domenica 24 Novembre 2024
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Ustica, Mattarella, Gracis: il comunicato de L’Indipendente

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La notizia oggi è su tutti i giornali e su tutti i telegiornali: il Quirinale, attraverso un comunicato, ha indirettamente fatto riferimento a Matteo Gracis, fondatore de L’Indipendente, per un post giudicato falso in merito alle responsabilità del Presidente della Repubblica sul segreto di Stato ancora in vigore sulla strage di Ustica. Al di là del merito della vicenda, quello che qui ci preme sottolineare e denunciare è come, da parte di diverse testate, la vicenda sia stata utilizzata per colpire il nostro giornale, spesso affiancato alla vicenda negli articoli sul tema.

L’accaduto, in breve, è questo. Matteo Gracis ha pubblicato questo post su X: “E anche quest’anno è arrivata la consueta dichiarazione del ‘nostro’ Presidente della Repubblica sui fatti di Ustica con l’appello sulla mancata verità: «Ferita aperta, i Paesi amici collaborino». Questo ‘signore’ è lo stesso che nel giugno del 2020 ha prorogato di 8 anni il segreto di Stato proprio sui documenti relativi al caso Ustica e sapete con quale motivazione? Riporto testuali parole: «La verità farebbe male all’Italia»”. A rispondere è stato direttamente l’ufficio stampa del Presidente Mattarella che, senza nominare l’autore, ha scritto: “La notizia è palesemente falsa. Il Presidente della Repubblica non ha alcuna competenza sul segreto di Stato. Il Presidente Mattarella non ha mai pronunciato le parole che gli vengono attribuite. È ignobile e vergognoso far circolare sul web tali menzogne. Il contenuto dei post e dei relativi commenti è stato segnalato alle autorità competenti per accertare se sussistano estremi di reato“. La durezza del comunicato del Quirinale ha richiamato all’ordine tutte le testate mainstream, che da Il Sole 24 Ore a La Repubblica, passando per il Tg3 e Studio Aperto, hanno trattato la vicenda, al solito condendo il contenuto con l’utilizzo di tutte le parole chiave che servono a demonizzare l’avversario di turno, come le immancabili «complottismo» e «putinismo». Al solito, inoltre, le testate non hanno riportato la rettifica di Matteo Gracis, che ha specificato: “La dichiarazione «La verità farebbe male all’Italia» non è stata pronunciata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella bensì da Palazzo Chigi nel 2020. Devo inoltre precisare che la proroga del segreto di Stato è affidata dalla legge italiana al Presidente del Consiglio e non al Presidente della Repubblica“.

Non ci interessa qui entrare nel merito della vicenda, nata evidentemente dall’attribuzione al Presidente Mattarella di una decisione che venne presa invece dall’ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel 2020. Un errore oltretutto fortuito, dato che lo stesso Gracis aveva riportato correttamente la vicenda sul proprio blog. Responsabilità eventuali, così come le effettive possibilità politiche di Mattarella (del quale non sono note dichiarazioni contrarie alla proroga del segreto di Stato ad affiancare il consueto e annuale appello retorico alla ‘ricerca della verità’) saranno verificate altrove.

Quello che qui ci preme è rimarcare come l’occasione sia stata utilizzata in molti articoli per citare a sproposito L’Indipendente, vedendo nella vicenda una ghiotta occasione per provare a colpire un giornale che, evidentemente, fanno finta che non esista – evitando attentamente di citarlo anche le volte in cui lo utilizzano come fonte – ma conoscono bene.

Utilizziamo anche l’occasione per spiegare una cosa che nelle redazioni dei giornali conoscono molto bene, ma evidentemente ricordano solo in modo selettivo quando gli fa comodo. I social di Matteo Gracis non rappresentano il quotidiano L’Indipendente, ma solo – come è ovvio che sia – dei canali comunicativi personali. Gracis, come ampiamente pubblico, è cofondatore de L’Indipendente e socio del Consiglio di Amministrazione della società editoriale L’Indipendente Srl, ma non ricopre ruoli all’interno della redazione giornalistica del giornale. Ogni tentativo di utilizzare il caso per colpire la reputazione de L’Indipendente è intellettualmente disonesto ed evidentemente studiato a tavolino.

