venerdì 21 Novembre 2025
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Covid: Cassazione annulla sequestro della Torteria di Chivasso

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La conferma del sequestro preventivo, da parte del tribunale del riesame di Torino, della Torteria di Chivasso che durante l’emergenza Covid non aveva abbassato le serrande, è stata annullata senza rinvio da una sentenza della Cassazione. La titolare della Torteria non ha infatti commesso il reato di “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità” previsto dall’articolo 650 del Codice Penale secondo la Suprema Corte, la quale ha precisato che la condotta contestata a quest’ultima rientrasse nelle violazioni alle misure di contenimento del Covid che con il decreto legge del 25 marzo 2020 erano state depenalizzate, prevedendo esso solo una sanzione amministrativa.

Batteri al posto dei fertilizzanti per ridurre l’inquinamento 

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Una ricerca scientifica dimostra come alcuni batteri possano diventare una valida alternativa ecologica ai fertilizzanti chimici utilizzati nell’agricoltura, la cui maggior parte viene prodotta tramite l’utilizzo di combustibili fossili. Questa scoperta, quindi, potrebbe mitigare una delle principali fonti d’inquinamento ambientale.

Il batterio in questione è l’Azotobacter vinelandii, microrganismo presente nella porzione di suolo che circonda le radici di alcune colture (rizosfera). Questo, grazie a un processo di editing genetico, può essere usato per trasferire l’azoto nelle piante in base alle esigenze, ovvero a quanto ciascuna coltura necessita e riesce ad assorbire, senza eccessi. I ricercatori hanno testato il procedimento scientifico su alcune piante di riso, facendo in modo che l’Azotobacter producesse azoto costantemente, indipendentemente dalle condizioni ambientali, in quantità sufficienti a fertilizzare le coltivazioni.

L’obiettivo della ricerca consiste nel trovare una soluzione alla produzione eccessiva di fertilizzante azotato. Difatti, quando gli agricoltori impiegano i fertilizzanti chimici a base di azoto nei campi, ne usano in quantità superiori rispetto a quella assorbita effettivamente dalle colture. Il resto si riversa in fiumi, laghi e oceani con conseguenze devastanti, come la fioritura algale, ovvero la nascita di piante microscopiche che causano la riduzione di ossigeno e luce, e ospitano i cianobatteri, portatori di tossine mortali per gli ecosistemi acquatici.

Una corretta adozione dei biofertilizzanti derivati dall’Azotobacter vinelandii quindi, ridurrebbe l’inquinamento, i costi di produzione, e migliorerebbe la produzione alimentare. Pertanto, il prossimo step degli scienziati sarà la creazione di gruppi batterici differenti, al fine di produrre azoto a velocità diverse, soddisfacendo così le differenti esigenze delle colture.

[di Eugenia Greco]

Pisa, armi al posto di aiuti umanitari: gli aeroportuali bloccano volo per l’Ucraina

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Nelle scorse ore è emerso che dal Cargo Village sito presso l’aeroporto civile di Pisa sarebbe dovuto partire un volo contenente casse di armi, munizioni ed esplosivi, in contrasto con lo scopo stesso del viaggio, data la sua natura umanitaria. Infatti, il volo avrebbe dovuto fornire cibo, medicinali, e altri prodotti utili alla popolazione ucraina, in difficoltà a causa dei combattimenti delle ultime settimane.

Ai lavoratori dell’aeroporto “Galileo Galilei” di Pisa era stato chiesto di caricare degli aiuti umanitari destinati all’Ucraina. Quando si sono ritrovati però di fronte a casse contenenti materiale bellico hanno deciso di non eseguire l’ordine. L’Unione Sindacale di Base (USB) è stata tra i primi a raccogliere le testimonianze dei lavoratori e a segnalare l’accaduto, manifestando in un comunicato la propria volontà di denunciare “con forza questa vera e propria falsificazione, che usa cinicamente la copertura umanitaria per continuare ad alimentare la guerra in Ucraina“. Nel frattempo è stata indetta per sabato 19 marzo, presso l’aeroporto di Pisa, la manifestazione “Dalla Toscana ponti di pace e non voli di guerra“, a cui tutta la cittadinanza è stata invitata a partecipare. Tra le altre richieste dell’organizzazione sindacale si leggono l’appello alle strutture di controllo del traffico aereo dell’aeroporto di bloccare immediatamente gli eventuali voli simili e l’invito rivolto ai lavoratori di “continuare a rifiutarsi di caricare armi ed esplosivi che vanno ad alimentare una spirale di guerra”.

