domenica 24 Novembre 2024
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Roma, al via la Manifestazione nazionale per la vita

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A Roma è iniziata la Manifestazione nazionale per la vita, aperta da striscioni con scritto “Scegliamo la vita” portati da Simone Pillon e Massimo Gandolfini e da un gruppo di bambini con palloncini rosa e celeste. Il corteo, partito da piazza della Repubblica e diretto in via dei Fori imperiali, è animato da famiglie provenienti da tutta Italia e oltre cento associazioni. Secondo le forze dell’ordine sarebbero circa 3.000 i partecipanti. Il corteo ha ricevuto l’approvazione anche del Papa, che ha esortato ad «andare avanti con coraggio nonostante ogni avversità» in quanto «sulla vita umana non si fanno compromessi».

Il World Economic Forum ha pubblicato il proprio piano per la “transizione alimentare”

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Il World Economic Forum (WEF) ha stilato una sorta di piano relativo alla cosiddetta “transizione alimentare” che prevede il rinnovamento e la reinvenzione dell’intero settore all’insegna della sostenibilità e della salute umana e ambientale. È quanto si legge in un articolo pubblicato sul sito del Forum di Davos intitolato “Renovation and reinvention are key to saving our food system. Here’s why” (Il rinnovamento e la reinvenzione sono fondamentali per salvare il nostro sistema alimentare. Ecco perché): la transizione alimentare viene equiparata a quella energetica per quanto riguarda la sua importanza e secondo gli autori dello studio richiede una «trasformazione globale». «La transizione alimentare mira a rimodellare il modo in cui la società produce, distribuisce, consuma e scarta il cibo […]. La portata del cambiamento è simile alla transizione energetica. Il riorientamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio richiede interventi a ogni livello di strategia». Il piano si inserisce nel contesto più ampio relativo alla “crisi climatica” e ha come obiettivo quello di ridurre le emissioni di carbonio e trovare modelli di produzione e consumo meno impattanti e qualitativamente migliori per la salute umana, posto che l’attuale modello presenta diverse e gravi criticità. Tuttavia, il rischio è che quella che di fatto si può considerare l’associazione di categoria internazionale delle multinazionali colga l’occasione per creare nuove attività speculative – anche con il contributo di fondi pubblici – e per accentrare ulteriormente nelle mani di pochi grandi gruppi il controllo dell’alimentazione umana.

Il piano presentato nell’articolo del WEF prevede due fasi di cambiamento: il rinnovamento, che dovrebbe apportare miglioramenti lungo tutta la catena del valore alimentare, e la reinvenzione che punta, invece, a un cambiamento sistemico. Vale a dire al cambiamento della produzione alimentare, «in modo da alterare le strutture sottostanti all’interno della moderna industria alimentare». Nello specifico, la prima fase di questo piano, ossia il rinnovamento, prevede la riduzione degli ingredienti e dei componenti più dannosi del cibo, in particolare quello industriale, e il miglioramento del profilo nutrizionale dei prodotti: è possibile aggiungere, ad esempio, più fibre e micronutrienti, ma anche più probiotici. «Ad esempio, se una multinazionale alimentare aggiungesse cereali integrali alla sua linea principale di snack, potrebbe aumentare l’assunzione di fibre da parte degli americani del 5% entro il 2030», si legge.