Tornando al nocciolo della questione, non resta che notare come anche questa vicenda si utilizzi per parlare del dito anziché della luna. Dopo 44 anni, la Strage di Ustica, una delle più oscure vicende della storia italiana nella quale persero la vita 81 persone, è ancora priva di una verità ufficiale ed ogni tentativo di arrivare ad una verità completa continua ad essere ostacolato anche da parte istituzionale, come rivelato pochi mesi fa dall’ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato. Se i media continuassero a tenere alta l’attenzione per ottenere verità e giustizia anziché prestare il fianco alle polemiche su un post social, non sarebbe meglio?

Assalto al Congresso, Corte Suprema: per Trump immunità parziale

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La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che gli ex presidenti USA, e quindi Donald Trump, hanno diritto a una immunità parziale nell’esercizio delle loro funzioni. L’immunità, nello specifico, copre i loro atti ufficiali, ma non quelli privati. Trump, che è attualmente imputato in tre processi, aveva richiesto l’immunità nella cornice di quello incentrato sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Alla luce della pronuncia dei giudici della Corte Suprema, il processo potrà dunque proseguire, ma vedrà ulteriori rallentamenti, dal momento che si dovrà distinguere tra atti ufficiali e atti privati.

Germania: da oggi possono aprire i club dove acquistare legalmente cannabis

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Lo scorso febbraio, la Germania è diventata la prima grande nazione europea a legalizzare parzialmente la cannabis ad uso ricreativo. Il Bundestag ha infatti dato il via libera al piano del governo tedesco che permette il possesso e la coltivazione di cannabis ai soggetti maggiorenni, che possono ora portare con sè fino a 25 grammi di cannabis, possederne in casa fino a 50 grammi e coltivare fino a tre piante. Lo stesso provvedimento autorizzava l’apertura dei cannabis club, che a partire da oggi potranno acquistare la cannabis per finalità ricreative. Tuttavia, il processo di attivazione di questi ultimi potrebbe non essere così semplice e chiaro come inizialmente previsto.

A partire da oggi, i cannabis social club tedeschi potranno iniziare a richiedere la licenza per la coltivazione della cannabis. I club potranno ospitare fino a 500 persone ciascuno e distribuire fino a 50 grammi di cannabis per persona al mese e, secondo la normativa, saranno gli unici luoghi nei quali si potrà accedere alla marijuana legale – che non potrà essere reperibile da nessun’altra parte. Le autorità competenti avranno tre mesi di tempo a disposizione per valutare se accogliere o rigettare la domanda dei club ma, secondo la portavoce delle politiche sanitarie dell’FDP (il partito liberale democratico tedesco), Susanne Schneider, non vi è alcuna chiarezza in merito a quando verranno concessi i permessi e quando la cannabis sarà effettivamente disponibile. A complicare ulteriormente la questione c’è poi il fatto che la pratica sarà gestita a livello regionale e non centrale e le autorità competenti potrebbero variare a seconda della zona.

Nati originariamente in Spagna, i cannabis social club sono luoghi dedicati all’eclusivo consumo della marijuana – che non può essere qui venduta e quindi generare profitto. Secondo alcune ricerche, si tratta di luoghi nei quali, oltre a permettere il consumo di sostanze di buona qualità e controllate, si potenziano anche i processi di apprendimento sociale, ovvero delle proprietà della sostanza, le modalità di assunzione e gli effetti sul proprio organismo.

