giovedì 18 Settembre 2025
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È bastato un voto per dimostrare la vera faccia del Governo sull’ambiente

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Appena insediatosi a palazzo Chigi il premier Mario Draghi non aveva esitato a definire il suo governo nientemeno che “ambientalista”. Una definizione apparentemente rafforzata dall’istituzione, per la prima volta nella storia repubblicana, di un ministero della Transizione Ecologica (seppur affidato ad un curriculum a dir poco controverso come quello di Roberto Cingolani) e dalla retorica “green” con la quale si verniciano i comunicati e i momenti pubblici, tipo l’incontro di Cingolani stesso con la paladina di Fridays for Future Greta Thunberg. Non fosse solo retorica, ci si dovrebbe aspettare che tale ispirazione ambientalista del “governo dei migliori” si traduca in puntuali decreti legge volti ad attuare l’obiettivo dichiarato della riduzione delle emissioni nocive. Ma la realtà delle azioni e dei voti in Parlamento ci dimostra ancora una volta altro, ovvero che c’è un abisso tra le dichiarazioni in favore di telecamera e gli atti portati avanti dai partiti di governo.

Il 30 dicembre, ad esempio, i deputati di Alternativa hanno depositato un ordine del giorno alla Legge di Bilancio che in teoria avrebbe dovuto mettere tutti d’accordo. La proposta, depositata dal parlamentare Francesco Forciniti, chiedeva al Governo semplicemente di “emanare una disposizione normativa al fine di vietare il rilascio di nuovi permessi di prospezione e ricerca e di idrocarburi e nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi, destinando in tal modo maggiori risorse ad opere di bonifica ambientale dei territori danneggiati dalle attività in oggetto”. Niente di particolarmente radicale, insomma. Avrebbero continuato ad essere attive le 171 concessioni di coltivazione di idrocarburi attualmente in concessione e tutti i 1623 pozzi attivi (1298 di gas e 325 di petrolio). Semplicemente l’ODG impegnava il Governo a non concedere nuovi permessi di estrazione, obiettivo tra l’altro in linea con gli impegni presi alla COP26 per contenere le emissioni di carbonio.

Il risultato? L’ordine del giorno è stato sonoramente bocciato: 370 voti contrari, solo 19 a favore. Tutta la maggioranza compatta ha votato contro la proposta, incluso il Movimento 5 Stelle, che della protezione ambientale aveva fatto la sua principale bandiera nel motivare l’appoggio all’esecutivo Draghi. Contrario anche il gruppo di Fratelli d’Italia, che del governo sarebbe la principale forza d’opposizione. «Il Governo e i partiti hanno gettato la maschera: vogliono tenersi le mani libere per trivellare i nostri mari e non solo. Hanno respinto un ordine del giorno alla legge di Bilancio chiaro, pulito, lineare che impegnava l’esecutivo a non autorizzare nuove trivelle e Air Gun. La quasi totalità dell’aula della Camera con questo voto ha confermato di essere attenta all’ambiente solo a parole. Ai colleghi facciamo presente che sui territori non servono i comunicati stampa per dire di essere contro le trivelle se poi in Parlamento si vota a favore». Così hanno commentato il voto i deputati di Alternativa in un comunicato.

Amsterdam: la polizia carica e aizza i cani contro i manifestanti anti-lockdown

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Nella giornata di ieri, circa 10mila persone hanno dato vita ad una protesta ad Amsterdam per esprimere il proprio dissenso contro il lockdown stabilito dal governo olandese per contrastare la diffusione del Covid-19: nonostante la manifestazione fosse stata vietata dal comune della capitale olandese così da evitare assembramenti, in tanti si sono radunati nella piazza Museumplein. La repressione nei confronti dei cittadini scesi in strada, però, non è tardata ad arrivare, e la polizia olandese in tenuta antisommossa non solo non ha esitato a caricare i manifestanti colpendo anche cittadini anziani, ma ha anche utilizzato i cani, che hanno attaccato direttamente alcuni attivisti.

Nello specifico, gli scontri con la polizia si sono verificati nel momento in cui gli agenti hanno cercato di disperdere la folla sulla base di un’ordinanza di emergenza emessa dal sindaco di Amsterdam, Femke Halsema, con cui le forze dell’ordine sono state autorizzate a liberare la piazza. Un nutrito gruppo di manifestanti, tuttavia, è rimasto sul posto e vi sono stati scontri con la polizia. Come dimostrano diversi contenuti circolati sui social in queste ore, la polizia ha manganellato alcune persone che tentavano di superare i cordoni da essa predisposti, ma non solo: gli agenti hanno anche aizzato i cani contro i manifestanti. Da citare in tal senso è senza dubbio un video condiviso dal sito Disclose.tv, nel quale si vede chiaramente come un cittadino sia stato attaccato e morso da un cane poliziotto, il quale non mollava la presa nemmeno dopo che il manifestante era finito urlante a terra.