Intanto, già nei giorni scorsi qualcosa si è smosso tra i banchi della politica, con l’interrogazione parlamentare presentata dal senatore Matteo Mantero di Potere al Popolo per chiedere trasparenza sull’invio di armi all’Ucraina. Si ricorda, a tal proposito, la decisione del Governo Draghi di non rendere pubblica la lista del materiale bellico fornito al Paese, contenuta all’interno di un decreto interministeriale (definito dai ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Economia) secretato e non sottoposto all’esame dei parlamentari.

[Di Salvatore Toscano]

Non solo Ucraina: le guerre dimenticate a cui non prestiamo attenzione

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Ce ne stiamo accorgendo proprio in queste ultime settimane. È sufficiente guardarci intorno, sfogliare i giornali e accendere la tv per capire che ci sono alcune guerre che ottengono più attenzione di altre. L'invasione russa ai danni dell’Ucraina, in particolare, ha catturato l'interesse del pubblico occidentale come nessuna delle recenti guerre (quella in Etiopia o in Yemen ad esempio) aveva fatto. In parte questo è ovvia conseguenza dell’entità non regionale del conflitto. Parliamo infatti di una guerra potenzialmente globale, per la quale i grandi leader mondiali si sono apertamente schier...

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Zelensky: l’Ucraina non diventerà membro della NATO

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«Abbiamo capito che l’Ucraina non diventerà un membro della NATO», ha detto il presidente Ucraino, Volodymyr Zelensky, durante il suo discorso online alla Joint Expeditionary Force (JEF), riunita oggi a Londra. «L’Ucraina si rende conto che non è nella Nato. Abbiamo sentito per anni parlare di porte aperte, ma abbiamo anche sentito dire che non possiamo entrarci, e oggi dobbiamo riconoscerlo» ha aggiunto poi Zelensky.

Corea del Sud: la campagna elettorale è stata giocata a colpi di deep fake

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Con tutti gli eventi che stanno sconvolgendo il mondo, è facile non aver notato che la Corea del Sud sia appena andata al voto per eleggere il suo nuovo Presidente, Yoon Suk-yeol. La partecipazione alle urne è stata condizionata da un’ampia gamma di stimoli – stimoli che spaziano dal timore della Cina ai predominanti moti antifemministi – tuttavia a catalizzare le curiosità di tutto il mondo è stata piuttosto la scelta del candidato vincente di appoggiare la propria campagna elettorale alle nuove tecnologie, diffondendo sulla Rete dei suoi simulacri digitali che si muovono sulla linea dei deep fake.

Quando era pubblico ministero, Yoon è stato accusato a più riprese di aver ostracizzato le indagini nei confronti delle corruzioni e delle frodi legate all’universo politico, accuse che poi sono cadute nel nulla a causa della mancanza di prove. L’uomo di legge ha non di meno deciso di rassegnare le dimissioni per imbarcarsi in una politica fatta di retoriche populiste e misogine che, evidentemente, hanno avuto una buona presa sui cittadini sudcoreani. Allo stesso tempo, il suo staff elettorale si è reso immediatamente conto che la figura di un candidato over-60 ammantato da un retaggio filo-cleptocratico potesse cozzare con gli interessi elettorali delle generazioni più giovani, le quali sono frustrate da una situazione economica poco accogliente le cui derive soffocanti sono spesso attribuite alle scelte di un establishment anziano. Come appianare dunque una tale dissonanza?

La risposta è stata quella di trasformare Yoon in un influencer “mematico” attraverso video di pochi secondi in cui il politico si è prestato a commenti ironici e pungenti utili a toccare la massima viralità internettiana. Sono stati creati ad arte siparietti in cui il diplomatico viene “umanizzato” rispondendo – in differita – ai quesiti più giocosi postigli dal pubblico, inezie che vanno dalla sua lista della spesa alle sue opinioni riguardanti alla musica kpop. Innegabilmente una strategia arguta che però si appoggia su un importante elemento: lo Yoon in questione non era Yoon, ma un’“intelligenza artificiale” ideata ad hoc per evidenziare il sedicente lato umoristico dell’ex procuratore.

