Quattordici persone appartenenti alla campagna Ultima Generazione – Assemblee Cittadine ORA! del movimento Extinction Rebellionsono entrate questa mattina all’interno del Ministero della Transizione Ecologica, a Roma, e hanno lasciato sulle pareti scritte quali “Ministero della truffa” e “Ministero delle bugie”. Gli attivisti hanno intrapreso l’azione dopo il silenzio del Governo in seguito alle numerose domande di un incontro pubblico tra il gruppo, il Presidente del Consiglio e alcuni Ministri. L’intento, portato avanti con l’invio di oltre 26 mila mail al Ministero, era quello di intavolare un confronto riguardante la questione climatica.
Le azioni di stamattina rientrano nella più ampia campagna di disobbedienza civile non violenta messa in atto dal movimento Extinction Rebellion, che ha fatto sapere di avere intenzione di proseguire con azioni simili sino a che i Ministri Draghi, Carfagna, Patuanelli, Cingolani, Giorgetti e Orlando non concederanno loro l’occasione di un confronto pubblico nel quale sia esposta in maniera chiara la posizione del Governo “in merito alla necessità di aderire radicalmente per contrastare la crisi ecologica e climatica”.
L’incontro pubblico tra rappresentanti del Governo e Assemblee Cittadine, composte da “un’assemblea di cittadini/e selezionati/e” estratti casualmente perché costituiscano “un campione statistico davvero rappresentativo di tutta la popolazione” avrebbe l’intenzione di creare una comunità che possa lavorare concretamente per elaborare proposte “vincolanti per il Governo”. Il fine è poter partecipare direttamente alle decisioni riguardanti una tematica che dovrebbe essere considerata prioritaria all’interno dell’agenda politica ma che il Ministero soprannominato “della Finzione Ecologica” sembra scartare con manovre malcelate.
In caso i Ministri non rispondano alla domanda di Ultima Generazione di intavolare un’Assemblea di Cittadini nazionale deliberativa sulla giustizia climatica ed ecologica, il movimento ha fatto sapere che verrano intraprese altre azioni di protesta nel mese di aprile. Il 5 febbraio, a Roma, presso l’Orto Insorto, verrà presentata nel dettaglio la campagna di Extinction Rebellion.
Con le attenzioni della stampa nazionale tutte concentrate sulla rielezione di Mattarella a capo dello Stato e sulle beghe partitiche che ne sono derivate un’altra notizia degna di attenzione è passata in sordina. Lo scorso 29 gennaio, Giuliano Amato – professore emerito di diritto pubblico comparato e per due volte presidente del Consiglio – è stato eletto all’unanimità presidente della Corte costituzionale. Con la sua elezione a capo del più importante organo di garanzia costituzionale – insieme alla rielezione di Mattarella alla presidenza della Repubblica e a Draghi presidente del Consiglio – ci troviamo di fronte a quello che può essere considerato a tutti gli effetti un “triumvirato” che avrà, tra le altre, la funzione di rassicurare le oligarchie finanziarie transnazionali sul fatto che l’Italia non si allontanerà di un millimetro dallo status quo desiderato. Non è un caso che le potenti banche d’affari americane come Goldman Sachs, i grandi fondi d’investimento quali Black Rock, ma anche le organizzazioni di categoria finanziaria e industriale come la Trilateral, nonché l’impalcatura burocratica di Bruxelles abbiano tutte quante salutato con giubilo le nomine italiane.
La biografia politica di Giuliano Amato merita di essere rinfrescata: il governo da lui guidato come presidente del Consiglio nel 1992, fu quello che mise in campo la svendita del patrimonio pubblico italiano, proprio nel periodo in cui, sotto i colpi dell’operazione giudiziaria “Mani pulite”, l’Italia transitava dalla prima alla seconda Repubblica, quella che nei fatti si sarebbe mossa come “curatrice fallimentare” dell’industria italiana e rappresentante degli interessi dei grandi potentati economici. A portare avanti la privatizzazione degli asset pubblici nazionali sul famigerato panfilo Britannia c’era proprio lui, l’uomo dei mercati, delle banche e dell’euro: Mario Draghi, allora Direttore generale del Tesoro. Incarico che avrebbe ricoperto dal 1991 al 2001, naturalmente anche per conto del governo Amato. L’azione dei due ebbe il risultato di devastare l’ascesa industriale italiane che proprio nel 1991 era diventata la quarta potenza economica globale scavalcando Francia e Regno Unito.
