martedì 16 Dicembre 2025
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Azure: il cloud di Microsoft che permette a Israele di sorvegliare i palestinesi

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Microsoft fornisce da anni i propri servizi cloud all’intelligence israeliana, con l’obiettivo di consentire una sorveglianza di massa sulla popolazione palestinese. Non solo: i sistemi della Big Tech sarebbero stati utilizzati attivamente durante l’invasione israeliana di Gaza, per individuare con maggiore precisione i bersagli da colpire nei bombardamenti. L’azienda nega di essere stata coinvolta nelle operazioni militari, tuttavia i documenti interni suggeriscono non solo una piena consapevolezza, bensì anche la volontà della dirigenza di consolidare i rapporti con il Ministero della Difesa...

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USA-Russia: “Raggiunto accordo per incontro tra Trump e Putin”

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Donald Trump ha annunciato che la prossima settimana potrebbe incontrare il presidente russo Vladimir Putin, segnando il primo incontro tra un presidente statunitense e Putin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. La Russia conferma che il vertice Putin-Trump potrebbe aver luogo la prossima settimana e che i preparativi sono in corso per bocca del rappresentante speciale del presidente russo per la cooperazione economica con i paesi stranieri, Kirill Dmitriev, e del consigliere del leader russo, Yuri Ushakov. Trump aveva già incontrato Putin cinque volte durante il suo primo mandato. L’ultima volta che Putin incontrò un presidente statunitense (in quel caso Joe Biden) fu nel giugno 2021.

Birmania: è morto l’ex presidente ad interim della giunta

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L’ex presidente ad interim della giunta militare birmana, Mynt Swe, è morto oggi all’età di 74 anni. Mynt Swe era diventato presidente dopo il colpo di Stato del 2021; è rimasto in carica fino al luglio del 2024, quando è dovuto dimettersi per motivi di salute. A lui era succeduto il generale Min Aung Hlaing, organizzatore del golpe e all’epoca già primo ministro. Dopo il colpo di Stato, nel Paese è scoppiata una guerra civile che vede contrapposte le forze golpiste e diversi gruppi ribelli etnici. Dall’inizio del conflitto, sono state uccise più di 5.000 persone e milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case.

È stato approvato in via definitiva il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina

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Il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) ha dato il via libera al progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina e Reggio Calabria. Approvato dunque il piano dal valore di 13,5 miliardi di dollari per la maxi-opera che intenderebbe essere il ponte a campata unica più lungo del mondo. Mancano però ancora una serie di passaggi fondamentali per l’ok definitivo al progetto, che dovrà ora passare alla Ragioneria dello Stato per poi andare tra le mani della Corte dei Conti. Nel frattempo, le associazioni ambientaliste manifestano l’intenzione di scatenare contro il progetto una pioggia di ricorsi. A ogni modo, il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha annunciato per l’ennesima volta la data di inizio dei lavori, che si sposta di volta in volta sempre un poco più avanti nel tempo: «Tra settembre e ottobre conto di partire con i cantieri, lavori ed espropri», ha dichiarato, affermando che il Ponte sarà «percorribile dal 2032».

Il governo ha celebrato con toni trionfalistici il via libera del CIPESS al progetto del Ponte sullo Stretto, che prevede una lunghezza complessiva di 3.660 metri, con una campata sospesa di 3.300 metri e torri di 400 metri alle basi. Nel comunicato pubblicato dal MIT, sono stati forniti numeri ambiziosi e assai difficili da verificare, come la capacità del ponte di ospitare fino a 6mila veicoli ogni ora e 200 treni al giorno. Peraltro, negli ultimi mesi Salvini ha più volte parlato della creazione di «120mila posti di lavoro»; in realtà si tratta di unità di lavoro annuo (ULA), che non corrispondono direttamente al numero di occupati: ciascuna ULA rappresenta infatti il lavoro svolto da una persona impiegata a tempo pieno per un anno intero. Secondo le stime della Società Stretto di Messina, la durata del cantiere del ponte sarà di almeno sette anni. Da queste tempistiche deriva il dato di «4.300 occupati medi» durante il periodo di costruzione, ottenuto dividendo le 30.000 ULA per sette.

