La Russia ha dichiarato di aver testato il suo nuovo missile balistico intercontinentale Sarmat, definito dal presidente Vladimir Putin come «un’arma che fornirà spunti di riflessione a coloro che minacciano la Russia». Successivamente, Putin ha ordinato al governo di preparare entro il primo giugno una strategia per rispondere, nell’ambito dell’Organizzazione per il commercio internazionale (WTO), alle sanzioni occidentali, che ha definito «illegittime e contrarie ai principi dell’Organizzazione». Infine, il presidente russo è apparso sui canali televisivi del Paese mentre veniva informato dai militari circa il lancio del missile da Plesetsk, nel nord-ovest della Russia, che ha successivamente colpito obiettivi nella penisola di Kamchatka in lontananza.
Il Messico si oppone alle multinazionali nazionalizzando il litio
Il Parlamento messicano ha approvato una legge di iniziativa presidenziale che stabilisce la nazionalizzazione del litio, metallo prezioso utilizzato nella produzione di batterie di cellulari e auto elettriche. All’interno della misura, approvata con 298 voti favorevoli e 197 astensioni, è previsto l’affidamento della risorsa a un’impresa pubblica, il che ha scatenato diverse proteste da parte di investitori privati ed esperti. «Nel Paese esistono già concessioni minerarie a società private, tra cui le imprese straniere dedicate allo sfruttamento delle miniere che possiedono vari depositi di questo metallo prezioso», ha dichiarato in un’intervista a El Universal Juan Carlos Machorro, dell’azienda Santamarina + Steta.
Negli ultimi anni, la transizione verso l’elettrico ha puntato i riflettori sul litio, elemento cruciale in questo settore. Il Messico ha deciso di giocare d’anticipo per evitare di vivere un secondo periodo di sfruttamento, come accaduto in passato quando le sue riserve fossili sono finite nelle mani delle multinazionali, ottenendo in cambio ridotte percentuali sui profitti. Il 17 aprile scorso, il Presidente Andrés Manuel López Obrador ha avanzato anche una modifica nei confronti della legge costituzionale che regola le attività del settore elettrico, ottenendo però una bocciatura. Visto il rango della norma, Obrador avrebbe dovuto ottenere infatti una maggioranza di due terzi, quindi 332 voti. La riforma si è fermata a 275 consensi e così il ritorno della maggioranza (53%) di questo settore industriale nelle mani della Commissione federale dell’elettricità (CFE), un organismo pubblico, non avverrà, confermando invece l’ingerenza delle imprese private e straniere. Lo scopo della legge approvata, nonché di quella che non ha raggiunto il quorum, è chiaro: garantire l’autodeterminazione dello Stato e ribadire la propria sovranità energetica, cruciale per lo sviluppo indipendente di un Paese. Tuttavia, José Jaime Gutiérrez Núñez, Presidente della Camera mineraria del Messico (CAMIMEX), ha affermato che la Costituzione considera i minerali come proprietà della nazione e quindi «devono essere utilizzati nell’ambito di uno schema trasparente di concessioni che generano assistenza sociale al Paese», ritenendo incongrua e non necessaria la nazionalizzazione.
È evidente come gli interessi in gioco siano alti, racchiusi tra due posizioni differenti e distanti: chi vuole spingere sulle concessioni e privatizzazioni e chi, invece, vuole ribadire la sovranità del Paese, consapevole di come la presenza delle multinazionali possa influenzare la vita di uno Stato, soprattutto in America del Sud. Si pensi al golpe in Guatemala del 1954 o a quello più recente della Bolivia, dove nel 2019 il socialista Evo Morales si è dimesso su invito delle forze armate e polizia. Diversi analisti sostengono che alla base del colpo di Stato ci fossero gli interessi economici, in particolare il controllo dei giacimenti di litio che iniziavano a far gola a livello mondiale. Dal 2021 a oggi, il prezzo del minerale è aumentato del 157%, con previsioni a rialzo, visto i diversi dubbi sulla capacità da parte dell’offerta di soddisfare la domanda prevista per il 2030: circa 2 milioni di tonnellate. Di questi, 1.6 milioni saranno probabilmente destinati alla produzione di batterie di dispositivi elettrici. Si spiegano, dunque, le preoccupazioni delle aziende attive in questo campo, una su tutte Tesla, in vista di una nazionalizzazione del litio in Messico, dove tra le diverse imprese opera una società mineraria di capitale cinese e inglese, il cui 50% della produzione viene destinato proprio all’azienda statunitense. Secondo diverse stime, la miniera in gestione alla società straniera avrebbe una riserva di circa 243 milioni di tonnellate di minerali, tra cui ovviamente il litio.
