Partiamo dalla fine: il 7 Agosto 2022 entrerà in vigore in tutta Europa il divieto totale di impiego del colorante alimentare E171 (biossido di titanio) negli alimenti e negli integratori, ma rimarrà consentito l’uso in prodotti di cosmesi e nel rivestimento delle compresse dei farmaci. La Commissione europea ha messo definitivamente fuori legge questa sostanza tossica (dopo oltre 14 anni di impiego in ambito alimentare) con il Regolamento UE 2022/63 del Gennaio 2022, concedendo però all’industria un termine di adeguamento di sei mesi dalla data del Regolamento, al fine di poter smaltire le sc...
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A Cesenatico si tornano a fare prove di normalità: domenica 10 aprile si è tenuto il primo torneo di basket libero a 8 squadre all’esterno del Palazzetto dello sport cittadino. Sono stati 90 i ragazzi tra i 9 e i 17 anni che hanno partecipato alla gara, per sperimentare di nuovo la bellezza dello stare insieme dopo mesi di restrizioni. Senza bisogno di esibire alcun green pass. A causa delle nuove regole imposte a gennaio di quest’anno, infatti, i ragazzi al di sopra dei 12 anni non hanno più potuto fare sport se non in possesso della certificazione verde rafforzata, ottenibile in seguito a vaccinazione o guarigione da Covid. Così, i genitori hanno scelto di auto-organizzarsi e fornire ai propri figli nuove opportunità di socializzazione con un torneo interregionale che ha richiamato ragazzi da Lombardia, Marche ed Emilia-Romagna.
Domenica 10 aprile a Cesenatico si è tenuto un grande torneo di basket, che ha coinvolto 8 squadre per un totale di 90 ragazzi tra i 10 e i 16 anni. Le squadre provenivano dalle città di Rimini, Pisa, Sassuolo, Forlì, Pesaro, Altedo, Casal Maggiore Cremona e Bologna. Tutti, o quasi, senza green pass. L’iniziativa è nata da un gruppo di genitori i cui figli, in seguito all’entrata in vigore del decreto legge 229/2021, a partire dai 12 anni di età non avrebbero più potuto praticare sport di squadra se non in possesso della certificazione sanitaria ottenibile con la vaccinazione o la guarigione da Covid. «Abbiamo fatto i primi allenamenti nella prima settimana di gennaio, prima che il decreto entrasse in vigore» mi racconta Anna Ballerini, genitore membro del gruppo Rimini Basket Libero e tra le organizzatrici dell’iniziativa, il cui figlio undicenne si è rifiutato di proseguire l’attività nella propria società sportiva dopo che il migliore amico ne era stato escluso in quanto sprovvisto della certificazione sanitaria.
Sin da subito i bambini hanno trovato adulti, tra i quali ex giocatori di basket, disposti ad allenarli all’aperto. «Abbiamo iniziato ad incontrarci tutti i sabati e nel frattempo, grazie ai gruppi Telegram, abbiamo visto che c’era una realtà analoga a Forlì. Li abbiamo contattati, e il 12 marzo abbiamo fatto la prima trasferta per far incontrare le due squadre. In quell’occasione abbiamo rilasciato un comunicato stampa e hanno iniziato a contattarci altre realtà da tutta Italia. Il 27 marzo abbiamo ospitato una squadra del cremonese, ma nel frattempo se ne sono aggiunte altre, così abbiamo deciso di organizzare il torneo di domenica scorsa».
L’evento, ospitato dal Palazzetto dello Sport di Cesenatico e dal significativo nome di “Festa del Basket Libero”, si è trasformato in un gioioso momento di incontro e condivisione sia per i ragazzi che per gli adulti. I ragazzi, provati da due anni di restrizioni e isolamento che hanno pesantemente influito sulla salute fisica e psicologica, hanno beneficiato enormemente di questa nuova opportunità di socializzazione. «Domenica ho visto solo gioia. I ragazzi praticamente non li abbiamo visti, hanno giocato ininterrottamente per dieci ore senza mai abbandonare il campo. Non abbiamo fatto nemmeno la pausa pranzo» mi racconta Anna entusiasta.
