mercoledì 16 Aprile 2025
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Corea del Sud, fallisce impeachment nei confronti del Presidente

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Con solo 195 voti, l’Assemblea Nazionale ha respinto la mozione di impeachment nei confronti del Presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol. Il provvedimento richiedeva il sostegno di due terzi dell’Assemblea, ovvero 200 dei suoi 300 membri, ma al voto hanno partecipato i partiti d’opposizione con 192 seggi e solo tre legislatori del Partito del Potere Popolare, decretando il fallimento della mozione. Uno dei principali partiti di opposizione, il Partito Democratico, aveva dichiarato di avere l’intenzione di riprendere la mozione di impeachment la prossima settimana nel caso di un fallimento. «Il mondo sta osservando. È davvero un peccato che non ci sia stata nemmeno una votazione», ha dichiarato il portavoce Woo Won-shik.

Burkina Faso, la giunta scioglie il governo

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La giunta militare del Burkina Faso, guidata dal presidente ad interim Ibrahim Traoré, ha rimosso il primo ministro, Apollinaire Joachim Kyelem de Tambela, dall’incarico e sciolto il governo. Il decreto di Traoré non fornisce spiegazioni circa il licenziamento di Tambela, che era stato nominato premier ad interim subito dopo la presa di potere da parte della giunta nel settembre 2022. I membri del governo uscente manterranno il loro ruolo fino alla nomina del nuovo gabinetto. La notizia arriva in un momento di tensione per il Paese, che da anni affronta gli attacchi dei ribelli islamici legati ad al Qaeda e allo Stato islamico.

Siria: l’avanzata dei “ribelli” è travolgente, Assad potrebbe avere le ore contate

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L’avanzata dei gruppi cosiddetti “ribelli” in Siria è arrivata travolgente e inaspettata. Dopo anni di stallo, il governo di Bashar al-Assad pareva inesorabilmente avviato ad essere riaccettato anche a livello diplomatico: era stato riammesso nella Lega Araba, mentre molte nazioni occidentali – tra cui l’Italia – avevano riaperto l’ambasciata a Damasco, riconoscendo di fatto la rinnovata autorità del regime sul Paese. Poi, in dieci giorni, l’impensabile: l’avanzata delle milizie capeggiate dal gruppo islamista Hayat Tahrir al Sham, affonda come una lama nel burro, conquista praticamente senza incontrare resistenza la città di Aleppo, poi prosegue e prende dopo brevi combattimenti Hama, una città che i ribelli non erano mai riusciti a conquistare negli otto anni della “guerra civile”. Per importanza si tratta rispettivamente della seconda e della quarta città della Siria, ed ora si trovano alle porte della terza, la città di Homs, che potrebbe cadere nelle prossime ore. Dovesse succedere, la strada verso la capitale Damasco sarebbe spianata. Difficile prevedere cosa potrebbe succedere, ma una cosa è certa: per ora l’esercito regolare siriano non sta praticamente combattendo; mentre le due forze che fino a ieri garantivano la difesa al presidente Assad, ovvero la Russia con l’aviazione e gli Hezbollah libanesi con la fanteria, non sembrano nella possibilità di fungere ancora da polizza salvavita per Assad.

Lo scorso 27 novembre, nelle stesse ore in cui veniva annunciato il cessate il fuoco in Libano tra Israele e la milizia filoiraniana Hezbollah, le forze antigovernative in Siria, partendo da Idlib, hanno lanciato un’offensiva inaspettata che, in pochi giorni, ha portato alla conquista di Aleppo, seconda città del Paese. Le forze antigovernative, note come “ribelli”, sono composte da diversi gruppi che si oppongono al governo di Assad e sono guidate dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS). Le radici di HTS risalgono al 2012, con la creazione di Jabhat al-Nusra, la filiale ufficiale di al-Qaeda in Siria. Il gruppo è stato formato da Abu Mohammad al-Golani, che ne è tuttora il comandante e che in passato aveva avuto legami con al-Qaeda in Iraq (AQI), precursore dello Stato Islamico (ISIS). Grazie anche al sostegno indiretto della Turchia, i “ribelli” sono stati in grado di avanzare rapidamente nel nord della Siria, conquistando il 5 dicembre la città di Hama, per poi concentrarsi su Homs, terza città del Paese. La caduta di Homs lascerebbe ai ribelli la strada spianata verso la capitale Damasco.

