mercoledì 26 Novembre 2025
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Il Pentagono si prepara a introdurre le macchine nella catena di comando militare

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Gli esseri umani sono passionali, sono portati all’errore e rischiano sempre di farsi prendere dal panico nei momenti meno opportuni, dunque la Difesa statunitense sta valutando di sostituire parzialmente la catena di comando militare a stelle e strisce con intelligenze artificiali prive di quella scomoda empatia che causa profondo disagio alle strategie belliche. Per far sì che il “sogno” si avveri, il Pentagono ha schierato in campo la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), la quale ha dato il via al programma In the Moment (ITM) attraverso cui selezionare delle proposte papabili che possano essere sviluppate nei prossimi tre o quattro anni.

«Le decisioni difficili sono quelle su cui le entità con potere decisionali faticano a trovare punti d’accordo, non esiste una soluzione definitivamente giusta e l’incertezza, le pressioni temporali e i conflitti valoriali impongono delle sfide significative», ha sottolineato il program manager di ITM Matt Turek nello spiegare quali siano gli ostacoli che la macchina dovrà superare. In pratica, si prevede che l’IA sia in grado di sviluppare una priorità di intervento ispirata al triage ospedaliero, così da stabilire ove e come sia più opportuno concentrare gli sforzi militari. I documenti ufficiali raccontano di «deleghe» decisionali, quindi si prevede di concedere al cervello digitale un certo livello di potere esecutivo, anche se l’entità di tale potere è ancora oggi da definire.

Le ricerche su In the Moment dovranno concentrarsi in ogni caso sul raffinare una struttura che possa gestire due frangenti diversi: uno andrà a determinare le dinamiche decisioni riguardanti le piccole unità speciali schiacciate dalla minaccia avversaria, l’altro le dinamiche reattive a eventi disastrosi e di portata massiva. Sebbene la Difesa si sia ben vista da citare apertamente l’episodio, quest’ultima categoria fa tornare alla mente la disastrosa fuga dall’Afghanistan e il controverso bombardamento del 29 agosto 2021 che ha colpito degli innocenti che cercavano disperatamente di fare scorte nel bel mezzo di una Kabul preda dell’avvento dei talebani.

Allora morirono dieci civili – sette dei quali bambini -, tuttavia nessuno dei militari coinvolti nel misfatto è stato considerato responsabile dell’errore e men che meno è stato punito per il sangue innocente che è stato versato, questo perché ufficialmente la Difesa USA disconosce si sia verificato alcun errore, stabilendo anzi che, tenendo conto del contesto, la catena di comando abbia agito al meglio delle proprie possibilità. Il senso è che fosse più tollerabile il massacro di una decina di normali cittadini che il rischio di trovarsi al centro di un attacco dinamitardo perpetrato per mano di Daesh, il quale avrebbe potuto virtualmente causare ancora più danni.

La creatura partorita da ITM potrebbe dunque presto compiere questo genere di decisioni eticamente strazianti, cosa che andrebbe peraltro a imporre un ulteriore margine di ambiguità nel decifrare le responsabilità di un eventuale incidente bellico. Qualora una IA decidesse di lanciare colpi di mortaio su di una scuola, chi si farebbe carico della mattanza? I programmatori che hanno curato il machine learning, i militari che ne hanno supervisionato l’uso o magari il Governo stesso? 

Per ora non esiste una posizione ufficiale che vada a chiarire questo importante dubbio e una simile mancanza va ad acuire le preoccupazioni di una fetta considerevole di analisti tech, i quali sono ben consapevoli che le cosiddette intelligenze artificiali siano ancora oggi inaffidabili, rese vulnerabili da errori d’addestramento che generano terribili distorsioni dei processi analitici.

