venerdì 28 Novembre 2025
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Birmania, indagine dimostra “crimini contro l’umanità” da parte dei militari

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Un’indagine condotta congiuntamente dal gruppo per la tutela dei diritti umani Fortify Rights e dal Centro Schell per i diritti umani internazionali della Yale Law School documenta le violenze e gli omicidi messi in atto in Birmania dai militari in seguito al colpo di stato del febbraio 2021. Il rapporto accusa la giunta della Birmania di “crimini contro l’umanità” e nomina almeno 61 funzionari che dovrebbero essere perseguiti per gli abusi, tra i quali il capo delle forze armate, leader del colpo di Stato, e il suo vice. Alcuni testimoni avrebbero riferito che uccidere gli oppositori fa parte della politica statale di terrore del governo militare.

L’Arabia Saudita sta facendo tremare il sistema del petrodollaro

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L’Arabia Saudita è in trattative avanzate con la Cina per la vendita di alcuni quantitativi di petrolio in yuan cinesi invece che in dollari USA, come riferito recentemente dal Wall Street Journal. Si tratta di un’iniziativa che – qualora si concretizzasse – potrebbe comportare lo sgretolamento del sistema del petrodollaro su cui si basa da più di mezzo secolo il sistema finanziario internazionale e il mercato delle materie prime, in seguito ad un accordo stipulato tra l’amministrazione Nixon e il Regno saudita nel 1973. Ciò avrebbe serie ripercussioni sull’impianto economico globale e su Washington che, in questo modo, perderebbe gran parte della sua centralità e del suo dominio con una progressiva de-dollarizzazione dell’economia mondiale. La Cina, infatti, è il più grande importatore di greggio al mondo, mentre l’Arabia Saudita è uno dei principali Paesi esportatori: secondo i dati dall’Amministrazione generale delle dogane della Cina, nel 2021 l’Arabia Saudita è stata il primo fornitore di greggio del colosso asiatico con una vendita di 1,76 milioni di barili al giorno, seguita dalla Russia con 1,6 milioni di barili al giorno. Se questi scambi dovessero avvenire in yuan, l’egemonia del dollaro come valuta di riferimento internazionale subirebbe un duro colpo: del resto, già la Russia – a causa delle sanzioni Occidentali – sta usando la moneta cinese come valuta di riserva per i suoi scambi commerciali con l’India.

La decisione dell’Arabia Saudita di fare a meno del dollaro negli scambi internazionali dipende dal deterioramento dei rapporti con il suo storico alleatogli USA – sotto l’amministrazione Biden, da imputarsi a diverse circostanze di natura diplomatica e geopolitica: innanzitutto, i sauditi non tollerano l’idea di un possibile accordo con l’Iran sul nucleare e, in secondo luogo, lamentano la mancata difesa militare da parte di Washington contro gli attacchi dei ribelli Houthi yemeniti. Oltre a ciò, i rapporti sono peggiorati da quando, nel 2020, Biden ha insultato il Regno saudita, definendolo uno “Stato paria”, per via dell’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi, ostile alla Casa reale. Secondo l’intelligence USA l’uccisione sarebbe stata ordinata dal principe Mohammed bin Salman: per questo, lo stesso principe si rifiuta da giorni di rispondere al telefono al Presidente americano, il quale sollecita un aumento della produzione di petrolio. Al contrario, L’Arabia Saudita intende incrementare le sue relazioni col Dragone nella speranza di convincere Pechino a ridurre il suo sostegno all’Iran sciita, nemico dei sauditi.

Ma la volontà di rafforzare i legami economici e geopolitici con la Cina, adottando lo yuan come valuta di scambio, è anche da ricondurre al sistema di sanzioni messo in atto da Washington contro Mosca: Riyad, infatti – come del resto anche Pechino – vuole smarcarsi dall’orbita finanziaria statunitense per evitare che in futuro possa andare incontro allo stesso tipo di sanzioni, ma anche per allinearsi al nuovo polo economico emergente orientale: proprio il triangolo Russia-Cina-India segna del resto uno spostamento dell’asse dell’economia globale verso l’Asia a cui ha contribuito in modo determinante la crisi ucraina. Infatti, non solo molti Paesi asiatici – tra i quali proprio India e Cina – si sono astenuti sulla risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina approvata dall’ONU, ma hanno anche resistito alle pressioni che Washington ha esercitato per fare applicare le sanzioni a Mosca. Come ha riportato un funzionario del governo indiano, ad esempio, l’India è intenzionata ad aumentare le importazioni di gas russo a prezzi scontati pagandolo in rupie e vanificando così gli sforzi statunitensi di compattare il mondo contro il Cremlino. Al contrario, ciò che si sta verificando è una “de-occidentalizzazione” dell’economia globale che, evidentemente, l’Arabia Saudita non ha mancato di cogliere e di sfruttare, spinta anche dai suoi risentimenti verso l’amministrazione Biden.