«La nostra non sarà una realtà momentanea» mi spiega Anna, parlandomi delle iniziative future del gruppo, «troveremo una forma di organizzarci e andremo avanti. La nostra non vuole essere una realtà chiusa, tra i ragazzi ce n’era almeno uno vaccinato. Non vogliamo creare discriminazione, ma offrire un’alternativa inclusiva».
«In autunno sarà necessaria una nuova dose per tutti»: è quanto ha affermato, in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero, Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza. «L’autunno sarà un momento delicato e difficile, perché ci saranno le condizioni favorevoli per la propagazione del virus e ci sarà un’attenuazione della protezione vaccinale in tutta la popolazione», ha dichiarato in tal senso Ricciardi, aggiungendo che la speranza sia quella di «avere dei vaccini onnicomprensivi, perché i vaccini che oggi abbiamo non proteggono in maniera completa e gli anticorpi monoclonali, tranne in un caso, non si sono rivelati efficaci contro il virus». Per questo, ha concluso Ricciardi, «quando arriveranno i nuovi vaccini sarà consigliabile un richiamo per tutti».
A quasi due mesi dall’inizio delle ostilità, i combattimenti continuano a scuotere il territorio ucraino, tra le offensive russe e il fallimento della diplomazia. In queste ore Mariupol, città dell’Ucraina sudorientale considerata strategica da Putin, è sotto assedio, con il porto che sembrerebbe ormai nelle mani russe. Da Mosca arriva anche la notizia di circa 1000 soldati ucraini fatti prigionieri nella città, confermata nella sostanza ma smentita nei numeri da Kiev che parla di prigionia esclusivamente per “una parte della 36a Brigata Marine”, quindi “non mille persone, ma molte meno”. Al largo di Odessa, invece, ieri sarebbe stato colpito da due missili ucraini l’incrociatore russo Moskva, costringendo i militari a bordo (oltre 500) ad abbandonare la nave da guerra. Secondo il Cremlino si tratterebbe di un incendio e non di un attacco. In ogni caso la Russia ha perso l’operatività di una delle maggiori navi della sua flotta militare, dotata della massima tecnologia bellica sviluppata dal Paese.
Mappa Ucraina, liveuamap
Nel frattempo, la diplomazia fallisce giorno dopo giorno con incontri inconcludenti fra le parti, ultima la trasferta a Mosca del cancelliere austriaco Karl Nehammer, il primo leader occidentale (membro dell’Unione europea ma non della NATO) a incontrare Vladimir Putin dall’inizio della guerra. L’intenzione di Nehammer era quella di arrivare nel Paese per “far capire al leader russo di aver perso la guerra“: questo atteggiamento di certo non ha ripagato, consegnando alla storia un incontro di 75 minuti praticamente inutile, definito dallo stesso cancelliere “non amichevole” e “molto difficile”. Nehammer ha infine minacciato di inasprire le sanzioni verso la Russia «finché in Ucraina le persone continueranno a morire», ribadendo che l’Unione europea sia allineata a questa scelta. Si tratta, tuttavia, di una misura che ha appena scalfito l’export russo: secondo i dati raccolti dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), le sanzioni congiunte di Regno Unito, Unione europea e Stati Uniti hanno inciso infatti soltanto sul 7% delle esportazioni totali russe. Per i Paesi occidentali si profila oltre al danno anche la beffa, visto che paradossalmente le entrate di Mosca (relative all’energia) sono aumentate rispetto a due mesi fa.
Export russo, elaborazione dati UNCTAD
Nei giorni scorsi hanno fatto riflettere, o almeno dovrebbero spingere a farlo, le dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden che, dopo aver definito Putin “un macellaio”, lo ha accusato di genocidio per le atrocità commesse in Ucraina. L’uso inedito del termine (in relazione alle azioni russe nel Paese) continua l’escalation verbale avviata già nelle scorse settimane da Russia e Occidente. “Parole vere da un vero leader” ha scritto prontamente su Twitter Volodymyr Zelensky, che dagli Stati Uniti riceverà 800 milioni di dollari di nuove armi. Dalla Francia è arrivata, invece, una reazione diversa alle dichiarazioni di Biden, con Emmanuel Macron che ha dichiarato: «È una follia quello che sta succedendo, una brutalità inaudita, ma allo stesso tempo sto osservando i fatti e voglio cercare il più possibile di continuare a essere in grado di fermare questo conflitto e ricostruire la pace. Non sono sicuro che l’escalation di termini servirà alla causa». Sulla questione è intervenuta anche la Cina, attraverso le parole del portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian: «Qualsiasi sforzo della comunità internazionale dovrebbe raffreddare la tensione, non alimentarla, e dovrebbe spingere per una soluzione diplomatica, non aggravare ulteriormente gli scenari».