[di Valeria Casolaro]

La Corea del Nord lancia l’alleanza per contrastare la NATO in Asia

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In seguito all’esercitazione militare congiunta tra Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone, svoltasi dal 27 al 29 giugno vicino alla Repubblica Popolare Democratica di Corea (Corea del Nord) e denominata “Freedom Edge”, la Corea del Nord ha espresso la necessità di un’alleanza formale anti-Occidentale e anti-Americana con il fine di contrastare quella che secondo Pyongyang è la strategia egemonica di Washington per accerchiare e sopprimere Stati sovrani indipendenti attraverso l’istituzione di una versione asiatica della NATO: «La situazione attuale richiede che gli Stati sovrani indipendenti costruiscano continuamente il potere di autodifesa per proteggere la sicurezza nazionale, rafforzando allo stesso tempo ulteriormente la cooperazione reciproca e l’assistenza congiunta, stabilendo così una struttura di forze in grado di sopprimere efficacemente l’intervento militare collettivo da parte di forze ostili. L’espansione del blocco di aggressione e lo scontro militare da parte degli Stati Uniti e dei loro seguaci, che stanno distruggendo la pace e la stabilità nella penisola coreana e nella regione, saranno sicuramente soppresse dalla risposta forte e coordinata di Stati sovrani indipendenti», si legge nel comunicato dell’agenzia di Stato nordcoreana. Da parte sua, il ministero della Difesa di Seoul ha affermato in una nota che l’esercitazione era una risposta al programma nucleare e missilistico della Corea del Nord, respingendo quindi le critiche di Pyongyang. Mentre gli Stati Uniti hanno affermato che l’esercitazione è volta esclusivamente a rafforzare la stabilità e la sicurezza nella regione.

L’accusa principale mossa dalla Corea del Nord agli USA è quella di voler creare una “NATO asiaticaper fini imperialistici, in quanto l’esercitazione Freedom Edge – ideata in occasione del vertice trilaterale di Camp David lo scorso anno – sarebbe «il prodotto dell’organizzazione, della sistematizzazione e della materializzazione del blocco militare triangolare USA-Giappone-Corea del Sud» e avrebbe diversi elementi in comune con la struttura organizzativa dell’Alleanza atlantica. Il documento sottoscritto al vertice di Camp David, infatti, include una dichiarazione in cui si afferma che, in caso di minaccia contro uno qualsiasi dei tre Paesi, essi dovrebbero immediatamente cooperare per rispondere congiuntamente. Il che richiama il principio della NATO di Difesa Collettiva contenuto nell’articolo 5 del Trattato. Inoltre, dopo il vertice dello scorso anno, USA, Giappone e Corea del sud hanno raggiunto l’integrazione nel campo dell’intelligence militare condividendo dati di allarme missilistico in tempo reale con il pretesto di rispondere a eventuali minacce missilistiche. Un elemento ulteriore che accomuna l’alleanza triangolare nella regione alla NATO è poi il fatto che quest’anno, per la prima volta, il blocco USA, Giappone, Corea del Sud ha condotto un’esercitazione multi dominio, vale a dire via terra, aria, mare e cyberspazio, come da prassi dell’Alleanza atlantica.

Secondo il governo nordcoreano, l’intenzione strategica degli Stati Uniti è quella di utilizzare «il blocco militare triangolare USA-Giappone-Corea del Sud come una carrozza a tre cavalli per guidare la loro strategia egemonica non solo nel nord-est asiatico, ma anche su scala globale», considerato anche il fatto che secondo un funzionario del Dipartimento USA, Giappone e Corea del Sud sono ottimi partner per rispondere alla “minaccia russa”. Il Giappone, dove sono schierati 54.000 militari statunitensi, è una delle più grandi basi militari all’estero della potenza a stelle e strisce, mentre la Corea del Sud ha ceduto il suo controllo operativo in caso di guerra interamente a Washington. Sulla base di ciò, il comunicato stampa dell’agenzia nordcoreana conclude che «il blocco militare trilaterale USA-Giappone-Corea del Sud è una macchina da guerra, una macchina aggressiva che può impegnarsi in un confronto militare che prende di mira altri paesi in qualsiasi momento sotto la direzione e il comando degli Stati Uniti». Da qui, la necessità di formare un’alleanza di Paesi non allineati alla politica imperialista americana.

