giovedì 8 Maggio 2025
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Gli europei sono pronti a farsi governare dalle macchine (gli italiani soprattutto)

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riconoscimento facciale

Negli Stati Uniti i devastanti attacchi hacker perpetrati mesi fa attraverso SolarWinds e Microsoft Exchange stanno ancora causando danni, nel frattempo i sistemi sanitari dell’Irlanda e della Nuova Zelanda sono stati recentemente tenuti sotto scacco da alcuni ransomware e le fughe di dati sono ormai talmente martellanti che le grandi aziende tecnologiche stanno cercando di convincere gli utenti che non vi sia alcun modo di difendere la privacy degli utenti, eppure non riusciamo a fare a meno di voler affidare al digitale ogni incombenza della nostra esistenza.

A ricordarcelo con una certa enfasi è il Center for the Governance of Change, un’istituzione sponsorizzata da banche, giganti informatici e Nazioni Unite che studia le implicazioni sociali dell’attuale rivoluzione tecnologica e che, nella sua ultima ricerca, ha raccontato come gli europei siano pronti a delegare alle macchine la gestione dei voti elettorali, se non addirittura del Governo stesso.

Il testo, lo European Tech Insights 2021 (parte uno e parte due), ha preso in considerazione le opinioni di 2.769 persone provenienti da diverse nazioni europee, persone che hanno manifestato punti di vista molto marcati, a proposito del genere di rapporto che si auspicherebbero fosse instaurato tra tecnologia e politica: il 72 per cento degli intervistati vorrebbe infatti poter esercitare il voto direttamente dal proprio smartphone. Tenendo conto solamente dei dati italiani, la statistica sale al 78 per cento, a prescindere dal fatto che una simile digitalizzazione ci ha causato in passato solamente grattacapi.

Non basta, un buon 59 per cento degli italiani desidera che i parlamentari vengano sostituiti, almeno parzialmente, con algoritmi e intelligenze artificiali, anche se allo stesso tempo il 54 per cento degli abitanti del Bel Paese ha ammesso di voler limitare l’automatizzazione professionale per salvaguardare i posti di lavoro.

Importante sottolineare che il supporto nei confronti della digitalizzazione cresca notevolmente se si vanno a considerare le anagrafiche giovanili, quelle dei “nativi digitali”. In questo caso non solo si riscontra una spiccata fiducia nell’uso di tutto ciò che è informatico, ma anche una maggiore propensione a rinunciare alla propria privacy in favore dei servizi digitali.

Un numero considerevole under-25 europei si è infatti detto pronto a condividere un numero sempre più crescente di dati personali, sia con il Governo che con le aziende private. Il 46 per cento dei giovani ha dunque dichiarato di essere disponibile a concedere ad assicurazioni e centri medici il diritto a consultare i loro dati fisiologici raccolti attraverso accessori indossabili quali smartwatches o attrezzi clinici portatili.

In generale, emerge la tendenza europea al rinunciare alla preservazione della propria intimità, se questo comporta la percezione di una vita più agile e sicura. Il 42 per cento degli intervistati si è infatti detto favorevole all’invadente tecnologia di riconoscimento facciale, a patto che questa poi permetta ai cittadini di utilizzare i propri dati biometrici per accedere ad aree per cui avrebbero altrimenti bisogno di specifici documenti d’identità.

In Italia, il 56 per cento delle persone ha ammesso di supportare l’identificazione autonoma attraverso video e la conseguente instaurazione di una profilazione profonda, pur di fare a meno dell’avere sempre in tasca l’abbonamento dei mezzi pubblici o il tesserino della palestra.

[di Walter Ferri]

Siria: mezzo milione di morti in 10 anni di guerra secondo Ong

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Un nuovo calcolo dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) ha rilevato che sono quasi 500.000 le persone che hanno perso la vita in Siria in dieci anni di guerra. Infatti, secondo la Ong dal 2011 il conflitto ha provocato 494.438 morti. Nello specifico la maggior parte dei decessi «è avvenuta tra la fine del 2012 e la fine del 2015», ha affermato all’agenzia di stampa AFP il direttore dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahman.

Trasporti: iniziato sciopero nazionale autobus, tram e metro

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È iniziato lo sciopero nazionale di 24 ore del trasporto pubblico locale. Esso è stato indetto dai sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna a causa del mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, scaduto da più di tre anni. Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli sono solo alcune delle città in cui si sta tenendo e si terrà lo sciopero. Inoltre, sono anche previsti presidi in diverse città.