maggio 1991, Corriere Della Sera
La svendita del patrimonio pubblico attraverso le privatizzazioni e la sottoscrizione del trattato sull’Unione Europea nel 1992 ebbero la conseguenza di deindustrializzare il Paese e a rallentarne la crescita, incatenandolo a rigide politiche di austerità fiscale come previsto dai famigerati parametri di Maastricht. Nel contesto di questo “disegno” vanno anche inserite due nefaste decisioni politiche intraprese dal governo Amato I: l’abolizione della scala mobile che permetteva di indicizzare automaticamente i salari in funzione dell’inflazione e il prelievo forzoso notturno del 13 settembre 1992, in seguito all’attacco speculativo alla lira da parte del noto finanziere, oggi definito “filantropo”, George Soros.
Dal canto suo, in Sergio Mattarella – come in tutti i presidenti della Repubblica degli ultimi decenni – le istituzioni globali cercano il garante dell’impianto eurocratico, liberista e atlantista in Italia, riflesso degli interessi plutocratici internazionali. Prova ne è il fatto che nel suo settennato egli abbia avallato tutti i governi e le iniziative politiche di stampo europeista, dando il suo aperto appoggio a organizzazioni sovranazionali come la Commissione Trilaterale, organizzazione delle élite economiche che esercita grande influenza sulle politiche dei Paesi occidentali e la cui dottrina è riassunta nel rapporto del 1975 “La crisi della democrazia”. Solo in un’occasione, il presidente è intervenuto risolutamente nelle vicende politiche nazionali, non per difenderle, ma per scongiurare un pericolo, peraltro inesistente, di uscita dall’euro: si oppose, infatti, alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’economia nel primo governo Conte, in quanto colpevole di sostenere tesi euro-scettiche.
Dunque, dopo la breve e inconcludente parentesi dei (finti) partiti antisistema eletti nel 2018, la politica italiana completa la giravolta che – tradendo il voto popolare che alle urne premiò partiti che si erano presentati come anti-sistema ed euro-scettici – in appena tre anni ha riportato l’Italia non solo nel novero delle politiche liberali propugnate da Bruxelles, ma l’ha collocata addirittura all’avanguardia della governance globale, come palesato con compiacimento dal fondatore del World Economic Forum, Klaus Schwab, che in occasione dell’ultimo vertice di Davos ha definito il nostro Paese un’avanguardia della cosiddetta governance 4.0, ovvero quella in cui élite politiche nazionali ed élite economico-finanziarie globali governano a braccetto. O se preferite, mantenendo la prolissa sintassi del documento di Schwab, quella in cui il governo nazionale non agisce più “come se da solo avesse tutte le risposte”, accettando una verticalizzazione e una concentrazione dei processi decisionali che si pone al di fuori del perimetro delle istituzioni democratiche nazionali.
Tornando alla nomina di Amato a presidente della Corte costituzionale, infine, utile notare come egli, nelle sue prime esternazioni, abbia specificato che«il compito dellagiurisprudenza della Corte costituzionale, nelle materie in cui la scienza ha un peso, è di ascoltare le ragioni della scienza». Affermazione che lascia intendere come non vi sia alcuna intenzione di valutare la preminenza di altri diritti costituzionalmente garantiti nella fase storica in cui le big pharma e i comitati tecnici scientifici governativi si sono autoeletti a unici depositari della disciplina.
Il presidente degli Stati Uniti Biden ha dichiarato nella giornata di lunedì 31 gennaio che il Qatar diventerà uno dei principali alleati non NATO del Paese. Lo status fornirà “vantaggi nelle aree di commercio della difesa e della cooperazione in materia di sicurezza”, ma senza che vi sia un impegno ad agire, come invece previsto per gli alleati NATO. L’annuncio è stato fatto subito prima dell’incontro con l’emiro del Qatar al-Thani, svoltosi a Washington, nel corso del quale si sarebbero tenute discussioni in materia di sicurezza, investimenti tra i due Paesi e rafforzamento della cooperazione commerciale. Biden starebbe anche guardando al Qatar per la fornitura di energia alternativa all’Europa, in caso di esplosione del conflitto tra Russia e Ucraina e possibile interruzione delle forniture di gas da parte delle Russia.