L’esecutivo lo considera un’opera strategica per lo sviluppo del Meridione e dell’intero Paese, promettendo futuri benefici in termini di occupazione, mobilità, turismo e attrattività internazionale. In realtà, l’iter è ancora molto lungo e in ballo ci sono numerose criticità economiche, tecniche e burocratiche che potrebbero compromettere i tempi e la realizzazione dell’opera. Uno dei principali problemi riguarda i costi elevati di gestione e manutenzione, con il progetto che prevede 1,6 miliardi di euro necessari per la manutenzione straordinaria dal 2034 al 2060. Questo si aggiunge ai dubbi sulla sostenibilità economica dell’opera, che dovrebbe ripagarsi solo nel 2062. A complicare ulteriormente la situazione è l’iter autorizzativo, che deve ancora passare attraverso un’approvazione formale della Corte dei Conti. Questa potrebbe esprimere rilievi o, in scenari più estremi, bloccare il progetto. La mancanza di un progetto esecutivo definitivo, che sarà pronto solo tra circa 470 giorni, rappresenta un altro potenziale ostacolo: il progetto definitivo non ha ancora risolto tutte le problematiche emerse durante la valutazione ambientale, con 68 rilievi da sanare. Le indagini archeologiche, gli espropri e i contenziosi legali aggiungono ulteriori incertezze.

Le Associazioni Greenpeace, Lipu, Legambiente e WWF lanciano infatti ufficialmente il guanto di sfida al governo in una nota comune, giudicando la decisione del CIPESS «un vero e proprio azzardo», sia per motivi economici sia «per il quadro d’incertezza» del progetto. «Come si è sempre dato per scontato il parere della Commissione VIA, oggi si dà già per acquisito il parere della Corte dei Conti che, invece, ancora deve pronunciarsi – scrivono le associazioni -. Si tace sul fatto che la cosiddetta apertura dei cantieri sarà poco più che simbolica e riguarderà interventi preliminari sia perché il progetto esecutivo non è ancora stato redatto, sia perché la modifica di legge voluta dal governo per procedere ad una cantierizzazione a fasi spezzetterà il progetto esecutivo lasciando sino all’ultimo aperta l’incognita sui risultati sulle prove da fatica sulla tenuta dei cavi e sugli approfondimenti sismici prescritti dalla Commissione VIA». Le quattro organizzazioni annunciano che ricorreranno «in tutte le sedi affinché lo scempio non si compia e non si buttino via miliardi di euro in un’opera inutile, mentre il sistema del trasporto pubblico dell’intero Paese si trova in condizioni sempre più insostenibili».

Certo è che l'”annuncite” del ministro Salvini ha raggiunto, nell’ultimo biennio, livelli senza precedenti. Nel marzo del 2023, durante la trasmissione “Cinque minuti su Rai 1”, Salvini dichiarò che i lavori sarebbero iniziati «entro l’estate 2024», per poi ripeterlo due mesi dopo in occasione della conferenza stampa di presentazione del decreto che ha riattivato la Società Stretto di Messina, e poi a settembre, in seguito a un incontro del cda della società. A fine maggio 2024, Salvini aveva sbandierato l’obiettivo di «aprire i cantieri entro l’anno 2024». Nell’aprile di quest’anno Salvini ha annunciato che l’inizio della costruzione fosse distante solo «poche settimane». Lo scorso 19 maggio, il Ministro ha invece affermato che i cantieri sarebbero stati aperti entro l’estate. Ora, il sempre più aleatorio orizzonte temporale si è spostato all’autunno 2025. Nel mentre, Salvini ha ventilato la possibilità che il Ponte venga intitolato all’ex leader del centro-destra Silvio Berlusconi, che storicamente ne è stato lo sponsor più rappresentativo.