Successivamente, dopo che piazza Museumplein è stata liberata dagli agenti, un folto gruppo di manifestanti si è spostato verso il Westerpark dove era in corso una manifestazione del partito politico Forum for democracy: tale manifestazione era autorizzata, ma poi il permesso è stato revocato a causa di presunte violazioni delle condizioni dettate dall’autorità pubblica per lo svolgimento dell’iniziativa. La polizia ha fornito il resoconto della giornata rendendo noto che in seguito alle proteste 30 persone sono state arrestate e che 4 agenti sono stati feriti. In base alle violenze da essa perpetrate, però, con ogni probabilità anche diversi manifestanti sono rimasti feriti. Secondo quanto riportato da alcuni quotidiani locali, infatti, una persona è rimasta ferita alla testa ed almeno altri due uomini sono rimasti leggermente feriti negli scontri.

In Olanda il 19 dicembre scorso è scattato un lockdown che durerà almeno fino al 14 gennaio. Il governo ha inoltre ordinato la chiusura di tutti i negozi tranne quelli essenziali.

[di Raffaele De Luca]

Non si ferma la protesta No Tav, Capodanno di lotta in Val di Susa

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È stato un Capodanno di lotta in Val di Susa, dove, nella notte di San Silvestro, centinaia di attivisti contro il Tav hanno assediato l’area del cantiere di Chiomonte. Vi è stato un lancio di fumogeni verso le forze dell’ordine presenti a protezione del cantiere. Su molti giornali circola la versione della polizia, secondo la quale uno o più di essi avrebbero provocato un incendio nell’area boschiva, i No Tav accusano però la polizia di diffondere menzogne al fine di coprire le colpe degli agenti: «Circolano strane ricostruzioni fatte da giornalisti che, invece di fare i redattori, rimangono in redazione a mangiare il cotechino e fare i copia-incolla dei comunicati che manda mamma questura – afferma il comunicato diffuso dal movimento – Ieri notte sono i lacrimogeni sparati dalla polizia che hanno dato fuoco a una porzione di bosco non certo i no tav».

La città di Matatā, in Nuova Zelanda, è l’esempio di un futuro distopico

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Matatà

Nel piccolo centro abitato di Matatā, in Nuova Zelanda, sta avendo luogo il cosiddetto “ritiro gestito“. Ciò vuol dire che, in maniera organizzata e controllata, alcune aree della città vengono man mano evacuate perché a rischio, visto il cambiamento climatico e geologico. Da poco più di dieci anni, gli abitanti di Matatā vivono quel che potrebbe essere il futuro dei cittadini di tutto il mondo, perché il Governo della Nuova Zelanda non ha fatto altro che adattarsi – forzatamente – alle conseguenze del cambiamento climatico, ormai risaputo essere preponderante. Incendi, inondazioni, innalzamento del livello dei mari…piogge meno frequenti (visto il riscaldamento globale) ma più intense, che causano danni irreparabili, proprio come è accaduto nella città di Matatā.

Il cambiamento climatico interessa il mondo intero e la Nuova Zelanda è, nell’ultimo decennio, stata particolarmente sotto minaccia, motivo per cui rappresenta uno dei tristi – e tra i primi – esempi di quel che, potenzialmente, potrebbe accadere altrove. A Matatā nel 2005, delle insolite piogge hanno causato il diffondersi di fanghi liquidi con l’accumulo di ben 700.000 metri cubi di detriti. Ventisette case sono state rase al suolo e ottantasette sono state gravemente danneggiate. Per i successivi anni, più intemperie si sono abbattute nell’area neozelandese, così il Comune aveva inizialmente proposto di costruire una barriera per proteggere i residenti. Un piano che, poi, era risultato fallimentare, perché non sufficiente. Allora, si era passati alla “ritirata gestita”. Nonostante il fondo di 15 milioni di dollari stanziato nel 2016 dal Governo per aiutare i cittadini di Matatā, la parte economica non basta per colmare le conseguenze psicologiche di un forzato abbandono dei propri nidi.