La seconda fase, invece, la reinvenzione, «richiede una revisione radicale delle categorie di prodotti e delle tecnologie, reinventando il modo in cui il cibo viene prodotto, distribuito e consumato per enfatizzare la disponibilità, la nutrizione e la sostenibilità». Essa include l’introduzione di proteine alternative e un’alimentazione personalizzata. Le proteine alternative svolgerebbero «un ruolo importante nel ridurre l’impatto complessivo delle catene di approvvigionamento alimentare». Secondo gli autori dell’articolo, «i rapidi progressi nella ricerca e sviluppo a base vegetale, nonché nelle proteine ​​vegetali o animali bioidentiche, nei grassi e negli oli prodotti attraverso la fermentazione di precisione e le biotecnologie coltivate da cellule, stanno aprendo spazi per la reinvenzione». Vengono citati anche esempi di multinazionali che stanno seguendo questo modello, tra cui Nestlé: la compagnia svizzera, infatti, ha sviluppato una polvere proteica – priva di sostanze animali – bioidentica alle proteine del siero di latte. Si tratta di soluzioni sviluppate in laboratorio che richiedono attrezzature e cospicui investimenti: il che significa che un tale modello alimentare sarà prerogativa dei grandi gruppi industriali e finanziari. Per quanto riguarda l’alimentazione personalizzata, quest’ultima verrebbe sviluppata attraverso l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati, creando diete uniche in base al corredo genetico. La reinvenzione poi prevede anche l’accorciamento della filiera alimentare, promuovendo la distribuzione diretta dal produttore al consumatore.

Le oligarchie internazionali di Davos stanno, dunque, sfruttando il problema reale della disfunzione dell’attuale modello di produzione alimentare per attuare uno stravolgimento dell’alimentazione “tradizionale” all’insegna della sempre maggiore “tecnicizzazione” del cibo che favorisce le grandi imprese, concentrando nelle loro mani ricchezza e potere, nonché la facoltà di decidere sull’alimentazione umana. Solo i grandi gruppi multinazionali, infatti, possiedono le risorse necessarie per sviluppare determinati prodotti alimentari, spesso studiati in laboratorio. Per attuare quella che viene definita “transizione” non mancano poi i metodi propri del cosiddetto “capitalismo degli stakeholder” che prevede di coinvolgere tutti gli attori sociali per risolvere le “sfide globali”, compresi gli Stati e le imprese: i governi, quindi, sono chiamati ad investire nei nuovi progetti e nelle varie transizioni delle compagnie, ma la divisione degli utili rimane poi rigorosamente privata. Contemporaneamente, l’agricoltura e la produzione alimentare “tradizionale” versano in condizioni di difficoltà soprattutto per quanto concerne l’aspetto economico, come hanno dimostrato le recenti proteste degli agricoltori in Europa. Questa situazione potrebbe facilitare ulteriormente l’ascesa delle multinazionali del cibo e della nutrizione artificiale, elementi che risultano i veri nuclei della “transizione alimentare” proposta dal WEF.

[di Giorgia Audiello]

India, 54 morti dopo aver bevuto liquore contaminato

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È salito a quota 54 il bilancio delle vittime correlate al consumo di liquore contaminato con metanolo nello stato meridionale del Tamil Nadu. Lo ha riferito un funzionario governativo, il quale ha spiegato che da mercoledì circa 200 persone sono state curate in seguito all’assunzione delle bevande e che oltre 100 persone si trovano ancora ricoverate in ospedale. Stando alle prime ricostruzioni, la contaminazione sarebbe avvenuta nel distretto di Kallakurichi, nel distretto di Viluppuram, anche se le forze dell’ordine stanno ancora indagando. Sono sette gli arresti scattati finora, secondo quanto aggiunto dal funzionario distrettuale.

Il vero potere è l’ascolto

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Quattro anni dopo, non è poco. A pensarci bene, quello che è stato impedito nel tempo del lockdown è stato l’ascolto. Tenuti lontani l’uno dall’altro, allenati alla paura, al sospetto, minacciati quotidianamente dal rischio di contagi, presi come soggetti deboli, potenzialmente inadempienti, addestrati al controllo reciproco, alla sfiducia negli altri ci è stata cucita addosso la socialità della rinuncia.

Avevamo sognato di ballare, di pescare, di prendere un qualsiasi aereo, di valicare montagne con la bici, di sorseggiare tequila in Guatemala, di ammirare l’aurora boreale, di farci incantare da qualche mercato in Marocco, di urlare nello stadio, di abbracciare, di condividere a casa una cena, di incazzarci a muso duro, di piangere a un funerale, di fissare l’oceano nel bar in cui avevo conosciuto lei, di farmi largo tra la folla, di entrare in quel ristorante dove grigliano in continuazione, di infilarmi nella petanque di quel paese in Francia dove sono i giovani a giocare a bocce, di venirti a trovare. 