[di Walter Ferri]

Ucraina, Onu: sale a 4 milioni numero rifugiati

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È salito a 4 milioni il numero delle persone che sono fuggite dall’Ucraina da quando è iniziata l’invasione russa: a renderlo noto è stata l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) tramite un tweet pubblicato nella giornata di oggi. “Sono 6,5 milioni gli individui sfollati all’interno del Paese”, ha inoltre fatto sapere l’agenzia, la quale stima altresì che “13 milioni di persone siano bloccate nelle aree colpite o comunque siano impossibilitate a partire”. “Siamo di fronte ad una massiccia crisi umanitaria che sta crescendo di secondo in secondo”, ha concluso l’Unhcr.

Recensioni indipendenti: I Am the Revolution (documentario)

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Un documentario del 2018 di 53 minuti (visibile sulla piattaforma streaming di RaiPlay). Diretto dalla giornalista e regista Benedetta Argentieri e presentato in anteprima al DOC NYC, il più grande festival di documentari negli Stati Uniti. “I Am The Revolution” girato con una troupe tutta al femminile, segue sul campo tre donne che in ambiti e luoghi diversi lottano per una rivoluzione femminista in Afghanistan, Iraq e Siria.

Selay Ghaffar figlia di un combattente per la libertà morto sul campo è la portavoce di “Hambastagi” il partito della Solidarietà dell’Afghanistan, emarginato e perseguitato dal governo afgano, fondato nel 2004, unico partito laico e progressista del Paese e l’unico ad avere un leader donna. Dalle manifestazioni nelle città ai più sperduti paesini delle montagne, svolge la sua attività in prima linea a rischio della vita e sempre sotto scorta armata, per educare le donne a lottare per la loro indipendenza, focalizzando la sua attività sulla scolarizzazione, diritti delle donne, lotta al fondamentalismo, democrazia e opposizione alla presenza di USA e NATO in Afghanistan.

Yanar Mohammed ex architetto diventata attivista, co-fondatrice e presidente dell’OWFI (Organizzazione per la Liberazione delle Donne in Iraq) riconosciuta dall’ONU, ma non autorizzata legalmente dal governo iracheno, ha creato dieci rifugi segreti (fra questi un LGBTQ primo nel paese) per donne in fuga dalla tratta, da violenze familiari e dalla prostituzione. Dal 2003 al 2017 sono state salvate più di 500 donne e, cosa importantissima, sono state aiutate a riprendere in mano la propria vita scoprendo di dover tutelare la propria dignità nella piena consapevolezza che quanto avevano subito era profondamente ingiusto e inumano.

Rojda Felat in Siria ha combattuto nel conflitto in Rojava dall’inizio del 2012, diventando in pochi anni comandante in capo delle Forze Siriane Democratiche che hanno preso il controllo di una buona parte della regione settentrionale della Siria a maggioranza curda e hanno sconfitto l’ISIS nel Nord, riconquistando Raqqa. Del contingente al suo comando, formato da 60mila soldati fra uomini e donne, schierato con la coalizione politica curda YPG (Unità di Protezione Popolare) e YPJ (Unità di Protezione delle Donne), Rojda Felat dice di essere certa che tutti i suoi soldati, ma soprattutto gli uomini, preferiscono essere comandati da una donna. Soldati che muoiono in battaglia e che, senza alcuna discriminazione di genere, vengono onorati come eroi della liberazione accompagnati dal cantilenante peana delle madri e dall’ululato celebrativo dello zaghroutah.

Questo documentario per certi aspetti “rivoluzionario” come lo sono le donne che hanno il coraggio di opporsi ad una atavica sottomissione, ci fa capire, con la chiarezza di una attenta analisi, quanta forza e determinazione ci voglia per liberarsi da ignoranza e arretratezza. Quanto sia “rivoluzionario” partecipare a manifestazioni di piazza sempre a rischio di dure repressioni e come sia difficile spezzare quelle catene che le hanno costrette con la violenza a sentirsi non vittime, ma addirittura colpevoli tanto da meritare tutto ciò che viene loro imposto. Hijab e burqa nascondono, rendono anonime e invisibili queste donne che comunque sentono un forte desiderio di riscatto e mostrano inequivocabili segnali di una trasformazione, quella da vittime a persone consapevoli. Tre donne illuminate, femministe convinte, le aiutano e le guidano verso un difficile traguardo, quello di un più equo rapporto con gli uomini la cui violenza non è altro che paura e inadeguatezza come la regista fa capire nelle prime sequenze del film mostrandoci quanto, durante un dibattito politico in televisione, la portavoce di “Hambastagi” Selay Ghaffar viene insistentemente zittita con frasi assolutamente prive di contenuto, sessiste, addirittura minacciose. Dice bene l’attivista Yanar Mohammed: «Quale rivoluzione è più difficile della rivoluzione delle donne?».