Nonostante i promotori dello strumento parlino esplicitamente di IA Yoon, l’avatar in questione non si lega effettivamente ad alcuna intelligenza artificiale, piuttosto rientra nel mondo dei fotomontaggi evoluti, visto che il feticcio virtuale ha attinto da decine di video del politico pur di simularne aspetto e tono di voce. Una volta creato il pupazzo digitale, un’equipe di copywriter si è occupata di garantirgli il soffio vitale appoggiandosi alla stesura di copioni accattivanti, i quali hanno poi fomentato l’appeal dello Yoon-umano nei confronti delle fasce anagrafiche che dei ventenni e dei trentenni. Ben consapevole che questo approccio avrebbe scatenato molte perplessità, lo staff elettorale ha giustificato i propri sforzi asserendo che, di persona, l’attuale Presidente eletto sia effettivamente molto divertente, alla mano, e che lo IA Yoon sia servito esclusivamente a mostrare al grande pubblico quel lato accogliente che solitamente rimane ben celato nella sfera privata.

L’opposizione non ha mancato di condannare questa ubiquità digitale come una forma di “frode” elettorale, sollevando perplessità che dovrebbero invero essere discusse da tecnici e da politici di tutto il mondo. Qual è il limite per cui la narrazione elettorale si trasforma in proselitismo e che ruolo ha l’identità digitale artefatta all’interno del processo democratico? Un dibattito che potrebbe essere interessante, se non fosse che è tenuto in scacco da un pragmatismo di rapido consumo che annichilisce ogni discussione etico-filosofica. Basti vedere alla stessa Corea del Sud: lo stesso Partito Democratico, fortemente critico nei confronti dello IA Yoon, è finito velocemente con il creare un avatar del candidato Lee Jae-myung, nel disperato tentativo di seguire una tendenza propagandistica di inquietante portata.

[di Walter Ferri]

Ucraina, Onu: 3 milioni di rifugiati

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Sono quasi 3 milioni (2.952.026) le persone che dal 24 febbraio, inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, al 14 marzo hanno lasciato il Paese. A comunicarlo è l’ONU, attraverso la pubblicazione dei dati sul sito dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). I numeri indicano che oltre la metà delle persone fuggite dall’Ucraina sono arrivate in Polonia (1,8 milioni di rifugiati). Circa 420.000 profughi sono giunti invece in Romania e quasi 340.000 in Moldavia.

Negli Usa è al via il rilascio di due miliardi di zanzare OGM in natura

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Lunedì scorso, l’Ente statunitense per la protezione ambientale (EPA) ha ufficialmente concesso a Oxitec, una società biotecnologia con sede nel Regno Unito, il via libera per il rilascio di oltre due miliardi di zanzare geneticamente modificate. La misura riguarda gli stati di Florida e California. Si prevede che nei prossimi due anni in Florida voleranno libere 400 milioni di esemplari, mentre per la California si prevede il rilascio di ben due miliardi di zanzare. Si tratterà della più grande immissione di zanzare geneticamente modificate mai verificatosi. Lo scopo è quello di contrastare la proliferazione della Aedes aegypti, la cosiddetta zanzara della febbre gialla, introducendo una specie geneticamente modificata che una volta riprodottasi con quelle presenti in natura darà vita a prole incapace di riprodursi.

In California da quando la zanzara Aedes aegypti è arrivata nel 2013, si è diffusa in più di 20 contee dello Stato, aumentando il rischio di trasmissione all’uomo di virus e malattie. Piuttosto di adottare soluzioni “killer, dove si ipotizza di eliminare del tutto l’insetto dal Pianeta, l’inserimento di zanzare OGM viene considerato una soluzione migliore rispetto ai rischi ambientali e per la salute derivanti dalla soluzione alternativa: lo sterminio gli esemplari esistenti con uso di sostanze chimiche. Se eliminare del tutto una specie vivente non dovrebbe rappresentare una scusa plausibile, prendere le zanzare che non pungono (quindi i maschi) della specie Aedes aegypti e riprogettarne il patrimonio genetico è considerata la via migliore. È ciò che ha fatto Oxitec, prendendo gli esemplari maschi per farli diventare portatori della proteina tTAV-OX5034: una volta che gli esemplari geneticamente modificati saranno reintrodotti in natura, con il loro accoppiarsi trasmetteranno alle femmine di zanzare selvatiche la proteina, letale per le discendenti. Quindi, gli esemplari femmine che nasceranno da rapporti simili non avranno modo di sopravvivere a lungo, morendo prima di raggiungere la maturità.

