Le delegazioni russa e ucraina hanno svolto un nuovo round di colloqui di pace a Istanbul, in seguito al quale Mosca ha assicurato che «ridurrà sostanzialmente» le operazioni offensive a Kiev e Chernihiv per aumentare la «fiducia» tra le parti in vista di ulteriori discussioni volte a trovare un intesa per il cessate il fuoco. Secondo quanto riportato dalle fonti diplomatiche, Kiev avrebbe offerto la propria neutralità militare in cambio di garanzie di sicurezza, mantenendo come punto fermo la possibilità di adesione all'Unione Europea. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha tut...
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Nel pomeriggio di ieri, 29 marzo, la FDA (Agenzia del farmaco statunitense) ha approvato la quarta dose vaccinale per tutti i cittadini americani maggiori di 50 anni. La Fda ha stabilito che la “seconda dose di richiamo” dovrà essere somministrata almeno 4 mesi dopo aver ricevuto il primo booster. I richiami verranno effettuati con i vaccini a mRna. La quarta dose è stata approvata anche per i maggiori di anni 12 che “abbiano subito un trapianto di organi solidi, o che convivono con condizioni che sono considerate avere un livello equivalente di immunocompromissione”. Tra i 12 e i 18 anni si utilizzeranno solo i vaccini Pfizer. Per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza della quarta dose il comunicato della FDA si limita a poche righe piuttosto avare di dettagli: “Le prove emergenti suggeriscono che una seconda dose di richiamo di un vaccino Covid-19 mRNA migliora la protezione contro forme gravi di Covid-19 e non è associata a nuovi problemi di sicurezza”.
Il documento della FDA riporta che l’efficacia del secondo booster è stata verificata in uno studio clinico ancora in corso e non randomizzato condotto in Israele, al quale hanno preso parte 274 individui in tutto: 154 sottoposti a Pfizer e 120 a Moderna. All’FDA tanto è bastato per certificare che “tra questi individui, sono stati riportati aumenti dei livelli di anticorpi neutralizzanti contro il virus SARS-CoV-2, comprese le varianti delta e omicron”. Per quanto concerne la sicurezza, il documento specifica che dati forniti dal Ministero della Salute di Israele, basati sulla somministrazione di circa 700.000 quarte dosi del vaccino Pfizer-BioNTech a maggiori di 18 anni “non hanno rivelato nuovi problemi di sicurezza”. Per quanto riguarda Moderna, invece, si specifica che la sicurezza è stata verificata tramite uno studio indipendente su appena 120 persone, sempre maggiori di 18 anni. Il documento della FDA non fornisce richiami o link agli studi citati, rendendone di fatto impossibile la verifica. Interessante notare come tutti gli studi siano stati condotti su maggiori di 18 anni, ma l’autorizzazione della FDA riguardi i maggiori di anni 12.
L’approvazione del secondo booster negli USA è stata notificata attorno alle 15 ora italiana. Nemmeno un’ora dopo la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, ha dichiarato che anche in Europa «vaccinazioni e richiami devono continuare», mentre Il Consiglio Ue ha chiesto alla Commissione europea un parere, al più tardi per la prossima settimana, su una posizione coordinata su una apertura ad una quarta dose di vaccino covid ai più fragili. È quindi piuttosto probabile che a breve la quarta dose sarà approvata anche per i cittadini europei.
Ieri sera un uomo in motocicletta ha esploso colpi di arma da fuoco contro i passanti a Brei Brak, città ortodossa vicino a Tel Aviv. L’uomo è riuscito ad uccidere quattro persone e ferire gravemente un’agente prima di essere ucciso a sua volta dalla polizia. Secondo le autorità israeliane l’attentatore era un palestinese di 27 anni, in passato già detenuto per terrorismo. Messaggi di rivendicazione sono stati diffusi dai movimenti palestinesi Hamas e Jihad islamica. È il terzo attacco in Israele nell’arco di una settimana.