Sì ho sofferto a non poterti più incontrare, e poi scambiarsi convenevoli on line su quelle cazzo di applicazioni che riducono il remoto. Indigestione da webcam, moltiplicazioni di contatti, in realtà generatori di illusioni, di castrazioni, roba che mi fa venire in mente i visionari di fine Ottocento che parlavano con i morti. Ma non dire sciocchezze, è dallo sbarco sulla Luna che ridurre le distanze con le telecamere ha introdotto equivalenze eccitanti, simulazioni fantascientifiche.

Ridurre il remoto‘, sentivo dire da chi si vantava di trovare qualcosa di positivo nel guardarsi come piloti di navicelle spaziali che salutano il campo base. La realtà liofilizzata come il caffè è stata la seconda trovata. Avanti con l’illusione che ci sono equivalenti ai cinque sensi, che è così bello Cloud, lassù dove qualche inventore di tecnologie del dopodomani ha castrato le aspirazioni dell’oggi, dove gli armigeri che usano gli altri come pedine, come soldatini, mentre insanguinano il mondo, si inventano nemici dappertutto.

Appunto, inventarsi nemici, una bella attività che la pandemia ha facilitato, ha prodotto come premio del controllo sociale. E giù a insultarsi sui social come quegli scolaretti stronzi che fanno i primi della classe e poi si menano nei corridoi. E avanti col razzismo, un razzismo di nuova maniera, non più indirizzato ai colori della pelle ma a quelli senza vaccino. E qualcun altro pronto a vedere complotti anche nello sguardo del vicino di casa alla riunione di condominio.

Beh, poi, quando finalmente abbiamo ripreso a guidare le auto e le moto, dopo quei mesi che le strade sembravano vuote come a Ferragosto ma piene di autoambulanze, beh allora abbiamo potuto ricominciare a fare gli impazienti, gli intolleranti.

Intolleranza, altra parola magica, altro che realtà aumentata. Più la vita si riempie di alternative virtuali, più diventa invivibile la quotidianità. E allora, finita l’epoca della lontananza è cominciata quella del rancore, degli insulti verbali. Abbiamo perso la capacità di relazionarci, di ascoltarci, di stare davvero vicini

Da allora siamo stati minati in quella capacità umana che ha a che fare con il divino e con la libertà, con quella disponibilità che segna, che marca, che reclama l’umano: l’ascoltarsi appunto, una attività che richiede vicinanza, introspezione, solidarietà, leggerezza e profondità, reciprocità.

Ascoltiamoli invece i poveri e i malati, applichiamo il Discorso della montagna alla condizione umana. Quella ad esempio del fango in strada che si è seccato e che riempie di polvere i paesi e le città disastrate in questi giorni. 

Una pandemia come scuola di disumanizzazione? Forse, ma il male non ha prevalso. E tutti si sono messi a spalare, a piangere e a cantare. L’ascolto continua.

[di Gian Paolo Caprettini]

Gaza, raid israeliani su campo profughi di Shati: almeno 24 morti

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L’esercito israeliano ha preso di mira questa mattina un quartiere residenziale nel campo profughi di Shati, a ovest di Gaza City. Gli attacchi dell’IDF hanno provocato la parziale o totale distruzione di alcuni edifici, causando – come riporta Al Jazeera – l’uccisione di almeno 24 palestinesi. I soccorritori, con l’aiuto dei civili, stanno scavando tra le macerie per trovare i sopravvissuti, mentre aumentano di ora in ora i feriti che vengono trasportati all’ospedale di Al-Aqsa. Il luogo colpito è quello in cui ai palestinesi del nord (in particolare di Beit Lahiya e Jabalia) è stato detto di trovare rifugio alla luce degli attacchi su Jabalia.