Se il recente evolversi degli eventi nel contesto siriano può lasciare aperti diversi scenari e interpretazioni, una cosa appare inesorabilmente evidente: la debolezza dell’esercito siriano. Le forze governative di Assad, al 7 dicembre, non sono state in grado di offrire una resistenza militare concreta per contrastare l’avanzata dei “ribelli”. La città di Hama non era mai stata conquistata, nemmeno nelle prime fasi del conflitto del decennio precedente. Inoltre, nelle ultime ore, diversi rapporti segnalano defezioni da parte dell’esercito siriano anche in zone del Paese non direttamente coinvolte dall’offensiva di Hayat Tahrir al-Sham (HTS). A sud di Damasco, le città di As-Suwayda e Dar’a sono cadute sotto il controllo delle forze di opposizione. L’esercito siriano si sarebbe inoltre ritirato dalle sue posizioni nella provincia di Deir ez-Zor, nel nord-est, lasciando il territorio sotto il controllo delle Forze Democratiche Siriane (SDF), un’alleanza di milizie curde, arabe e assiro-siriache sostenute dagli Stati Uniti.

La rapidissima avanzata dei gruppi di Hayat Tahrir al Sham, contrassegnati in verde chiaro. In verde più accesso al confine con la Turchia ci sono invece i possedimenti delle milizie governate direttamente da Ankara, mentre in giallo le zone controllate dai curdi, che in questi giorni stanno sia difendendosi dai jihadisti ribelli, che avanzando sottraendo territorio alle truppe in ritirata del governo di Damasco.

La differenza tra la recente offensiva e le dinamiche del passato è sicuramente dovuta al mutamento del contesto internazionale, che ha coinvolto i due principali alleati del governo di Assad: la Russia e l’Iran. Negli ultimi anni, la Russia è stata principalmente impegnata nella guerra in Ucraina, che ha richiesto ingenti risorse umane e materiali. Questo ha comportato una significativa diminuzione del supporto militare alla Siria. Per contrastare la recente offensiva, Mosca si è limitata a effettuare solo pochi raid aerei, che non sono riusciti a fermare l’avanzata dei ribelli. Inoltre, al governo siriano sono venuti a mancare anche i mercenari del gruppo Wagner. La Russia possiede in Siria la sua unica base navale nel Mediterraneo, situata a Tartus, e una base aerea nei pressi di Latakia (Lodicea). Dal punto di vista strategico, una perdita della Siria rappresenterebbe un grave colpo per Mosca, ma la sua difesa potrebbe passare anche da un accordo con i “ribelli” se dal Cremlino dovessero ritenere Assad non più difendibile.

Un discorso analogo vale per l’Iran e “l’Asse della Resistenza”, che risultano impegnati su diversi fronti regionali, tra cui Libano, Yemen e Iraq, oltre che in Siria. In passato, Teheran era riuscita a fornire un ampio supporto militare al governo siriano, grazie soprattutto alle milizie libanesi di Hezbollah. Tuttavia, negli ultimi tempi, Hezbollah è stato costretto a concentrare i propri sforzi in patria a seguito dell’invasione da parte di Israele. Un ulteriore fattore che ha indebolito il governo siriano sono stati i costanti raid aerei israeliani contro depositi di armi e installazioni militari riconducibili all’Iran e ai suoi alleati in territorio siriano. Negli ultimi giorni, Tel Aviv ha bombardato anche il valico di confine di Arida, che collega la Siria al Libano. L’importanza strategica della Siria risiede nella possibilità per Teheran di utilizzare un corridoio diretto, attraverso l’Iraq, fino al Libano e al suo principale alleato regionale, Hezbollah.

A questo quadro si aggiunge il ruolo di altri attori internazionali, come la Turchia e gli Stati Uniti. La Turchia ha occupato militarmente un corridoio nel nord della Siria, giustificando l’azione con motivazioni legate alla sicurezza e alla presunta minaccia rappresentata dalle forze curde. Inoltre, il governo di Erdogan rimane il principale sostenitore dei ribelli e di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), rendendo improbabile che questa offensiva sia avvenuta senza il suo consenso. Gli Stati Uniti, dal canto loro, controllano alcuni pozzi petroliferi in Siria con il supporto delle Forze Democratiche Siriane (SDF). Inoltre, Washington mantiene una base militare strategica ad Al-Tanf, nell’est del Paese.