[di Federico Mels Colloredo]

Guerra in Ucraina: il punto sulla situazione militare e le prospettive di tregua

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Le delegazioni russa e ucraina hanno svolto un nuovo round di colloqui di pace a Istanbul, in seguito al quale Mosca ha assicurato che «ridurrà sostanzialmente» le operazioni offensive a Kiev e Chernihiv per aumentare la «fiducia» tra le parti in vista di ulteriori discussioni volte a trovare un intesa per il cessate il fuoco. Secondo quanto riportato dalle fonti diplomatiche, Kiev avrebbe offerto la propria neutralità militare in cambio di garanzie di sicurezza, mantenendo come punto fermo la possibilità di adesione all'Unione Europea. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha tut...

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Vaccini anti-Covid: gli Usa approvano la quarta dose, l’Europa a ruota

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Nel pomeriggio di ieri, 29 marzo, la FDA (Agenzia del farmaco statunitense) ha approvato la quarta dose vaccinale per tutti i cittadini americani maggiori di 50 anni. La Fda ha stabilito che la “seconda dose di richiamo” dovrà essere somministrata almeno 4 mesi dopo aver ricevuto il primo booster. I richiami verranno effettuati con i vaccini a mRna. La quarta dose è stata approvata anche per i maggiori di anni 12 che “abbiano subito un trapianto di organi solidi, o che convivono con condizioni che sono considerate avere un livello equivalente di immunocompromissione”. Tra i 12 e i 18 anni si utilizzeranno solo i vaccini Pfizer. Per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza della quarta dose il comunicato della FDA si limita a poche righe piuttosto avare di dettagli: “Le prove emergenti suggeriscono che una seconda dose di richiamo di un vaccino Covid-19 mRNA migliora la protezione contro forme gravi di Covid-19 e non è associata a nuovi problemi di sicurezza”.

Il documento della FDA riporta che l’efficacia del secondo booster è stata verificata in uno studio clinico ancora in corso e non randomizzato condotto in Israele, al quale hanno preso parte 274 individui in tutto: 154 sottoposti a Pfizer e 120 a Moderna. All’FDA tanto è bastato per certificare che “tra questi individui, sono stati riportati aumenti dei livelli di anticorpi neutralizzanti contro il virus SARS-CoV-2, comprese le varianti delta e omicron”. Per quanto concerne la sicurezza, il documento specifica che dati forniti dal Ministero della Salute di Israele, basati sulla somministrazione di circa 700.000 quarte dosi del vaccino Pfizer-BioNTech a maggiori di 18 anni “non hanno rivelato nuovi problemi di sicurezza”. Per quanto riguarda Moderna, invece, si specifica che la sicurezza è stata verificata tramite uno studio indipendente su appena 120 persone, sempre maggiori di 18 anni. Il documento della FDA non fornisce richiami o link agli studi citati, rendendone di fatto impossibile la verifica. Interessante notare come tutti gli studi siano stati condotti su maggiori di 18 anni, ma l’autorizzazione della FDA riguardi i maggiori di anni 12.

L’approvazione del secondo booster negli USA è stata notificata attorno alle 15 ora italiana. Nemmeno un’ora dopo la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, ha dichiarato che anche in Europa «vaccinazioni e richiami devono continuare», mentre Il Consiglio Ue ha chiesto alla Commissione europea un parere, al più tardi per la prossima settimana, su una posizione coordinata su una apertura ad una quarta dose di vaccino covid ai più fragili. È quindi piuttosto probabile che a breve la quarta dose sarà approvata anche per i cittadini europei.