Problemi cardiaci tra gli adolescenti vaccinati: lo ammette un’agenzia governativa Usa

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Il Centers for disease control and prevention (Cdc), l’agenzia federale di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, ha recentemente pubblicato un report dal quale si apprende che alcuni casi di miocardite si sono verificati nei giovani in seguito alla somministrazione dei vaccini anti Covid ad mRna (Pfizer e Moderna). Nello specifico il Vaccine safety techincal work group (Vast), il gruppo che si occupa di «riesaminare i dati sulla sicurezza del vaccino da quando è iniziato il programma di vaccinazione degli Stati Uniti», ha analizzato le segnalazioni di miocardite arrivate all’agenzia ed ha concluso che «questi casi sembrano verificarsi prevalentemente negli adolescenti e nei giovani adulti, più spesso nei maschi rispetto alle femmine, più frequentemente dopo la seconda dose e generalmente entro quattro giorni dalla vaccinazione».

Tuttavia viene anche sottolineato che ad oggi ci sono relativamente poche segnalazioni, la maggior parte dei casi «sembra essere lieve» e, inoltre, non è ancora chiaro se il problema sia stato causato dal siero o meno. Ma la possibilità che i casi di miocardite derivino dall’inoculazione del siero non sembra poi essere così remota. Basti pensare che anche in Israele è recentemente emerso il medesimo problema: secondo alcuni media locali, da un rapporto trapelato scritto da alti funzionari del ministero della Salute israeliano si apprende che a fine aprile erano 62 i casi di miocardite su oltre 5 milioni di vaccinati, la maggior parte verificatisi dopo la seconda dose (56) e tendenzialmente nei maschi con meno di 30 anni che avevano ricevuto il vaccino Pfizer. Sarà forse per questo che, seppur al momento non vi sia niente di certo, i membri del Vast hanno ritenuto che le informazioni sui rapporti di miocardite dovrebbero essere comunicate ai fornitori ed ai medici, così che essi possano «migliorare il riconoscimento precoce e la gestione appropriata delle persone che sviluppano tali sintomi dopo la vaccinazione».

Detto ciò, nonostante tutto questo l’Ema (Agenzia europea per i medicinali) venerdì ha autorizzato il vaccino Pfizer per i ragazzi dai 12 ai 15 anni ed a tale decisione ha fatto seguito quella dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), che ha accolto il parere espresso dall’Ema. Ci si chiede però se, sulla base di quanto appena detto, la somministrazione di vaccini approvati in via d’emergenza sia necessaria nei confronti dei giovani. Per questi ultimi, infatti, il Covid non rappresenta una malattia molto pericolosa ed i rischi legati ad esso sono molto bassi. Inoltre pur prendendo in considerazione la motivazione ufficiale di tale modus operandi, ossia quella secondo cui i minorenni rappresentino un pericolo per la diffusione del virus, va ricordato che al momento non vi sono certezze a livello scientifico sul fatto che i sieri siano in grado di rendere non contagioso il vaccinato. Dunque, come sottolineato recentemente anche da un gruppo di scienziati inglesi, se da un lato i potenziali benefici sono chiari per gli anziani e per le persone vulnerabili, dall’altro non lo sono per i più giovani, nei confronti dei quali l’equilibrio tra benefici e rischi è molto diverso.

[di Raffaele De Luca]

Usa: sparatoria in Texas, 2 morti e 2 feriti

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A Houston, in Texas, due uomini hanno perso la vita ed altri due sono rimasti feriti in seguito ad una sparatoria. Un individuo ha infatti aperto il fuoco in un affollato nightclub. Si ritiene che uno dei morti possa essere proprio quest’ultimo, colpito a morte da un vice sceriffo fuori servizio che lavorava alla sicurezza del club. A tal proposito, il capo della polizia di Houston, Troy Finner, ha fatto sapere che gli investigatori stanno cercando di confermare ciò.

