martedì 4 Novembre 2025
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Australia, bomba d’acqua nel nordest: sette vittime

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Eccezionali fenomeni meteorologici si sono abbattuti nel nordest dell’Australia, con temporali e alluvioni che in poche ore hanno sommerso la città di Brisbane, capitale del Queensland, causando almeno 7 vittime. Nella giornata di domenica vi sono state evacuazioni e interruzioni di corrente che hanno coinvolto decine di migliaia di abitazioni in tutta la regione. Il premier Palaszczuk ha parlato di eventi meteorologici “inaspettati” e “implacabili”. Lunedì almeno un centinaio di scuole rimarranno chiuse.

Ucraina: attacco hacker a siti governativi russi

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Il sito della presidenza russa ed altri siti governativi di Mosca risultano essere irraggiungibili a causa di un attacco informatico che sarebbe stato condotto da individui appartenenti ad Anonymous, il collettivo di hacker più famoso al mondo. “La Russia potrebbe usare bombe da sganciare su persone innocenti, ma Anonymous usa i laser per distruggere i siti web del governo russo”, ha infatti scritto su Twitter il collettivo, aggiungendo che sono in corso “operazioni per mantenere offline i siti web del governo e per inviare informazioni al popolo russo in modo che possa essere libero dalla macchina della censura statale di Putin”.

È la pubblicità, bellezza: quando la reclame si traveste da notizia

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E’ la pubblicità, bellezza. O per meglio dire, l’invasione pubblicitaria delle pagine dei quotidiani. E, soprattutto, il vizio – per essere gentili – dei quotidiani stessi di mescolare le notizie con la reclame. Di fare il gioco delle tre carte tra articoli e  redazionali, tra titoli e inserzioni,  in modo che il confine tra il giornalismo e il commercio sia sempre più sottile. Sempre meno percepibile. Il problema è etico, di etica e deontologia della professione, ma è anche sostanziale, perché se diversi contenuti sono ispirati o orientati verso prodotti di consumo o servizi, invece che verso tematiche o argomenti “veri”, la qualità complessiva dell’informazione decade pesantemente.

Le pagine col trucco, potrebbero essere chiamate cosi, i pezzi che ammiccano a qualche marchio o sigla di cui si leggono a volte intere pagine a pagamento, si sono intensificate negli ultimi anni per motivi vari. Il primo dei quali riguarda ovviamente le condizioni economiche e finanziarie dei giornali, aziende che in buona parte hanno bilanci in rosso o comunque in forte affanno. Il crollo della diffusione e della vendita ha spostato sulla pubblicità e sugli introiti commerciali l’unica fonte di reale sopravvivenza delle testate, che per questo hanno aperto le porte agli inserzionisti senza badare più alle regole della professione, anzi calpestandole sempre più spesso.

Il cavallo di Troia, uno di essi perlomeno, è stato l’avvento dell’infografica che ha ribaltato i rapporti di forza dentro le redazioni e nei menabò: al primato dei contenuti, della forma, diciamo della “ciccia” che si mette in pagina, è subentrato quello della forma, della bella forma. Tabelle, grafici, colori: un ciclone che ha reso molto complicato continuare a produrre pagine leggibili, prima di tutto, e appunto tenere ben distinti i confini tra ciò che è giornalismo e ciò che invece è commercio.

I redazionali di antica memoria, cioè gli articoli a pagamento che un committente commissionava ai giornali e che i giornali impaginavano mettendo molto in chiaro che si trattava appunto di un contenuto “a pagamento”, si sono trasformati in rubriche che in modo più o meno sibillino camminano sul confine tra l’uno e l’altro. E’ il caso, per Repubblica e Corriere della Sera, delle rubriche “Le Guide” e “Eventi”, nelle quali il lettore non ha nessuna indicazione grafica o testuale per capire che si trova di fronte a qualcosa di molto diverso di un articolo di cronaca o un’inchiesta.

Nei grandi giornali si accavallano sempre più spesso pagine o pezzi di pagine comprate da un inserzionista, e interviste o articoli su quello stesso inserzionista. Cosa che l’etica della professione ha ovviamente sempre considerato tra i peccati più gravi. Capita allora che sul Corriere della Sera e Sole 24 Ore l’amministratore delegato della banca Illimity venga intervistato sulla stessa edizione del quotidiano, a poche pagine di distanza, da una pubblicità della stessa banca: la reclame e l’articolo dedicati allo stesso argomento. Più sottilmente, Repubblica e Stampa (gruppo Gedi) si sono divise il compito, forse per annacquare un po’ il brodo e diluire il “connubio”: la prima ha pubblicato la pubblicità Illimity, la seconda una chiacchierata con lo stesso AD della banca.