Attentato in Israele: cinque uccisi a Tel Aviv

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Ieri sera un uomo in motocicletta ha esploso colpi di arma da fuoco contro i passanti a Brei Brak, città ortodossa vicino a Tel Aviv. L’uomo è riuscito ad uccidere quattro persone e ferire gravemente un’agente prima di essere ucciso a sua volta dalla polizia. Secondo le autorità israeliane l’attentatore era un palestinese di 27 anni, in passato già detenuto per terrorismo. Messaggi di rivendicazione sono stati diffusi dai movimenti palestinesi Hamas e Jihad islamica. È il terzo attacco in Israele nell’arco di una settimana.

Un uomo paralizzato è riuscito a comunicare grazie a un impianto cerebrale 

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Un uomo paralizzato di 36 anni è riuscito a comunicare grazie a un impianto cerebrale che gli ha permesso di esprimere i propri pensieri. Il paziente, affetto da una grave malattia neurodegenerativa, nonostante la completa paralisi causata dalla malattia, è riuscito persino a comunicare con suo figlio. Se infatti l’uomo, affetto da sclerosi laterale amiotrofica più comunemente conosciuta come SLA, inizialmente riusciva a comunicare grazie a un sistema di tracciamento oculare che legge il movimento degli occhi, successivamente ha perso anche la capacità di direzionare lo sguardo.

La SLA è una malattia per la quale non c’è cura e che in pochi anni dai primi sintomi, apporta danni irreversibili ai neuroni che controllano i muscoli volontari, rendendo il malato progressivamente prigioniero del suo corpo. La paralisi interessa gli arti e, nelle fasi più avanzate, gli occhi, mentre spesso non colpisce l’apparato uditivo. Il paziente può quindi sentire ciò che avviene intorno, ma non ha modo di reagire e di esprimere quello che pensa. Difatti, fino a quando chi è affetto da SLA mantiene una minima capacità di muovere gli occhi o un dito di un arto, è possibile creare un’interazione tramite l’uso di pannelli con numeri e lettere per la composizione di parole. Ma se la malattia è agli stadi avanzati, questo non è possibile.

Come in questo caso. Dopo che la paralisi ha colpito anche gli occhi, il team di ricercatori ha deciso di sottoporre l’uomo a un delicato intervento chirurgico, per impiantare nella sua corteccia motoria due array di microelettrodi. Nella prima fase della ricerca gli è stato chiesto di immaginare di muovere alcune parti del corpo, al fine di verificare se i pensieri si traducessero in qualche segnale rilevabile dal computer collegato agli elettrodi. L’interfaccia neurale, però, non è stato in grado di captare alcun input. Pertanto, dopo circa tre mesi dall’intervento, gli esperti hanno deciso di provare un approccio differente basato sul neurofeedback uditivo, una tecnica che permette al soggetto di modulare attivamente la propria attività cerebrale. Al paziente affetto da SLA è stato proposto un tono e poi chiesto di provare a riprodurlo – partendo da un tono diverso -, con la modulazione del pensiero. Il suono cambiava a seconda degli impulsi provenienti dai due elettrodi. Quando il paziente è riuscito a riprodurre esattamente il tono a lui chiesto, immaginando di muovere gli occhi, è stato poi in grado di controllare – e quindi aumentare o diminuire – la propria attività neurale per ottenere due diverse tonalità, un tono più alto per il “sì” e un tono più basso per il “no”.

In un anno circa di sperimentazione, il soggetto è riuscito a incrementare questa capacità, arrivando a comporre parole e frasi. Gli esperti hanno raggruppato le lettere dell’alfabeto in cinque gruppi corrispondenti a cinque colori differenti. Una voce sintetica al computer ha elencato i colori e il paziente ha risposto “sì” o “no”, in base al gruppo a cui faceva parte la lettera che voleva utilizzare. Successivamente la voce ha elencato la sezione lettere del gruppo indicato dall’uomo, permettendogli di scegliere velocemente la lettera desiderata per comporre la parola. In questo modo, il paziente è riuscito a esprimere richieste sulla musica da ascoltare e indirizzare un affettuoso messaggio al figlio: «Voglio bene a quel figo di mio figlio».