Amazzonia, il business della soia aggira le leggi per continuare a disboscare

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Tre delle più grandi aziende alimentari al mondo sono accusate di aver acquistato soia favorendo la deforestazione illegale nell’Amazzonia brasiliana. In particolare, le aziende Cargill, Bunge e Cofco avrebbero comprato regolarmente semi di soia dalla multinazionale cinese Fiagril e dalla brasiliana Aliança Agrícola, entrambe rifornite da un agricoltore multato e sanzionato più volte per aver disboscato illegalmente la foresta. A rivelarlo un rapporto del The Bureau of Investigative Journalism. Analizzando immagini satellitari e verbali della polizia, gli autori del documento hanno scoperto come la soia sia stata piantata su terreni precedentemente posti sotto embargo, un divieto governativo rivolto agli agricoltori che hanno violato le norme sulla deforestazione o causato altri danni ambientali.

Un primo caso ha riguardato almeno 15 chilometri quadrati di terreno posti sotto embargo nel 2019, coltivati illegalmente e registrati a nome dell’agricoltore che rifornisce le due multinazionali. Un altro, riguarda invece un divieto imposto nel 2016 dallo stato del Mato Grosso. Qui, l’analisi satellitare condotta da Repórter Brasil ha stabilito che la soia è stata coltivata illegalmente nel 2018 e nel 2019. L’agricoltore, al tempo multato per oltre 1 milione di euro, avrebbe venduto soia a Fiagril e Aliança nel 2019. Quindi, in ogni caso, dopo l’imposizione dell’embargo. L’azienda Bunge ha acquistato soia da Fiagril, mentre Cargill e Cofco da Aliança, dopo che le due società erano state rifornite dal recidivo proprietario terriero. Tuttavia, poiché quest’ultimo coltiva anche terre legittime, non è certo che la soia acquistata dalle due multinazionali provenisse proprio dai campi posti sotto divieto governativo.

La questione ha però attirato particolarmente l’attenzione dal momento in cui tutte le aziende accusate sono impegnate, in quanto firmatarie della Moratoria sulla soia (Amazon Soy Moratorium), a non vendere, acquistare o finanziare il legume se coltivato deforestando l’Amazzonia. Un’iniziativa nata per tutelare la foresta che, tuttavia, ha mostrato ora i suoi primi limiti. «Consentire che diverse proprietà, gestite dalla stessa persona o cooperativa, seguano regole diverse, apre una scappatoia per aggirare la moratoria». È quanto ha affermato Lisa Rausch, ricercatrice presso l’Università del Wisconsin. Successiva solo all’allevamento del bestiame, la coltivazione della soia rappresenta ancora la principale causa agricola di deforestazione. Ciononostante, qualcosa è cambiato. Un recente studio, ha dimostrando che l’Amazon Soy Moratorium ha in realtà avuto un grande successo. Secondo le analisi, in dieci anni, l’iniziativa ha evitato la distruzione di oltre 18 mila km quadrati di foresta, senza che si sia verificata una sostituzione di pascoli con campi di soia o una riduzione della produttività. Alla luce delle recenti denunce, basterebbe quindi un adeguamento della stessa per evitare che i più ‘furbi’ se ne approfittino.

[di Simone Valeri]

Ex Ilva: condanna di 22 e 20 anni per Fabio e Nicola Riva

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La Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva; la pubblica accusa aveva chiesto rispettivamente 28 e 25 anni. Condanna a 3 anni, invece dei 5 richiesti, per Nichi Vendola, ex Presidente della regione Puglia. 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato Ambiente Svenduto sull’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico.

Un’inutile mega autostrada spinge il Montenegro tra le braccia della Cina

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La prima autostrada che attraversa il Montenegro, o che dovrebbe farlo, è un’opera faraonica con un costo enorme, un forte impatto ambientale ed è finanziata con un prestito cinese che adesso il Paese non riesce ad onorare. Il progetto prevede 170 chilometri di strada con 40 ponti e 90 gallerie che andranno a deturpare il paesaggio montenegrino. La costruzione dell’autostrada è stata avviata da Milo Dukanovic, politico potentissimo del panorama locale che ha ricoperto le massime cariche dello Stato dal 1998 ad oggi (ha anche avuto dei trascorsi con le autorità giudiziarie italiane). Il progetto prevede il collegamento del porto di Bar, nel sud, con il confine con la Serbia a nord. Delle sezioni previste per le varie fasi della costruzione nemmeno la prima sezione è stata terminata, purché fosse previsto per il 2020. Dei 170 chilometri totali solamente 40 sono stati conclusi.