Stesso discorso le poderose pubblicità per un nuovo negozio milanese di Armani, due pagine, che Repubblica ha pubblicato nella stessa edizione del giornale in cui si leggeva una ricca intervista che si occupava, guardacaso, proprio di quel nuovo punto vendita. Il Corriere non è stato da meno, ma ha pubblicato la pubblicità e l’approfondimento in giorni diversi. Oltre tutto, questo dimostra che l’appiattimento delle testate è ormai granitico: nell’ottica temuta da molti di una specie di “giornale unico” con testate diverse, questi contenuti “doppi” sono stati presentati praticamente uguali su quattro giornali diversi.

Ci sono anche metodi più classici e meno sottili, come dimostra il Corriere della Sera quando si occupa con titoli di favore e di celebrazione, nelle sue pagine di economia, della banca Fineco che, curiosamente, proprio in quei giorni aveva comprato diversi spazi sulle pagine del quotidiano milanese. L’intervista o il pezzo compiacente non sono una novità di questa epoca, per carità, ma diciamo che il loro utilizzo è diventato decisamente sfrontato e senza gli imbarazzi di un tempo. Vale ovviamente, e purtroppo, anche il contrario. Ossia il fatto che ben difficilmente un quotidiano farà inchieste o si occuperà giornalisticamente di aziende, istituzioni o enti da cui trae sostentamento tramite inserzioni, nel caso che questi balzino alla ribalta della cronaca per qualche motivo. Un giornale che, per esempio, ha pagine intere comprate da Eni, potrà mai commissionare ai propri giornalisti inchieste su Eni?

[di Salvatore Maria Righi]

Crisi Ucraina, Guerini: da domani Italia potenzierà presenza militare in Romania

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L’Italia da domani potenzierà la propria presenza militare in ambito Nato in Romania, raddoppiando il numero dei velivoli Eurofighter già operanti nell’attività di airpolicing: è quanto comunicato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il quale tramite una nota ha appunto fatto sapere che il potenziamento faccia parte del “rafforzamento della postura di deterrenza sul fianco est dell’Alleanza” e che, nello specifico, “ulteriori 4 aeroplani verranno inviati nella base di Mihail Kogălniceanu di Costanza”. Il potenziamento è stato deciso ieri dal governo, il quale ha “approvato una serie di significative misure che prevedono il rafforzamento della postura militare sul fianco est a seguito dell’inaccettabile e ingiustificata aggressione della Russia all’Ucraina”.

Latte di patate: la nuova moda alimentare in arrivo sul mercato

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Periodicamente vengono lanciate sul mercato nuove mode culinarie, per far salire le vendite dell’industria alimentare su particolari settori che sfruttano il marketing ingannevole, frutto di bugie o comunque di mezze verità. Basti ricordare la moda del sale dell’Himalaya, quello che veniva descritto come salutare e ricco di mille benefici ma che alla fine, dopo tanto clamore, si è rivelato un sale comune di roccia dalla composizione per nulla differente rispetto a quella del comune sale marino. L’unica caratteristica che li distingue è il tipico colore rosa, dato dalla ruggine, del sale himalayano. Il sale infatti, contiene anche ferro fra i vari minerali, ma quando il ferro si ossida si forma la ruggine (tecnicamente in chimica il nome esatto è ossido di ferro) e, com’è possibile immaginare, non ha alcuna proprietà salutare per il corpo; semmai produce l’effetto contrario: è nociva.

Altro trend di alcuni anni fa furono le bacche di Goji, che sembravano essere un cibo miracoloso e alla fine si sono rivelate per quello che sono: una bacca piena di pesticidi coltivata in maniera intensiva in Cina ed esportata in tutto il mondo, con meno vitamine e antiossidanti della comune mora e dei mirtilli.

Negli ultimi tempii è esplosa anche la moda del latte vegetale come sostituto più salutare del latte vaccino. Tuttavia, il latte di mandorle ad esempio, conteneva appena il 2% di mandorle e una gran quantità di zucchero, aromi, additivi aggiunti e acqua.