La caduta del governo Assad e le possibili ripercussioni

Nonostante l’importanza strategica della Siria per Russia e Iran, non è detto che questi abbiano la forza o la volontà di impegnarsi nuovamente in una guerra per conto di Assad, considerando anche la pochezza che l’esercito siriano ha mostrato finora nel montare una qualche forma di resistenza. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il 5 dicembre ha invitato le parti in conflitto e gli attori internazionali a trovare una soluzione pacifica per la Siria attraverso il Consiglio di Sicurezza, in particolare per quanto riguarda la tutela della popolazione civile. In nemmeno due settimane da quando è iniziata la nuova offensiva si contano già oltre 250.000 sfollati. Più probabile che una soluzione possa invece arrivare dal vertice che Turchia, Iran e Russia terranno oggi a Doha, in Qatar. L’Unione Europea, non memore di quanto occorso in passato, per il momento tace. Evidentemente la sua linea in politica estera non intende seguire gli interessi della popolazione europea, ma le direttive che arrivano da oltre oceano.

[di Enrico Phelipon]

Mercosur: l’accordo di libero scambio con l’America Latina che spacca l’Europa

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La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è determinata a finalizzare l’accordo commerciale di libero scambio tra l’UE e il blocco Mercosur (formato da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay), nonostante la forte opposizione della Francia e di altri Paesi europei, tra cui l’Italia e la Polonia, stia portando a una profonda spaccatura politica tra gli Stati membri. Von der Leyen è atterrata giovedì a Montevideo, in Uruguay, per portare a termine i negoziati che vanno avanti da quasi due decenni attraverso la sottoscrizione definitiva dell’accordo: «il traguardo dell’accordo Ue-Mercosur è ormai vicino», ha scritto su X aggiungendo: «Mettiamoci al lavoro, abbiamo la possibilità di creare un mercato di 700 milioni di persone. La più grande partnership commerciale e di investimento che il mondo abbia mai visto. Entrambe le regioni ne trarranno beneficio». Allo stesso tempo, il presidente francese Emmanuel Macron, alle prese con la crisi di governo che ha investito l’esecutivo francese, caduto dopo soli tre mesi, ha detto che l’accordo commerciale con il blocco sudamericano è «inaccettabile» nella sua forma attuale. A fare da sponda all’Eliseo è intervenuta anche l’Italia con posizioni molto simili a quelle della Francia, che vorrebbe una revisione dei termini dell’accordo. Forti sostenitrici dell’intesa, invece, sono la Germania e la Spagna, con la prima che ha esercitato forti pressioni per concludere il patto commerciale.

L’accordo di libero scambio tra l’UE e il Mercosur è finalizzato a creare una delle più grandi aree di libero scambio al mondo, coinvolgendo circa 720 milioni di persone e ha come obiettivo la facilitazione degli scambi commerciali tra i due blocchi. In particolare, i punti principali del patto comprendono la riduzione delle tariffe doganali, un maggiore accesso al mercato agricolo europeo da parte dei Paesi sudamericani appartenenti al blocco in cambio dell’agevolazione dell’esportazione di prodotti tipici da parte delle aziende europee e la tutela delle indicazioni geografiche per proteggere le eccellenze dell’agro-alimentare europeo. Nel dettaglio, l’intesa prevede l’eliminazione del 91% delle tariffe imposte dal Mercosur sui prodotti europei e quella del 92% delle tariffe dell’UE sui prodotti del Mercosur. Tuttavia, Paesi come Francia, Italia e Polonia, che si oppongono all’attuale forma dell’accordo, lamentano una concorrenza sleale dovuta all’importazione di prodotti a basso costo, possibile, a sua volta, a causa dei diversi criteri ambientali e sanitari previsti negli Stati sudamericani. In particolare, gli standard di produzione del Mercosur sarebbero molto meno elevati di quelli vigenti all’interno dell’Unione, mettendo potenzialmente a rischio anche la salute dei consumatori e dell’ambiente. Altre preoccupazioni riguardano le possibili perdite economiche per gli agricoltori europei e il potenziale aumento della deforestazione nei Paesi dell’America Latina.