Nonostante il sistema non sia ancora disponibile al di fuori della ricerca clinica, i risultati fanno sperare. Non è la prima volta, infatti, che vengono utilizzate interfacce neurali su pazienti con sindrome locked-in (condizione nella quale il soggetto è cosciente e sveglio, ma non può muoversi/comunicare a causa della completa paralisi dei muscoli volontari del corpo), tuttavia non si era ancora riusciti a farlo in uno stato di paralisi completa in cui non si possiede nemmeno il controllo del movimento degli occhi. La riuscita dell’esperimento medico, quindi, confuta la teoria scientifica secondo cui una volta perso completamente il controllo sul movimento fisico, si perderebbe anche la capacità del cervello di generare comandi per la comunicazione.

[di Eugenia Greco]

Martedì 29 marzo 2022

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10.45 – L’Antitrust italiana multa per 1,2 mln la compagnia telefonica Iliad per offerte ingannevoli.

11.15 – Mario Draghi a Napoli: contestazione da centinaia di persone contrarie all’aumento delle spese militari.

11.30 – Mosca espelle i diplomatici di Lettonia, Estonia e Lituania dopo misura analoga presa dagli stati baltici.

12.00 – India: secondo giorno di sciopero generale contro le politiche economiche del governo.

14.00 – L’Ucraina annuncia di essere disposta a neutralità, senza rinunciare a integrità territoriale e adesione all’Ue. Mosca conferma passi avanti. Domani nuovo round negoziale.

16.00 – Il presidente del Consiglio Mario Draghi firma il Dpcm per la protezione dei profughi ucraini.

16.40 – La Commissione Esteri e Difesa del Senato approva senza votazione ODG per aumento spese militari al 2% del Pil.

16.45 – L’agenzia del fermaco Usa (FDA) autorizza la quarta dose vaccinale anti-Covid per i maggiori di 50 anni e gli over 12 immunocompromessi.

17.20 – Anche in Europa «vaccinazioni e booster devono continuare», lo ha detto la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides.

17.50 – Il Belgio espelle 21 diplomatici russi accusati di “minacciare la sicurezza del Paese”.

20.35 – Israele, attacco vicino a Tel Aviv: uccise 5 persone. Secondo le autorità l’autore (a sua volta ucciso) era un terrorista palestinese.

 

Usa: ok Fda a quarta dose Pfizer o Moderna per gli over 50

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La Food and Drug Administration (Fda), l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici, ha autorizzato la quarta dose – denominata “seconda dose di richiamo” – del vaccino anti Covid Pfizer-BioNtech o Moderna per gli over 50. Oltre a ciò l’ente americano ha altresì dato il via libera alla quarta dose per le persone con “determinati tipi di immunocompromissione”, ossia quelle che hanno avuto un trapianto o che comunque si trovano in condizioni simili: nello specifico, è stata autorizzata la quarta dose del vaccino Pfizer-BioNtech per gli over 12 immunocompromessi, mentre per gli over 18 quella del vaccino Moderna. La Fda, infine, ha stabilito che in ogni caso ci si potrà sottoporre alla “seconda dose di richiamo” almeno 4 mesi dopo aver ricevuto la prima.

Il budget Usa per le armi è 13 volte quello della Russia, Biden vuole alzarlo ancora

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Il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, ha presentato al Congresso una proposta di bilancio per il 2023 contenente un ampio incremento delle spese militari. Il documento prevede, relativamente alla difesa, un investimento complessivo di 813,3 miliardi di dollari, 60 in più rispetto alla richiesta avanzata da Biden per il 2022. Tra questi, 4,1 miliardi saranno destinati (previo consenso del Congresso) “alla conduzione di ricerche e allo sviluppo delle capacità di difesa”, quasi 5 miliardi verranno impiegati per “un sistema di allerta missilistica capace di individuare minacce globali” e circa 2 miliardi per un “intercettore di difesa missilistica, in grado di proteggere gli Usa dalla minaccia di missili balistici provenienti dalla Corea del Nord e dall’Iran”. Dal 2018 al 2020 l’investimento in armamenti degli Stati Uniti è passato dal 3,32% al 3,74% del Prodotto Interno Lordo, arrivando a circa 778 miliardi di dollari. Nel 2020 la Russia ha dedicato al settore il 4,6% del proprio PIL (+0,9% rispetto al 2018), con una spesa di 61 miliardi di dollari, 13 volte minore di quella statunitense.