Di conseguenza, il numero di zanzare sarà ridotto in maniera molto significativa senza tra l’altro causare danni ad altre specie. O almeno questo è quanto assicura la società biotecnologica. Oxitec ha precisato quanta attenzione sia stata posta per la riuscita del progetto, vista anche l’esistenza di una tecnologia di controllo che mira dritta all’obiettivo, senza danneggiare insetti invece benefici. Le rassicurazioni di Oxitec sono innanzitutto dirette a rassicurare la popolazione locale, nella quale si è diffuso un certo malcontento per l’operazione. A fomentare la diffidenza anche il fatto che, nel recente passato, un simile esperimento messo in atto in Brasile non è andato come previsto, visto che tante zanzare femmina sono sopravvissute addirittura aggravando la situazione nell’area interessata. Non mancano poi associazioni che giudicano l’esperimento da evitare a priori: è la posizione dell’International Center for Technology Assessment e Center for Food Safety, che sostiene che in California non c’è un vero problema con gli insetti presi in esame, almeno non come in altre parti del mondo. Di base, è il ragionamento, la California non registra casi di febbre gialla, Zika, chikungunaya o dengue, quindi mettere in atto la sperimentazione della Oxitec potrebbe essere non solo inutile, ma pericoloso.

[di Francesca Naima]

Ucraina: quarto pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia

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Il Consiglio dell’Unione europea ha deciso oggi di imporre un quarto pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia, in virtù della sua aggressione militare contro l’Ucraina. Nello specifico, tra l’altro, sono state vietate tutte le transazioni con alcune imprese statali ed i nuovi investimenti nel settore energetico russo. Inoltre, è stato deciso di stabilire restrizioni all’esportazione di apparecchiature, tecnologie e servizi destinati al settore energetico nonché al commercio del ferro, dell’acciaio e dei beni di lusso, e di introdurre il divieto di fornire servizi di rating ai clienti russi. «Le sanzioni mirano a convincere il presidente Putin a porre fine a questa guerra disumana e insensata», ha affermato a tal proposito Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Norvegia: 30.000 soldati NATO rinnovano l’esercitazione alla guerra tra i ghiacci

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Ieri 14 marzo è iniziata in Norvegia Cold Response 2022, un’esercitazione della NATO organizzata con cadenza biennale nel Paese scandinavo. Fino al primo aprile, circa 30.000 soldati provenienti da 27 Paesi dell’Europa e del nord America prenderanno parte all’addestramento, accompagnati da 200 aerei e 50 navi. L’obiettivo è verificare e implementare le abilità delle forze NATO, testando la loro “capacità di lavorare insieme anche in ambienti particolarmente freddi”, dove “il minimo errore può risultare fatale”.

Mappa di Cold Response 2022

La nascita del progetto, risalente al 2006, quando parteciparono alla prima esercitazione 11 Paesi con una forza di circa 10.000 soldati. Con il passare del tempo le cifre sono cambiate, arrivando all’edizione del 2020, dove più di 15.000 truppe presero parte alle operazioni in Norvegia, così come riporta il Dipartimento della Difesa statunitense. Cold Response 2022 conterà, invece, sulla presenza di 27 Paesi e circa 30.000 soldati. Una edizione da “record” quindi, che non potrà far altro che surriscaldare ulteriormente la temperatura nei rapporti con la Russia, confinante in un breve tratto a nord proprio con la Norvegia.

Al 2011 risale il Documento di Vienna, un tentativo volto a rafforzare la fiducia e la trasparenza fra i 57 membri dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Tra le diverse misure, è stata introdotta la possibilità per i membri dell’Organizzazione non facenti parte della NATO (tra cui la Russia) di partecipare, in qualità di osservatori, alle sue esercitazioni. Mosca ha rinnovato il rifiuto opposto alla partecipazione negli ultimi anni, ribadendo la propria contrarietà nei confronti degli addestramenti NATO, e in particolare per Cold Response, giudicata troppo vicina ai propri confini. Negli ultimi anni le esercitazioni NATO vicine ai confini russi si stanno moltiplicando. Ad esempio, tra aprile e maggio del 2020 è avvenuta l’esercitazione DEFENDER-Europe 20, definita dalla stessa NATO come il “più grande dispiegamento di forze militari americane in Europa degli ultimi 25 anni, con 20.000 soldati statunitensi“, arrivati sul suolo europeo, in particolare a nord e a Oriente, come in Lettonia e Polonia. A questa si aggiungono altre esercitazioni avvenute nel 2021 a ridosso dei confini russi, come nel caso dell’addestramento Sea Breeze che ha visto nel Mar Nero la presenza di 32 navi da guerra, 40 aerei e 5.000 soldati inviati da più di 30 Paesi fra Stati membri della NATO e partner dell’Alleanza.

[di Salvatore Toscano]