Quando il Montenegro si rivolse alla Banca europea per gli investimenti per ottenere i finanziamenti necessari, questa si rifiutò di erogare il prestito. Infatti, studi di fattibilità condotti da tecnici francesi e americani, prima nel 2006 e poi nel 2012, avevano segnalato grossi rischi di sovradimensionamento. Così, nel 2014, è entrata in scena la Cina mettendo sul piatto un finanziamento da 1 miliardo di dollari tramite la Export-Import Bank of China, per la realizzazione dell’85% dell’infrastruttura.

Dukanovic sosteneva che l’opera, oltre che essere necessaria per lo sviluppo del paese, avrebbe portato migliaia di posti di lavoro. Ma così non è avvenuto. La China Road & Bridge Corporation ha portato proprio personale e materiale, visto che non sono stati previsti dazi e controlli doganali. Questo aspetto è, de facto, stato concesso anche alle ditte locali che così hanno assunto persone che arrivano dai paesi confinanti, molti dei quali senza essere in regola. E questo, adesso, risulta essere un problema secondario visto che un importante scadenza si avvicina senza che il Montenegro sia in grado di rispettarla.

Il contratto di finanziamento stipulato tra le parti prevede che il debito sia pagato in vent’anni ad un interesse del 2%. Inoltre, la prima rata del prestito è stata prevista a sei anni dalla stipula del contratto, ovvero, nel luglio 2021. Dunque, il Montenegro in questi anni non ha dovuto pagare niente. Dukanovic credeva di poter ripagare il debito con l’apertura dell’autostrada stessa, con il conseguente sviluppo del traffico delle merci e maggiore accesso al turismo e agli investimenti stranieri. Però, niente di tutto questo è avvenuto visto che l’opera è lontana dall’essere conclusa. A ciò si è aggiunto l’anno disastroso della pandemia che ha fatto registrare un calo del PIL pari al 15%.

Così, il Montenegro si è rivolto all’Unione Europea chiedendo un rifinanziamento del debito che però si è visto rifiutare. Peter Stano, portavoce per la politica estera dell’Ue, ha detto: «L’Unione non può ripagare i debiti che gli Stati partner assumono con terzi. L’UE è già il più grande fornitore di assistenza finanziaria al Montenegro, il maggiore investitore e il più grande partner commerciale». Nonostante questo c’è senz’altro apprensione per quanto sta accadendo, infatti il portavoce ha anche affermato: «L’UE è preoccupata per gli effetti socioeconomici e finanziari di alcuni investimenti cinesi o per il debito che alcuni degli investimenti cinesi possono avere nel paese perché c’è il rischio di squilibri macroeconomici e dipendenza dal debito».

La scorsa settimana, il Presidente cinese Xi Jinping e il Presidente montenegrino Milo Djukanovic hanno tenuto un colloquio telefonico in cui si sono toccati vari temi di importanza primaria come la cooperazione allo sviluppo dei due paesi e le questioni relative alla pandemia. Evidenziando buone relazioni con il Montenegro, il Presidente Xi si è detto sodddisfatto della cooperazione bilaterale in settori chiave come le infrastrutture e l’energia.

Non è dato sapere se i due leader hanno affrontato anche il tema particolare dell’opera in questione. Resta da capire come verrà risolta la questione del pagamento della prima rata del finanziamento. Il rischio concreto è che il Montenegro finisca per legarsi mani e piedi alla geopolitica cinese e ai suoi interessi economici.

[di Michele Manfrin]

Atlantia: via libera a cessione quote di Autostrade per l’Italia

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L’assemblea degli azionisti di Atlantia ha approvato con voto favorevole – dell’86,86% dell’assemblea – la cessione dell’intera partecipazione detenuta dalla medesima in Autostrade per l’Italia al consorzio costituito da Cdp Equity, Blackstone Group international partners e Macquarie European Infrastructure Fund.

I segreti degli armamenti nucleari in Europa sono stati rivelati per errore

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B-61 con missili nucleari

Negli asili e nelle classi della scuola primaria non è insolito incappare in quel genere di giocattoli interattivi che, attraverso l’esercizio, finiscono con l’insegnare ai fanciulli contenuti che altrimenti potrebbero risultare loro noiosi. Può trattarsi di una ruota che simula i versi degli animali da fattoria o di un accrocchio plasticoso pensato per addestrare alle tabelline, tuttavia lo scopo di base resta fondamentalmente inalterato: tramandare dei contenuti attraverso il gioco.