L’iniziativa lanciata da Pyongyang segna un approfondirsi del divario tra le cosiddette nazioni “non allineate”, da un lato, e la sfera anglo-americana supportata dai suoi Stati “satelliti”, dall’altro, e segue il patto storico stipulato tra Russia e Corea del Nord il 20 giugno scorso, in base al quale i due Stati si forniranno assistenza militare reciproca e altri generi di aiuti nel caso uno dei due Paesi venisse attaccato da uno o più Stati ostili. L’accordo va inserito nel contesto più ampio della guerra tra Russia e Occidente con i Paesi del blocco atlantico che continuano a fornire armi a Kiev, consentendole anche di colpire in territorio russo. Proprio relativamente a quest’ultimo punto, il presidente russo Putin aveva avvertito gli Stati occidentali del rischio di una risposta simmetrica, che si sarebbe potuta tradurre nella fornitura di armi a Paesi ostili alle nazioni occidentali: poco tempo dopo tali dichiarazioni, il capo del Cremlino è volato in Corea del Nord e, successivamente, in Vietnam. Tra i punti salienti previsti dall’accordo firmato dal presidente nordcoreano Kim Jong Un e Putin vi è anche quello che punta alla «stabilità strategica globale e a un nuovo ordine internazionale giusto ed equo, rafforzando la cooperazione strategica e tattica».

L’iniziativa di un’alleanza militare antioccidentale in Asia appare, dunque, come un’estensione su scala regionale del patto stipulato con Mosca e conferma i rapidi sviluppi nell’ordine internazionale, dove sempre più Stati non sono disposti a sottostare all’egemonia occidentale, ma sono piuttosto propensi a contrastarla, definendo e inasprendo così la divisione tra i blocchi a livello globale.

[di Giorgia Audiello]

USA, lobby della plastica blocca sforzi contro l’inquinamento

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Negli USA, le aziende produttrici di materie plastiche avrebbero passato decenni a ostacolare gli sforzi per affrontare l’inquinamento, violando una serie di leggi federali. Lo afferma una ricerca del Center for International Environmental Law. Basandosi su documenti interni recentemente rivelati e su indagini precedenti, gli autori denunciano che i produttori erano consapevoli dei rischi posti dalla produzione incontrollata di plastica monouso, continuando comunque a produrla e commercializzarla, spesso ingannando i consumatori. Secondo i ricercatori, i produttori petrolchimici – come ExxonMobil Chemical e Shell Polymers – e i produttori di articoli in plastica monouso – come Coca-Cola e PepsiCo – dovrebbero essere ritenuti responsabili delle conseguenze dell’inquinamento da plastica

Nicoletta Dosio isolata e “minacciata” dai Carabinieri: i No Tav scrivono a Mattarella

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Nel pomeriggio di venerdì 28 giugno l’attivista No TAV Nicoletta Dosio, ai domiciliari per non aver in precedenza rispettato le misure cautelari imposte dalle forze dell’ordine, si è vista notificare l’ennesima diffida da parte dei carabinieri. Motivo: alle due di notte dello scorso sei giugno, la donna (che, ricordiamo, ha 78 anni), non ha risposto agli agenti che suonavano il campanello di casa per verificare che si trovasse in casa. Nel consegnare alla donna la diffida, i carabinieri l’avrebbero anche messa in guardia in quanto «con questa condotta rischia di finire molto male». Il tutto ad appena poche ore dalla morte del compagno di Nicoletta, Silvano Giai, anche lui storico attivista del Movimento, affetto da tempo da una grave malattia e venuto a mancare nel primo pomeriggio di venerdì. A riferirlo è la Rete di Madri Antifasciste, che ha denunciato quanto avvenuto in una lettera destinata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che in poche ore ha già raccolto oltre 400 firme), nella quale si denuncia «l’accanimento giudiziario» nei confronti di Nicoletta. Dopo la morte di Silvano, la donna si trova infatti ora in una situazione di completo isolamento, non essendo autorizzata a ricevere alcuna visita dall’esterno per via delle misure cautelari che le sono state imposte.