Gli agricoltori francesi avevano già duramente protestato contro l’accordo di libero scambio nello scorso mese di novembre, quando il più grande sindacato agricolo francese, la FNSEA, aveva organizzato più di 80 manifestazioni di dissenso, tra cui raduni davanti agli edifici governativi e fuochi appiccati nei campi durante la notte in segno di rabbia. Allo stesso modo, il sindacato Coordination Rurale aveva definito l’intesa con il Mercosur come la «morte dell’agricoltura». «Le nostre azioni diventano più dure perché è una questione di sopravvivenza e vogliamo un futuro per i nostri giovani», aveva detto alla BFMTV la presidente del Coordinamento Rurale, Veronique Le Floc’h. Lo stesso presidente francese Macron aveva ribadito la sua contrarietà al concordato durante un recente viaggio in America Latina e aveva affermato che l’Assemblea nazionale avrebbe dovuto discutere e votare presto in merito alla questione. Per quanto riguarda l’Italia, fonti di Palazzo Chigi hanno riferito che l’esecutivo considera insoddisfacente il testo attuale dell’Accordo di associazione UE-Mercosur e subordina la firma a precise garanzie per il settore agricolo.

A insistere affinché si sottoscriva l’intesa, invece, è la Germania che – secondo il quotidiano Politico – nell’ultimo periodo ha intensificato la sua attività di lobbying con von der Leyen, che è tedesca, per concludere l’accordo. Questa settimana, il ministro degli Esteri teutonico, Annalena Baerbock ha incontrato la presidente della Commissione per fare pressione in questa direzione. Sempre secondo Politico, se lo scontro franco-tedesco dovesse inasprirsi, verrebbe messo in discussione il ruolo dell’esecutivo dell’UE come principale negoziatore negli accordi commerciali per conto dei 27 Stati membri, nonché l’intero funzionamento del mercato unico europeo che comprende 450 milioni di persone. La polemica sull’accordo di libero scambio, inoltre, mette bene in evidenza, da un lato, la grande diversità d’interessi che caratterizza le nazioni dell’UE – e dunque la loro divisione – e dall’altro, il profondo malcontento e le difficoltà in cui continua a versare il settore agricolo europeo.

[di Giorgia Audiello]

Gaza, Israele attacca un ospedale: 29 morti

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A partire da stamattina, l’aviazione e le forze di terra israeliane stanno conducendo un attacco sull’ospedale di Kamal Adwan, a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, che finora ha ucciso almeno 29 persone. A darne notizia è la protezione civile di Gaza, che ha comunicato che le IDF hanno scagliato “una serie di attacchi aerei sui lati settentrionale e occidentale” dell’ospedale, da giorni sotto assedio. L’area è caratterizzata da una presenza massiccia di militari israeliani, che hanno preso di mira persone all’interno e all’esterno della struttura: l’ospedale sembra essere stato evacuato, e 70 persone sono state arrestate e portate in una zona sconosciuta per essere interrogate.

La scoperta di un pianeta “neonato” permetterà di studiare la formazione planetaria

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Si chiama TIDYE-1b, è il più giovane mai osservato grazie al “metodo del transito” e ha solo 3 milioni di anni, ovvero l’equivalente a due settimane su scala umana: è il pianeta scoperto recentemente da una squadra di ricercatori dell’Università della Carolina del Nord (UNC) la quale, grazie anche ai dati raccolti dal telescopio spaziale Tess della NASA, ne ha dettagliato i risultati all’interno di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. Il pianeta, spiegano i ricercatori, rappresenta un nuovo punto di riferimento delle prime fasi della formazione planetaria, visto che la sua formazione sfida le teorie precedenti che stimavano tempi più lunghi, come nel caso della Terra che ha richiesto 10-20 milioni di anni. «Scoprire pianeti come questo ci consente di guardare indietro nel tempo, cogliendo uno scorcio della formazione planetaria mentre avviene», ha commentato Madyson Barber, coautore dello studio e ricercatore presso il dipartimento di fisica e astronomia presso dell’UNC.

