giovedì 27 Novembre 2025
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Edy Ongaro è morto in Donbass: italiano, combatteva con le milizie popolari filo-russe

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Edy Ongaro, nome di battaglia Bozambo, in onore di un partigiano della seconda guerra mondiale. Questo il nome del primo caduto italiano nella guerra in Ucraina: aveva 46 anni ed era di Portogruaro in provincia di Venezia. Dal 2015 era in Donbass e combatteva convintamente in quella che in Occidente è la parte sbagliata della barricata: nella brigata Prizrak insieme alle milizie delle Repubbliche Popolari filo-russe di Donetsk e Lugansk che da otto anni lottano per ottenere l’indipendenza dallo stato ucraino. Edy “Bozambo” Ongaro era un militante comunista, dal Dombass rivendicava la sua adesione alla milizia con frasi come questa: «Ho scelto questa brigata per il carattere internazionalista. Se ricevo una ricompensa? Sì, una colazione, un pranzo e una cena oltre a un kalashnikov che si chiama Anita, come la moglie di Garibaldi. Mi sento vicino ai poveri, ovunque nel mondo c’è un popolo che viene calpestato. Questa sana ribellione ci è stata insegnata dai nostri nonni contro il fascismo. Finché ci sarà aria e sangue nel mio corpo credo che resterò qui in Ucraina». È caduto in combattimento nella giornata di ieri mentre si trovava in trincea, colpito a morte da una bomba a mano.

A dare notizia della sua morte in Italia è stato il “Collettivo Stella Rossa – Nord Est” con un comunicato che riportiamo integralmente: “Con immenso dolore comunichiamo che Edy Ongaro, nome di battaglia Bozambo, è caduto da combattente per difendere il popolo libero di Novorossia dal regime fascista di Kiev. Dalle prime informazioni ricevute sappiamo che si trovava in trincea con altri soldati quando è caduta una bomba a mano lanciata dal nemico. Edy si è gettato sull’ordigno facendo una barriera con il suo corpo. Si è immolato eroicamente per salvare la vita ai suoi compagni. Edy era nato 46 anni fa a Portogruaro, Venezia, raggiunto il Donbass nel 2015 non lo aveva più lasciato. Era un Compagno puro e coraggioso ma fragile ed in Italia aveva commesso degli errori. In Donbass ha trovato il suo riscatto, dedicando tutta la sua vita alla difesa dei deboli e alla lotta contro gli oppressori. Ha servito per anni nelle fila di diversi corpi delle milizie popolari del Donbass fino alla fine dei suoi giorni. Il suo martirio serva a rompere il castello di bugie di questa guerra, ma soprattutto a rilanciare la lotta antifascista e internazionalista. Il sacrificio di Edy mostri la forza del proletariato che saprà portare al trionfo del comunismo. Ti salutiamo Compagno Partigiano con il motto che ti era tanto caro: Morte al fascismo, libertà al Popolo”.

Russia: 8 serbatoi di petrolio in fiamme a causa di un attacco ucraino

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Sarebbero almeno 8 i serbatoi di petrolio in fiamme nella regione russa di Belgorod a causa di quello che la Tass ha definito un attacco di elicotteri ucraini a un deposito di carburante. L’incendio provocato ha richiesto l’invio di 170 vigili del fuoco e 50 mezzi, viste le notevoli dimensioni. Il rischio è che l’incendio si estenda a tutti i serbatoi, per questo motivo sono stati evacuati gli abitanti delle case vicine al deposito. «I due dipendenti che erano sul posto nel momento dell’esplosione non sono feriti», ha dichiarato il sindaco di Belgorod.

È finito lo stato di emergenza, ma per molti italiani non cambia nulla

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Da questa mattina non è più in vigore, dopo oltre due anni, lo stato di emergenza legato alla pandemia: nonostante ciò, però, diverse restrizioni sono ad oggi in vigore, motivo per cui la vita dei cittadini sarà in diversi ambiti ancora limitata. Con il recente decreto-legge relativo al “superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da Covid-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”, è stata infatti definita la roadmap per il ritorno alla normalità che sarà solo graduale, ragion per cui diverse restrizioni a diritti e libertà sono tuttora presenti. In tal senso, se da un lato a partire da oggi tramonta ad esempio il sistema dei colori ed il green pass (sia base che rafforzato) non è più necessario in diversi luoghi tra cui negozi ed uffici pubblici, dall’altro il super green pass è ancora in vigore – e lo sarà fino al 30 aprile – per accedere tra l’altro a sale gioco, centri benessere, eventi sportivi al chiuso, piscine e palestre nonché servizi ed attività relativi allo sport di squadra e di contatto.