Un uomo paralizzato di 36 anni è riuscito a comunicare grazie a un impianto cerebrale che gli ha permesso di esprimere i propri pensieri. Il paziente, affetto da una grave malattia neurodegenerativa, nonostante la completa paralisi causata dalla malattia, è riuscito persino a comunicare con suo figlio. Se infatti l’uomo, affetto da sclerosi laterale amiotrofica più comunemente conosciuta come SLA, inizialmente riusciva a comunicare grazie a un sistema di tracciamento oculare che legge il movimento degli occhi, successivamente ha perso anche la capacità di direzionare lo sguardo.
La SLA è una malattia per la quale non c’è cura e che in pochi anni dai primi sintomi, apporta danni irreversibili ai neuroni che controllano i muscoli volontari, rendendo il malato progressivamente prigioniero del suo corpo. La paralisi interessa gli arti e, nelle fasi più avanzate, gli occhi, mentre spesso non colpisce l’apparato uditivo. Il paziente può quindi sentire ciò che avviene intorno, ma non ha modo di reagire e di esprimere quello che pensa. Difatti, fino a quando chi è affetto da SLA mantiene una minima capacità di muovere gli occhi o un dito di un arto, è possibile creare un’interazione tramite l’uso di pannelli con numeri e lettere per la composizione di parole. Ma se la malattia è agli stadi avanzati, questo non è possibile.
Come in questo caso. Dopo che la paralisi ha colpito anche gli occhi, il team di ricercatori ha deciso di sottoporre l’uomo a un delicato intervento chirurgico, per impiantare nella sua corteccia motoria due array di microelettrodi. Nella prima fase della ricerca gli è stato chiesto di immaginare di muovere alcune parti del corpo, al fine di verificare se i pensieri si traducessero in qualche segnale rilevabile dal computer collegato agli elettrodi. L’interfaccia neurale, però, non è stato in grado di captare alcun input. Pertanto, dopo circa tre mesi dall’intervento, gli esperti hanno deciso di provare un approccio differente basato sul neurofeedback uditivo, una tecnica che permette al soggetto di modulare attivamente la propria attività cerebrale. Al paziente affetto da SLA è stato proposto un tono e poi chiesto di provare a riprodurlo – partendo da un tono diverso -, con la modulazione del pensiero. Il suono cambiava a seconda degli impulsi provenienti dai due elettrodi. Quando il paziente è riuscito a riprodurre esattamente il tono a lui chiesto, immaginando di muovere gli occhi, è stato poi in grado di controllare – e quindi aumentare o diminuire – la propria attività neurale per ottenere due diverse tonalità, un tono più alto per il “sì” e un tono più basso per il “no”.
In un anno circa di sperimentazione, il soggetto è riuscito a incrementare questa capacità, arrivando a comporre parole e frasi. Gli esperti hanno raggruppato le lettere dell’alfabeto in cinque gruppi corrispondenti a cinque colori differenti. Una voce sintetica al computer ha elencato i colori e il paziente ha risposto “sì” o “no”, in base al gruppo a cui faceva parte la lettera che voleva utilizzare. Successivamente la voce ha elencato la sezione lettere del gruppo indicato dall’uomo, permettendogli di scegliere velocemente la lettera desiderata per comporre la parola. In questo modo, il paziente è riuscito a esprimere richieste sulla musica da ascoltare e indirizzare un affettuoso messaggio al figlio: «Voglio bene a quel figo di mio figlio».
Nonostante il sistema non sia ancora disponibile al di fuori della ricerca clinica, i risultati fanno sperare. Non è la prima volta, infatti, che vengono utilizzate interfacce neurali su pazienti con sindrome locked-in (condizione nella quale il soggetto è cosciente e sveglio, ma non può muoversi/comunicare a causa della completa paralisi dei muscoli volontari del corpo), tuttavia non si era ancora riusciti a farlo in uno stato di paralisi completa in cui non si possiede nemmeno il controllo del movimento degli occhi. La riuscita dell’esperimento medico, quindi, confuta la teoria scientifica secondo cui una volta perso completamente il controllo sul movimento fisico, si perderebbe anche la capacità del cervello di generare comandi per la comunicazione.
10.45 – L’Antitrust italiana multa per 1,2 mln la compagnia telefonica Iliad per offerte ingannevoli.