Oggi però, la nuova trovata è il latte di patate e presto verrà dipinto dal marketing come l’alternativa più sana e sostenibile per l’ambiente, al latte di mucca. Ma anche questa volta sarà solo una fregatura a cui molti abboccheranno. Una azienda svedese lo ha già prodotto e lanciato sul mercato in Svezia, nel Regno Unito e presto arriverà anche in Italia e in tutti gli altri mercati del mondo occidentale.

Ma perché sarà una fregatura? 

Il “latte” di patate è la creazione di Eva Tornberg, professoressa e ricercatrice presso l’Università di Lund. Nel 2017, ha trovato il modo per trasformare delle normalissime patate in un drink vegetale. Il “latte” è ottenuto mischiando le patate con olio di colza. Riscaldando la mistura, secondo specifiche modalità, è possibile ottenere un “latte” particolarmente cremoso. La bevanda è stata commercializza in una formula che contiene anche proteine di piselli, maltodestrine (zuccheri), fibra di cicoria e aromi naturali, oltre all’aggiunta di vitamine D, B12 e acido folico.

L’illusione di un prodotto salutare e sostenibile

Ovviamente il marketing di questo prodotto punterà tutto sul fatto che il latte di patate, rispetto ad altre bevande a base vegetale e al latte di mucca, è adatto a una gamma più ampia di persone perché non contiene i più comuni e diffusi allergeni alimentari, come la soia (latte di soia), la frutta a guscio (latte di mandorle o noci), il glutine (latte di avena) e il lattosio (latte di mucca). Riguardo la maggiore sostenibilità ambientale si dirà che rispetto ad altre coltivazioni come la soia e l’avena le coltivazioni di patate richiedono meno acqua e meno ettari di terra per la stessa resa. Potrebbe essere vero, ma va messo in conto anche tutto ciò che viene aggiunto nella produzione di questa bevanda e il conseguente impatto ambientale: come per l’olio di colza o gli aromi, ad esempio.

Il vero inganno però è questo: il contenuto reale di patate nel prodotto è talmente esiguo (6%) che bisogna “arricchirlo” con vitamine e proteine derivanti un’altra fonte (piselli). Inoltre, senza zuccheri e aromi, il suo sapore sarebbe quello di acqua sporca. Senza dimenticare il fatto che le patate sono naturalmente a basso contenuto di grassi e pertanto  viene aggiunto del grasso extra, l’olio di colza (parliamo della versione uscita sul mercato in Svezia e Regno Unito).

Si può concludere quindi, che il latte di patate è solo un’illusione, che non può essere considerata una valida alternativa nutrizionale al latte di mucca; e quando arriverà sul mercato anche in Italia, continuare a comprare semplicemente delle buone patate, potrà far ottenere i veri benefici e i nutrienti di questo prezioso alimento.

[di Gianpaolo Usai]

Ucraina: Mosca accusa Kiev di rifiutare negoziato, niente tregua

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L’Ucraina si sarebbe rifiutata di negoziare con la Russia, motivo per cui oggi pomeriggio sarebbe ripresa l’avanzata delle truppe di Mosca: a riportarlo è l’agenzia di stampa Tass, la quale si rifà alle parole che sarebbero state pronunciate dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Quest’ultimo, nello specifico, avrebbe affermato che mentre ieri pomeriggio in virtù degli «attesi colloqui con la leadership ucraina, il comandante in capo supremo e il presidente della Russia avevano dato l’ordine di sospendere l’avanzata delle principali forze armate russe», adesso, siccome «essenzialmente la parte ucraina ha rifiutato i colloqui, l’avanzata delle principali forze russe è ripresa secondo il piano operativo».

La distribuzione dei fondi del PNRR scatena la lotta tra i piccoli comuni

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Per ovviare allo spopolamento e alla conseguente “estinzione” di numerosi comuni e borghi storici italiani sono stati stanziati 420 milioni di euro nell’ambito del Piano Nazionale Borghi previsto dal PNRR. Tali fondi saranno destinati ad interventi di rivalutazione di 21 comuni, uno per ogni regione, per un totale di 20 milioni di euro a comune. L’assegnazione di tali cospicue cifre ha sollevato non poche polemiche tra i sindaci dei comuni esclusi dalla selezione, i quali lamentano la necessità di interventi diffusi sul territorio piuttosto che mirati a singole e minuscole realtà.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede lo stanziamento di un miliardo di euro per il Piano Nazionale Borghi, iniziativa volta a valorizzare comuni e borghi italiani. In particolare, 420 milioni di euro saranno destinati ai comuni “a rischio estinzione” per via dello spopolamento. Con i fondi ottenuti i comuni potranno dare vita a “progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono o abbandonati, tramite la realizzazione di un numero limitato di interventi di carattere esemplare”. Sono 21 i comuni che trarranno beneficio da questo provvedimento, per un totale di circa 20 milioni di euro da destinare a ciascuna amministrazione. Si tratta di cifre ingenti per borghi che, in alcuni casi, contano una popolazione di poche decine di individui. Per tale motivo sono state numerose le polemiche e le critiche da parte dei sindaci dei comuni esclusi dalla selezione, che lamentano la necessità di una migliore e più diffusa distribuzione delle risorse disponibili che permetta la rivalutazione del territorio e non di singole e ristrette aree.