Dal canto loro, gli Stati Uniti – per tramite di un alto funzionario – hanno definito l’idea dei sauditi di vendere petrolio alla Cina in yuan “altamente volatile e aggressiva” e “non molto probabile”. È necessario sottolineare, infatti, che non è la prima volta che l’Arabia Saudita “minaccia” i suoi alleati “storici” di abbandonare il dollaro e che il passaggio da una valuta di riferimento all’altra richiederebbe comunque tempi lunghi, in quanto, ad oggi, i due terzi delle riserve di liquidità globali sono denominate in dollari. Allo stesso tempo però va rilevato come l’inizio della fine del sistema del petrodollaro sia inevitabile – proprio a causa dell’utilizzo strumentale del dollaro come “arma finanziaria” – così come l’emergere di un nuovo centro economico alternativo a quello occidentale, ricchissimo di materie prime, metalli preziosi, minerali e terre rare, rappresentato dall’Eurasia e da buona parte dei Paesi arabi. In questo contesto, la posizione dell’Arabia Saudita – ma anche dell’India – può segnare un’accelerazione determinante verso nuovi equilibri commerciali e geopolitici internazionali che presuppongono il ridimensionamento della valuta americana all’interno del sistema economico globale e, di conseguenza, anche del dominio unipolare occidentale. 

[di Giorgia Audiello]

Mosca espelle alcuni diplomatici Usa in risposta a Washington

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Il ministero degli Esteri russo ha riferito in una nota che “il 23 marzo, una lista di diplomatici statunitensi dichiarati persone non gradite è stata consegnata al capo della missione diplomatica americana”, quindi all’ambasciatore statunitense a Mosca. La decisione, presa a poche ore dall’espulsione di 45 diplomatici russi in Polonia, è avvenuta in risposta alla misura analoga adottata da Washington alla fine di febbraio, quando 12 diplomatici russi presso le Nazioni Unite sono stati allontanati dalla sede di New York “per questioni di sicurezza nazionale”.

Cibo cotto e cibo crudo: i segreti per ottenere il meglio dalla nostra dieta

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La cottura dei cibi ha un potere alchemico, a volte negativo, di togliere delle proprietà agli alimenti, ma altre volte positivo di apportare dei benefici. Ci sono dunque dei pro e dei contro e cercheremo di conoscerli per sfruttare al meglio quello che ogni alimento può rappresentare in termini di salute.

Si pensa che la cottura degli alimenti abbia avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo. Con la scoperta del fuoco infatti, insieme alla possibilità di scaldarsi e di difendersi dagli attacchi degli animali, l’uomo ha potuto sperimentare un nuovo modo di mangiare. La cottura ha dato al cibo sapori e odori prima sconosciuti, ha reso digeribili alimenti pressoché immangiabili da crudi come i cereali e i legumi, ha ridotto significativamente il rischio di infezioni da batteri, funghi e virus. 

La cottura rende più digeribili molti cibi, perché il calore spezzetta in unità più piccole sia le proteine che gli amidi, predigerendoli e rendendoli più accessibili agli enzimi digestivi che altrimenti dovrebbero fare interamente questo lavoro, con maggiore dispendio di energia e calorie dal nostro organismo, fra l’altro. Ecco perché gli amidi cotti di cereali e legumi, essendo maggiormente digeribili, apportano più calorie degli amidi crudi. Questo è anche il motivo per cui i neonati e chi è malato o defedato devono nutrirsi di cibi morbidi già cotti: impiegheranno meno energie e meno sforzi per estrarne il nutrimento. Ed ecco anche perché l’alimentazione di oggi, basata in prevalenza su cibi ultra-lavorati e creati per sciogliersi in bocca, si associa a una vera e propria epidemia di obesità.