11.15 – Mario Draghi a Napoli: contestazione da centinaia di persone contrarie all’aumento delle spese militari.
11.30 – Mosca espelle i diplomatici di Lettonia, Estonia e Lituania dopo misura analoga presa dagli stati baltici.
12.00 – India: secondo giorno di sciopero generale contro le politiche economiche del governo.
14.00 – L’Ucraina annuncia di essere disposta a neutralità, senza rinunciare a integrità territoriale e adesione all’Ue. Mosca conferma passi avanti. Domani nuovo round negoziale.
16.00 – Il presidente del Consiglio Mario Draghi firma il Dpcm per la protezione dei profughi ucraini.
16.40 – La Commissione Esteri e Difesa del Senato approva senza votazione ODG per aumento spese militari al 2% del Pil.
16.45 – L’agenzia del fermaco Usa (FDA) autorizza la quarta dose vaccinale anti-Covid per i maggiori di 50 anni e gli over 12 immunocompromessi.
17.20 – Anche in Europa «vaccinazioni e booster devono continuare», lo ha detto la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides.
17.50 – Il Belgio espelle 21 diplomatici russi accusati di “minacciare la sicurezza del Paese”.
20.35 – Israele, attacco vicino a Tel Aviv: uccise 5 persone. Secondo le autorità l’autore (a sua volta ucciso) era un terrorista palestinese.
La Food and Drug Administration (Fda), l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici, ha autorizzato la quarta dose – denominata “seconda dose di richiamo” – del vaccino anti Covid Pfizer-BioNtech o Moderna per gli over 50. Oltre a ciò l’ente americano ha altresì dato il via libera alla quarta dose per le persone con “determinati tipi di immunocompromissione”, ossia quelle che hanno avuto un trapianto o che comunque si trovano in condizioni simili: nello specifico, è stata autorizzata la quarta dose del vaccino Pfizer-BioNtech per gli over 12 immunocompromessi, mentre per gli over 18 quella del vaccino Moderna. La Fda, infine, ha stabilito che in ogni caso ci si potrà sottoporre alla “seconda dose di richiamo” almeno 4 mesi dopo aver ricevuto la prima.
Il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, ha presentato al Congresso una proposta di bilancio per il 2023 contenente un ampio incremento delle spese militari. Il documento prevede, relativamente alla difesa, un investimento complessivo di 813,3 miliardi di dollari, 60 in più rispetto alla richiesta avanzata da Biden per il 2022. Tra questi, 4,1 miliardi saranno destinati (previo consenso del Congresso) “alla conduzione di ricerche e allo sviluppo delle capacità di difesa”, quasi 5 miliardi verranno impiegati per “un sistema di allerta missilistica capace di individuare minacce globali” e circa 2 miliardi per un “intercettore di difesa missilistica, in grado di proteggere gli Usa dalla minaccia di missili balistici provenienti dalla Corea del Nord e dall’Iran”. Dal 2018 al 2020 l’investimento in armamenti degli Stati Uniti è passato dal 3,32% al 3,74% del Prodotto Interno Lordo, arrivando a circa 778 miliardi di dollari. Nel 2020 la Russia ha dedicato al settore il 4,6% del proprio PIL (+0,9% rispetto al 2018), con una spesa di 61 miliardi di dollari, 13 volte minore di quella statunitense.