È quanto accaduto nel Lazio, quando è stato annunciato che il piccolo borgo di Trevinano, che conta appena 142 residenti, disporrebbe delle caratteristiche idonee alla ricezione dei 20 milioni di euro di fondi, che corrisponderebbero a quasi 141 mila euro per abitante. La sindaca Alessandra Terrosi ha dichiarato al Guardian che l’esito della selezione ha scatenato “molta invidia e malumori” da parte dei colleghi dei borghi concorrenti. Trevinano conta sulla presenza di un ristorante stellato, ma non ha scuole né supermercati o bancomat e lo sportello postale è aperto un solo giorno a settimana. Il progetto di Terrosi, scelto tra altri 14 possibili beneficiari in tutto il Lazio, è di rivalutare il borgo con programmi di rimboschimento, ristrutturazione delle case rimaste vuote e il rilancio di iniziative agricole e di formazione per gli studenti.

Tra coloro che hanno mosso critiche c’è chi si domanda se fosse il caso di destinare una tale ingente cifra a un comune con un numero così esiguo di abitanti. Il sindaco di Civita di Bagnoregio, borgo situato a un’ora di distanza da Trevinano e popolato da appena 11 residenti, avrebbe fatto notare come “Sarebbe meglio dividere i soldi più equamente tra i borghi in modo da sviluppare un’intera area, soprattutto perché è estremamente difficile per le piccole amministrazioni gestire somme così ingenti”. La polemica non riguarda solo il Lazio, ma è estesa a tutti i comuni italiani interessati dal bando. Alcuni tra i dubbi sollevati riguardano poi l’efficacia stessa di tale tipo di intervento, ovvero l’effettiva riuscita del ripopolamento di aree così remote.

Il programma di finanziamento, inoltre, avrà termine nel 2026, deadline estremamente ravvicinata che potrebbe comportare una difficoltà aggiuntiva per le piccole amministrazioni, non abituate ad avere a che fare con considerevoli somme di denaro, per di più in tempistiche così brevi.

[di Valeria Casolaro]

La crisi in Ucraina e i punti deboli del sistema energetico italiano

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La guerra tra Russia e Ucraina è iniziata. Preceduta da mesi di tensione, ha determinato però squilibri geopolitici ed energetici visibili ancor prima che cominciasse ufficialmente. Il rincaro delle bollette è solo uno dei suoi effetti collaterali, seguiranno infatti aumenti nei prezzi di diverse materie prime, grano compreso. Nel quadro attuale, è tuttavia il gas il principale protagonista della crisi energetica. Il prezzo di tale fonte è aumentato inizialmente in corrispondenza della ripresa economica e dell'incremento nella domanda, poi, a peggiore le cose, il conflitto. Un'ulteriore impenn...

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UE, piano per rendere aziende responsabili di abusi ambientali e su lavoratori

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La Commissione europea ha presentato una proposta per aumentare la responsabilità delle aziende nel controllo degli abusi dei diritti umani e delle norme a tutela dell’ambiente nelle proprie supply chains (le catene di approvvigionamento). Le grandi aziende europee ed alcune grandi imprese di settori ad alto rischio, come agricoltura e moda, sarebbero obbligate a garantire che le loro strategie aziendali siano in linea con gli Accordi di Parigi e che non vi siano situazioni di lavoro forzato o violazioni dei diritti dei lavoratori. La proposta dovrà essere discussa dai governi e dal Parlamento dell’UE prima di entrare in vigore, ma alcuni eurodeputati hanno fatto notare come potrebbe rivelarsi insufficiente se non applicata anche alle piccole e medie imprese.

