunto che l’incidente potrebbe essere stato causato da un accumulo di metano e polvere di carbone nella miniera “Diamante 5”. Sono stati anche soccorsi tre feriti, con polizia, Croce Rossa e ingegneri mobilitati per partecipare alle ricerche.
Pakistan: autobus precipita in un burrone, almeno 20 morti e 50 feriti
In Pakistan, almeno 20 persone hanno perso la vita ed oltre 50 sono rimaste ferite dopo che un autobus che trasportava pellegrini si è ribaltato su un’autostrada ed è precipitato in un burrone. Nello specifico la tragedia è avvenuta nella città di Khuzdar, situata nella provincia del Belucistan e, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Associated Press, l’incidente potrebbe essere stato causato dall’autista, il quale guidava in maniera spericolata.
Detenuti palestinesi brutalmente torturati nelle carceri: un video incastra Israele
Nel marzo del 2019 all’interno del carcere israeliano di Ketziot, situato nel deserto del Negev, 55 detenuti palestinesi (tra cui prigionieri di sicurezza di Hamas) vennero brutalmente picchiati con manganelli nonché presi a calci da almeno una decina di agenti e lasciati per ore ammanettati ed ammassati sul pavimento uno sopra l’altro. È quanto si evince da un filmato recentemente diffuso dal quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui si sarebbe trattato di una vendetta attuata dopo che due guardie furono accoltellate e ferite da un prigioniero palestinese. Le autorità parlarono di «prendere in mano le rivolte», ma le immagini non mostrano ciò, bensì testimoniano dei veri e propri abusi nei confronti dei prigionieri, di cui 15 rimasero feriti. Nonostante ciò, però, successivamente è stato fatto uno sforzo minimo per fare luce sul caso: solo una guardia carceraria è stata indagata e, alla fine, non è stato eseguito alcun arresto ed il caso è stato chiuso. In più, da allora il comandante della prigione è stato promosso al ruolo di comandante distrettuale dell’IPS. (Servizio Carcerario Israeliano).
Eppure si tratta di un caso che avrebbe dovuto provocare un terremoto all’interno dell’IPS e della Procura di Stato, cosa che però non è avvenuta. Anzi, secondo quanto riportato da Haaretz, si è trattato di un «segreto di Pulcinella»: i vertici dell’IPS infatti erano a conoscenza di cosa stesse succedendo ma chiusero un occhio. Ad ogni modo, però, ora che il video è stato reso pubblico ci si aspetta che venga effettuata un’indagine approfondita. Se ciò non avvenisse, infatti, sarebbe indirettamente dimostrato che per lo stato israeliano i prigionieri palestinesi non meritano di essere trattati come esseri umani.
[di Raffaele De Luca]
È morta Paola Pigni, leggenda dell’atletica italiana
Paola Pigni, la leggenda del mezzofondo italiano, è morta nella giornata di oggi all’età di 75 anni. L’atleta azzurra aveva ottenuto la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici del 1972 a Monaco nei 1500 metri ed è stata campionessa italiana per 13 volte in pista e 6 nel cross. Inoltre, nel 1969 aveva stabilito il record mondiale dei 1500 metri, con il tempo di 4’12″4.