Kémi Séba, attivista originario del Benin, non è più cittadino francese. La comunicazione è apparsa sul Journal Officiel de la République Française, la Gazzetta Ufficiale francese che riporta le informazioni più importanti dello Stato. Con decreto datato l’8 luglio scorso, il Consiglio di Stato ha infatti stabilito che Stellio Gilles Robert Capo Chichi (conosciuto come Kémi Séba) ha «perduto» la nazionalità francese, senza specificare ulteriori dettagli. In un post apparso sui social, Séba ha commentato ironicamente di essere così «finalmente libero da questo peso». «Ritirarmi la nazionalità perchè critico il vostro colonialismo è, care autorità francesi, un riconosimento (molto strategico) da parte vostra dell’efficacia del mio lavoro politico contro di voi, i detentori della Françafrique» ha commentato. Séba è infatti impegnato da anni a lottare contro il neocolonialismo francese in Africa e il franco CFA, una posizione che non ha certo contribuito a renderlo personaggio gradito a Parigi.
La decisione del governo francese risale all’inizio del 2024. Una volta divenuta di pubblico dominio, in tutta risposta, Séba aveva pubblicato sul social TikTok un video di una propria conferenza stampa nel corso della quale aveva dato fuoco al proprio passaporto francese. «l passaporto non è un osso che ci date o ci togliete a seconda di quanto siamo sottomessi a voi, come se i neri fossero cani. Io sono un nero libero» aveva dichiarato in quell’occasione. A seguito della definitiva revoca della cittadinanza, Séba ha commentato che «La decisione del Consiglio di Stato è molto tardiva, ma meglio tardi che mai», sottolineando come lui stesso, insieme al proprio avvocato, avesse già preparato una lettera per la rinuncia alla cittadinanza francese.
Nato nel 1981 a Strasburgo, Séba è figlio di immigrati dal Benin. La sua è una delle voci più note nell’ambito dell’attivismo panafricanista, movimento che mira a liberare l’Africa dal giogo coloniale e a promuovere un futuro di autodeterminazione per i suoi popoli. Le sue radici affondano già nella fine dell’Ottocento e a tra le sue fila si contano decine di pensatori e rivoluzionari, da Malcolm X a Nelson Mandela, Patrice Lumumba, Thomas Sankara e molti altri. Le idee di Kémi Séba sulla questione del razzismo e della condizione dei neri oggi lo hanno portato ad assumere posizioni alquanto controverse, come quelle nei confronti del Black Lives Matter, «un movimento creato dalle forze globaliste americane» (in quanto finanziato da Soros) e che «pone istanze che non hanno niente a che vedere con la sofferenza reale dei neri». Secondo Séba e i panafricanisti moderni, la battaglia per la decolonizzazione non va portata avanti in Occidente ma in Africa, per restituire un concetto di sovranità che sia direttamente collegato con la madre terra e non esposto a distanza. Recentemente, ha espresso pieno appoggio nei confronti della neonata Confederazione degli Stati del Sahel, la quale «rappresenta una speranza, una direzione e una linea radicale, volta alla decolonizzazione non negoziabile». Per gli stessi principi, Séba ha espresso piena solidarietà alla lotta della popolazione kanak in Nuova Caldeonia contro il colonialismo francese, oltre che a Paesi quali l’Iran, la Palestina, il Venezuela, ma anche la Russia, in lotta contro le oligarchie occidentali – statunitense, europea ed israeliana su tutte.
[di Valeria Casolaro]