La condanna di Nicoletta a un anno e nove mesi agli arresti domiciliari è arrivata appena un mese fa. Si tratta dell’esito di una vicenda di lotta e resistenza, iniziata nel 2015 con una marcia del Movimento in Val di Susa. A causa di alcuni tafferugli con le forze dell’ordine, a Nicoletta e altri membri del Movimento vennero contestati reati di violenza contro pubblico ufficiale e devastazione e applicate misure cautelari di restrizione della libertà personale, che la donna decise di non rispettare. La Cassazione stessa stabilì l’insussistenza delle accuse, nel 2016, derubricando i reati a danneggiamento, da scontare pagando una multa di 800 euro. Le “evasioni” messe in atto durante i mesi in cui avrebbe dovuto scontare prima l’obbligo di firma, poi i domiciliari (che le sono tuttavia valse un altro processo, conclusosi con la condanna ai domiciliari) altro non furono, dunque, se non atti di disobbedienza civile nei confronti di misure ingiuste proprio perchè basate su accuse infondate, come confermato dai giudici stessi. Nel corso di una conversazione telefonica con L’Indipendente, durante la quale ha ricostruito la lunga e contorta vicenda giudiziaria della quale è stata suo malgrado protagonista, Nicoletta disse in modo chiaro che stavolta avrebbe rispettato la misura imposta proprio perchè si trovava a casa con Silvano, che, a causa della malattia, necessitava di cura e assistenza continue.

Come riportato dalla Rete di Madri Antifasciste, la notte in cui Nicoletta non ha risposto alla scampanellata degli agenti delle forze dell’ordine (avvenuta pochi giorni dopo la nostra intervista), si era con tutta probabilità «assopita» in quanto «affaticata dal prolungato dovere di accudimento» portato avanti «nelle circostanze ulteriormente aggravate dalle restrizioni dei domiciliari, privata del conforto dei compagni e persino dei più stretti congiunti». Proprio a questo proposito, la Rete di Madri Antifasciste riporta che «nel corso della stessa visita dei Carabinieri alla casa di Nicoletta Dosio, era presente in giardino (e quindi esterno alle mura di casa) un addetto per la consegna di un quantitativo di fieno utile al nutrimento di un asinello che (insieme ad altri animali domestici) fa da tempo parte del nucleo familiare Dosio-Giai. Le Forze dell’Ordine si sono sentite in dovere di reiterare il divieto di visita per chiunque: “nessuno può venire qui e neanche entrare in giardino”».

L’appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dunque, è volto a riportare l’attenzione delle alte cariche dello Stato a una situazione che, riporta la lettera, segna un «inaccettabile livello di accanimento» e intacca i diritti umani fondamentali. Essa segue una petizione, lanciata proprio il 6 giugno, nella quale si chiede proprio la liberazione dell’attivista. Nel testo, si sottolinea che «Nicoletta è una donna mite e coraggiosa, partigiana della terra e del futuro. La cui unica colpa è avere protestato con metodi nonviolenti e aver messo in pratica la disobbedienza civile contro i cantieri della Tav, grande opera inutile e devastante, senza però aver mai fatto male a nessuno. L’accanimento su di lei è pari all’impunità di cui godono i potenti che inquinano e devastano».