Un’interpretazione artistica del sistema IRAS 04125+2902 (TIDYE-1). Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt, K. Miller (Caltech/IPAC)

La scoperta è stata resa possibile grazie all’uso combinato di tecnologie avanzate e tecniche innovative: il team ha utilizzato i dati della missione TESS della NASA, supportati da un algoritmo di ricerca proprietario chiamato Notch, per identificare e confermare la presenza di TIDYE-1b. È stato sfruttato il cosiddetto metodo dei transiti, ovvero il metodo basato sull’osservazione della luce di una stella e sul rilevamento di variazioni periodiche della sua luminosità, causate dal passaggio di un pianeta davanti ad essa (il cosiddetto transito). Un elemento cruciale durante il processo, aggiungono i ricercatori, è stato il disco deformato della stella ospite, che ha consentito agli scienziati di osservare il pianeta, un’impresa generalmente impossibile per oggetti così giovani a causa delle interferenze del disco natale di polveri e gas. La collaborazione con numerosi telescopi, inoltre, ha inoltre facilitato la verifica del segnale, assicurandone l’origine planetaria.

«I pianeti si formano tipicamente da un disco piatto di polvere e gas, motivo per cui i pianeti nel nostro sistema solare sono allineati in una disposizione “a pancake”. Ma qui, il disco è inclinato, disallineato sia con il pianeta che con la sua stella, una svolta sorprendente che sfida la nostra attuale comprensione di come si formano i pianeti», ha spiegato Andrew Mann, ricercatore principale dello Young Worlds Laboratory e professore associato di fisica e astronomia presso l’UNC, oltre che coautore dello studio. Infine, gli autori hanno concluso che ulteriori studi di follow-up analizzeranno il modo in cui l’atmosfera del pianeta si confronta con il materiale del disco circostante, fornendo indizi sul suo viaggio verso la sua orbita compattata ed esamineranno se TIDYE-1b sta ancora crescendo tramite l’accrescimento di materiale o se sta eventualmente perdendo la sua atmosfera superiore a causa dell’influenza della sua stella ospite.

[di Roberto Demaio]

Bracconaggio, furto e uccisioni di animali: maxi operazione in Lombardia e Veneto

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In Lombardia e Veneto, nell’ambito di una vasta operazione antibracconaggio, sono state sequestrate 90 armi e oltre 17.000 munizioni, nonché quasi 1.200 dispositivi illegali, tra cui trappole e reti per uccelli. I Carabinieri forestali, con l’Operazione Pettirosso, hanno così denunciato cento persone per reati contro l’avifauna selvatica e arrestato quattro individui per detenzione illegale di armi. I militari hanno inoltre sequestrato 1.400 uccelli abbattuti e oltre mille esemplari vivi catturati illegalmente. Tra i principali reati accertati figurano il furto aggravato di fauna selvatica, ricettazione, maltrattamento e uccisione di animali e utilizzo di strumenti di cattura vietati.

La cattura degli uccelli veniva infatti effettuata con strumenti del tutto illegali, tra i quali richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, reti da uccellagione, gabbie trappola, archetti e trappole metalliche – dove gli animali possono rimanere appesi ad agonizzare per ore, provando grande sofferenza. Molti degli uccelli sequestrati, denuncia la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), presentavano anelli contraffatti, «il che significa che si tratta di animali catturati in natura e dotati di anello in modo abusivo, e destinati al mercato dei richiami vivi per l’utilizzo durante la caccia».

Le Prealpi lombardo-venete sono una delle aree italiane più colpite dal bracconaggio, secondo quanto denunciato dal WWF. Complice di questa situazione è anche una legislazione sempre più permissiva: nella sola Lombardia, per esempio, la legge sulla caccia ha subito ben 14 modifiche negli ultimi 4 anni, riferisce l’associazione. Questo ha favorito la riduzione della tutela della fauna selvatica, facilitando l’attività di bracconieri e cacciatori. L’incapacità dell’Italia di proteggere l’avifauna, e in particolare le specie migratorie, è valsa al nostro Paese anche l’apertura di una procedura d’infrazione a livello europeo per violazione della direttiva Uccelli (2009/147/CE). «L’Italia deve adottare misure urgenti per fermare l’escalation delle violazioni, dotando l’ordinamento di norme e sanzioni efficaci ma anche investendo nel supporto dell’attività di prevenzione e contrasto – ha dichiarato Domenico Aiello, responsabile WWF per la tutela giuridica della Natura – Il recepimento efficace della Direttiva sulla Tutela Penale dell’Ambiente rappresenta in questo senso una occasione imperdibile. Solo così si potrà garantire il rispetto della legalità e la tutela della biodiversità, che è patrimonio di tutti».