[Di Salvatore Toscano]
Pechino a Usa: Taiwan fa parte della Cina e nessuno può cambiarlo
Taiwan fa parte della Cina e nessuno può cambiarlo: è ciò che, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters, avrebbe affermato nella giornata di oggi il ministro della Difesa cinese Wei Fenghe durante un colloquio telefonico avuto con il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin. “Se la questione di Taiwan non fosse gestita correttamente, vi sarebbe un impatto dannoso sulle relazioni tra Cina e Stati Uniti”, avrebbe inoltre aggiunto a tal proposito Wei Fenghe.
Il Governo italiano vara l'”operazione termostato”
Dal primo maggio scatterà il piano del Governo Draghi per tagliare i consumi dell’elettricità e del gas, in quella che è stata prontamente ribattezzata “operazione termostato”. L’obiettivo dichiarato è risparmiare 4 miliardi di metri cubi di gas soltanto nel 2022, attraverso l’abbassamento della temperatura negli edifici pubblici e la riduzione dell’uso dei condizionatori per diminuire la dipendenza energetica dalla Russia. La stretta sui consumi, in vigore fino al 31 marzo 2023, non riguarderà (almeno per ora) le abitazioni private, nonostante la volontà in tal senso di una parte del Governo che lascia non poche perplessità sui modi in cui avverrebbe il controllo del rispetto delle misure.
Negli edifici pubblici, tra cui le scuole, la temperatura non dovrà superare i 19 gradi in inverno e non dovrà scendere al di sotto dei 27 gradi in estate, con un “margine di tolleranza” di due gradi. Sono previsti dei controlli ma la disposizione non ne chiarisce i dettagli: ciò che è certo è che in caso di violazione delle regole su termosifoni e aria condizionata si rischieranno multe da 500 a 3.000 euro. L’emendamento al decreto bollette, avanzato dal M5S e approvato dalle Commissioni Ambiente e Attività produttive, non avrà validità nelle cliniche, negli ospedali e nelle case di cure, oltre alle abitazioni private. Attualmente, quest’ultime fanno riferimento infatti a delle raccomandazioni (non vincolanti) disposte dagli enti minori che in linea di massima prevedono di non superare in inverno la temperatura interna di 20 gradi, con l’accensione dei termosifoni prevista in fasce specifiche a seconda delle regioni: si va dal 15 ottobre per quelle più fredde al primo dicembre per quelle più calde.
[Di Salvatore Toscano]
Torino: a processo 22 agenti per violenze carceri
È stato disposto il processo per i 22 agenti della polizia penitenziaria indagati nell’inchiesta sulle presunte torture avvenute all’interno della casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, definita come “uno degli istituti italiani più difficili” dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, lo scorso marzo. L’inchiesta, coordinata dal pm Francesco Pelosi, era stata sollecitata da diverse segnalazioni del garante comunale dei detenuti Monica Gallo. Tra gli indagati, appaiono l’ex direttore della casa circondariale Domenico Minervini, rimosso dall’incarico dopo l’apertura dell’inchiesta, e l’ex comandante Giovanni Battista Alberotanza. Entrambi, accusati di favoreggiamento e omessa denuncia, hanno scelto il rito abbreviato.