 

 

Capri, emergenza idrica: bloccato l’arrivo dei turisti

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Da stamattina fino a data da destinarsi solo chi ha la residenza sull’isola di Capri potrà entrare nell’isola. La decisione arriva dopo un guasto alla rete idrica che rifornisce l’isola, in seguito al quale risulta impossibile garantire i servizi essenziali ai turisti che ogni giorno raggiungono la città. Nello specifico, a stabilirlo è un’ordinanza urgente emanata dal sindaco Paolo Falco, che prevede comunque delle deroghe, come nel caso dei veicoli dedicati alla consegna delle merci, del personale sanitario, o delle forze dell’ordine.

L’Armenia ha riconosciuto lo Stato di Palestina

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Venerdì 21 giugno il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione in cui annuncia il riconoscimento dello Stato di Palestina. Nella nota ministeriale, si legge che il riconoscimento intende riaffermare “l’impegno [dell’Armenia] nei confronti del diritto internazionale e dei principi di uguaglianza, sovranità e coesistenza pacifica dei popoli”, e che il Paese appoggia la soluzione dei due Stati, che viene descritta come “l’unico modo per assicurare che sia i palestinesi che gli israeliani possano realizzare le proprie legittime aspirazioni”. Con l’annuncio di ieri Erevan si aggiunge così alla lista Paesi che già riconoscono la Palestina, che da dopo l’escalation del 7 ottobre sta sempre più allungandosi.

La dichiarazione dell’Armenia apre con una descrizione della “catastrofica situazione umanitaria a Gaza“, descrivendo il conflitto militare in corso in questo momento in Palestina come una delle “principali questioni dell’agenda politica internazionale che richiedono una soluzione”. Nella prima parte del comunicato, il Ministero degli Esteri di Erevan condanna le azioni di violenza sulla popolazione e gli attacchi mirati sulle infrastrutture civili, e chiede inoltre un “rilascio incondizionato” degli ostaggi. La nota passa poi a spiegare la posizione dell’Armenia rispetto al quadro internazionale, ripercorrendo i passi compiuti dal Paese negli ultimi mesi, a partire dalla ratifica della risoluzione ONU per un cessate il fuoco a Gaza, per arrivare fino a una esposizione delle proprie idee riguardo alla soluzione dei due Stati. Alla luce di tutte queste considerazioni, la nota chiude annunciando che “la Repubblica dell’Armenia riconosce lo Stato di Palestina”.

Con il comunicato di ieri, Erevan si aggiunge alle più recenti ratifiche di riconoscimento rilasciate dai Paesi europei di Spagna, Irlanda e Norvegia, e risponde positivamente alla risoluzione approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU che raccomanda al Consiglio di Sicurezza e agli altri Stati membri delle Nazioni Unite di “riconsiderare favorevolmente” la piena adesione della Palestina all’organo internazionale. A oggi circa i tre quarti degli Stati membri dell’ONU riconosce la Palestina, principalmente Paesi siti in America Latina, Africa, Asia, ed Europa orientale. Pochi sono invece gli Stati dell’UE a riconoscere formalmente la Palestina. Per quanto riguarda l’Unione Europea, a oggi, senza contare le più recenti aggiunte, sono otto gli Stati comunitari a farlo, mentre Malta le riconosce il diritto ad avere uno Stato senza attribuirle una entità territoriale specifica, nonostante si sia mossa per farlo. L’Italia, invece, non riconosce la Palestina, e si limita ad avere un ufficio consolare a Gerusalemme.

[di Dario Lucisano]

Cassol, il piccolo borgo veneto in rivolta contro le antenne 5G

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Nel piccolo borgo di Cassol, frazione di Santa Giustina, in provincia di Belluno, i residenti non ne vogliono sapere della nuova antenna 5G. La notizia della sua installazione ha iniziato a girare a fine aprile, mettendo immediatamente in allarme le famiglie del luogo. L’antenna, alta più di 30 metri, sorgerebbe infatti a una distanza troppo ravvicinata al centro abitato. La decisione in merito alla sua installazione, tuttavia, sembrerebbe già presa: l’unica alternativa, fanno sapere i cittadini, sarebbe quella di proporre alla società di telefonia un sito alternativo, nella speranza che chi ha concesso in locazione il proprio terreno ci ripensi e ritiri la firma del contratto. Mentre si cerca un luogo diverso per poter installare quello che i cittadini hanno definito un “mostro”, dal borgo è partita una raccolta firme contro l’opera, che ha raccolto 293 adesioni in tre giorni.