Spesa militare/PIL Usa: passaggio dal 2018 (3,3%) al 2020 (3,7%), YouTrend
In termini assoluti, nel 2020 sono stati spesi nel mondo 1.900 miliardi di dollari (pari a circa 1.700 miliardi di euro) per la difesa. I paesi della NATO, condotti dagli Stati Uniti, hanno coperto circa il 60% della domanda aggregata (1.09 mila miliardi di dollari). Il restante 40% è stato soddisfatto dalla Cina, che nel 2020 ha investito in spese militari oltre 250 miliardi di dollari, circa 20 in più ai Paesi dell’Unione europea considerati come un’unica entità, il cui investimento si è attestato a 232 miliardi. Seguono poi l’India (72 miliardi), la Russia (61 miliardi) e l’Arabia Saudita (58 miliardi). Più distaccate, ma comunque influenti, le spese nel settore effettuate da Giappone, Corea del Nord e Australia, che hanno investito rispettivamente 49, 46 e 28 miliardi di dollari. Dal 1995, il rapporto tra PIL e spesa militare risulta abbastanza costante, con una media mondiale pari al 2,36% (2020). Analizzando i diversi Paesi sulla base di questo dato è possibile intuire quali siano quelli più propensi a investire parte della propria ricchezza nella difesa e quali preferiscano rivolgere le proprie attenzioni ad altri settori. Nel primo caso, si registra la supremazia del Sultanato dell’Oman che, secondo i dati raccolti nel 2020, ha investito il 10,9% del proprio PIL nella difesa militare. Seguono poi l’Arabia Saudita, con una spesa a fronte del PIL di circa l’8,5%, e l’Algeria, che nel 2020 ha dedicato al settore il 6,7% del proprio Prodotto Interno Lordo. Tra i Paesi che, invece, hanno scelto di destinare agli investimenti militari una quota marginale della propria ricchezza spicca l’Islanda, che nel 2020 ha speso lo 0,1% del proprio PIL nella difesa e si distingue per la mancanza di un esercito dal 1869. Seguono poi l’Irlanda (0,2%) e la Papa Nuova Guinea (0,4%).
Spese militari/PIL, YouTrend
Per quanto riguarda i Paesi NATO, la percentuale del PIL deputata alle spese militari sembra destinata a lievitare nel prossimo futuro, seguendo così la strada tracciata dall’Alleanza nel 2006, quando i ministri della Difesa degli Stati membri raggiunsero un accordo informale circa la quota da dedicare al settore (2% del PIL). A fine febbraio il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato di voler aumentare rapidamente la spesa per la difesa, arrivando dall’attuale 1,53% del PIL alla soglia del 2% attraverso un investimento di 100 miliardi di euro. Questa nuova spesa, sommata all’attuale di circa 50 miliardi, farebbe balzare la Germania alle spalle di Usa e Cina in termini di risorse destinate al settore difensivo. Di recente, anche l’Italia ha mostrato la propria volontà ad allinearsi all’accordo, mai ratificato dal Parlamento, del 2006: il 16 marzo la Camera dei Deputati ha approvato infatti un ordine del giorno (O.d.G.) relativo al cosiddetto “Decreto Ucraina”, impegnando il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa dall’attuale 1,4% del PIL verso la soglia del 2%. Secondo il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, la direzione presa implicherà un “passaggio graduale” dai circa 25 miliardi di euro l’anno attuali (68 milioni al giorno) destinati al settore ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno).
La Corte costituzionale, tramite una recente sentenza, ha di fatto salvato i proprietari delle case abusive – che sarebbero circa 4.000 – costruite prima del 1985 nella Valle dei Templi, il parco archeologico situato in provincia di Agrigento. Infatti secondo quanto stabilito dalla Corte, che ha rigettato due questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (Cgars), sostanzialmente i proprietari delle abitazioni costruite prima dell’anno appena citato non sarebbero tenuti a pagare sanzioni amministrative non essendo stata, fino ad allora, sottoposta la zona a vincolo paesaggistico. Le sanzioni, si legge in tal senso nella sentenza, sarebbero applicabili solo in caso di “intervento edilizio su un’area già vincolata al momento della realizzazione dell’abuso edilizio”.
La sentenza sembra così aver definito una questione che ha visto ricorrere numerosi agrigentini, proprietari di immobili costruiti in un momento precedente all’entrata in vigore della legge 431/1985 che ha introdotto il vincolo paesaggistico per aver ricevuto sanzioni a causa del presunto danno arrecato al paesaggio in seguito della presentazione dell’istanza di sanatoria edilizia. Per tutti loro, da anni, la Soprintendenza – su indicazione dell’Assessorato ai Beni culturali – chiede infatti il pagamento di una indennità pecuniaria, cui è subordinato il rilascio della sanatoria.
