Giuseppe Conte è stato confermato presidente del Movimento 5 Stelle con oltre il 94% dei consensi, ovvero 55.618 voti su 59.047 votanti. La votazione si è svolta sulla piattaforma SkyVote, sulla quale sono presenti 130.570 aventi diritto di voto. La consultazione si è svolta dopo che il Tribunale civile di Napoli aveva contestato la validità delle prime elezioni online. Conte aveva dichiarato nei giorni scorsi che in caso di larga fiducia avrebbe voluto gestire il Movimento con una linea non più moderata e senza divisioni interne, per passare un messaggio di forte unità rispetto a temi centrali quali il “no” al riarmo.
Perù, presidente Castillo evita l’impeachment
È riuscito a evitare l’impeachment il presidente peruviano Pedro Castillo, accusato di corruzione e incapacità morale. Il Congresso avrebbe avuto bisogno di 87 voti dei legislatori per procedere, ma ne ha ottenuti solamente 55. Castillo ha negato le accuse di corruzione a lui rivolte, affermando che alcuni gruppi economici starebbero cercando di mettere in piedi un colpo di Stato contro il suo governo. Il voto per l’impeachment ha avuto luogo in un contesto di forti lotte politiche interne al governo tra il neoeletto presidente di sinistra e i gruppi di opposizione di destra.
Lunedì 28 marzo 2022
01.00 – Diffuso video che mostra soldati ucraini gambizzare militari russi disarmati
02.30 – L’Ucraina afferma che le forze russe stanno ritirandosi dai dintorni di Kiev
07.45 – Russia smentisce il ritiro mostrando video di truppe schierate a 40km da Kiev
09.43 – Migranti: in 157 aspettano di sbarcare al largo di Catania
10.35 – Putin ribadisce che dal 31/3 i “paesi ostili” dovranno pagare il gas in rubli
12.00 – L’Ucraina chiede lista di paesi militarmente garanti di indipendenza come presupposto per la pace, anche l’Italia tra di loro
13.15 – Roberto Mancini pronto a continuare alla guida della nazionale italiana di calcio
15.10 – il G7 dichiara illegittima la richiesta russa di pagare il gas in rubli, da Mosca ribattono: «di certo non faremo beneficienza»
16.50 – Il presidente ucraino afferma che il governo italiano è disponibile ad essere “garante militare” della pace in Ucraina
19.00 – Due negoziatori ucraini e l’oligarca russo dissidente Roman Abramovich avrebbero riportato sintomi da avvelenamento dopo i colloqui con la Russia
20.05 – L’ONU nomina un inviato speciale per trattare il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina
Demansionati e lontani dagli studenti: i prof non vaccinati riammessi a scuola da paria
Nonostante il fatto che fino al 15 giugno resterà in vigore l’obbligo vaccinale per il personale scolastico, a partire dal primo aprile i professori non vaccinati potranno rientrare a scuola: lo faranno però da paria, dato che gli verrà comunque impedito di entrare nelle classi per svolgere la propria professione. È quanto si evince dal recente decreto-legge relativo al superamento delle misure di contrasto al Covid, il quale, considerando l’adempimento dell’obbligo vaccinale condizione necessaria per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni, prevede infatti che il dirigente scolastico dovrà “utilizzare il docente inadempiente in attività di supporto all’istituzione scolastica”. Per rifarsi però a tale modus operandi – che, di fatto, impone una disparità di trattamento tra i docenti vaccinati e quelli non vaccinati – lo Stato metterà a disposizione una notevole quantità di denaro. Il decreto, in tal senso, stanzia quasi 30 milioni di euro per far fronte alla sostituzione dei docenti non vaccinati: al loro posto infatti dovranno essere assunti nuovi docenti – dal primo aprile e fino al termine delle lezioni dell’anno scolastico 2021/2022 – mediante un contratto a tempo determinato, che si risolverebbe automaticamente nel momento in cui i soggetti sostituiti riacquistassero il diritto di svolgere l’attività didattica adempiendo all’obbligo vaccinale.