[di Valeria Casolaro]

Gli USA hanno alzato il livello d’allarme nelle basi NATO europee, Italia compresa

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Durante il fine settimana, è stato alzato il livello di allerta nelle basi americane che sorgono in territorio europeo per il timore di attacchi terroristici contro il personale o le strutture militari. Nello specifico, l’allarme coinvolge basi militari presenti in Italia, Germania, Romania e Bulgaria. Nella scala dell’allerta, dunque, si sale dal livello “Bravo”, che indica una “maggiore e prevedibile minaccia di terrorismo”, a quello “Charlie”, che designa una “minaccia imminente di terrorismo” e si colloca subito dietro il livello massimo di allarme. La notizia è stata riportata alla Cnn da funzionari americani di stanza in una base europea, che hanno spiegato all’emittente televisiva statunitense che questo livello di allerta non si vedeva «da almeno 10 anni» e che, di norma, viene individuato quando l’esercito riceve una «minaccia attiva-affidabile».

“A causa di una combinazione di fattori, che potrebbe avere un impatto sulla sicurezza e sulla difesa dei militari statunitensi e delle loro famiglie di stanza in Europa, il Comando statunitense delle forze in Europa sta alzando il livello di vigilanza durante i mesi estivi. Nella scala dell’allarme, dunque, si sale dal livello Bravo a quello Charlie”. È questo il contenuto del comunicato diramato dal Pentagono alle basi americane in Italia e in Europa, all’interno del quale si evidenzia che, in collaborazione con le nazioni ospiti, gli alleati, i partner e le varie realtà del settore, il Comando americano delle forze in Europa (Useucom) sta monitorando in modo continuativo il livello di sicurezza, con l’obiettivo di salvaguardare l’incolumità dei militari e delle loro famiglie. Il tutto avviene mentre stanno andando in scena gli Europei di calcio ospitati dalla Germania, entrati ormai nella fase dell’eliminazione diretta, e mentre è in pieno corso l’organizzazione delle Olimpiadi di Parigi, che inizieranno il prossimo 26 luglio. Tra le basi in cui l’allerta è stata alzata al livello “Charlie”, almeno sino a nuovo avviso, figura anche quella di Aviano, l’infrastruttura militare italiana in cui ha sede il 31st Fighter Wing dell’aeronautica militare statunitense – a sua volta parte dell’USAFE (United States Air Forces in Europe) – che si trova in Friuli-Venezia Giulia, a una quindicina di chilometri da Pordenone. Dal 1992 al 2005, la base di Aviano è anche stata il quartier generale della Sixteenth Air Force, ora di stanza alla base aerea di Ramstein in Germania, che rappresenta la più grande comunità militare statunitense all’estero, anch’essa coinvolta nell’allerta e passata al livello d’allarme “Charlie”. “Per ragioni di sicurezza non entreremo nel dettaglio delle specifiche misure attuate, ma restiamo vigili per garantire la massima sicurezza a tutti”, hanno dichiarato i funzionari, che non hanno voluto precisare quale sia stato lo specifico allarme lanciato dall’intelligence.

All’interno della nota è stato aggiunto che i membri della comunità militare sono chiamati a segnalare qualsiasi attività sospetta, monitorare gli avvisi di viaggio del Dipartimento di Stato e prendere precauzioni al fine di ridurre al minimo il rischio personale. Nella giornata di sabato, la base aerea di Spangdahlem, installazione sita nelle zone rurali della parte ovest della Germania, ha emesso un avviso secondo cui agli aviatori del 52nd Fighter Wing, per precauzione, è vietato indossare le loro uniformi fuori dalla base, dovendo quindi spostarsi in abiti civili. Lo stesso giorno, i funzionari della base hanno affermato che sono state adottate misure atte a proteggere la comunità, ma che per «ragioni di sicurezza operativa» non potevano essere forniti ulteriori dettagli. Vi è un unico livello di allerta più alto del “Charlie”, denominato “Delta”, che si applica quando si è verificato un attacco terroristico o se esso è “imminente”.