Mentre il NIWA (il principale istituto di ricerca neozelandese sull’acqua e sull’atmosfera) monitora ciò che accade nel reale così da prevenire tragedie e mentre il Governo agisce per un’evacuazione il più “ordinata” possibile, i cittadini trovano ovviamente difficile e straziante dovere abbandonare i luoghi simbolo della loro esistenza. Se e quando posti davanti a una difficile scelta, gli abitanti cercano, il più delle volte, di adottare strategie di difesa (dighe più alte, nuovi argini…) invece di lasciare le proprie case e iniziare un’altra vita altrove. Ma le strategie di difesa, se portate avanti per troppo tempo, potrebbero non essere più efficaci. Così, tra le tante battaglie legali e politiche, gli ancora pochi residenti nella sempre più desolata Matatā, si oppongono a un tale “sfrattamento involontario” rimanendo a occupare – spesso abusivamente – quella che una volta era la loro terra. Uno scenario che, prima o poi, potrebbe verificarsi in altre parti del globo.

[di Francesca Naima]

Sudan: primo ministro Abdallah Hamdok si dimette

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Il primo ministro del Sudan Abdallah Hamdok, a capo del fronte civile della transizione nel Paese, nella serata di ieri ha annunciato le sue dimissioni. Il discorso, trasmesso dalla televisione di Stato, arriva due mesi dopo un colpo di Stato caratterizzato da una forte repressione, che ha determinato la morte di 56 persone. «Ho fatto del mio meglio per tentare di impedire al Paese di precipitare verso il disastro» ha affermato Hamdok, il quale ha altresì aggiunto che esso attualmente è «ad una svolta pericolosa, che mette a rischio la sua stessa sopravvivenza».

Il finanziamento pubblico ai giornali è raddoppiato durante la pandemia

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Da quando il covid è diventato la principale notizia, i finanziamenti pubblici a sostegno dei giornali sono raddoppiati. È questa la tendenza che ha accomunato tutta Europa e che emerge dal rapporto del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria 2021. L’Italia non è un’eccezione: i finanziamenti pubblici sono passati da 175,6 milioni a 386,6, con un incremento del 120%. I “sostegni diretti”, sono rimasti su 88 milioni circa. Quelli indiretti 64,5 milioni e tra questi compaiono, ad esempio, i contributi alle scuole per l’acquisto di quotidiani (come per l’Opinione), oppure i contributi speciali per le risoluzioni delle crisi aziendali (come quella de Il Sole 24 ore).

Nel 2021, inoltre, lo Stato ha stanziato 232,9 milioni di euro supplementari (143 milioni nel 2020) sotto forma di crediti d’imposta. Particolarmente favorevole per i grandi editori è la “Forfettizzazione delle rese al 95%” per cui si ha Iva agevolata al 4% e che si applica solo al 5% delle copie. Questo ha significato per Cairo, Gedi e Mondadori (fatturato di 2 miliardi nel 2020), un risparmio di 360 milioni. Di cui 71 diretti a giornali diffusi in Italia e il resto suddiviso tra minoranze linguistiche, periodici diffusi all’estero, contributi a giornali per non vedenti e per varie associazioni.

Nella categoria sopracitata si trovano i finanziamenti a quotidiani come Il Foglio (933 mila euro l’anno, dati del 2020), Libero (2,7 milioni), l’Opinione (481 mila euro) o il Secolo d’Italia (467 mila euro), organi della stampa cattolica come l’Avvenire (2,5 milioni l’anno) o Famiglia Cristiana (3 milioni) fino a vere cooperative come il manifesto (1,5 milioni). Sostegni indiretti questi, che hanno come causale “covid”, anche se non è chiaro se siano sostegni per la crisi covid oppure per la sua campagna d’informazione.

In ogni caso, lo Stato spende molto più di quanto dichiara. Lo si evince da una nota molto vaga del rapporto, in cui si dichiara che tra il 2014 e il 2027 le varie misure di rifinanziamento del “Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria” hanno comportato uno stanziamento pubblico complessivo di 1 miliardo e 813 milioni: spalmandoli sui 14 anni presi in considerazione, si tratta di 130 milioni all’anno. Molto di più di quanto dichiarato.

Così, mentre il popolo arranca e la crisi energetica imperversa, lo Stato italiano continua a donare soldi ai giornali e nel frattempo, la qualità d’informazione appare tutt’altro che migliorata.

[di Iris Paganessi]

Austria: legalizzato il suicidio assistito

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Dal primo gennaio gli adulti affetti da una malattia incurabile mortale o da effetti permanenti e debilitanti, potranno scegliere la morte assistita anziché la sofferenza fisica. Il Parlamento aveva già approvato la nuova legge a dicembre, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale sulla questione. La pratica sarà strettamente regolamentata: ogni caso sarà valutato da due medici, uno dei quali esperto di medicina palliativa.