Dunque, il governo ha deciso di reintegrare gli insegnanti alle condizioni sopracitate ed allo stesso tempo di spendere quasi 30 milioni di euro per assumere temporaneamente altri docenti: una scelta che appare alquanto irrazionale oltre che non basata sulle evidenze scientifiche. Infatti, secondo quanto emerso da alcuni studi, anche i vaccinati possono contagiare e contagiarsi. A ciò si aggiunga che i professori non vaccinati dovranno sottoporsi al tampone, dimostrando di essere negativi al virus, per andare a lavoro, ma che nonostante questo non potranno essere a contatto con gli studenti a differenza degli insegnanti vaccinati. Alla base del provvedimento del governo, che tra l’altro costerà soldi pubblici, vi è quindi un vero e proprio nonsenso scientifico.
Non si possono non citare, poi, le parole del sottosegretario all’istruzione Rossano Sasso, che ha contestato fortemente questo modus operandi giudicandola di fatto illegittima. «Un docente viene sospeso quando compie un illecito penale o disciplinare, ma la mancata vaccinazione non rientra in nessuno dei due casi» – ha affermato Sasso durante il programma “The Breakfast Club” su Radio Capital – aggiungendo altresì che «se ripresi in servizio i docenti non possono essere demansionati» e che «bisognerebbe mantenere almeno un minimo di serietà». «Non possiamo pagare due volte per lo stesso servizio» ha inoltre dichiarato il sottosegretario in riferimento ai quasi 30 milioni di euro necessari per sostituire i docenti non vaccinati, specificando che tra l’altro si avrebbe a che fare con «numeri risicati» essendo «circa 3500» gli insegnanti non vaccinati.
Detto ciò, c’è tuttavia anche chi non contesta la disparità di trattamento bensì il fatto che i docenti non vaccinati vengano riammessi a scuola. Il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, ha in tal senso dichiarato che sia «molto difficile, a scuola, stabilire quali siano le mansioni non a contatto con i ragazzi» dato che «gli stessi impiegati di segreteria e i bidelli entrano a contatto con gli alunni», ed è per questo che ai non vaccinati verrebbe «pagato lo stipendio per non lavorare, dando mansioni sostanzialmente inesistenti». Insomma, vi sono anche critiche contro i docenti non vaccinati nonostante essi, dopo essere stati allontanati dalla scuola per mesi, verranno riammessi sostanzialmente da paria in quanto privati del diritto ad insegnare.
[di Raffaele De Luca]
G7, chiedere il pagamento in rubli per il gas russo è “inaccettabile”
Nei giorni scorsi Vladimir Putin ha deciso di modificare la valuta di pagamento delle forniture di gas ai Paesi dell’Unione europea e a tutti quelli che hanno introdotto misure restrittive nei confronti di Mosca, passando al rublo. Sulla richiesta si sono espressi oggi i Paesi del G7, definendola inaccettabile. La misura non fa altro che «dimostrare quanto Putin abbia le spalle al muro», ha detto il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck in una dichiarazione. «Tutti i ministri del G7 sono concordi nel considerare la richiesta come una chiara violazione unilaterale dei contratti esistenti. Il che significa che un pagamento in rubli non è accettabile», ha infine aggiunto.
Mosca lavora alla restrizione dei visti per i cittadini dei Paesi ostili
Il ministro degli Esteri russo, Sergej Viktorovič Lavrov, ha dichiarato che le autorità di Mosca stanno lavorando a «misure per limitare la concessione di visti per la Russia ai cittadini dei Paesi coinvolti in attività ostili», condotte in seguito all’invasione dell’Ucraina. Il decreto in lavorazione introdurrà dunque «una serie di restrizioni per l’entrata nel territorio russo». La decisione del Cremlino rientra nella serie di “contromisure” adottate in risposta alle sanzioni mosse nelle ultime settimane dai “Paesi ostili”, tra cui anche l’Italia.