Proprio quest’ultimo punto rappresenta il primo tema da approfondire dato che, seppur da oggi sia possibile praticare sport all’aperto senza alcuna certificazione, gli over 12 privi del super green pass non potranno fare sport nei modi sopracitati. A tal proposito, non si può non porre la lente d’ingrandimento in maniera particolare sulla situazione relativa ai ragazzi che, nonostante siano già stati ampiamente danneggiati dalle restrizioni pandemiche, dovranno ancora esibire il lasciapassare sanitario per, ad esempio, potersi allenare in palestra. Un problema di non poco conto, con il benessere psico-fisico dei giovani privi del green pass rafforzato che rischia di essere ulteriormente compromesso non potendo ancora svolgere tutti i tipi di attività sportiva.

Oltre a ciò, un’altra questione da ricordare è quella dell’obbligo vaccinale, presente per diverse categorie tra cui innanzitutto quelle del personale sanitario e degli operatori delle Rsa. Per gli appartenenti a queste ultime, infatti, l’obbligo vaccinale vi sarà fino al 31 dicembre 2022, pena la sospensione dalle mansioni e dallo stipendio. Per categorie quali il personale scolastico e le forze dell’ordine nonché per gli over 50, invece, l’obbligo di sottoporsi al vaccino anti Covid terminerà il 15 giugno. Tuttavia, a differenza del personale sanitario, per accedere al luogo di lavoro è adesso sufficiente per gli appartenenti a tali categorie mostrare semplicemente il green pass base.

Una menzione speciale deve essere indubbiamente riservata ai docenti scolastici non vaccinati, che sono stati autorizzati a tornare a lavoro in maniera alquanto discutibile non potendo entrare nelle classi per svolgere la propria professione. Il decreto-legge, infatti, considera l’adempimento dell’obbligo vaccinale condizione necessaria per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni, motivo per cui prevede che il dirigente scolastico debba “utilizzare il docente inadempiente in attività di supporto all’istituzione scolastica”. I professori, in pratica, sono stati riammessi a scuola da paria.

Dunque la fine dello stato di emergenza in Italia non concide affatto con la fine delle restrizioni e di quelle che anche Amnesty International ha definito “discriminazioni verso i non vaccinati”. Il certificato verde rimane necessario per svolgere molte attività così come l’obbligo vaccinale per molti cittadini. E per tutti la fine del sistema del green pass (o meglio la sua sospensione, dato che il governo si è riservato la possibilità di riattivarlo) non sarò nemmeno il primo maggio come riportato su molti media. Non sarà così, ad esempio, per le visite nelle Rsa e nei reparti di degenza delle strutture ospedaliere (dove rimarrà obbligatoria la certificazione rafforzata addirittura fino al 31 dicrembre). Non sarà così nemmeno per gli obblighi vaccinali: questi rimarranno in vigore fino al 15 giugno per gli ultra-cinquantenni e ancora fino al 31 dicembre per personale sanitario e operatori delle Rsa.

[di Raffaele De Luca]

Giovedì 31 marzo

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06.00 – Al porto di Genova inizia lo sciopero dei lavoratori contro l’invio di armi in Ucraina.

07.00 – Nella notte 3 palestinesi sono stati uccisi dalla polizia israliana, mentre l’esercito si schiera attorno a Gaza.

08.45 – Gli Usa sbloccano le riserve strategiche di petrolio, il prezzo cala sui mercati.

10.00 – È stata scoperta Earendel, secondo i cosmologi la stella più vecchia dell’universo.

11.40 – L’Istat rivela che l’inflazione in Italia è giunta al 6,7%, è il dato più alto dal 1991.

11.45 – Ucraina, cessate il fuoco a Mariuol: partiti bus per evacuare i civili.

11.55 – Italia, il Senato approva l’aumento delle spese militari con il voto di fiducia.

13.50 – Il segretario della NATO invita la Finlandia a entrare: «se vuole avrà percorso di ingresso rapido».

15.30 – Putin ha firmato il decreto che impone il pagamento del gas in rubli ai “paesi ostili”.

16.20 – Francia e Germania annunciano rifiuto a pagamento del gas in rubli: «ci prepariamo a blocco forniture».

19.00 – Italia, il ministero della Cultura annuncia il ritorno delle domeniche gratuite nei musei sospese da inizio pandemia.