Spesa militare/PIL Usa: passaggio dal 2018 (3,3%) al 2020 (3,7%), YouTrend

In termini assoluti, nel 2020 sono stati spesi nel mondo 1.900 miliardi di dollari (pari a circa 1.700 miliardi di euro) per la difesa. I paesi della NATO, condotti dagli Stati Uniti, hanno coperto circa il 60% della domanda aggregata (1.09 mila miliardi di dollari). Il restante 40% è stato soddisfatto dalla Cina, che nel 2020 ha investito in spese militari oltre 250 miliardi di dollari, circa 20 in più ai Paesi dell’Unione europea considerati come un’unica entità, il cui investimento si è attestato a 232 miliardi. Seguono poi l’India (72 miliardi), la Russia (61 miliardi) e l’Arabia Saudita (58 miliardi). Più distaccate, ma comunque influenti, le spese nel settore effettuate da Giappone, Corea del Nord e Australia, che hanno investito rispettivamente 49, 46 e 28 miliardi di dollari. Dal 1995, il rapporto tra PIL e spesa militare risulta abbastanza costante, con una media mondiale pari al 2,36% (2020). Analizzando i diversi Paesi sulla base di questo dato è possibile intuire quali siano quelli più propensi a investire parte della propria ricchezza nella difesa e quali preferiscano rivolgere le proprie attenzioni ad altri settori. Nel primo caso, si registra la supremazia del Sultanato dell’Oman che, secondo i dati raccolti nel 2020, ha investito il 10,9% del proprio PIL nella difesa militare. Seguono poi l’Arabia Saudita, con una spesa a fronte del PIL di circa l’8,5%, e l’Algeria, che nel 2020 ha dedicato al settore il 6,7% del proprio Prodotto Interno Lordo. Tra i Paesi che, invece, hanno scelto di destinare agli investimenti militari una quota marginale della propria ricchezza spicca l’Islanda, che nel 2020 ha speso lo 0,1% del proprio PIL nella difesa e si distingue per la mancanza di un esercito dal 1869. Seguono poi l’Irlanda (0,2%) e la Papa Nuova Guinea (0,4%).

Spese militari/PIL, YouTrend

Per quanto riguarda i Paesi NATO, la percentuale del PIL deputata alle spese militari sembra destinata a lievitare nel prossimo futuro, seguendo così la strada tracciata dall’Alleanza nel 2006, quando i ministri della Difesa degli Stati membri raggiunsero un accordo informale circa la quota da dedicare al settore (2% del PIL). A fine febbraio il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato di voler aumentare rapidamente la spesa per la difesa, arrivando dall’attuale 1,53% del PIL alla soglia del 2% attraverso un investimento di 100 miliardi di euro. Questa nuova spesa, sommata all’attuale di circa 50 miliardi, farebbe balzare la Germania alle spalle di Usa e Cina in termini di risorse destinate al settore difensivo. Di recente, anche l’Italia ha mostrato la propria volontà ad allinearsi all’accordo, mai ratificato dal Parlamento, del 2006: il 16 marzo la Camera dei Deputati ha approvato infatti un ordine del giorno (O.d.G.) relativo al cosiddetto “Decreto Ucraina”, impegnando il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa dall’attuale 1,4% del PIL verso la soglia del 2%. Secondo il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, la direzione presa implicherà un “passaggio graduale” dai circa 25 miliardi di euro l’anno attuali (68 milioni al giorno) destinati al settore ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno).

[Di Salvatore Toscano]