[di Stefano Baudino]

Bologna, la polizia ferma chi protesta per la Palestina al passaggio del Tour de France

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Sei attivisti di Ultima Generazione sono stati fermati e portati in Questura ieri, a Bologna, per aver bloccato la strada sotto il ponte della stazione Mazzini al fine di riportare l’attenzione sul genocidio in corso a Gaza. Gli attivisti hanno occupato la strada, si sono incatenati tra di loro e si sono versati addosso della vernice rossa, che simboleggiava il sangue delle vittime palestinesi uccise dall’esercito israeliano e «dalla complicità dei governi occidentali, compreso quello italiano». Nel frattempo, attivisti afferenti al gruppo Giovani Palestinesi hanno calato dal ponte uno striscione in sostegno della «resistenza palestinese».

La buona notizia del giorno: la nuova rubrica de L’Indipendente

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Le notizie che leggiamo plasmano la nostra percezione del mondo. Trovarsi di fronte a un elenco infinito di fatti deprimenti e ansiogeni non solo abbatte il morale, ma induce a diventare cittadini arrendevoli, convinti che non ci sia niente da fare e che sia impossibile cambiare le cose. Seguendo l’agenda dei media mainstream molti si sentono travolti da una lunga sequenza di guerre e fatti di sangue. Non è un caso: una persona impaurita è facilmente controllabile e manipolabile, tende a isolarsi piuttosto che cercare attivamente di fare rete per cambiare le cose. Anche su questo tema noi de L’Indipendente vogliamo andare controcorrente, dandoci da fare per costruire una diversa percezione della realtà. Per questo da oggi nasce sul nostro giornale la rubrica “La buona notizia del giorno” che sarà aggiornata con nuovi articoli quotidianamente, dal lunedì al venerdì.

Naturalmente non smetteremo di raccontarvi le tante cose che ancora non vanno per il verso giusto. Ma nella nostra agenda quotidiana tratteremo più spesso anche fatti positivi che sui media solitamente non trovano spazio: dati che testimoniano i progressi che nonostante tutto l’umanità continua a fare, scoperte importanti in ambito medico e scientifico, vittorie da parte di popoli e movimenti che in tutto il mondo riescono a ottenere nuovi spazi di libertà e diritti sociali.

È chiaro che decidere cosa è una “buona notizia” e cosa non lo è dipende anche dalle idee che ognuno ha. Per questo al lettore potrà capitare qualche volta di trovare su L’Indipendente un articolo contrassegnato come “buona notizia” che non considera tale. È quindi utile spiegare la linea editoriale che forma il nostro metro di valutazione. Per noi è una buona notizia ogni piccola o grande vittoria ottenuta da movimenti e comitati territoriali, perché – a prescindere dal tema specifico in questione – ogni volta che i cittadini si mettono insieme riuscendo a incidere sull’esistente è un segnale positivo che smuove l’apatia generale. È una buona notizia ogni nuova scoperta scientifica che può migliorare la condizione di vita generale e contribuire a trovare nuove cure alle malattie. È una buona notizia ogni conquista di diritti sociali o civili, nella misura in cui non toglie libertà a nessun altro individuo. È una buona notizia quando nuovi Stati decidono di legalizzare e regolamentare condotte che esistono, togliendole al mercato nero, alle mafie e ai rischi della clandestinità (come nel caso della cannabis o dell’aborto). È una buona notizia quando i territori e le amministrazioni agiscono concretamente per il bene pubblico e per l’ambiente. Ed è una buona notizia quando popoli o governi del mondo lottano per riconquistare spazi di autodeterminazione contro poteri finanziari e coloniali.

Considerarle tali, sia chiaro, non significa affatto non vedere e non considerare eventuali lati oscuri di alcune misure. Ad esempio, salutare positivamente la scoperta di un nuovo vaccino non ci impedirà di continuare ad analizzare quotidianamente con spirito critico eventuali scelte politiche che impongono obblighi o restrizioni. Allo stesso modo, celebrare la scelta di un’amministrazione di agire in favore del trasporto pubblico o della qualità dell’aria, non ci ostacolerà dall’accendere i riflettori sui casi in cui, in nome dell’ambiente, si impongono scelte politiche che vanno a ripercuotersi sui ceti popolari, come l’introduzione di ZTL selettive per le vecchie auto o di ticket d’ingresso nelle città.