La cottura pare abbia avuto un ruolo fondamentale per la sopravvivenza della specie umana: aumentando la disponibilità di calorie apportate da cereali, legumi e patate, ha fornito all’uomo l’energia necessaria per la crescita e il sostentamento. Secondo le teorie evoluzionistiche cuocere il cibo ha contribuito a far crescere di volume il cervello dell’uomo e di conseguenza a migliorare lo status sociale dell’Homo sapiens sapiens rispetto ad altri primati che non hanno avuto accesso al cibo cotto. Una dieta crudista con cibi non lavorati – dato che in passato non esistevano frullatori e centrifughe – non sarebbe quindi stata in grado di sostenere l’evoluzione del cervello dell’uomo se l’avvento della cottura non avesse concesso ai nostri antenati delle caverne la possibilità di aumentare il numero dei propri neuroni (86 miliardi), riuscendo così a staccare di alcune lunghezze altre specie meno evolute. Si pensi che il cervello dei gorilla ha 33 miliardi di neuroni e quello degli scimpanzè 28 miliardi. Neuroni che apportano numerosi benefici ma che richiedono molte calorie per funzionare. Non a caso il cervello umano consuma da solo il 20 per cento dell’intero fabbisogno energetico giornaliero di tutto il corpo. Secondo questa teoria, dunque, noi umani dobbiamo il nostro patrimonio di neuroni alla cottura, che ci avrebbe liberati dalla condanna di dover trascorrere buona parte della vita sugli alberi a masticare cibi crudi. Potendo passare più tempo a terra davanti al fuoco, l’uomo sarebbe stato avviato alla socializzazione, al parlare, allo sviluppo di strutture sociali via via più complesse. Tutti compiti per cui è necessario possedere cervelli più complessi e sostenuti dall’energia disponibile grazie al cibo cotto. Una dieta crudista, quindi, sarebbe perfetta per perdere peso (masticare richiede dispendio di calorie da parte del nostro corpo), ma assolutamente deleteria per far crescere un bambino e permettergli un adeguato sviluppo cerebrale e che ha bisogno di mettere da parte più calorie di quelle che consuma.

Le virtù dei cibi crudi

La cottura ha avuto un ruolo rilevante nell’evoluzione umana, ma ciò non significa che non ci siano benefici nel consumo in forma cruda di una parte del nostro cibo. Se la cottura dei cibi ci offre più calorie ed energia, e migliora il gusto di svariati cibi, c’è però anche un lato negativo in quanto essa distrugge molti nutrienti degli alimenti, in primo luogo gli enzimi e molte vitamine. Gli enzimi sono importantissimi per la salute perché moltiplicano la velocità di tutte le reazioni chimiche che avvengono nel nostro corpo fino a milioni di volte Chi non produce o assume abbastanza enzimi è “rallentato” in tutte le funzioni corporee. Servono enzimi infatti per le funzioni metaboliche e digestive, la riparazione cellulare, l’attività del sistema immunitario. Senza enzimi gli ormoni, le vitamine, i minerali e le cellule non funzionano. Tutti gli alimenti crudi possiedono al loro interno il patrimonio di enzimi necessario per la loro digestione, ma la cottura oltre 45 gradi distrugge quasi del tutto queste sostanze. Il cibo crudo è quindi un vero concentrato di enzimi e vitalità. I cibi crudi sono più leggeri e non appesantiscono i processi chimici del nostro organismo, anzi li aiutano favorendo quelli di rigenerazione cellulare, disintossicazione, antinvecchiamento. 