L’interessata battaglia “pacifista” degli USA contro le armi antisatellitari
Fa strano pensare che gli USA si facciano promotori di un’iniziativa di smilitarizzazione, eppure la Vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha rivelato al mondo intero che gli Stati Uniti cesseranno ogni test relativo alle armi missilistiche antisatellitari (ASAT). Non solo, la diplomatica ha chiesto che le nazioni tutte si impegnino a discutere nuove leggi atte a imporre un «comportamento responsabile nello spazio». Sebbene il ridimensionamento della corsa alle armi sia sempre da accogliere a braccia aperte, sarebbe però ingenuo leggere le mosse di Washington come un atto pacifista dettato da meri scrupoli di coscienza.
Facciamo un passo indietro. Nel novembre del 2021 il Cremlino ha lanciato nello spazio un ordigno puntato in direzione di un satellite dell’era sovietica, ormai obsoleto. Nonostante Mosca abbia offerto rassicurazioni asserendo che l’operazione fosse comparabile a un servizio di rottamazione, la manovra si è prestata a una lettura cupamente bellica, assumendo le sembianze di una prova di forza. Pur sorvolando sulla prospettiva puramente politica dell’accadimento, l’episodio ha però ricordato agli osservatori le insidie a cui si legano i missili ASAT, armi il cui uso è apertamente criticato dagli Stati Uniti, dalla NATO e dall’Unione Europea. Per quanto l’idea ufficialmente espressa dalla Russia fosse infatti quella di frammentare lo strumento in pezzi che sarebbero poi dovuti poi ricadere sulla Terra incenerendo nell’atmosfera, l’impatto ha nondimeno generato detriti che sono rimasti in orbita – almeno 1.500, denunciano gli USA – e che rappresentano ora una minaccia concreta all’attività umana nello spazio.
L’orbita terrestre bassa, quella più sfruttata, è ormai sempre più popolata da satelliti e ciarpame di varia natura, con il risultato che ogni singolo oggetto privo di controllo, per quanto minuscolo, può trasformarsi in un proiettile vagante capace di causare danni immensi, danni che a loro volta possono dar vita a nuovi detriti in un circolo vizioso che, nel peggiore dei casi, potrebbe obbligarci a dire addio ai viaggi spaziali, e ai servizi satellitari, riportandoci tecnologicamente ai tempi della SIP. Al pari delle testate nucleari, anche gli ASAT vengono dunque considerati un pericoloso deterrente, più che un’arma vera e propria, tuttavia questa consapevolezza non aiuta a dormire sonni tranquilli.
Quello che non ha esplicitato Harris è il fatto che l’esopolitca sia incastrata in una fase di stallo in cui le varie parti si bilanciano asimmetricamente per assicurarsi che sia preservato lo status quo. Gli USA hanno istituito un esteso network satellitare, militare e commerciale, tuttavia il dominio spaziale statunitense viene tenuto in scacco dal fatto che Cina e Russia, sostiene l’Intelligence americana, abbiano sviluppato gli ASAT al punto di raggiungere la capacità operativa iniziale (IOC). Normare i missili antisatellitari, quindi, non contribuirebbe troppo ad attenuare la militarizzazione dello spazio, piuttosto impedirebbe agli avversari di Washington di fare affidamento su una leva politica molto potente e relativamente accessibile.
Approfittando del legittimo orrore umano rappresentato dalla guerra, gli Stati Uniti stanno spingendo perché tutti gli alleati si impegnino a «mettere pressioni» su Cina e Russia, così che le due nazioni si trovino costrette a seguire l’esempio americano o a essere etichettate «come coloro che potranno potenzialmente causare futuri incidenti legati ai detriti, i quali finiranno con il danneggiare tutti». Una pretesa corretta, ma che dovrebbe essere bilanciata da una regolamentazione altrettanto rigida della militarizzazione orbitale, così che l’intervento sia mirato a garantire un equilibrio pacifico e non all’istituzione di un ennesimo monopolio americano.
