lunedì 20 Ottobre 2025
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Le strambe manovre per un nuovo “grande centro”

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Esiste un sogno politico chiamato “grande centro” che, nel nostro Paese, torna ciclicamente alla ribalta. Successe già all’inizio dello scorso decennio, all’indomani del definitivo sgretolamento del bipolarismo che vedeva come protagonisti Berlusconi e il blocco del centro-sinistra: terminato il suo mandato come Primo Ministro, potendo contare sull’appoggio di Futuro e Libertà per l’Italia di Gianfranco Fini (reduce dalla scissione dal PDL) e dell’UDC di Pier Ferdinando Casini, l’ex banchiere Mario Monti si fece carico di ricostituire e guidare una forza politica alternativa alla destra, alla sinistra e al ‘populismo post-ideologico’ del neonato Movimento 5 Stelle. Il risultato alle elezioni del 2013? Un misero 10%, segno che la battaglia politica, per gli anni a venire, si sarebbe giocata su altri piani: in particolare, l’emersione delle forze anti-establishment (vedasi il risultato delle elezioni del 2018) e la ‘radicalizzazione’ del centro-destra resero vano ogni sforzo “moderato”.

Eppure, in seguito alla nascita dell’Esecutivo di Mario Draghi e, in particolare, dopo la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, effetto della “sistematizzazione” almeno parziale delle  forze politiche al Governo, i centristi sembrano volere concretamente rimettere mano al progetto lasciato a metà. A rompere gli indugi sono stati, per primi, il leader di Italia Viva Matteo Renzi e il fondatore di Coraggio Italia Giovanni Toti, i quali hanno dato il via libera alla federazione “Italia al Centro”, con l’obiettivo di agglomerare sotto tale sigla la galassia dei partiti moderati. I sondaggi, infatti, sono per loro impietosi e il rischio di non ottenere i numeri per entrare in Parlamento alle prossime elezioni è estremamente concreto.

La cornice delle prospettive politiche di Renzi & Co. è stata ben delineata dallo stesso ex Premier mercoledì 9 febbraio a Porta a Porta su Rai 1: «Io vorrei costruire un’area che sia contro il sovranismo di destra e contro i populisti-massimalisti», un’area in cui «se il PD ci vuole stare, è un film, se il PD non ci vuole stare, è un altro film». Infatti, ha dichiarato Renzi, «Negli ultimi anni non ho più giocato da centravanti, ma in mezzo al campo, ruolo con cui ho dato una mano affinché arrivasse Draghi al posto di Conte e perché ci fosse Mattarella. Il mondo di Toti, come pure di Carfagna, Gelmini, dei sindaci riformisti del PD, di Beppe Sala, c’è». Il commento del coordinatore nazionale di Forza Italia ed Eurodeputato del Partito Popolare Europeo Antonio Tajani è stato affidato ad una nota stampa: «Non esiste la possibilità, con il sistema elettorale attuale, di dar vita a un centro diverso dal centrodestra. Il centro del centrodestra occupa uno spazio politico che è quello dell’area moderata che fa riferimento alla famiglia del Partito popolare europeo. In questo momento Italia Viva fa parte dell’altra metà della mela, è un partito del centrosinistra. Se vorrà cambiare posizione, ne parleremo, ma adesso è un partito del centrosinistra con cui si può collaborare su alcune tematiche importanti. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo». Una reazione tiepida, ma che, in attesa di capire come il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi deciderà di muoversi, non manifesta certo una chiusura incondizionata.

Peraltro, ad aprire ufficialmente l’ennesima stagione della “corsa al centro” era stato, nell’ottobre dello scorso anno, proprio lo ‘sposalizio’ tra Forza Italia ed Italia Viva in Sicilia, con la nascita di un intergruppo tra le due forze politiche in consiglio regionale annunciata dal Presidente dell’ARS Gianfranco Micciché. Candidato da Forza Italia come nuovo governatore della Sicilia alle elezioni regionali del prossimo autunno, Micciché ha ottenuto il plauso di Davide Faraone, il ‘renziano di ferro’ in corsa per aggiudicarsi la poltrona di sindaco di Palermo alle Amministrative che si terranno tra una manciata di settimane: «Gianfranco Micciché sta dimostrando di avere coraggio. È tempo di passare dalle chiacchiere ai fatti: chi parla di campo largo e di ‘modello Draghi’ deve avere gli attributi per attuarli. Gianfranco sta dimostrando di averli». Dichiarazioni colme, tra le righe, di amorevoli intenti.