Un altro pregio del cibo crudo è che a differenza di quello cotto non induce la leucocitosi digestiva, ossia non fa aumentare il numero di cellule del sistema immunitario che si attivano contro le sostanze “estranee” contenute nei cibi ingeriti (specialmente cibi cotti perché creano nuove sostanze anche tossiche nell’alimento, come furosina, acrilammide, ecc.). Il termine leucocitosi si riferisce ai leucociti (o globuli bianchi) che sono cellule di difesa immunitaria contro agenti esterni di ogni genere come batteri, virus, e anche sostanze estranee contenute nei cibi, che prima di essere neutralizzate dall’organismo vengono attaccate e controllate dalle cellule immunitarie come i leucociti. In questo processo di leucocitosi digestiva viene reclutato un enorme numero di globuli bianchi e tutto questo non fa altro che “distrarre” il sistema immunitario dell’intestino, che rappresenta i 4/5 della nostra immunità. Nel tentativo di combattere questi “patogeni” del cibo però si toglie la sorveglianza immunologica verso le cellule cancerose. I globuli bianchi, messi in allerta all’ingresso nell’intestino del cibo cotto, aumentano di numero dopo 15 minuti dall’ingestione, rimangono alti per alcune ore e poi tornano ai livelli basali. Questo è in sintesi un fenomeno infiammatorio che avviene ogni volta che mangiamo cibi cotti, ma che non si verifica con i cibi crudi. Poiché le infiammazioni del corpo sono di diversa natura e si sommano tra di loro, un modo per abbassare l’infiammazione totale è quello di ridurre il più possibile le sollecitazioni infiammatorie parziali come quella ai pasti appena descritta. 

Il crudo prima del cotto

Una soluzione efficace per limitare il fenomeno della leucocitosi è quella di consumare del cibo crudo (un frutto o una verdura) prima di quello cotto. Consumando un alimento crudo, per esempio una mela, prima di quello cotto si può gestire il fenomeno della leucocitosi digestiva. Questo perché nell’alimento crudo sono presenti una serie di sostanze (panallergeni) che preparano il nostro sistema immunitario in modo tale da evitare tutte quelle reazioni di difesa immunitaria che si attivano coi cibi cotti. In parole più semplici dobbiamo aggirare il nostro sistema immunitario. Per evitare che si attivi la leucocitosi digestiva e con essa tutti quei segnali di “pericolo” che predispongono il nostro organismo all’obesità, sovrappeso e infiammazione, basta mangiare una carota, un finocchio o un frutto, perché sono riconosciuti come cibi “amici”, prima di mangiare un alimento cotto, in modo tale che i globuli bianchi non aumentino e non si attivino con essi tutti i processi infiammatori nocivi per il nostro corpo. 

Cibi cotti salutari

Qualcuno potrebbe dedurre erroneamente, dalle informazioni appena illustrate sulla leucocitosi digestiva, che i cibi cotti siano da limitare come nemici della salute. Niente affatto. È vero che con la cottura i cibi perdono molti nutrienti come la clorofilla, le vitamine e gli enzimi, tuttavia essa può anche rendere alcune sostanze antiossidanti più numerose in quantità e maggiormente disponibili per l’assorbimento intestinale. Il pomodoro, ad esempio, cuocendo libera licopene, un potente antiossidante della famiglia dei carotenoidi, che protegge le cellule dai danni dei radicali liberi e dal loro invecchiamento precoce. Con la cottura il licopene diventa più facilmente assimilabile. Poiché il licopene è una sostanza liposolubile allo stesso modo delle vitamine liposolubili (cioè si scioglie nei grassi), l’aggiunta di olio al pomodoro favorirà ulteriormente l’assorbimento di questa sostanza: la sua concentrazione nel sangue sarà molto più alta dopo aver mangiato un buon sugo di pomodoro cotto piuttosto che un’insalata di pomodori crudi, magari senza olio. Quanto detto per i pomodori vale anche per le carote, i cui carotenoidi si liberano meglio se le saltiamo in padella con aggiunta di olio. I broccoli e gli altri vegetali della famiglia delle Crucifere (cui appartengono cavolfiore, cavolo cappuccio, verza, cavolini di Bruxelles, cavolo nero, rucola, ravanello e senape) sono considerati fra le verdure più importanti da consumare regolarmente grazie alla ricchezza non solo di vitamine, minerali e composti antiossidanti, ma anche di sostanze ad azione antitumorale come il sulforafano. In questo caso occorre però attuare una strategia di preparazione e cottura particolare, altrimenti non riusciamo a sfruttarne le proprietà. Il sulforafano non è presente nel vegetale integro ma si forma solo in seguito alla rottura delle pareti cellulari grazie all’azione di un enzima chiamato mirosinasi, come accade quando tagliamo o mastichiamo le verdure. L’enzima però viene distrutto dalla cottura e quindi, per ottenere i benefici del sulforafano, dobbiamo prima dare modo all’enzima di fare il suo compito. Occorre frantumare le cellule del vegetale in 2 modi: mangiando le crucifere crude (come nel caso della rucola, del cavolo rosso e del ravanello), oppure tagliandole e lasciandole riposare 10-20 minuti prima di cuocerle, per dare tempo all’enzima di agire. Perciò se prepariamo una zuppa o un minestrone a base di cavolfiore o broccoli, per ottenere la formazione di sulforafano dovremmo prima frullare le verdure crude, lasciarle riposare per 10-20 minuti e quindi cuocerle: il contrario di quanto facciamo normalmente.