Il Libano ha ordinato il disarmo del movimento Hezbollah

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Il governo libanese ha deciso di disarmare Hezbollah. L’annuncio arriva dopo le ripetute pressioni degli USA, che hanno chiesto ai neoinsediati vertici del Paese di smantellare le capacità del gruppo per aprire la strada a una normalizzazione dei rapporti con Israele. A darlo è il primo ministro Nawaf Salam, il quale ha specificato che ora l’esercito ha tempo fino alla fine del mese per presentare un piano per l’approvazione definitiva della misura, che sarà implementata entro l’anno. Sin da prima dell’annuncio, il leader di Hezbollah, Naim Qassem, ha dichiarato che avrebbe disatteso eventuali ordini di disarmo, che a suo avviso servirebbero solo gli interessi di Israele: in un comunicato rilasciato dopo la decisione del premier ha definito la scelta dei vertici del Paese una «strategia arrendevole e un chiaro abbandono dei fondamenti della sovranità del Libano». Lo Stato ebraico, intanto, non cessa le attività militari nel Paese e continua ad avanzare nel sud del Libano, violando l’accordo di cessate il fuoco.

L’annuncio del governo libanese, ripreso dall’agenzia di stampa statale NNA, è arrivato martedì 5 agosto, a margine di un’attesa riunione di gabinetto che ha visto la partecipazione del governo libanese e del presidente Joseph Aoun. Il gabinetto, nello specifico, ha ordinato all’esercito di elaborare un piano per togliere le armi al movimento libanese, dando ai propri vertici militari un mese di tempo per la sua consegna; entro la fine dell’anno, invece, quello stesso piano dovrà essere applicato ed Hezbollah dovrà cedere le armi. Salam, da tempo oppositore di Hezbollah, ha motivato la propria scelta affermando che «è dovere dello Stato monopolizzare il possesso di armi». Vista l’influenza del movimento, però, le discussioni continueranno oggi, con una nuova riunione di gabinetto. La scelta del governo libanese è stata presa sulla base di un documento presentato dagli Stati Uniti tramite l’inviato speciale Tom Barrack, che propone una serie di passi da compiere per arrivare progressivamente a una normalizzazione dei rapporti con Israele, a siglare una pace tra i due Paesi e ad aprire il Libano agli investimenti.

Hezbollah si rifiuta tanto di disarmarsi, quanto di implementare il piano di Barrack: secondo Qassem e i vertici del movimento, cercare un accordo volto a disarmare definitivamente il movimento non sarebbe necessario, e non farebbe altro che minare la sovranità del Libano, rendendo il Paese vassallo degli interessi israeliani e statunitensi: «il memorandum di Barrack mira a spogliare il Libano della sua capacità militare, privandolo della resistenza e impedendo all’esercito libanese di possedere armi diverse da quelle di portata nazionale, che non influiscono in alcun modo su Israele. Non accettiamo alcun nuovo accordo diverso dal precedente tra lo Stato libanese e Israele, e consideriamo qualsiasi calendario proposto per l’attuazione sotto l’egida dell’aggressione israeliana inaccettabile». Effettivamente, fa notare il movimento, un cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele esiste già e i suoi termini sono sempre stati rispettati da Hezbollah; a non farlo, piuttosto, è lo stesso Stato ebraico.

L’accordo, siglato a fine novembre 2024, prevede la cessazione totale delle ostilità e il ritiro di Hezbollah dal sud del Paese. Esso fissa il limite invalicabile per il movimento al fiume Litani, oltre il quale solo l’esercito e le forze internazionali possono entrare; neanche l’esercito israeliano, in teoria, potrebbe oltrepassare il confine. Nonostante l’accordo, Israele non ha mai cessato di bombardare il Libano e di far progredire le proprie forze terrestri sempre più a fondo nell’area meridionale del Paese. Dopo l’accordo di novembre, Israele ha violato i patti con cadenza quasi giornaliera. L’ultima violazione è stata registrata a fine luglio, quando Israele ha bombardato la valle della Bekaa, situata nell’area nord-orientale del Paese, e preso di mira la zona di Ghaziyeh, nel Libano meridionale, provocando un incendio in un magazzino.