In ogni caso, il più grosso problema per il progetto politico di centro a cui si lavora a livello nazionale resta quello dei voti. Voti che, ancora più di dieci anni fa, mancano, così come manca una leadership forte in grado di attrarli. Ed ecco che i sognatori del “mondo di mezzo” si appellano al Premier Mario Draghi perché accetti di offrire un volto credibile all’accozzaglia centrista. «Sarò il federatore di forze di centro alle prossime elezioni? Rispondo in maniera totalmente chiara: lo escludo», ha però affermato Draghi in conferenza stampa venerdì 11 febbraio, reagendo in maniera piccata alle proposte dei «tanti politici«» che lo hanno candidato «in tanti posti in giro per il mondo»: «Io li ringrazio moltissimo, ma vorrei rassicurarli che, se dopo quest’esperienza decidessi di lavorare, un lavoro me lo trovo anche da solo». Evidentemente, la mancata elezione a nuovo Presidente della Repubblica è stata mal digerita dall’ex Presidente della BCE.  Intanto, il centro politico italiano di cui tutti parlano, nei cui ranghi fioccano politici ma alla cui base mancano elettori, resta ad oggi pura immaginazione.

[di Stefano Baudino]

Dyson, dipendenti denunciano lavoro forzato in fabbrica malese

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In Inghilterra alcuni lavoratori del Nepal e del Bangladesh hanno fatto causa a Dyson, nota azienda produttrice di elettrodomestici, per le condizioni di lavoro forzato cui sarebbero stati sottoposti in una delle fabbriche fornitrici in Malesia. Ne dà notizia Human Rights Watch. Dyson avrebbe rigettato le accuse, sostenendo di essere attiva nella prevenzione del fenomeno conducendo audit aziendali interni ed esterni, strumenti tuttavia da tempo giudicati insufficienti dai difensori dei diritti umani.

Neuralink, morte 15 delle 23 scimmie in sperimentazione di Elon Musk

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Le sperimentazioni per la startup biotecnologica di Elon Musk, Neuralink, avrebbero portato alla morte di 15 delle 23 scimmie utilizzate. A denunciare il fatto il Physicians Committee for Responsible Medicine (PCRM), organizzazione internazionale senza scopo di lucro, che ha presentato una denuncia contro l’Università della California per violazioni della legge federale sul benessere degli animali. L’Università avrebbe infatti ricevuto 1,4 milioni di dollari da Musk per condurre gli esperimenti. Da quanto rilevato, le scimmie sarebbero state sottoposte a indicibili sofferenze con metodologie di sperimentazione non conformi alle normative.

Afghanistan, rilasciate le quattro attiviste scomparse

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Le autorità afghane avrebbero rilasciato le quattro attiviste per i diritti delle donne che erano scomparse insieme ai loro familiari a gennaio. Lo riporta un tweet di UNAMA, la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan. Le attiviste avevano manifestato per chiedere il rispetto del diritto all’istruzione e al lavoro delle donne in Afghanistan. Inizialmente, i talebani avevano fermamente negato qualsiasi tipo di coinvolgimento nella loro scomparsa o nel loro arresto.

Túmin: la moneta alternativa delle comunità indigene del Messico

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Comunita' indigene

Il Túmin e’ una moneta alternativa che ha iniziato a circolare nello Stato messicano di Veracruz nel 2010. Delle dimensioni di una carta di credito, le banconote di Túmin hanno un valore nominale che può equivalere ad un peso messicano, un dollaro oppure ad un minuto di lavoro. Questo fa sì che questa moneta possa venir utilizzata sia come unità di cambio che come vera e propria valuta. Dai colori accesi e vivaci, diversi in base agli Stati in cui vengono stampate, le banconote di Túmin possono avere un valore nominale di 1,5,10 e 20.

Questa moneta alternativa la si può trovare in 24 dei 32 stati del Paese e, secondo le stime, sono circa 2500 a livello nazionale i piccoli artigiani e i commercianti che ad oggi la utilizzano regolarmente nelle loro attività. Una forte spinta all’utilizzo di questa valuta alternativa è arrivato proprio dalla pandemia. In Messico, come in tante altre parti del mondo, le restrizioni causate dal COVID-19 hanno portato inflazione e insicurezza economica. Le comunità indigene, le più povere in Messico, sono state particolarmente colpite dalla contrazione dell’economia e hanno quindi iniziato ad utilizzare sempre più frequentemente il Túmin.

Cosa ha favorito la crescita nell’utilizzo del Túmin?

Diversi fattori hanno favorito la crescita dell’utilizzo di questa valuta alternativa. Essendo una valuta non riconosciuta dallo stato messicano, il Túmin non viene accettato dalle grandi aziende, incoraggiando quindi i consumatori ad acquistare dai piccoli produttori locali. Dato che anche le banche non accettano il Túmin, che quindi non può generare interessi, la gente viene di fatto incentivata a farla circolare piuttosto che accumularla. Inoltre la circolazione di questa valuta, con cui è possibile pagare in toto o in parte prodotti alimentari, rende la valuta ufficiale -il peso messicano- depotenziata, rendendo quindi le fasce più povere della popolazione meno legate alla necessità di avere denaro. Anche la solidarietà è stata uno dei principali fattori che hanno portato alla crescita dell’utilizzo del Túmin. I Tuministi (quelli che accettano questa moneta) solitamente tendono a vendere i loro prodotti a prezzi più bassi alle persone che pagano in Túmin, rispetto a quelli che pagano in pesos.