[di Gianpaolo Usai]

Juventus, nuove accuse di falso in bilancio: perquisizioni in varie sedi

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La guardia di finanza ha eseguito diverse perquisizioni nelle sedi della società Juventus di Torino, Milano e Roma. I provvedimenti sono stati messi in atto nel contesto dell’indagine sulle plusvalenze in diversi anni di rendiconto finanziario (282 milioni di euro in tre anni), che nel 2021 avevano portato i dirigenti della società a essere iscritti nel registro degli indagati. Gli inquirenti vorrebbero in particolare far luce su 4 mensilità che i calciatori avrebbero congelato nel 2020, in accordo con la società, per permettere la riduzione dei costi nei bilanci durante la pandemia.

Obbligo vaccinale ai sanitari: sollevata la questione di costituzionalità

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Il Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) per la Regione siciliana ha sollevato davanti alla Consulta la questione di legittimità costituzionale relativa alla disciplina che impone l’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid per il personale sanitario. Il massimo organo della giustizia amministrativa operante in Sicilia, infatti, tramite un’ordinanza pubblicata nella giornata di ieri ha ritenuto che il decreto-legge con cui l’obbligo è stato introdotto potrebbe essere in contrasto con diversi articoli della Costituzione. Nello specifico, all’interno dell’ordinanza si legge che il Cga ha ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione”.

Spiegando poi, nel dettaglio, quali sarebbero i profili di incostituzionalità, il Cga ha posto la lente di ingrandimento sul “numero di eventi avversi”, sulla “inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva”, sul “mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale” e sulla “mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid”. Tali aspetti, infatti, non consentirebbero di “ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini anti Covid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e pertanto tollerabili”. Non vi sarebbe prova, dunque, della esclusiva presenza di rischi che rientrino in un normale margine di tollerabilità.

Proprio riguardo quest’ultimo punto, non ci si può non soffermare sulla spiegazione data dal Cga, il quale sottolinea che nel novero dell’elencazione degli effetti collaterali “rientrano evidentemente anche patologie gravi, tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l’invalidità o, nei casi più sfortunati, il decesso”. Certo, come precisato dall’organo amministrativo “le reazioni gravi costituiscono una minima parte degli eventi avversi complessivamente segnalati”, ma ciò non toglie che “il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio non pare lasciare spazio ad una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’imposizione di obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità”. Ciò dunque non sembrerebbe “lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali, purché pochi in rapporto alla popolazione vaccinata”, anche perché, tra l’altro, seguire tale criterio “implicherebbe delicati profili etici (ad esempio, a chi spetti individuare la percentuale di cittadini “sacrificabili”)”.

Oltre a tutto questo, poi, il Cga ha dichiarato “rilevante e non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale anche “dell’art.1 della l. 217/2019 nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori” e, sempre relativamente al decreto-legge sull’obbligo vaccinale per i sanitari, dell’articolo 4 dello stesso “nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione”.

Volendo infine contestualizzare tale provvedimento, bisogna ricordare che l’ordinanza ha fatto seguito alla valutazione da parte del Cga dell’appello proposto da un tirocinante, iscritto al terzo anno del corso di Laurea infermieristica presso l’Università di Palermo, contro quest’ultima, in quanto non ammesso – tramite un provvedimento datato 27 aprile 2021 – ad un corso formativo all’interno delle strutture sanitarie perché non vaccinato. Nello specifico, l’appellante ha impugnato l’ordinanza del Tar della Sicilia che aveva respinto la domanda cautelare nel ricorso proposto contro tale provvedimento. In Sicilia, infatti, in primo grado vi è il Tar, le cui decisioni possono essere appellate davanti al Cga, che svolge nell’isola le funzioni proprie del Consiglio di Stato e che, come anticipato, è il massimo organo della giustizia amministrativa operante in Sicilia. Quest’ultimo, dunque, ha deciso di sollevare la questione di legittimità, con la Corte Costituzionale che adesso, stando alla sua consolidata giurisprudenza, potrebbe avere qualche difficoltà a decidere nel senso della legittimità dell’obbligo vaccinale.