«Siamo venuti a conoscenza della disponibilità di un privato di concedere il proprio terreno per l’installazione di un “mostro” da 30 metri di altezza» riferiscono i cittadini in lotta. «Ciò potrebbe significare la svalorizzazione finanziaria dei terreni adiacenti e degli edifici e soprattutto effetti sulla salute degli abitanti, come documentato da studi effettuati tra Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia». Queste sono le criticità principali che hanno spinto i cittadini a condurre una decisa battaglia contro la «Tour Eiffel» del 5G, come hanno rinominato l’opera. Secondo i progetti, l’antenna dovrebbe essere collocata al confine del borgo, nei pressi della strada comunale che si ricongiunge con la regionale 2. Come sottolineato da alcuni cittadini, la zona è adiacente alla valle del Mis, facente parte del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, area protetta di enorme valore ambientale.

Per questo motivo, questa settimana sono state depositate sulle scrivanie dei sindaci dei Comuni di Santa Giustina e di San Gregorio nelle Alpi quasi trecento firme che chiedono di rivalutare la decisione. Nel caso in cui la voce dei cittadini dovesse rimanere inascoltata, la popolazione è pronta a dar battaglia bloccando in ogni modo l’avvio dei lavori. «C’è la sensazione che in futuro le scrivanie di molti legali vengano riempite di cartelle richiedenti approfondimenti sui danni causati dal “mostro”, con conseguenti richieste di indennizzo».

Secondo quanto dichiarato dal sindaco di Santa Giustina, Ivan Minella, alla stampa, l’installazione del “mostro” sarebbe necessaria a causa di un buco nella copertura del segnale in quelle zone. Tuttavia, il primo cittadino si è dimostrato disponibile ad accogliere la posizione dei residenti, organizzando un incontro tra questi, l’amministrazione comunale e l’azienda al fine di arrivare a una soluzione di compromesso valida per tutti. Tra coloro in allarme per l’arrivo della nuova antenna non vi sono solamente i cittadini, ma anche alcune aziende del territorio.

Nel frattempo, le preoccpuazioni in merito all’impatto sulla salute dei cittadini e sull’ambiente hanno spinto diversi Comuni a vietare l’installazione delle antenne per il 5G, tanto da spingere il governo italiano a cercare una soluzione d’emergenza. La Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), recentemente pubblicata dalla Corte dei Conti, ha inserito proprio il Piano Italia 5G tra quelli in difficoltà, in quanto le reticenze locali potrebbero far mancare all’Italia gli obiettivi imposti a livello europeo per la rete internet ultraveloce, da realizzare entro il 2025 e il 2030 – e che, secondo la stessa Commissione UE, l’Italia ha basse probabilità di portare a termine. Al momento, infatti, sono solamente 160 le aree coperte dal segnale rispetto al totale di 1.385.

[di Valeria Casolaro]

Ucraina, attacchi danneggiano infrastrutture energetiche

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Nella notte tra venerdì e sabato, l’esercito russo avrebbe portato avanti una serie di attacchi nelle regioni ucraine di Leopoli e Zaporizhzhia, prendendo di mira infrastrutture energetiche, e ferendo qualche operatore nel settore dell’energia. Nello specifico, nella regione di Zaporizhzhia, due lavoratori sarebbero rimasti feriti e portati in ospedale, mentre in quella di Leopoli un missile russo avrebbe provocato un grosso incendio in una infrastruttura energetica. Parallelamente, il Ministro dell’Energia ucraino ha dichiarato che in un’altra non meglio specificata regione orientale, una linea di trasmissione di energia sarebbe stata interrotta.