Per la prima volta, un robot ha eseguito in completa autonomia un intervento di chirurgia addominale in laparoscopia, e il tutto è stato portato a termine in maniera eccellente e senza il minimo intervento dell’uomo. Anzi, gli studiosi hanno dichiarato che, il sistema robotico, il quale ha operato chirurgicamente quattro maiali, ha dato risultati significativamente migliori dei medici umani.
Il suo nome è Star (Smart Tissue Autonomous Robot) ed è statoprogettato da un team di ricercatori della Johns Hopkins University e del Children’s National Hospital di Washington. Si tratta di un sistema di guida visiva creato appositamente per effettuare l’anastomosi, procedura che consiste nel suturare tessuti molli. In parole più semplici, tale procedimento chirurgico prevede la giustapposizione o il collegamento di due strutture cave – in questo caso due estremità dell’intestino -, che generalmente non sono in continuità tra loro. Seppur diffusa, l’anastomosi chirurgica è una delle operazioni più impegnative, poiché richiede un’elevata manualità e tantissima precisione. Basterebbe, infatti, un leggero tremore della mano del chirurgo o la posizione anomala di un punto di sutura per provocare un’emorragia fatale al paziente. Ciononostante, questo tipo di intervento è caratterizzato da azioni ripetute e quindi è un ottimo candidato per lo sviluppo di sistemi automatizzati.
Star è frutto del miglioramento del modello creato nel 2016, il quale era in grado di intervenire sull’intestino dell’animale, ma richiedeva un’ampia incisione per accedere alla cavità addominale e, di conseguenza, il coinvolgimento dell’uomo. Oggi, invece, il robot gode di nuove funzionalità che lo rendono particolarmente preciso e autonomo. Si tratta di strumenti di sutura specialistici, sistemi di imaging avanzati e algoritmi di apprendimento automatico che gli consentono di avere una miglior panoramica del campo in cui intervenire, monitorare la posizione dei tessuti e interagire con gli operatori umani che lo supervisionano. Inoltre, dati gli eventuali imprevisti che possono accadere, Star è stato dotato di un innovativo sistema di controllo che gli permette di regolare e calibrare il procedimento chirurgico in tempo reale, proprio come farebbe un chirurgo umano.
Il fatto che un robot sia riuscito a svolgere un’operazione chirurgica da solo è un passo importantissimo nella medicina.L’anastomosi robotica garantisce che gli interventi richiedenti alta precisione e ripetibilità possano essere eseguiti con maggiore accuratezza, in qualsiasi caso clinico. Il prossimo step? Implementare un sistema automatizzato in grado di migliorare l’assistenza al paziente.
La quarta udienza del processo a carico di Patrik Zaki si terrà oggi a Mansura, in Egitto. Lo ha confermato Zaki stesso all’Ansa, specificando che la sentenza definitiva potrebbe essere emessa oggi, anche se è probabile che venga rimandata di alcuni giorni affinché il giudice possa redigerla in modo definitivo. Zaki potrebbe essere assolto definitivamente o venire condannato a cinque anni di carcere in Egitto con l’accusa di diffusione di notizie false. Il processo che potrebbe concludersi oggi è infatti interamente centrato sul testo di un suo articolo del 2019 sulla discriminazione dei cristiani egiziani, per il quale è stato ipotizzato il reato di “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese”.
«Credo che il 31 di marzo lo stato di emergenza non sarà prorogato. E per la fine di febbraio avremo abbandonato tante di quelle restrizioni che oggi abbiamo. Forse andrebbe ripensato anche il green pass, in base all’andamento del virus, e anche il tipo di vaccinazione, che tra l’altro andrà rimodulata, fatta su persona». È quanto ha affermato in una intervista a La Repubblica il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. «La circolazione del virus sarà più limitata, pian piano toglieremo le mascherine prima all’aperto e successivamente al chiuso e andrà poi rimodulato il Green Pass e la campagna vaccinale, sulla base della reale esigenza sanitaria».