Per poter porre fine alla propria vita, i pazienti devono fornire conferma della loro diagnosi e della loro capacità di prendere decisioni.  Inoltre, devono passare almeno tre mesi di tempo tra il momento della richiesta e la sua approvazione, per scoraggiare decisioni impulsive (mentre per i malati terminali la procedura d’urgenza ha tempi ridotti). I minori o le persone con problemi di salute mentale non sono soggetti alla legge e l’assistenza attiva al suicidio rimane illegale.

L’Austria è diventata così uno dei pochi paesi europei a permettere una qualche forma di eutanasia, che al momento è legale in Belgio, Paesi Bassi e Spagna. Una legge sul suicidio assistito è in discussione da qualche settimana anche al Parlamento italiano.

La realtà della differenziata in Italia, all’indomani dell’obbligo ufficiale

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La raccolta differenziata della frazione umida è ufficialmente obbligatoria in tutti i Comuni italiani da ieri, 1 gennaio 2022. Per frazione umida si intende l'insieme di tutti quei rifiuti cosiddetti organici (sostanze di origine vegetale o animale, come i residui di cucina, tra gusci di crostacei, uova, frutta secca... ma anche terra, terricci, scarti di potatura, residui di legno) e tutti gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile (certificati a norma UNI EN 13432-2002). Ogni Comune dovrà attivare un efficiente servizio di raccolta differenziata dei rifiuti organici e per farl...

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Sudafrica: incendio nella sede del parlamento

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Questa mattina è scoppiato un incendio nella sede del Parlamento sudafricano a Città del Capo. Il tetto ha preso fuoco e anche l’edificio dell’Assemblea Nazionale era in fiamme, secondo quanto riferito da un portavoce dei servizi d’emergenza di Città del Capo. Le immagini, diventate virali sui social, mostrano il tetto di uno degli edifici del parlamento in fiamme e un’enorme colonna di fumo nero. I vigili del fuoco sono sul posto. Non sono ancora note le cause.

Anche lo scorso aprile, Città del Capo venne segnata da un grande incendio. Le fiamme devastarono una parte della biblioteca universitaria della città, che allora conteneva una collezione unica di archivi africani.

Per una festa dell’orizzonte, per i costruttori di futuro

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Le statistiche trasformano ogni fenomeno sociale in numero e gli fanno perdere la sua valenza ideale, emotiva, pulsionale, immaginativa, la varietà dei modi in cui viene vissuto, il senso delle prospettive che può preparare, la tensione dei valori che contiene.
I comportamenti vengono classificati, esaltate le somiglianze, sottovalutate le eccezioni.

Le statistiche, mentre descrivono, applicano schemi, insinuano interpretazioni, forzano  risposte, preparano attese, affiancano ai dati parziali spiegazioni più o meno fondate, alimentano la passività, l’indifferenza. Oppure producono ansia, spingono a comportamenti ritenuti virtuosi, creano dipendenza, fanno sentire gli individui mai unici ma sempre e soltanto minoranze o maggioranze, masse o parti di una massa da orientare. Mai soggetti, mai popolo.

Se poi le statistiche non si limitano a descrivere ma fanno esplicitamente proiezioni, se lavorano con logica inferenziale ipotecando il tempo che verrà, ecco affermarsi l’ideologia, il partito preso, il numero che nasconde una manipolazione, un dover essere, una cieca obbedienza, una conformità, un’appartenenza come affermazione di sé. La morte del possibile, l’esaltazione del probabile.

Sappiamo di questi tempi che cosa vuol dire tutto questo. Per di più, con la fine dell’anno, i bilanci, gli scenari futuribili dominano la scena.

Ecco perché mi permetto di augurare che il Capodanno sia anche la Festa dell’orizzonte, la visione che la luce sia cangiante, che soltanto la passività sia irreparabile. Festa dell’orizzonte, vuol dire prendersi il diritto di diventare creatori, artigiani di futuro, prendersi il diritto di credere o di non credere, senza passare né per sempliciotti né per scettici.

Lasciare che i numeri siano come le lancette dell’orologio, che fissano il tempo ma nello stesso momento lo superano. Orizzonte: ciò che indica il sorgere, il giorno nuovo che viene. ‘Fare un giro d’orizzonte’ significa ‘esaminare la situazione sotto ogni punto di vista’: così dice la Treccani. E allora: tanti mutevoli orizzonti, niente calcoli. Auguri!

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]