Nuova Caledonia: la Francia prova a fermare le proteste arrestandone i leader

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In Nuova Caledonia, territorio d’oltremare francese, una delle ultime colonie europee esistenti, la situazione resta incandescente. Il territorio d’Oceania è infatti ancora attraversato da forti tensioni dopo i violenti scontri di quest’ultimo mese, dovuti al progetto di riforma costituzionale sulla modifica dell’elettorato per le elezioni del Congresso e delle assemblee provinciali. La polizia ha represso violentemente le manifestazioni, durante le quali diverse persone sono rimaste uccise e decine ferite. I danni sono stimati in un miliardo di euro. Il timore della Francia di aver perso il controllo sulla propria colonia ha anche spinto Macron in persona a volare a Noumea, capoluogo amministrativo dell’arcipelago. Mercoledì, la polizia della Nuova Caledonia ha effettuato 11 arresti tra coloro che sono ritenuti coinvolti nella protesta: tra questi vi è anche Christian Tein, capo della Cellula di coordinamento per le azioni sul campo (CCAT).

Il leader indipendentista Tein e altre 10 persone sono state arrestate per il loro presunto ruolo nelle proteste mortali che hanno travolto l’arcipelago nell’ultimo mese, secondo quanto riferito dai pubblici ministeri. Tein, capo del CCAT, l’organizzazione che ha organizzato barricate di protesta in tutta la capitale Nouméa, è stato l’unico arrestato nominato dal procuratore capo Yves Dupas. Secondo quanto riferito, gli arresti sono dovuti a reati di “criminalità organizzata”, che permettono il trattenimento dei sospettati fino a 96 ore. Il procuratore ha detto che le detenzioni fanno parte di un’indagine della polizia su una vasta gamma di sospetti crimini, tra cui complicità in omicidio e tentato omicidio, rapina a mano armata, incendio doloso e appartenenza a un gruppo creato per preparare atti violenti. Tein è stato arrestato nella sede del più grande partito politico indipendentista, l’Unione Caledoniana, emanazione del CCAT, mentre si preparava a tenere una conferenza stampa, come comunicato dal partito stesso. L’edificio è stato circondato dalla polizia e successivamente perquisito. In una dichiarazione, il presidente dell’Unione Caledoniana, Daniel Goa, ha esortato alla calma tra i manifestanti del CCAT e ha detto ai giovani di non rispondere a quella che ha definito una “provocazione”. I media locali hanno riferito che l’operazione di polizia ha causato la chiusura di molte attività commerciali, negozi e del municipio di Nouméa, per timore di ulteriori disordini.

Tein è stato tra le figure politiche pro-indipendenza che hanno incontrato il presidente francese Emmanuel Macron durante la sua visita lampo in Nuova Caledonia il mese scorso, un tentativo di sedare la rivolta effettuato dopo l’invio, da parte della Francia, di contingenti di gendarmi e forze speciali. Gli indigeni Kanak temono che la riforma costituzionale sulla modifica dell’elettorato per le elezioni del Congresso e delle assemblee provinciali della Nuova Caledonia diluirà ulteriormente il loro voto e renderà più difficile l’approvazione di qualsiasi futuro referendum sull’indipendenza, mentre Parigi afferma che la misura sia necessaria per migliorare la democrazia. Macron ha dichiarato, la scorsa settimana, di aver sospeso la riforma costituzionale proprio quando ha deciso di sciogliere l’Assemblea Nazionale per indire nuove elezioni dopo la brutta prestazione del suo partito nelle elezioni europee. Tuttavia, i gruppi pro-indipendenza vogliono che la riforma venga completamente ritirata prima che il dialogo sul futuro politico del territorio d’oltremare francese possa ricominciare, affermando che altrimenti non sarà possibile convincere i giovani manifestanti a lasciare le barricate.

Insomma, con la sospensione della riforma e le nuove elezioni alle porte, la situazione nel territorio d’oltremare francese non accenna a calmarsi e, anzi, è forse destinata a nuovi picchi di scontro e di rivolta, specie nell’ipotesi in cui salga al governo della Repubblica francese la destra di Marine Le Pen. Gli indigeni e gli indipendentisti non accetteranno che i loro desideri di costituire una società propria siano soffocati ancora una volta.

[di Michele Manfrin]