[di Raffaele De Luca]

NATO: l’adesione dell’Ucraina non è in agenda

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«L’adesione dell’Ucraina alla NATO non è in agenda, ma il sostegno al Paese è in cima alle nostre priorità e sarà uno dei principali temi della discussione di domani», ha detto il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, in riferimento al summit straordinario dell’Alleanza previsto per il 24 marzo. Nel frattempo, Stoltenberg ha annunciato il rafforzamento sul lato orientale dell’organizzazione, mediante il dispiegamento di «quattro battlegroup in Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia». Durante l’incontro di domani si parlerà anche della Cina che, secondo il Segretario generale della NATO, «ha fornito sostegno politico alla Russia».

Il Comune di Fidenza introduce la patente a punti per le case popolari

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Il consiglio comunale di Fidenza ha deliberato lo scorso 17 febbraio il nuovo regolamento unico comunale in materia di edilizia residenziale pubblica (E.R.P.). Il documento introduce, ai sensi dell’articolo 8, Titolo III, Parte II dello stesso, un sistema a punti per chi abita nelle case popolari che, ricordando il sistema dei crediti sociali cinesi, attribuisce a ogni nucleo familiare la “Carta dell’assegnatario”, riportante un punteggio iniziale di 50 punti. Attraverso il comportamento dei residenti il credito potrà lievitare o diminuire: nel caso in cui si esaurissero tutti i punti a disposizione, gli assegnatari sarebbero costretti a lasciare l’alloggio.

All’interno del documento vengono riportate le tabelle “dei divieti e degli obblighi legati all’alloggio e agli spazi accessori”, entrati in vigore dal 19 marzo scorso. Tra i divieti, figurano “l’utilizzo di barbecue e griglie sul balcone” (pena la perdita di 10 punti) o l’ospitare “persone estranee al nucleo senza la preventiva autorizzazione del Comune e/o dell’Ente gestore”, comportamento che si tradurrebbe in una multa di 50 euro e nella decurtazione di 25 punti dalla “Carta dell’assegnatario”. Per quanto riguarda, invece, gli spazi comuni è vietato consumare alcolici o “distribuire cibo alle popolazioni libere di colombi e volatili in genere”, pena la perdita di 10 punti. Nel caso di segnalazioni e quindi di possibili “comportamenti illeciti”, il nuovo regolamento approvato dal Comune di Fidenza prevede l’intervento di un “agente accertatore” formato da ACER, la società che gestisce gli alloggi popolari in Emilia-Romagna. Al funzionario è assegnata la facoltà di ispezionare gli alloggi e sanzionare i nuclei familiari.

Secondo il comma V del sopracitato articolo 8, “agli assegnatari che, per un periodo consecutivo di tre anni, non incorrono in sanzioni è attribuito automaticamente un incremento di punti 5, fino al raggiungimento del punteggio massimo di punti 65”, ricalcando dunque il modello della patente di guida. All’interno del nuovo regolamento vengono poi citati altri due modi per ottenere un punto da aggiungere al proprio credito: “sistemando un danno provocato” o partecipando alle iniziative per “imparare a vivere bene insieme”. La misura, che ha già provocato diversi malumori nella popolazione locale, segue la strada tracciata da altre amministrazioni italiane, come nel caso dei cinque Comuni del Parmense (Felino, Sala Baganza, Collecchio, Traversetolo e Montechiarugolo) che nel 2019 escogitarono il sistema degli alloggi popolari a punti “per incentivare gli inquilini a comportarsi bene”, attraverso però rigide regole che minano la discrezionalità degli individui, obbligandoli a optare per determinate scelte comportamentali, pena la perdita dell’alloggio.