Direttiva Bolkestein: il governo decide il futuro delle spiagge e dei porti italiani
In Italia l’applicazione della direttiva Bolkestein sta raggiungendo le battute finali. Domani 29 marzo la X commissione del Senato esaminerà gli oltre mille emendamenti presentati al disegno di legge sulla concorrenza, tra cui emerge la proposta per riassegnare le concessioni demaniali marittime avanzata dal Consiglio dei Ministri, in recepimento alla direttiva Bolkestein del 2006. Nonostante la ratifica avvenuta nel 2010, gli esecutivi italiani sono stati restii ad applicare la norma europea, così come dimostra l’estensione delle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2033 disposta dal governo Conte I. Tra il 2020 e il 2021 si è registrato però un cambio di rotta, in termini di politica interna ed esterna. Nel dicembre del 2020 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora relativa al rinnovo automatico delle concessioni balneari, minacciando di ricorrere alla procedura d’infrazione nel caso di ulteriore disallineamento alla direttiva da parte delle istituzioni italiane. Circa un anno dopo il Consiglio di Stato, organo ausiliare del Governo, ha annullato la validità della proroga al 2033 e imposto le gare entro due anni.
La direttiva Bolkestein ruota intorno al tema della liberalizzazione delle concessioni balneari, obbligando dunque gli Stati a indire nuovi bandi pubblici per le loro assegnazioni. Se da un lato, l’applicazione della direttiva europea potrebbe portare a un allineamento tra canoni attuali riscossi dallo Stato e valori degli stabilimenti balneari, dall’altro si rischierebbe una massiccia privatizzazione a favore di grandi imprenditori, fondi finanziari o multinazionali contro i quali gli attuali gestori (circa 30.000), spesso famiglie che hanno investito i propri risparmi per avviare e condurre le attività, avrebbero ben poche possibilità di concorrere nelle gare di appalto. Un esempio di ciò che potrebbe rappresentare l’attuazione della direttiva europea è avvenuto lo scorso gennaio, quando la multinazionale RedBull ha rilevato circa 120.000 metri quadri di litorale nel golfo di Trieste in cambio di 9 milioni di euro, con l’obiettivo di trasformare l’Isola dei Bagni a Marina Nova nel nuovo regno della vela e della nautica brandizzati Red Bull. Tra le diverse proposte contenute nell’emendamento al ddl Concorrenza, avanzato dal Consiglio dei Ministri per allineare l’Italia all’Unione europea, figura la decisione di assegnare le concessioni tramite gare pubbliche a partire dal 2024, tenendo conto “degli imprenditori che nei cinque anni precedenti hanno utilizzato lo stabilimento come principale fonte di reddito” e cercando di equilibrare le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate, una condizione che, relativamente alle spiagge, non si verifica in diversi comuni italiani.
In attesa della valutazione della X Commissione del Senato, il fronte contrario alla direttiva Bolkestein si allarga. Il presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi, ha spiegato che l’estensione delle regole a porti e approdi della nautica in materia di concessioni avverrebbe in contrasto con quanto previsto dal diritto europeo, dichiarando che: «La direttiva Bolkestein esclude espressamente l’applicazione ai porti e la Corte di Giustizia Ue ha anche sentenziato che questi ultimi vanno equiparati alla locazione di beni». Inoltre, domani 29 marzo, mentre la X Commissione del Senato sarà impegnata a verificare la validità degli emendamenti presentati al disegno di legge Concorrenza, gli imprenditori che si oppongono alle gare e alla riassegnazione delle spiagge italiane manifesteranno in Piazza della Repubblica a Roma.