La risposta dello Stato messicano al Túmin

I creatori di questa valuta, nata anche come presa di posizione contro il capitalismo selvaggio che affligge oramai ogni parte del mondo, hanno presto incontrato l’opposizione da parte delle istituzioni. La Banca Centrale del Messico si è infatti subito opposta al Túmin dichiarandola illegittima, dato che solo lo Stato può avere il monopolio e il diritto di stampare moneta. Alla presa di posizione dello stato messicano hanno risposto i Tuministi, sostenendo che la Costituzione garantisse alle comunità indigene l’autonomia per la gestione della loro economia. Inoltre, sempre secondo gli attivisti, il Túmin non era nato con lo scopo di sostituire completamente il peso, ma solo di limitarne l’utilizzo.
Secondo l’attivista Juan Castro infatti “utilizzando il Túmin smetti di essere un cliente e diventi un partner del sistema economico, quando ciò accade l’intera dinamica capitalista crolla”.

Senza dubbio la principale causa che rende il Túmin una minaccia per lo Stato messicano è il fatto che dalle transazioni fatte con questa valuta alternativa non si possono riscuotere tasse. In un’intervista al quotidiano messicano el Proceso, Castro ha infatti ribadito che “Questo progetto non può ripetere gli schemi del capitalismo; non è una moneta per trarre profitto, né per speculare. Non è fatta per generare ricchezza o creare povertà: è una moneta che sostiene le persone, ma non risolve tutto”.

[di Enrico Phelipon]

Coronavirus, Norvegia verso l’eliminazione di tutte le restrizioni

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Il governo norvegese ha annunciato di avere intenzione di eliminare tutte le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19. Non sarà quindi più obbligatorio indossare la mascherina nei luoghi pubblici, come negozi e trasporti, i ristoranti potranno riprendere a lavorare a pieno regime e scuole asili torneranno a funzionare normalmente. Le mascherine rimarranno fortemente raccomandate nei luoghi nei quali non si possa mantenere il distanziamento e per le persone non vaccinate. Inoltre l’isolamento in caso di positività al coronavirus non sarà più obbligatorio, ma solo fortemente raccomandato.

Come leggere i claims nutrizionali presenti sui cibi

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Claim è una parola inglese che deriva dal verbo to claim: vantare, reclamare. Insomma, è lo slogan pubblicitario di un prodotto. Direttamente dal sito web del Ministero della Salute italiano leggiamo che: “Il Regolamento europeo 1924/2006 stabilisce le regole per l’utilizzo delle indicazioni nutrizionali e di salute (CLAIMS) che possono essere proposte sulle etichette degli alimenti e/o con la pubblicità. Lo scopo del regolamento è quello di proteggere la salute dei consumatori e renderli più consapevoli delle scelte attraverso la corretta informazione.”
E dal Regolamento europeo 1924/2006 leg...

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India: negozi di grandi multinazionali chiusi per tweet sostegno al Kashmir

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Nello stato del Gujarat, in India, i negozi di proprietà di grandi multinazionali quali Kia, Hyundai, KFC, Pizza Hut, Suzuki e Honda sono stati costretti alla chiusura dai gruppi indù, dopo che le loro filiali in Pakistan hanno emesso tweet di sostegno al Kashmir, la regione contesa tra i due Paesi. Molte delle aziende hanno risposto con messaggi di scuse: nel caso della sudcoreana Hyundai, il secondo più grande venditore di auto in India, si è innescato un vero e proprio incidente diplomatico, e i due Paesi hanno invitato i rispettivi diplomatici e ministri degli Esteri per discutere dell’accaduto.