[Di Salvatore Toscano]

 

Putin: Russia non accetterà pagamenti in dollari o euro per gas

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La Russia non accetterà pagamenti in dollari o euro da parte dei Paesi considerati ostili in cambio del rifornimento di gas naturale: è ciò che avrebbe affermato – secondo quanto riportato dai media locali il presidente russo Vladimir Putin. Quest’ultimo avrebbe in tal senso dichiarato che le forniture di gas naturale dovrebbero essere pagate in rubli, motivo per cui alle autorità russe sarebbe stata concessa una settimana di tempo per attuare nella pratica il passaggio al nuovo sistema in valuta locale.

I movimenti argentini scendono in piazza contro il Fondo Monetario Internazionale

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Il 17 marzo il Senato argentino ha concesso la sua autorizzazione all’amministrazione del presidente Alberto Fernández per ristrutturare il debito del governo di 45 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale (FMI) ed evitare un tracollo finanziario. Che significa? Il debito contratto dal paese (che corrisponde a circa 39,5 miliardi di euro) si rifà al grosso prestito di 57 miliardi di dollari (circa 51 miliardi di euro) che il Fondo Monetario Internazionale aveva fatto all’Argentina nel 2018, per evitare che lo stato, in sintesi, fallisse. Il prestito era stato concordato dall’allora presidente Mauricio Macri, con l’intento di fa fronte alla crisi monetaria. Stando agli accordi precedenti, l’Argentina avrebbe dovuto restituire al FMI un primo “acconto” di 19 miliardi quest’anno, poi 19,27 nel 2023 e 4,856 nel 2024. Cioè più di 40 miliardi in 3 anni. Invece, dopo due anni di trattative, i pagamenti saranno “rateizzati” per tutto il prossimo decennio, (fino al 2032), ma partiranno dal 2024, sotto la supervisione stessa dell’FMI. Per il governo il riaccordo è essenziale per evitare un collasso totale, che andrebbe, a suo dire, ad affossare ancora di più l’economia.

Il rifinanziamento era già stato approvato dalla Camera dei Deputati la scorsa settimana: per rendere a tutti gli effetti ufficiale la nuova soluzione mancherebbe solo la votazione del consiglio del FMI. A proposito, cos’è il Fondo monetario internazionale? Ha sede a Washington, ed è un’istituzione internazionale cui partecipano 188 paesi, con la finalità di “promuovere la stabilità economica e finanziaria”. Sta succedendo anche in Argentina?

Gli argentini in realtà protestano da molto tempo, scendendo in piazza per dire no al patto con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Lo scorso 8 febbraio un corteo di 200 raggruppamenti ha sfilato contro l’accordo, mentre il 10 marzo alcuni manifestanti argentini hanno bruciato pneumatici, scagliato pietre e rotto finestre fuori dal palazzo del Congresso, per mostrare dissenso contro il nuovo accordo. Perché gli argentini sono così scontenti? Continuare ad essere in debito con il FMI, per larga parte della popolazione rappresenta un ulteriore “soffocamento” dell’economia nazionale.

 

Il prestito infatti avrebbe dovuto essere impiegato per correggere la finanza pubblica, gli squilibri fiscali, rafforzando l’esportazione e riducendo l’altissimo tasso di inflazione che da anni affligge il Paese. Ma per molti giuristi ed economisti non c’è dubbio che in realtà il piano sia stato una truffa fin dall’inizio. L’accordo iniziale (di 57 miliardi di dollari poi ridotto da Fernández a 44), conteneva già in partenza obiettivi impossibili da raggiungere e la bilancia dello stato sarebbe stata solo più appesantita dalla restituzione del debito. Il rischio era inoltre che la maggior parte di questi fondi finisse investito in altri paesi o utilizzato in maniera illecita. E così è stato.

A tal proposito, Celeste Fierro, leader del Movimento Socialista dei Lavoratori, aveva affermato che «il debito è una truffa: si tratta di soldi usciti con la fuga di capitali per sostenere la campagna elettorale di Macri. Soldi che non sono mai stati spesi per risolvere i problemi strutturali del Paese».

L’Argentina si era già trovata in una situazione simile a causa gli effetti del debito estero: nei primi anni 2000, a seguito dell’indebitamento messo in atto dalla dittatura militare, il Paese subì un collasso economico e sociale che portò la disoccupazione al 40% e alla contrazione del più grande debito estero nella storia economica del mondo. Le proteste che seguirono i tagli ai settori dell’educazione, della sanità e dei servizi pubblici spaccarono il Paese, portando a una grave e violenta crisi sociale.

[di Gloria Ferrari]