19.15 – La Russia ha vietato l’ingresso nel Paese ai leader dell’Unione Europea.

Mosca: vietato ingresso in Russia a leader Ue

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La Russia ha deciso di vietare l’ingresso nel suo territorio ai leader dell’Ue: ad annunciarlo è stato il ministero degli Esteri, il quale tramite una nota ha fatto sapere che “in risposta alle massicce sanzioni unilaterali dell’Unione europea” è stato “notevolmente ampliato l’elenco dei rappresentanti degli Stati membri dell’Ue e delle istituzioni europee a cui è vietato l’ingresso nel territorio del nostro Paese”. “Le restrizioni si applicano ai leader dell’Unione europea, inclusi numerosi commissari europei e capi delle strutture militari dell’Ue, nonché alla stragrande maggioranza dei deputati del Parlamento europeo che promuovono politiche anti-russe”, ha precisato il ministero degli Esteri russo, aggiungendo altresì che nella lista nera siano inclusi anche “alti funzionari”, “i rappresentanti dei governi e dei parlamenti di alcuni Stati membri dell’Ue” ed alcuni “personaggi pubblici ed operatori dei media”.

Covid, diritti e violenze di polizia: Amnesty International bastona l’Italia

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diritti amnesty

Come ormai da tradizione(a partire dagli anni ’80), anche quest’anno Amnesty International ha redatto e pubblicato un Rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo, che comprende l’arco di tempo che va dal 2021 fino ai primi mesi del 2022. La novità del report di quest’anno è l’introduzione di schede di approfondimento per molti dei Paesi analizzati, con dettagli circa il lavoro, la violenza contro le donne e la situazione pandemica. Un capitolo è dedicato anche alla situazione italiana, non particolarmente elogiata dall’organizzazione.

Ma analizziamo meglio i contenuti del report in merito alla situazione del nostro paese, suddividendo gli argomenti per macro categorie.

COVID

A luglio scorso il Governo aveva deciso di prorogare fino alla fine dell’anno lo stato d’emergenza per affrontare la pandemia da Coronavirus. Dopo qualche mese (settembre) Draghi aveva anche reso obbligatorio il “green pass” per accedere ai luoghi di lavoro pubblici e privati. Tutto questo senza preoccuparsi, ancora una volta, delle strutture ospedaliere al collasso. Gli operatori sanitari e sociosanitari avevano sollevato preoccupazioni soprattutto per le condizioni di lavoro precarie e insicure nelle strutture per anziani. La risposta* è stata quella di sottoporre i lavoratori a procedimenti disciplinari che Amnesty definisce “ingiusti”: i datori di lavoro si sono infatti serviti di licenziamenti e altre misure intimidatorie per metterli a tacere.

VIOLENZA FISICA E PSICOLOGICA CONTRO LE DONNE

Analizzando gli episodi di violenza contro le donne verificatisi negli ultimi mesi, Amnesty ha evidenziato come in Italia questi accadono ancora con una certa frequenza. In totale infatti sono state uccise 102 donne (dati risalenti a fine 2021) in casi di violenza domestica, 70 delle quali per mano di un partener o ex partner. Anche se a dicembre il Governo ha approvato un disegno di legge volto a prevenire la violenza contro le donne, i risultati sembrano ancora insufficienti. Amnesty considera una forma di violenza anche la negazione di un aborto, il cui accesso è spesso ostacolato dall’elevato numero in Italia di obiettori di coscienza.

Violenza donne

DIRITTI DELLE PERSONE LESBICHE, GAY, BISESSUALI, TRANSGENDER E INTERSESSUATE

Anche sul fronte dei diritti nei confronti della comunità LGBTQI+ l’Italia si è mostrata molto indietro. A ottobre scorso il Senato ha negato il suo consenso all’approvazione di un disegno di legge (DDL ZAN) volto a “combattere la discriminazione e la violenza basate su sesso/genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità”.

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

Anche sul fronte migrazione, l’accoglienza e la strategia italiana fa acqua da tutte le parti. Partiamo dai dati: è stato stimato che, a fine 2021, almeno 300.000 migranti erano ancora in attesa dei documenti necessari ad identificarli. Significa che 300.000 persone non hanno potuto godere appieno dei diritti che spettano ai cittadini, rimanendo in balia di abusi. A maggio scorso, infatti, un sindacato di base ha indetto uno sciopero nazionale dei lavoratori agricoli migranti, “per protestare contro l’inadeguatezza della misura di regolarizzazione”.