True words of a true leader @POTUS. Calling things by their names is essential to stand up to evil. We are grateful for US assistance provided so far and we urgently need more heavy weapons to prevent further Russian atrocities.
Oltre a un aspetto puramente lessicale, un’escalation dialettica potrebbe mutare radicalmente lo scenario geopolitico attuale, soprattutto se condotta dalla potenza più influente della NATO. Stabilizzare, agli occhi dell’opinione pubblica, la guerra in Ucraina sui termini del genocidio potrebbe spianare la strada al modus operandi adottato a fine XX secolo nei Balcani, quando la NATO intervenne militarmente per “porre fine a una deliberata campagna di oppressione, pulizia etnica e violenze intrapresa nella regione del Kosovo dal regime jugoslavo contro i propri cittadini di origine albanese”. Prima del 24 marzo 1999, inizio dell’operazione Allied Force, le ragioni umanitarie dell’intervento erano state più volte ribadite sia in ambito propriamente Nato, ad esempio dal Segretario generale Javier Solana, sia da parte dei governi degli Stati membri. L’allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, in un discorso alla nazione, dichiarò che le operazioni NATO appena avviate (erano le 20 del 24 marzo 1999) si erano rese necessarie per «difendere la vita di migliaia di innocenti» e che porre fine alla tragedia del Kosovo con la forza costituiva «un imperativo morale». Nelle operazioni, terminate il 10 giugno successivo, morì un numero (ancora) indefinito di civili.
Nelle ultime ore la polizia ha diffuso il filmato di quanto accaduto il 4 aprile scorso a Grand Rapids, in Michigan. Le immagini, riprese da diverse telecamere (tra cui una bodycam), mostrano il 26enne Patrick Loyola e un poliziotto scontrarsi sul taser estratto dall’agente. Successivamente, il ragazzo è a terra con il poliziotto che lo bracca con la gamba sulla schiena: lo scontro continua, fino a quando l’agente estrae la pistola d’ordinanza e colpisce mortalmente il 26enne, fermato in precedenza per un controllo stradale. «Durante lo scontro l’agente ha sparato. Sarà trattato come chiunque altro», ha affermato il capo della polizia Eric Winstrom.
I cittadini di Pisa hanno deciso di mobiltarsi contro la decisione del Governo di costruire una base militare nell’area verde protetta del Parco di San Rossore, Migliarino e Massaciuccoli, nei pressi della loro città. Sono già oltre 41 mila le firme raccolte in pochi giorni dalla petizione lanciata sul sito change.org, e i numeri sono in rapido aumento. La protesta vuole impedire la realizzazione di un’opera di 440 mila metri cubi che andrebbe a deturpare il parco e avrebbe conseguenze “irreversibili” sulla flora e sulla fauna locale.
È di pochi giorni fa la notizia dell’approvazione, da parte del Governo, della costruzione di una base militare all’interno dell’area del Parco di San Rossore, Migliarino e Massaciuccoli, nella zona di Coltano, frazione di Pisa. Il decreto legge che ne autorizza la costruzione porta la firma del premier Mario Draghi e del ministro della Difesa Guerini ed è datato 14 gennaio 2022, ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina. La base occuperà 440 mila metri cubi di spazio e ospiterà il gruppo di intervento speciale del 1° Reggimento dei Carabinieri paracadutisti “Tuscania” e del Centro cinofili. Il decreto è passato in sordina e lontano dal dibattito pubblico sino alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 23 marzo scorso. A suggellare la beffa vi è il fatto che l’opera verrà costruita con i soldi del Pnrr, fondi teoricamente destinati alla ripresa economica italiana post-pandemia.