Recente è la notizia secondo cui Cuba ha istituito una nuova area marina protetta al largo della costa nord-occidentale dell’isola. Si estenderà per 728 chilometri quadrati e fornirà protezione ad un elevato numero di specie. Inoltre, poiché istituita con il sostegno della comunità dei pescatori, l’area protetta aiuterà a ricostituire gli stock ittici. Un terzo di questa comprende infatti il Corona San Carlos Wildlife Refuge, un tratto di oceano di 272 km2 dove non sarà consentita la pesca. I restanti due terzi, invece, la consentiranno solo a certe condizioni. La nuova riserva – istituita in una zona nota come Arcipelago di Los Colorados orientale – tutelerà le mangrovie, le distese di fanerogame marine e le barriere coralline, portando l’area marina protetta complessiva del paese al 28,5%. La regione ospita, inoltre, diverse specie animali di particolare interesse conservazionistico, come le tartarughe embricate in pericolo critico (Eretmochelys imbricata), le tartarughe comuni (Caretta caretta) e i coccodrilli americani (Crocodylus acutus).
Un esempio virtuoso che fa dell’isola caraibica una nazione all’avanguardia nella protezione ambientale. Considerando, soprattutto, che non si tratta affatto di un caso isolato. Secondo un nuovo indice di sostenibilità – il Sustainable development index – Cuba si è addirittura attestata al primo posto in termini di impegno nel rispetto dell’ambiente. Alla luce delle difficoltà socio-economiche presenti nell’isola, si tratta di un risultato eclatante. Senza parlare poi dello spettro dell’embargo, recentemente inasprito dalla democratica amministrazione Biden, col quale Cuba convive ormai da oltre mezzo secolo. Tuttavia, che l’isola socialista abbia un occhio di particolare riguardo per l’ambiente si evince facilmente già dalla sua stessa Costituzione. Negli articoli 16 e 75, ad esempio, emerge come lo sviluppo del paese non può che non andare di pari passo con la tutela ambientale.
Nel 2030, Cuba punta poi ad una produzione energetica in cui il 24% derivi da fonti rinnovabili. Ma anche in questo senso notevoli passi avanti sono stati già fatti circa un decennio fa. Dal 2004 al 2010, l’isola ha aumentato la capacità elettrica da 3200 MW a 4900 MW con un taglio nelle emissioni di gas serra del 60%, nonostante, in quel periodo, si sia basata per oltre il 90% su combustibili fossili. Potrebbe sembrare assurdo, ma il segreto va ricercato nel sistema economico socialista. Cuba, infatti, si sviluppa secondo un’economia pianificata, dove è necessario razionalizzare l’utilizzo delle risorse di modo che determinati princìpi di azione – come solidarietà, equità e protezione ambientale – siano rispettati. In quest’ottica, sul piano energetico, sono stati così resi più efficienti gli impianti di produzione energetica e il sistema di trasporto e trasmissione dell’energia riducendo gli sprechi, è stata avviata una campagna di sostituzione di elettrodomestici obsoleti, nonché razionalizzato e migliorato l’uso di energia nei 1713 stabilimenti produttivi responsabili del consumo del 45.6% dell’elettricità nazionale.
A rendere note queste informazioni è stata una ricerca del 2012 che, nel complesso, ha evidenziato un fatto sorprendente: Cuba ha un Indice di Sviluppo Umano paragonabile a quello di paesi con un reddito interno lordo nettamente superiore. Inoltre – sempre secondo lo studio – la transizione economica, dopo la crisi dei primi anni ’90, è avvenuta senza che l’Impronta Ecologica della nazione sia aumentata significativamente. Un’ulteriore conferma di quanto spesso sia il modello economico a cambiare le carte in tavola. Quello socialista, dai più demonizzato, quantomeno alla scala di Cuba, potrebbe essere la chiave per aprire definitivamente le porte della sostenibilità. Certo è che è l’impegno politico a fare la differenza. Ma anche in questo caso il governo de L’Avana ha mostrato una certa maturità. Cuba, infatti, si impegna nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile pur ammettendo che, al riguardo, dovrà affrontare sfide significative. «Il principale ostacolo – ha dichiarato il Forum politico sullo sviluppo sostenibile – è il blocco economico, commerciale e finanziario da parte degli Stati Uniti. Il paese – hanno aggiunto – è comunque determinato a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, non importa quanto difficili siano le condizioni».