Ghana, si schianta elicottero militare: tra i morti due ministri

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Un elicottero militare è precipitato mercoledì sera in Ghana, causando la morte di tutti i passeggeri a bordo, tra cui il ministro della Difesa Edward Omane Boamah, il ministro dell’Ambiente Ibrahim Murtala Muhammed e altri alti funzionari. L’incidente, uno dei peggiori disastri aerei del Paese negli ultimi dieci anni, è avvenuto durante un volo da Accra verso Obuasi, una zona mineraria. L’elicottero è uscito dai radar poco dopo aver sorvolato la regione di Ashtani, e il relitto è stato localizzato solo successivamente. Le cause dello schianto sono ancora sconosciute.

Brasile, l’ex presidente fa ricorso contro gli arresti domiciliari

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Gli avvocati dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro hanno presentato ricorso contro l’ordinanza di arresti domiciliari emessa nei suoi confronti. Bolsonaro è stato messo agli arresti con l’accusa avere violato degli ordini restrittivi che gli imponevano di non utilizzare le piattaforme social; gli avvocati contestato le accuse, e hanno chiesto che l’ordine di venga votato da un collegio più ampio di giudici della Corte Suprema. Bolsonaro è sotto processo con l’accusa di essere dietro ai moti di insurrezione scoppiati in occasione dell’insediamento del presidente Lula.

Helsinki è la prima capitale europea senza incidenti stradali mortali per un anno intero

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In un periodo storico in cui le città fanno i conti ogni giorno con le conseguenze del traffico urbano, Helsinki segna un traguardo che ha pochi precedenti: negli ultimi dodici mesi, nella capitale finlandese non si è registrata alcuna vittima della strada. Dal luglio 2024 ad oggi, nessun pedone, ciclista o automobilista ha perso la vita a causa di incidenti. Una statistica sorprendente, soprattutto considerando che nell’area metropolitana vivono e si spostano circa 1,5 milioni di persone. A rendere possibile questo risultato non è stato un solo provvedimento, ma una serie coordinata di scelte...

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Guerra in Ucraina: l’incontro tra Putin e Witkoff è stato definito “molto produttivo”

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Si sono incontrati oggi, 6 agosto, al Cremlino il presidente russo Vladimir Putin e l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff. Un incontro durato circa tre ore per avanzare nella ricerca di un possibile punto d’intesa per arrivare a una tregua nel conflitto in Ucraina. A fornire i primi dettagli sui contenuti è stato, come di consueto, il presidente statunitense Donald Trump sul social Truth, parlando di un incontro «molto produttivo», dove sono stati compiuti «grandi progressi». Nessun commento diretto, per ora, da parte di Putin. A parlare per conto del governo russo è stato l’assistente del Cremlino Yury Ushak che, citato dal canale Russia Today, ha parlato a sua volta di una conversazione «molto utile e costruttiva».

Donald Trump ha dichiarato: «Il mio inviato speciale, Steve Witkoff, ha appena avuto un incontro molto produttivo con il presidente russo Vladimir Putin. Sono stati fatti grandi progressi! In seguito, ho aggiornato alcuni dei nostri alleati europei. Tutti concordano sul fatto che questa guerra debba finire, e lavoreremo per questo nei giorni e nelle settimane a venire». Decisamente più prudente l’assistente del Cremlino Yury Ushak che, oltre a definire molto utile e costruttivo l’incontro, si è limitato ad affermare che «Putin ha trasmesso alcuni segnali sulla questione ucraina» e «segnali corrispondenti sono stati ricevuti anche dal presidente Trump»