La pace va preparata, non la guerra: il pensiero di Tolstoj e quello di Kennedy

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Forse i politici non sono più all’altezza della politica. E qual è il primo mestiere di un politico? Preparare la pace. Il crollo dell’Urss era stato visto soltanto come una vittoria , come un gigantesco passo in avanti che aveva prodotto il ridimensionamento dell’influenza del comunismo. Ma, passata l’euforia, bisognava occuparsi di mettere in piedi relazioni culturali con la Russia e con l’Est europeo: progetti comuni a lungo respiro, intese economiche fondate su una vera reciprocità, non soltanto sul fabbisogno energetico, così da ridisegnare nuove frontiere immaginarie capaci di superare i confini reali. Mettere in secondo piano gli imperativi di facciata determinati dai grandi equilibri internazionali. Non credere mai di essere pregiudizialmente dalla parte giusta. Lavorare oscuramente, prudentemente, incessantemente per la pace sfidando gli interessi immediati, le convenienze dettate dalla passività.

Questa non è utopia, è primato di una politica che sa prospettare soluzioni prima che si aggravino i problemi, una politica che si allena, che sta attenta a non invecchiare sui pregiudizi. Politici dunque che studino, che evitino gli espedienti, che diano credito a idee nuove, facendo però tesoro di quelle buone del passato. Per questo ho pensato di rispolverare vecchie, sempre nuove parole di Lev Tolstoj (1865) e di John F. Kennedy (1959). Eccole. Parole dal passato che ancora hanno molto da insegnare.

“Se si concede, come fanno gli storici, che i grandi uomini conducano l’umanità verso il raggiungimento di determinati fini, consistenti nella grandezza della Russia o della Francia, o nell’equilibrio dell’Europa, o nella diffusione delle idee della Rivoluzione, o nel progresso universale, o in qualsivoglia altra cosa, parrebbe impossibile spiegare i fenomeni storici facendo a meno del caso e del genio. Tuttavia sarebbe sufficiente riconoscere, semplicemente, che quale sia stato lo scopo delle agitazioni dei popoli europei, il significato fondamentale, essenziale, degli avvenimenti europei sta nel movimento di massa, di carattere militare, dei popoli d’Europa dall’occidente verso l’oriente, e poi dall’oriente verso l’occidente. Posto, tuttavia, che il fine delle guerre europee del principio dell’Ottocento consistesse nella grandezza della Russia, a tal fine si sarebbe potuti pervenire senza l’invasione napoleonica e senza di nessuna delle guerre che la precedettero. Posto che quel fine fosse nella grandezza della Francia, vi si sarebbe potuti pervenire anche senza la Rivoluzione e l’Impero. Posto che quel fine fosse nella diffusione delle idee, la stampa e la circolazione dei libri vi avrebbero potuto provvedere assai meglio dei soldati. Posto che quel fine fosse nel progresso, è ben lecito avanzare l’ipotesi che, oltre l’annientamento di esseri umani e dei loro beni, esistano vie più dirette e adeguate per la diffusione della civiltà”. (L. Tolstoj, Guerra e pace. Epilogo).

“Oggi la nostra nazione, più che dell’energia atomica, più che degli aerei, o della potenza finanziaria e industriale, addirittura più che della forza umana, ha bisogno di energia intellettuale… Non confondiamo però la forza intellettuale con la forza verbale… Le parole non bastano. I missili non bastano. Gli atomi non bastano. Non sono la soluzione. Noi abbiamo bisogno soprattutto di un flusso costante di idee nuove – e di un governo, di una nazione, di una stampa, di un’opinione pubblica che rispettino coloro che esprimono idee nuove. In passato il nostro paese ha superato crisi gravissime, e non per la sua ricchezza, non per la sua retorica, non perché possedevamo automobili più lunghe e frigoriferi più grandi e schermi televisivi più ampi d’ogni altro popolo, ma perché le nostre idee avevano più forza e più penetrazione e più saggezza e più tenacia. E, quel che forse più conta, noi incoraggiavamo tali idee: quelle consuete e quelle stravaganti, quelle radicali e quelle tradizionaliste… Dobbiamo tenere aperta la porta agli ospiti di tutto il mondo. Ma soprattutto dobbiamo essere pronti alla critica, alle idee nuove, alla polemica e alla scelta, alla riflessione e ai ripensamenti. Solo in questo modo possiamo dimostrare che la libertà è pegno di sicurezza, e che la verità può farci liberi”. (John F. Kennedy, Congresso sulle libertà civili, 16 aprile 1959).

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]