[Di Salvatore Toscano]
Cosa contiene la “bussola strategica” per la difesa comune pubblicata dal Consiglio UE
“Stabilire nuovi modi e mezzi per migliorare la nostra capacità collettiva di difendere la sicurezza dei nostri cittadini”. Sono queste le parole contenute all’interno del documento, definito “Bussola Strategica”, con cui il Consiglio europeo ha annunciato il 21 marzo di voler ridisegnare il proprio asset militare. Come? Rafforzando entro il 2030 la politica di sicurezza e di difesa dell’UE e puntando su cooperazione e collaborazione tra i Paesi membri. La realtà è però meno ambiziosa della carta. Se i piani dovessero rimanere questi, la nuova collaborazione stabilita dall’UE nell’ambito della difesa militare porterà i primi risultati concreti non prima del 2025, quando cioè entrerà in funzione la Capacità Ue a schieramento rapido. Questa prevede che, nel caso di bisogno, venga messa a disposizione, grazie alla cooperazione degli stati membri, un battaglione composto da soli 5 mila soldati, da affiancare alla NATO. Insomma, quello che il Consiglio europeo aveva presentato come un grande stravolgimento delle dinamiche militari, altro non è che l’aggiunta di una piccola brigata di uomini armati.
Chi sono questi 5.000 militari? Fanno parte dell’European Union Rapid Deployment Capacity, provengono da diversi Paesi e dovrebbero attivarsi su decisione del Consiglio per intervenire in azioni di disarmo, missioni umanitarie, di assistenza militare, prevenzione dei conflitti, lotta al terrorismo e gestione delle crisi. Situazioni che negli anni si sono più volte ripetute, ma questi soldati, già presenti in realtà nella strategia UE a partire dal 2007 e divisi in gruppi da 1.500, non sono mai stati adoperati perché il loro intervento deve essere approvato da tutti gli Stati membri. Un passaggio che di certo fa a pugni con quella che dovrebbe essere la rapidità dell’intervento.
«Non vogliamo creare un esercito europeo», ha chiarito Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. «Ogni Stato manterrà il proprio esercito, ma dobbiamo lavorare insieme per coordinare meglio le nostre spese militari». Ed ecco il focus della questione. Nel 2020 i 27 Paesi UE hanno speso quasi 200 miliardi di euro in sistemi di difesa militare: una cifra che corrisponde circa alll’1,5% del Pil europeo. Per capirci meglio, si tratta di una somma di denaro quattro volte quella della Russia e maggiore di quella della Cina. Una spesa molto grossa per il continente, che però non porta di certo all’ottenimento degli stessi risultati delle altre nazioni sopra citate. L’obiettivo, ribadito da Borrell, è infatti quello di “spendere meglio” i fondi destinati alla difesa ed evitare “inutili duplicati” (come i 5.000 soldati pronti a combattere): al momento le prospettive future non sembrano orientarsi in questo senso.
Anche se la strategia dovrà essere ufficialmente validata dai leader nazionali nel prossimo Consiglio europeo, che l’Europa spendesse male i suoi fondi destinati alla difesa era già noto (ma se ne sta parlando soprattutto adesso). Facciamo un esempio.
Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina le vendite degli aerei da caccia F35 è notevolmente aumentata. Il problema è che questi, prodotti dalla statunitense Lockheed Martin e assemblati in Italia tramite la società Leonardo, secondo molti esperti militari presentano numerose problematiche. L’elemento più importante è la mancanza di affidabilità. L’F35 ha bisogno di moltissima e frequente manutenzione, e per questo il più delle volte risulta inutilizzabile (perché di fatto non è fisicamente disponibile). Nel 2021, nello specifico, per più di un terzo del tempo i jet delle forze armate statunitensi sono rimasti a terra. I dettagli di questi problemi, tenuti nascosti a lungo dal Pentagono, sono trapelati a fatica attraverso il Project On Government Oversight, una Ong che opera da organo indipendente di controllo.
Nonostante questo, al momento non sembrano esserci intenzioni da parte dell’Ue di prestare più attenzione agli acquisti militari, sebbene, d’altra parte, continuino ad aumentare i fondi e la disponibilità di denaro pubblico destinati alla difesa dei Paesi membri.