L’obbligo di indossare la mascherina all’aperto e la chiusura delle discoteche saranno prorogati per altri dieci giorni: a riportarlo è l’agenzia di stampa Ansa, la quale – rifacendosi a diverse fonti di governo – comunica che tale intesa sarebbe stata raggiunta durante il Consiglio dei ministri di oggi. Le misure in questione, se non prolungate, sarebbero scadute proprio nella giornata di oggi.
Dopo l’incontro tra i rappresentati della Federazione nazionale tabaccai (Fit) e il Sottosegretario alla Salute Andrea Costa, il governo ha deciso di accogliere le richieste della categoria esentando gli esercenti dall’obbligo di verificare che i clienti siano in possesso del Green Pass ed invitando questi ultimi ad effettuare semplicemente dei controlli a campione. A darne notizia è proprio la Federazione nazionale tabaccai, che attraverso le parole del suo Presidente Nazionale Giovanni Risso ha ringraziato il governo ed in particolar modo il Sottosegretario Costa non solo per aver compreso le ragioni della categoria ma «anche per aver provveduto con tempestività attraverso la risposta ad un quesito presentato dalla Federazione».
In tal senso, come si legge all’interno di una FAQ esplicativa recentemente pubblicata sul sito del Governo Italiano, «i titolari degli esercizi per i quali è richiesto il green pass base non devono effettuare necessariamente i controlli sul possesso dello stessoall’ingresso, ma possono svolgerli a campione successivamente all’ingresso della clientela nei locali». La specifica vale dunque non solo per i tabacchi ma per tutti gli esercizi commerciali «diversi da quelli che soddisfano le esigenze alimentari, mediche e di prima necessità»: in altre parole, per gli esercizi commerciali non essenziali in cui dal primo febbraio occorre entrare con il Green Pass base. Una precisazione significativa dunque, arrivata però tramite una FAQ, a quanto pare di fatto elevata a strumento giuridico da parte del governo Draghi.
Essa specifica in pratica, come sottolineato dalla Federazione italiana tabacchi, che dal primo febbraio i tabaccai ed i titolari di esercizi in cui i clienti possono entrare solo se in possesso di Green pass base non avranno l’obbligo di controllo, motivo per cui in caso di controllo delle Forze dell’Ordine «sarà soggetto a sanzione solo il cliente». Ovviamente, però, qualora quest’ultimo all’atto della verifica da parte del tabaccaio «dovesse risultare sprovvisto di certificazione verde, dovrà essere invitato ad uscire e non dovrà essere servito». L’unica eccezione a tutto questo, per quanto riguarda i tabaccai, si ha nel caso in cui i clienti volessero giocare alle slot machines e alle scommesse, dato che il tabaccaio dovrà verificare che ciascun cliente sia in possesso del Green Pass rafforzato come previsto dal legislatore.
Detto ciò, bisogna ricordare che si tratta di una vittoria ricercata fortemente ed ottenuta con sudore da parte della categoria dei tabaccai: la settimana scorsa infatti era stato minacciato uno sciopero da parte della stessa, con i tabaccai che si erano detti pronti a chiudere le serrande se il governo non avesse ascoltato la loro voce. A tale minaccia, però, ha fatto seguito l’incontro con il sottosegretario alla Salute Andrea Costa conclusosi positivamente per gli esercenti, che come detto dovranno effettuare solo dei controlli a campione.
Nonostante il passare delle settimane, l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che secondo gran parte dei media occidentali sembrava imminente, non è ancora avvenuta. Negli ultimi giorni ci sono stati alcuni segnali distensivi da parte degli attori coinvolti, eppure i media hanno continuato a dipingere uno scenario in cui la guerra pare praticamente certa e inevitabile. Eppure molte notizie degli ultimi giorni, pochissimo trattate sui giornali, lasciano presagire che il futuro sarà certamente complicato, ma molto probabilmente non così fosco e che, con ogni probabilità, non c'è nessuna...
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