“La buona notizia del giorno” sarà un contenuto riservato ai nostri abbonati. È un’altra scelta che merita di essere motivata: il lavoro di selezione e verifica delle fonti riguardante le notizie positive sarà rigoroso come per ogni altro nostro articolo quotidiano. Si tratta di un processo lungo e impegnativo, al quale destineremo nuove risorse. Come chi ci legge sicuramente sa, L’Indipendente non ha mai accettato né mai accetterà un solo euro da partiti politici, sponsor e pubblicità: questa è la condizione necessaria per tenere fede al nome che ci siamo dati, permettendoci di fare un giornalismo libero e imparziale. Sottoscrivere un abbonamento, che costa quanto 1 caffè a settimana, è l’unico modo per sostenerci e in questo caso anche per contribuire a portare una sana ventata di ottimismo basato su fatti concreti e notizie verificate.

[di Andrea Legni – direttore de L’Indipendente]

Il governo ha approvato un decreto che scavalca i Comuni per costruire antenne 5G

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Nella seduta del Senato di giovedì 27 giugno, tra il silenzio generale, è stato approvato con voto di fiducia un emendamento al cosiddetto “Decreto Coesione” presentato solo due giorni prima, e destinato a cambiare le sorti del Piano “Italia 5G”. Nello specifico, l’emendamento stabilisce che “la localizzazione degli impianti nelle aree bianche oggetto dell’intervento è disposta anche in deroga ai regolamenti comunali di cui all’articolo 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36”. Tradotto, significa che allo Stato sarà consentito di passare sopra l’amministrazione locale in merito alla installazione delle antenne per le reti 5G, anche quando i Comuni si oppongono. Le modalità con cui l’emendamento è stato avanzato, quelle con cui è stato votato e il suo stesso contenuto sono state criticate da alcuni sindaci, visto che quella delle antenne del 5G è una questione particolarmente cara ai primi cittadini italiani, che – spesso seguendo proteste che partono dalla cittadinanza – si stanno spesso rifiutando di costruirle all’interno dei confini amministrativi delle proprie città.

L’emendamento è stato presentato martedì 25 giugno dai Senatori Guido Liris e Vita Nocco di Fratelli d’Italia. Questo, come denuncia Legambiente, bypassa di fatto “il ruolo delle Amministrazioni comunali in tema di pianificazione delle installazioni nelle aree bianche” e potrebbe “esasperare gli animi e i territori, che ancora una volta si sentiranno esclusi dalle scelte governative che dall’alto impongono modalità non democratiche e di partecipazione“. Dopo tutto, le stesse “modalità” di discussione e approvazione del testo non farebbero che confermare tale dubbio: l’emendamento è infatti stato presentato solo due giorni prima, ed è stato soggetto a voto di fiducia, iter che ha impedito che venisse discusso nel merito in maniera adeguata. Critiche analoghe sono arrivate anche dal Sindaco di Massiana (La Spezia) Egidio Banti, che davanti ai microfoni spezzini ha sottolineato la contraddittorietà del Governo in materia di decentramento e autonomia, visto che «coloro che dicono di volerla allargare, nei fatti con provvedimenti di questo genere la annullano». Ironicamente, anche lo stesso decreto autonomia è stato discusso e votato secondo modalità che hanno generato non poche critiche da parte dell’opposizione.

In Italia la questione delle antenne 5G è da tempo al centro dell’attenzione mediatica. Non sono infatti pochi i comuni che ostacolano la loro creazione, invitando alla prudenza e chiedendo maggiori evidenze scientifiche che rassicurino circa gli effetti sulla salute dei cittadini. A mobilitarsi contro la costruzione di antenne sono anche privati cittadini, come nel caso dei cittadini del piccolo borgo di Cassol, o del caso Fleximan di questo marzo, che, sempre in Veneto, ha preso di mira proprio un antenna 5G.

[di Dario Lucisano]