[di Walter Ferri]
Polonia, esplosione miniera carbone: 4 morti
È di 4 morti e 7 dispersi il bilancio dell’esplosione della miniera di carbone Pniowek a Pawlowice, in Polonia, avvenuta nelle prime ore di questa mattina. Il proprietario della miniera avrebbe attribuito l’incidente alla presenza di metano all’interno della cava, secondo quanto riferito da Reuters. Al momento dell’esplosione erano 42 i minatori all’interno della miniera, 21 dei quali sono stati trasportati in ospedale per le ferite e le gravi ustioni riportate.
L’ammissione del governo: il green pass verrà sospeso ma non abolito
«i criteri non cambiano: il green pass di fatto c’è sempre, solo che dal primo di maggio non verrà più richiesto per nessun tipo di attività, e noi confidiamo e auspichiamo che non ce ne sia più bisogno. Non è che sparisce, semplicemente non viene più richiesto e non viene più utilizzato». Sono le parole rilasciate in una intervista dal sottosegretario alla Salute del governo Draghi, Andrea Costa. Dichiarazioni con le quali per la prima volta un esponente del governo conferma che il lasciapassare sanitario non verrà smantellato ed anzi sia da intendere come una misura di fatto priva di qualsiasi data di scadenza, confermando di fatto quella che fino a ieri gli organi di stampa mainstream definivano senza indugi una “teoria complottista no vax”.
Dichiarazioni senza dubbio rilevanti che tuttavia sono state riportate in maniera alquanto anonima dai principali media, i quali non si sono soffermati sul fatto che, a quanto pare, dal primo maggio la certificazione verde continuerà comunque ad esistere: Costa, infatti, parlando del certificato verde ha utilizzato l’indicativo, come a confermare che la decisione in questo senso sia già stata presa all’interno dell’esecutivo guidato da Mario Draghi. Un dettaglio certamente degno di nota, dato che fino a poche settimane fa la stessa stampa mainstream etichettava come “complottisti” tutti coloro che sottolineavano che gli strumenti pandemici non andassero presi sottogamba perché in grado di creare precedenti di cui sarebbe poi stato difficile sbarazzarsi.
Eppure, dalle parole del sottosegretario si evince proprio che le cosiddette “teorie del complotto” siano ora divenute realtà, dato che a quanto pare la non abolizione del green pass appare certa. Costa, infatti, mentre come detto in riferimento al lasciapassare sanitario ha usato l’indicativo, parlando del futuro di altre misure – quali l’uso delle mascherine al chiuso e nelle scuole – ha utilizzato il condizionale o comunque ha lasciato intendere che si tratti di mere possibilità, facendo così passare il messaggio che le discussioni a riguardo all’interno dell’esecutivo siano ancora in corso.
È proprio quest’ultimo concetto, invece, che sostanzialmente non emerge dalle dichiarazioni del sottosegretario sul green pass, nei cui confronti sembra che una decisione sia già stata presa dal governo, seppur al momento non votata o presentata in maniera ufficiale. Si tratta, però, di un modus operandi tutt’altro che irrilevante, dato che una mancata abolizione di tale strumento potrebbe in futuro determinare nuovamente l’imposizione di tutta una serie di restrizioni alla vita sociale di chi non è in possesso dello stesso. Inoltre, nel caso in cui tale linea dovesse riguardare non solo il green pass base ma anche quello rafforzato, vi sarebbe evidentemente la possibilità che quest’ultimo in futuro diventi di nuovo essenziale per svolgere le più disparate attività, il che renderebbe ancora una volta indirettamente obbligatoria la vaccinazione anti Covid. Magari in vista della quarta dose, che fino ad oggi è stata contraddistinta da un vero flop di adesioni anche nelle fasce di popolazione che già potrebbero accedervi (anziani sopra gli 80 anni e immunocompromessi) e che, nelle intenzioni del ministero della Sanità, pare destinata ad essere raccomandata a tutti i cittadini italiani in vista del prossimo autunno.
[di Raffaele De Luca]