Edelman Trust: il rapporto globale che mette a nudo l’informazione mainstream

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Che i mezzi di comunicazione considerati “tradizionali” – i cosiddetti media mainstream – più che strumenti d’informazione atti a veicolare l’oggettività dei fatti siano in realtà i più potenti strumenti per plasmare velatamente l’opinione pubblica alterando e mistificando le notizie, è noto da sempre ad una ristretta cerchia di intellettuali, studiosi e professionisti della comunicazione. Tuttavia, tale consapevolezza si sta lentamente, ma inesorabilmente affermando anche tra le “masse” della civiltà industriale, consumistica e globalizzata dell’era contemporanea. Lo confermano numerosi studi e statistiche, tra cui il recente sondaggio “Edelman Trust Barometer 2022” condotto da Edelman, la più grande società di consulenza in comunicazione e relazioni pubbliche a livello globale: secondo i dati della ricerca – ottenuti intervistando più di 36000 persone in 28 Paesi del mondo, Italia inclusa – circa un intervistato su due ritiene che il governo (48%) e i media (46%) rappresentino delle forze divisive nella società. Similmente, il 76% è convinto che la diffusione di notizie false abbia attualmente raggiunto il suo apice e venga usata come “arma”, mentre più del 60% pensa che giornalisti e reporter (67%) così come i governi (66%) mentano apertamente alla popolazione. Uno scenario che evidenzia una crisi di fiducia strutturale verso le istituzioni e i canali di informazione “ufficiali” da tempo latente e portata in superficie dalle ormai continue destabilizzazioni socioeconomiche, provocate da una condizione emergenziale semi permanente.

In realtà, la volontà di manipolare l’opinione pubblica, attraverso una propaganda abilmente dissimulata dietro al velo dell’informazione seria e professionale, non è una tendenza recente, ma è anzi connaturata al sistema moderno di comunicazione di massa e ha come obiettivo la creazione del consenso. Edward Bernays (1891 – 1995), primo spin doctor della storia e conoscitore della psicologia dell’inconscio teorizzata dallo zio Sigmund Freud, nel suo libro “Propaganda” (1928), con riferimento alle tecniche per condizionare le masse, scrisse che “Coloro che hanno in mano questo meccanismo […] costituiscono […] il vero potere esecutivo del Paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. […] Sono loro che manovrano i fili”. In altri termini, un’informazione intenzionalmente alterata che si serve spesso di slogan svolge nelle società liberal-democratiche occidentali la stessa funzione che la coercizione svolgeva e svolge tuttora negli stati totalitari, solo in un modo più “morbido”, in quanto subdolo e difficilmente percepibile. Per questo, il politologo e filosofo americano Noam Chomsky, che si è occupato approfonditamente di media e comunicazione, ritiene che “la propaganda è per la democrazia quello che il randello è per lo stato totalitario”.

Questo meccanismo è stato reso possibile applicando al mondo dei media la logica del profitto illimitato propria del sistema capitalistico, agevolando la concentrazione dei media nelle mani della grande finanza e di pochi uomini ultramiliardari che possono così diffondere indisturbati tutto ciò che avvalora la forma mentis dell’impostazione liberista, atlantista e progressista sostenuta dalle oligarchie liberali occidentali.

Il presunto “filantropo” Bill Gates, ad esempio, ha finanziato decine di mass media in tutto il mondo, insieme ad associazioni giornalistiche e istituzioni accademiche, proprio con l’intento di uniformare e livellare il pensiero della collettività secondo i desiderata della plutocrazia internazionale.

Anche in Italia, i principali mezzi di informazione sono posseduti dalle famiglie più influenti del mondo finanziario e industriale. Ad esempio, il Gruppo Editoriale Gedi è posseduto dalla famiglia Agnelli-Elkann ed è uno dei più importanti gruppi editoriali italiani, operanti in tutti i settori della comunicazione. Di conseguenza, ciò spinge queste realtà ad assecondare e promuovere la narrazione più funzionale ai loro interessi economici, geopolitici e di potere, secondo il tipico schema del “conflitto d’interesse”.

Tutto ciò sta alla base della crisi di fiducia generalizzata rilevata dal sondaggio di Edelman, in quanto è sempre più percepibile la volontà di alterare la realtà e influenzare le menti. Motivo per cui un numero crescente di persone si sta rivolgendo alla rete e a realtà editoriali più piccole e indipendenti, verso cui nutre più fiducia rispetto ai canali di informazione tradizionali. Segno incoraggiante del fatto che molti si sono messi sulle orme della “verità”, privilegiando un’informazione quanto più possibile oggettiva e imparziale.

[di Giorgia Audiello]

Parigi, polizia spara lacrimogeni contro manifestanti del Freedom Convoy

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Nel pomeriggio di oggi a Parigi la polizia ha usato i lacrimogeni per fermare l’avanzata di un gruppo di manifestanti che, ispirandosi al Freedom Convoy canadese, hanno marciato sugli Champs-Élysées. All’incirca 7000 agenti sono stati schierati nella capitale per fermare le proteste di questo fine settimana e numerosi blocchi stradali sono stati istituiti sulle principali arterie del traffico parigino, con l’intento di bloccare i veicoli dei manifestanti diretti verso il centro. Sono stati dispiegati anche veicoli corazzati e per il trasporto di idranti. I manifestanti chiedono l’abolizione del pass vaccinale, al momento necessario in Francia per accedere a un gran numero di luoghi pubblici.