Questo forma di apprendimento ludico è anche il motivo per cui alcuni segreti delle basi militari statunitensi in Europa sono finiti ai quattro venti. E non si tratta di basi qualsiasi, ma di quelle in cui vengono conservate le armi nucleari a stelle e strisce. A scoprirlo è stato il team di ricercatori di Bellingcat, il quale stava compiendo sul web delle indagini di routine quando è incappato in una miniera disarmante di dati dell’esercito.

Le informazioni che gli sono passate per le mani non sono frutto di spionaggio, né figlie di un attacco hacker, piuttosto derivano da un’inquietante spirale di incoscienza, incompetenza e connivenza. Di fatto, i militari USA addetti alla supervisione di queste sensibilissime strutture, faticando a memorizzare i protocolli di sicurezza, si sono creati dei “pacchetti” di flashcard internettiane su applicazioni quali Chegg, Quizlet e Cram.

Le “flashcard” sono fondamentalmente dei bigini costruiti sotto forma di carte da gioco su cui da un lato viene riportato il quesito, mentre dall’altro è possibile leggere la risposta o la descrizione dei contenuti. I soldati statunitensi non solo hanno creato questi fogli di ripasso riversando su server di aziende private informazioni critiche alla sicurezza dell’intera Europa, ma in molti casi si sono anche dimenticati di impostare i file come privati, con il risultato che chiunque potenzialmente poteva accedervi.

Incuriositi da questo primo riscontro, gli indagatori di Bellingcat hanno esteso la loro investigazione, scoprendo che questo atteggiamento sia tutt’altro che nuovo. Va avanti sistematicamente almeno dal 2013, con il risultato che il malcostume sia ormai considerato completamente normale, nonostante questo rappresenti una chiara violazione delle leggi di sicurezza tanto degli USA, quanto della NATO.

Un rappresentante delle forze aeree americane ha ammesso infatti candidamente ai ricercatori di essere a conoscenza del fatto che certi membri in servizio adoperino simili app, ma ha anche immediatamente sottolineato che il loro utilizzo non sia stato in alcun modo raccomandato dall’esercito, è un’iniziativa autonoma dei soldati. Un’iniziativa che ha evidentemente preso piede, considerando che i militari in questione erano così a loro agio nel diffondere informazioni secretate che usavano le proprie generalità per iscriversi ai programmi incriminati.

Sulla Rete sono progressivamente emersi i “mazzi” di flashcard relativi a tutti i magazzini europei la cui funzione di stoccaggio nucleare è ormai segreta solo sul piano ufficiale e amministrativo. Tra i nomi venuti a galla non potevano mancare le basi di Aviano, Friuli-Venezia Giulia, e di Ghedi-Torre, Lombardia, basi che erano state in passato già indicate come depositi di armi nucleari da parte Joseph Day, un Senatore canadese che aveva pubblicato per errore un rapporto NATO particolarmente esplicito.

Purtroppo, le flashcard non si limitano a confermare il malcelato segreto che l’Italia ospiti simili armamenti, piuttosto tendono a offrire anche uno spaccato più dettagliato su simili strutture: dal quali siano i magazzini specifici contenenti le munizioni a quante siano le telecamere a circuito chiuso che vigilano sull’area.

La notizia sta emergendo solamente ora, tuttavia Bellingcat ha avuto l’accortezza di segnalare il problema a chi di dovere più di un mese fa. A ricevere la grottesca notifica sono stati la NATO, lo European Command statunitense (EUCOM), il Dipartimento della Difesa USA (DoD), nonché i Ministeri della Difesa di Olanda, Belgio, Turchia, Germania e Italia.

Le flashcard sono dunque state in buona parte rimosse dal web così che i loro contenuti non possano più essere consultati, tuttavia debellare completamente dei contenuti da internet è un’impresa titanica, se non impossibile. Non sorprende quindi che la testata Motherboard abbia già trovato il modo di far riemergere alcuni dei dati perduti attingendo agli archivi digitali di Wayback Machine, portale pensato per consultare le vecchie versioni di pagine che sono state modificate nel tempo.

[di Walter Ferri]