[di Gloria Ferrari]
Ucraina: quasi 74.000 profughi arrivati finora in Italia
Sono finora quasi 74.000 – precisamente 73.898 – i profughi in fuga dal conflitto in Ucraina arrivati in Italia: a renderlo noto è il Viminale, il quale tramite una nota fa sapere che la maggioranza sia composta da donne (38.068) e da minori (28.871). “Rispetto a ieri, l’incremento è di 1.958 ingressi nel territorio nazionale”, comunica inoltre il Ministero dell’Interno, aggiungendo che le principali città di destinazione dichiarate al momento dell’arrivo in Italia “continuino ad essere Milano, Roma, Napoli e Bologna”.
Il software spia Pegasus al centro della partita diplomatica tra Ucraina, Russia e Israele
NSO Group è una controversa azienda tecnologica israeliana divenuta foscamente celebre per il suo prodotto di punta, lo spyware Pegasus. Per evitare che un simile strumento cada nella mani sbagliate, il programma viene venduto esclusivamente ai Governi, tuttavia la NSO è finita perlopiù a siglare contratti con Paesi notoriamente autoritari, con il risultato che i principali bersagli dello spionaggio non siano tanto i pazzi bombaroli o i pedofili citati dalle propagande governative, ma i giornalisti e gli attivisti per i diritti umani. Nonostante la scrematura della clientela sia stata discutibile, il gruppo è stato adamantino nel non cedere il suo spyware al Governo Ucraino, il quale ne avrebbe fatto richiesta già a partire dal 2019.
Un simile rifiuto, suggerisce un’indagine coordinata del The Guardian e del The Washington Post, sarebbe giustificato da un intervento diretto dell’Amministrazione israeliana, la quale avrebbe fatto leva sul cosiddetto “golden power” per evitare che Kiev potesse mettere le mani sul potente mezzo. Indiscrezioni tratte dai dietro le quinte spiegano il perché di una tale posizione: concedere lo spyware all’Ucraina avrebbe potuto indispettire Mosca e creare increspature nei legami russo-israeliani.
Sebbene si possa evincere che Kiev volesse tenere traccia delle frange russofile dei suoi cittadini, non è stata fornita alcuna motivazione formale per l’interessamento della nazione al software Pegasus. Nessuna Amministrazione è d’altronde felice di rendere note le proprie pratiche di spionaggio, quindi le parti coinvolte rifiutano tutte di commentare i dettagli della faccenda, con il Vice-Primo Ministro ucraino Mykhailo Fedorov che si è limitato a lamentare l’ostracismo tecnologico imposto da Israele.
A suggerire che Israele voglia tenersi buono il Presidente Russo Vladimir Putin è anche un evento parallelo, ovvero il fatto che il Governo di Naftali Bennett sarebbe intervenuto per limitare in corsa il contratto siglato dall’NSO Group con l’Estonia, assicurandosi che le autorità locali non possano adoperare Pegasus contro la Russia. Il condizionale è ovviamente d’obbligo: Tallinn si è rifiutata di rispondere alle illazioni del report, mentre Israele e NSO Group si sono limitate a fornire comunicati stampa che non negano e non confermano gli elementi evidenziati nel documento. In generale, Stato e dirigenti d’azienda si limitano a bloccare le indagini giornalistiche con un muro di silenzio o appoggiandosi a non meglio specificate accuse di disinformazione.
Visti i solidi legami tra USA e Israele, lo slancio politico “filorusso” che sta muovendo le politiche di Bennett sembrerebbe illogico, tuttavia tali comportamenti potrebbero essere motivati da giustificazioni prettamente locali. Tra Hamas, Daesh e oppositori politici, Israele è molto attenta a mantenere attiva la sua branca antiterroristica, la quale condivide alcuni interessi con il Cremlino, almeno per quanto riguarda i soggetti legati alle guerre siriane. Ancor più, Israele starebbe cercando di imbonirsi Mosca anche per garantirsi un margine di vantaggio nel frenare la discussione che dovrebbe portare alla resurrezione dei patti per il nucleare con l’Iran, patti che Israele sarebbe ben felice di vedere saltare del tutto nell’ottica di trasformare Teheran in un nemico universale.
[di Walter Ferri]