[di Valeria Casolaro]

Romania, annullato il risultato del primo turno di presidenziali

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La Corte Costituzionale romena ha annullato il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali tenutesi due settimane fa, che avevano visto trionfare a sorpresa il candidato indipendente di destra Călin Georgescu, con il 23% delle preferenze. La vittoria di Georgescu ha gettato nel panico i partiti pro-UE a causa delle sue posizioni euroscettiche e anti-NATO, e ieri a Bucarest si è tenuta una manifestazione in sostegno della presenza romena nell’UE. L’annuncio arriva dopo le dichiarazioni del presidente romeno, Klaus Iohannis, che ha accusato la Russia di aver condotto una vasta campagna mediatica per promuovere Georgescu sulle piattaforme social. Ora l’intero processo elettorale dovrà essere ripetuto, comprese registrazione e convalida delle candidature.

Lisbona approva lo svolgimento di un referendum per cancellare gli affitti turistici

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Lisbona potrebbe essere protagonista di un grande cambiamento sul fronte degli affitti brevi. L’Assemblea municipale ha infatti approvato il referendum promosso dai cittadini della capitale portoghese che propone l’abolizione degli appartamenti dati in affitto per vacanze temporanee, restituendoli al mercato degli affitti per residenti o domiciliati e delle vendite. La proposta è pervenuta tra i banchi del Comune agli inizi di novembre, quando gli abitanti di Lisbona hanno presentato più di 6.000 firme di sostegno a due quesiti referendari. Ora la palla passa nelle mani della Corte Costituzionale, che ha 25 giorni per esaminare i due quesiti e dare l’eventuale approvazione finale.

La decisione dell’assemblea comunale di Lisbona è arrivata mercoledì 4 dicembre. La proposta ha trovato l’appoggio dei partiti di sinistra e ambientalisti, e l’opposizione di socialdemocratici e liberali. Di preciso, essa prevede due quesiti relativi al cambiamento del regolamento sugli “alloggi locali”, gli appartamenti dedicati ai turisti: il primo chiede ai residenti di Lisbona se sono d’accordo che la Camera ordini la “cancellazione degli alloggi locali registrati in proprietà destinate ad abitazioni”; il secondo chiede se approvano che “gli alloggi locali non siano più consentiti in proprietà destinate ad abitazioni”. Il referendum intende, insomma, eliminare gli alloggi locali esistenti e impedire che ne vengano registrati altri, restituendo gli immobili destinabili ad abitazioni al regolare mercato immobiliare.

Ora che l’assemblea ha approvato la richiesta, tocca alla Corte Costituzionale esprimersi. Se dovesse arrivare il via libera anche dal tribunale, il municipio avrebbe cinque giorni di tempo per stabilire una data in cui tenere il referendum, che deve essere fissata tra i 40 e i 60 giorni dopo la delibera. La proposta di iniziativa popolare è arrivata al comune di Lisbona agli inizi di novembre, quando un gruppo di cittadini ha presentato 6.600 firme all’amministrazione per chiedere che venisse fatto qualcosa per contrastare il fenomeno delle affittanze turistiche; a queste si sono aggiunte anche altre 4.400 firme di persone non residenti a Lisbona che appoggiavano l’iniziativa. Molte di loro, infatti, hanno spiegato di essere state di fatto «cacciate» dalla speculazione delle affittanze brevi, che nel tempo ha fatto lievitare i prezzi degli affitti per i cittadini a dismisura. Tale fenomeno è proprio di tutto il Portogallo ed è particolarmente sentito nella capitale, che, in caso di approvazione da parte della Corte Costituzionale, sarebbe la prima città del Paese a indire un referendum sul tema.

[di Dario Lucisano]