I cittadini di Pisa, tuttavia, hanno deciso di non piegarsi a tale sopruso, che devasterebbe un’area protetta di grande rilievo storico e turistico e della quale si fatica a comprendere la necessità. Sulla piattaforma Change.org è infatti stata lanciata una petizione per dire “no” alla realizzazione dell’opera, la quale in pochi giorni ha già raccolto oltre 41 mila firme. Sul sito si legge che “Oltre ad essere contrari allo spirito guerrafondaio che ha animato l’operato di questo governo nell’ultimo mese (come l’aumento delle spese militari mentre si riducono le risorse che avrebbero dovuto invece sostenere i cittadini dopo due disastrosi anni di pandemia), che va contro l’articolo 11 della Costituzione italiana che ripudia la guerra, fra le ragioni del nostro rifiuto radicale ci sono la missione e gli scopi del Pnrr e lo statuto dell’Ente Parco”, che ha come finalità “la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico-ambientale”, fondamentale in una fase storica “che assiste alle conseguenze di uno scellerato impatto ambientale“.
I cittadini hanno anche previsto, a partire dal 19 aprile prossimo, una serie di iniziative di mobilitazione e sensibilizzazione riguardo la tematica, come l’assemblea cittadina indetta dal Circolo Arci di Coltano per il 19 aprile. Nel frattempo sono state presentate dai parlamentari di Manifesta e da Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana due interrogazioni per chiedere al Governo spiegazioni riguardo quanto deliberato. Le interrogazioni sono indirizzate rispettivamente al presidente del Consiglio Draghi e ai ministri della Difesa e della Transizione Ecologica, Guerini e Cingolani.
Nuove azioni dimostrative degli attivisti No-Tav per protestare contro la grande opera nella Val di Susa. Nella notte tra il 12 e il 13 aprile i manifestanti hanno fatto esplodere fuochi d’artificio nei pressi del cantiere dell’autoporto di San Didero, opera connessa all’Alta Velocità, e tagliato parte delle recinzioni. La polizia presente sul posto ha risposto con il lancio di lacrimogeni. Con questa iniziativa i No-Tav si preparano alla grande marcia del 16 aprile, “contro la devastazione del territorio e contro la guerra”.
Non si fermano le azioni degli attivisti No-Tav nella Valle di Susa, martoriata dai lavori per la grande opera che dovrebbe un giorno collegare le città di Torino e Lione. Nell’anniversario dello sgombero del Presidio Ex Autoporto di San Didero gli attivisti hanno messo in atto una marcia tra i territori che un anno fa furono teatro di una dura azione repressiva, facendo poi esplodere fuochi d’artificio nei pressi del cantiere.
Nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2021, infatti, oltre 300 agenti delle forze dell’ordine si presentarono laddove allora sorgeva il presidio per far sgomberare gli attivisti, anche grazie all’uso di lacrimogeni. Il mattino seguente la zona era stata isolata, decine di alberi erano stati abbattuti ed erano state installate recinzioni in jersey e filo spinato per proteggere la futura sede dell’autoporto.
Con questa azione i manifestanti si preparano alla grande marcia che avrà luogo sabato 16 aprile prossimo da Bussoleno a San Didero. L’iniziativa avrà come oggetto il no alla realizzazione della grande opera e alla devastazione del territorio, ma anche il rifiuto della guerra e dell’aumento delle spese militari.
Centinaia di studenti hanno occupato la sede della prestigiosa università parigina “La Sorbona” nel pomeriggio di mercoledì 13 aprile, per protestare contro la presenza di Macron e Le Pen al ballottaggio per le elezioni presidenziali. La mobilitazione studentesca era cominciata già lunedì con l’occupazione dell’Ecole Normale Supérieure. Gli studenti della capitale hanno lanciato vari appelli ai colleghi di tutta la Francia affinchè si uniscano alle proteste. Buona parte di coloro che hanno preso parte alle proteste sono sostenitori di Jean-Luc Mélenchon, candidato di sinistra alle presidenziali ed escluso per un soffio dal ballottaggio.