Tuttavia migliaia di migranti hanno continuato ad essere sfruttati sul posto di lavoro, subendo spesso attacchi razzisti e xenofobi. L’Italia, in questo senso, continua ad investire male i suoi soldi, destinandoli ad esempio al rimpatrio o alla guardia costiera libica (proverbialmente violenta nei confronti dei migranti). A maggio, Moussa Balde, un cittadino della Guinea, si è suicidato mentre era detenuto nel centro di permanenza per il rimpatrio di Torino e altre 32.425 persone sono state catturate in mare dai libici. Spesso l’aiuto offerto da singoli o organizzazioni umanitarie viene ostacolato dalla giustizia stessa. Come quella che ha condannato Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, in Calabria, a 13 anni e due mesi di carcere per aver organizzato un sistema di accoglienza per rifugiati, richiedenti asilo e migranti.

VIOLENZE DA PARTE DELLE FORZE DELL’ORDINE

Il rischio, inoltre, per chi finisce in carcere, è di non uscirne vivo. Amnesty sostiene che “non sono cessate le preoccupazioni per la tortura e altri maltrattamenti delle persone in carcere e in custodia di polizia”. Uno degli ultimi casi risale all’aprile del 2020, quando ci fu un pestaggio di gruppo nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in Campania, ai danni 177 detenuti (provocando la morte di uno di loro). Per quell’episodio a settembre i pubblici ministeri hanno formulato accuse di tortura e altri maltrattamenti contro 120 guardie carcerarie e alti funzionari dell’amministrazione penitenziaria.

[di Gloria Ferrari]

*31\03\2022, ore 21.21, errata corrige: in una precedente versione del testo all’interno del paragrafo dedicato al Covid si leggeva che ” La risposta è stata quella di sottoporre i lavoratori a procedimenti disciplinari che Amnesty definisce “ingiusti”. Si trattava di un errore di battitura, infatti il rapporto di Amnesty non addebita al governo italiano tali trattamenti ingiusti, ma ai dirigenti delle aziende sanitarie.

Dall’Università di Roma al porto di Genova: studenti e operai mobilitati contro la guerra

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In tutta Italia si sono moltiplicate, in queste settimane, le iniziative contro la guerra e l’invio di armi in Ucraina, sostenute da varie fasce della popolazione civile. Nella giornata di oggi, nel porto di Genova, il Coordinamento nazionale dei lavoratori portuali USB ha indetto uno sciopero di 24 ore, con un presidio iniziato alle 6 di questa mattina a ponte Etiopia. Contemporaneamente, a Roma, studenti afferenti a diversi movimenti e collettivi hanno occupata la facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza”. Le rimostranze, viste da ottiche differenti, convergono nel medesimo punto fermo: un “no” deciso alla guerra e all’invio di armi da parte dell’Italia nei contesti di conflitto.

Da Roma a Genova, una linea rossa di solidarietà vede due contesti differenti mobilitarsi per uno stesso scopo: l’opposizione netta e irremovibile alla guerra. Nel più grande porto italiano i lavoratori afferenti al Coordinamento nazionale dei lavoratori portuali USB hanno indetto una giornata di sciopero, ritrovandosi nelle primissime ore di questa mattina per il presidio a ponte Etiopia. La protesta coincide con l’arrivo, nel porto di Genova, della nave saudita Bahri “carica di armamenti statunitensi”. Le ragioni della mobilitazione sono tanto ideologiche quanto pragmatiche. Il tema della guerra e del lavoro, scrivono i portuali sul portale del sindacato, sono strettamente collegati: pensarla diversamente “sarebbe un errore, soprattutto per noi lavoratori portuali che lavoriamo a stretto contatto con le merci e non vogliamo essere complici della guerra movimentando armamenti di qualsiasi tipo e qualsiasi destinazione nei nostri scali”.

Da un lato, ricordano i portuali, il punto fermo del ripudiare la guerra è stato messo da parte da decenni “in ossequio a interessi industriali e geopolitici del tutto estranei ai lavoratori”. Dall’altro, a pagare le spese del conflitto “saranno proprio i lavoratori e le lavoratrici […] attraverso l’aumento del costo dei beni energetici come gas e petrolio e delle spese militari. Tutto ciò porterà a contraccolpi devastanti per il nostro Paese. I licenziamenti di massa e le ristrutturazioni, che non si sono mai fermate, andranno avanti senza sosta”. La popolazione, riporta il comunicato, non si è ancora ripresa dalle conseguenze della pandemia e già deve subire le ripercussioni della guerra, senza che all’aumento del carovita corrispondano adeguati aumenti salariali.