All’epoca però nella zona era in vigore esclusivamente un vincolo archeologico, che non vietava in toto le edificazioni ma le subordinava a una verifica dell’amministrazione competente: certo, la non edificabilità era presente, ma solo in una specifica zona, la zona “A”, ovverosia quella che oggi è parco archeologico. A stabilirlo era stato il cosiddetto decreto Gui – Mancini, con cui nel 1968 era stato imposto il divieto di edificare in quel luogo. Di conseguenza, a quanto pare adesso i proprietari delle case parzialmente abusive delle zone esterne al parco archeologico (B, C, D ed E ) potranno ottenere la sanatoria e regolarizzarle.
Detto questo, non si può tuttavia non sottolineare che appaia quantomeno discutibile il fatto che alcune case abusive costruite nei pressi di uno dei posti più suggestivi del nostro Paese, possano rimanere in piedi senza pagare nemmeno un multa pur deturpando un paesaggio unico: la Valle dei Templi, infatti, non solo è patrimonio dell’Unesco dal 1997, ma contiene una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico conservati in maniera ottimale. Eppure, stando a quanto riportato fino ad ora, quello che è uno dei parchi archeologici più rilevanti al mondo continuerà ad essere circondato da abusi edilizi, che rimarranno impuniti.
Il presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, ha recepito nella giornata odierna la decisione del Consiglio Ue del 4 marzo e ha firmato un Dpcm sulla protezione temporanea e l’assistenza per i profughi provenienti dall’Ucraina. All’interno del provvedimento sono stati delineati i dettagli del permesso di soggiorno destinato ai rifugiati. Esso avrà una validità di un anno, con possibilità di proroga per un massimo di 12 mesi (6+6), e consentirà l’accesso all’assistenza sanitaria, al mercato del lavoro e al diritto allo studio.
Le microplastiche sono ormai ovunque, perfino nel sangue umano. Un gruppo di ricerca dei Paesi Bassi ha per la prima volta dimostrato la presenza di questi minuscoli polimeri industriali in campioni di sangue proveniente da 22 volontari adulti in salute. Dalle analisi è emerso che il 77% (17 donatori) aveva nel proprio sangue una concentrazione quantificabile di frammenti in plastica di dimensioni superiori ai 700 nm. Per le particelle plastiche rinvenute si è osservata, inoltre, una concentrazione media di 1,6 microgrammi su millilitro (µg/ml).
In termini qualitativi, i ricercatori hanno poi evidenziato che la metà dei campioni conteneva plastica PET, comunemente usata nelle bottiglie di bevande, mentre un terzo conteneva polistirene, usato per confezionare alimenti e altri prodotti. Lo studio, sebbene condotto su un piccolo gruppo di campioni, ha mostrato una prima misurazione della componente polimerica della plastica nel sangue umano. Una ricerca pionieristica di biomonitoraggio che evidenzia quanto le microplastiche siano facilmente assorbibili nel nostro flusso sanguigno e, probabilmente, in quello di ogni altra specie animale. «È ora necessario – commentano i ricercatori – comprendere meglio il grado di esposizione a queste sostanze nonché il pericolo ad esso associato».
Insomma, risultati tanto sorprendenti quanto previsti. Difatti, le microplastiche – frammenti derivanti dalla degradazione dei rifiuti polimerici – sono letteralmente già in ogni luogo del Pianeta. Dalle cime dell’Everest al remoto Antartide, passando per mari, foreste e campagne: non c’è più comparto terrestre libero da questo inquinante. Gli effetti di una contaminazione così diffusa su ecosistemi e biodiversità sono in gran parte sconosciuti. Quelli dimostrati, dal momento in cui spaziano da complicazioni riproduttive a problemi cardio-circolatori, non fanno però ben sperare. Se si tratti invece di un problema di salute pubblica è ancora da accertare, quel che è certo è che le microplastiche sono accumulabili nel nostro organismo. Per ribadire il concetto basti pensare, ad esempio, che già due anni fa questi microscopici frammenti in plastica sono stati rinvenuti addirittura nella placenta umana. Il risultato di un ciclo di vita della plastica insostenibile dalla produzione allo smaltimento per cui, ogni anno, almeno 13 milioni di tonnellate di rifiuti plastici finiscono nell’ambiente per poi entrare nella rete alimentare fino alle nostre tavole.
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