A inizio mese si è diffusa l’allerta per alcuni prodotti Ferrero contaminati da Salmonella, uno dei più comuni agenti batterici isolati in caso di infezioni trasmesse da alimenti, che nasce nell’intestino di alcuni animali. Sembra però che Ferrero non abbia avvertito le autorità quando a metà dicembre, nello stabilimento belga di Arion, erano state trovate le prime tracce diSalmonella Typhimurium, che tra le oltre 2.000 varianti di salmonella esistenti è uno dei ceppi più frequenti. L’azienda si sarebbe limitata a bloccare i prodotti sospetti. Un intervento non efficace, viste le conseguenze. La contaminazione in tutta Europa è arrivata a infettare più di 100 consumatori e ora sono in corso delle indagini da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, per “individuare la causa alla radice […] poiché la tipizzazione molecolare non viene eseguita regolarmente in tutti i paesi, alcuni casi possono non essere rilevati”. I prodotti sono stati diffusi tanto in Europa quanto all’estero. Si teme dunque che l’uso di materia prima contaminata possa essere presente anche in altri impianti.
Le prime segnalazioni ufficiale sono pervenute dal Regno Unito, dove sono stati registrati 63 casi di salmonellosi soprattutto nei bambini sotto ai sei anni: nausea, dolore addominale, diarrea acquosa, febbre e vomito. Per quanto i sintomi da Salmonella si risolvano solitamente in pochi giorni, ci sono casi in cui i sintomi sono ben più gravi e duraturi. La Food Standards Agency (agenzia per la sicurezza alimentare del Regno Unito) aveva fatto ritirare alcuni lotti di ovetti Kinder Ferrero prodotti in Belgio, nella fabbrica di Arlon, ufficialmente chiusa dall’Agenzia belga per la sicurezza della catena alimentare (Afsca) lo scorso venerdì 8 aprile. Ferrero ha ammesso che fin dal 15 dicembre 2021 fosse a conoscenza della contaminazione da salmonella nello stabilimento belga ed è stato Luarence Evrard, portavoce di Ferrero Beneleux a darne notizia, lo stesso giorno in cui Arlon è stato chiuso. Per quanto l’azienda attesti di avere bloccato i prodotti rischiosi confezionati fino a cinque giorni prima, motivo per cui avvertire la Afsca sarebbe stato superfluo e non necessario legalmente parlando. Consumatori e associazioni (come Test Achats) non sono della stessa opinione e accusano la multinazionale di avere taciuto il più possibile una situazione poi, evidentemente, sfuggita di mano. Il richiamo dei prodotti sarebbe stato troppo modesto e la mancata segnalazione all’Afsca sarebbe un grave errore.
Per ora i casi segnalati sono 134 (105 confermati e 29 in fase di accertamento) in Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia. In Italia non sono stati riportati casi di Salmonella direttamente connessi al focolaio belga, diversamente da Paesi come Francia, Belgio e Irlanda in cui è stato provato come i casi di Salmonella vengano dallo stesso ceppo batterico. Visto come molti prodotti Kinder Ferrero diffusi siano a rischio, Ferrero ha deciso di estendere il richiamo ad alcuni prodotti italiani, con la coordinazione delle autorità sanitarie dopo che il ministero della Salute ha diffuso cinque comunicazione di allerta sui prodotti a marchio Ferrero. Nello specifico, sono stati ritirati in diversi supermercati (Carrefour, Penny Market, Sigma, Unes, Bennet, Lidl) i lotti fino L098L e con scadenza in data 21/08/2022 di Kinder Sorpresa T6 Pulcini,Kinder Sorpresa Maxi 100g Puffi e Miraculous. L’azienda afferma che per le uova di Pasqua Kinder GranSorpresa, prodotti completamente in Italia nello stabilimento di Alba, non c’è alcun rischio. Nel frattempo, negli Stati Uniti si è creata allerta per dei possibili prodotti contaminati da Salmonella Typhimurium, così Ferrero sta agendo per richiamare volontariamente e in via precauzionale l’assortimento di Kinder Happy Moments Chocolate e il cestino Kinder Mix Chocolate Treats.
La polizia di New York ha catturato un uomo sospettato di essere l’autore della sparatoria che ha avuto luogo nella metropolitana di Brooklyn, New York, martedì 13 aprile. Frank R. James, 62enne afroamericano, avrebbe ferito 23 persone sparando 33 colpi da una Glock 9 millimetri mentre si trovava in uno dei vagoni della metro. Contro di lui gravano diverse accuse, tra le quali quella di reato terroristico federale. James avrebbe pubblicato in passato diversi video sui social, inveendo violentemente contro le istituzioni governative cittadine, e sarebbe affetto da problemi di salute mentale.
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