Contemporaneamente, a Roma, un centinaio di studenti provenienti da varie realtà e movimenti ha occupato la facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza” a partire dalle ore 20 di ieri, mercoledì 30 marzo. L’iniziativa, scrivono, è volta a ricordare come “Garantire un’università pubblica necessita la fine degli accordi di Sapienza con la multinazionale Leonardo, ottava multinazionale al mondo che fa profitto con i soldi delle bombe, delle armi, e dei mezzi militari venduti in tutto il mondo, che alimentano i conflitti che Sapienza dice di ripudiare. Saperi critici e liberi non possono esistere senza eliminare le ingerenze da chi ciò che studiamo lo influenza per i propri profitti”.

 

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Gli studenti hanno espresso piena solidarietà con la mobilitazione dei portuali, ricordando come le proteste contro l’invio di armi in contesti di guerra non siano nate nell’ambito del conflitto ucraino ma si protraggano da anni, nel silenzio della narrazione mediatica mainstream. La mobilitazione di Genova di oggi, inoltre, conferma la partecipazione del sindacato alla mobilitazione operaia generale che si terrà a Roma il prossimo 22 aprile.

[di Valeria Casolaro]

Ucraina, Draghi: “Per Putin tempi non maturi per incontro con Zelensky”

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«Ho espresso la mia convinzione che per risolvere alcuni nodi cruciali sia necessario un incontro con il presidente ucraino Zelensky, ma Putin mi ha risposto che i tempi non siano ancora maturi ed occorre che i negoziatori vadano avanti con le trattative»: è quanto ha affermato il presidente del Consiglio Mario Draghi – in merito al colloquio telefonico di ieri con il presidente russo Vladimir Putin- durante un incontro con la stampa estera. «Le condizioni per un cessate il fuoco non sono mature», avrebbe inoltre comunicato Putin al premier italiano anche se, ha aggiunto quest’ultimo, «è stato aperto poi il corridoio umanitario di Mariupol, che è la notizia che avete letto oggi sui giornali».

Generazione DAD: cosa rimane dell’apprendimento se si sta soli?

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L’impatto globale della pandemia da Covid-19 sulla salute pubblica è stato, e continua a essere, senza precedenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha infatti più volte ribadito che la salute mentale e il benessere di intere società siano state gravemente colpite dalla crisi e dalla sua gestione politica, rappresentando una "priorità da affrontare con urgenza". La diffusione del virus e le conseguenti misure di contenimento adottate a partire da marzo 2020 nel nostro Paese hanno mutato fortemente gli equilibri e le routine di tutti i cittadini, ma a pagarne le maggiori conseguenze ...

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Il Senato approva l’aumento delle spese militari con voto di fiducia

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Il Senato ha appena approvato il disegno di legge n. 2562 di conversione del decreto-legge 25 febbraio n. 14, recante “disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina”. La votazione, nominale con appello, è avvenuta nei confronti del testo approvato dalla Camera dei Deputati, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia, la 42°, come dichiarato dalla senatrice Bianca Laura Granato durante la discussione generale precedente alla votazione. Il disegno di legge è stato approvato con 214 favorevoli, 35 contrari e nessun astenuto, su un totale di 249 presenti (su 321 seggi). Il fronte del no, alla cui guida avrebbe dovuto esserci il M5S, si è mostrato poco compatto. Tra le fila dei pentastellati, così come per Forza Italia, si sono registrate diverse assenze, ma nel complesso i partiti si sono allineati alla decisione dell’esecutivo, scongiurando una spaccatura in maggioranza e quindi una crisi di Governo.

Il disegno di legge approvato dal Senato prevede, tra le diverse misure, “la partecipazione di personale militare italiano al potenziamento di dispositivi della NATO sul fianco Est dell’Alleanza fino al 30 settembre 2022”, la cessione di mezzi ed equipaggiamenti militari all’Ucraina a titolo gratuito e l’aumento delle spese militari, presentato tramite ordine del giorno (O.d.G.) lo scorso 16 marzo. L’ultima misura comporta l’allineamento all’accordo informale NATO del 2006 e quindi all’incremento degli investimenti nel settore fino alla soglia del 2% del PIL.

[Di Salvatore Toscano]