Mentre si tenta di avanzare sulla strada dei colloqui, tuttavia, il presidente Trump non abbandona la strada delle pressioni su Mosca e i suoi alleati. Nelle stesse ore in cui il suo inviato Witkoff si trovava a Mosca, infatti, ha firmato un ordine esecutivo che impone nuovi dazi all’India in risposta al suo «continuo acquisto di petrolio dalla Federazione Russa». Nel comunicato pubblicato sul sito della Casa Bianca, molto duro nei toni, Trump ha affermato che «le azioni della Federazione Russa in Ucraina rappresentano una minaccia costante alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti, rendendo necessarie misure più incisive per affrontare l’emergenza nazionale» aggiungendo che non tollererà «l’aggressione della Federazione Russa» e che «queste azioni mirano a fare pressione sulla Federazione Russa affinché raggiunga una risoluzione che ponga fine al conflitto e salvi vite umane».

La strada non sarà semplice, anche ipotizzando le reali buone intenzioni dei contendenti. Fino ad oggi Trump ha appoggiato le richieste ucraine di una tregua prima di avanzare nei colloqui diretti nonché le pretese di Kiev di non cedere nulla dei propri territori. Da parte sua Mosca ha ripetutamente affermato di essere aperta a un accordo di pace, ma insiste sul fatto che la tregua arriverà in una fase avanzata di colloqui e che qualsiasi accordo dovrà riflettere la realtà sul campo e affrontare le cause profonde del conflitto. I funzionari russi – secondo quanto riportato da Russia Today – hanno espresso apprezzamento per gli sforzi di mediazione di Trump, pur respingendo «le sue ultime minacce», affermando che «il linguaggio degli ultimatum è controproducente».

Il governo impugna la legge toscana sul salario minimo perché “danneggia la concorrenza”

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Il governo Meloni ha impugnato la legge toscana sul salario minimo accusandola di violare la normativa statale sulla concorrenza. La legge prevede che nelle gare regionali siano favorite le aziende che offrono un salario minimo di almeno nove euro lordi all’ora. L’esecutivo sostiene che la legge interferisca con la competenza esclusiva dello Stato su questioni economiche e concorrenziali, come stabilito dall’articolo 117 della Costituzione. La decisione ha suscitato critiche, in particolare da parte del PD. Il presidente della Toscana Eugenio Giani ha anticipato che presenterà ricorso contro l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale «per difendere con determinazione questa legge e il principio che la ispira: il lavoro deve essere giusto, sicuro e retribuito in modo equo».

La decisione di impugnare la legge toscana sul salario minimo è stata presa dal Consiglio dei Ministri lunedì 4 agosto. La norma, entrata in vigore il 18 giugno, prevede l’assegnazione di un punteggio più alto a tutte le aziende che, nei bandi di appalto pubblici, garantiscano ai propri dipendenti una paga oraria di almeno 9 euro lordi. Essa dedica poi un’attenzione specifica ai bandi che riguardano gli “affidamenti ad alta intensità di manodopera” – ossia concernenti lavori come quelli dei servizi di ristorazione, pulizia o vigilanza – in cui il criterio di assegnazione dell’appalto si fonda sul principio del miglior rapporto tra qualità dell’offerta e prezzo del servizi. La legge, insomma, non prevede una vera e propria introduzione del salario minimo, ma favorisce nelle gare pubbliche le ditte appaltatrici che lo garantiscono. Il governo ha deciso di impugnarlo proprio sulla base di tale ragione: nel suo comunicato l’esecutivo richiama l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che garantisce allo Stato “legislazione esclusiva” sulla “tutela della concorrenza”. Secondo l’esecutivo, insomma, la norma toscana violerebbe la concorrenza perché impone a chi appalta (gli enti pubblici della regione) di introdurre un criterio per assegnare più punti nelle gare d’appalto.

La battaglia per il salario minimo in Italia va avanti da tempo. A muoversi nella sua direzione sono stati diversi Comuni italiani. Già alla fine del 2023, il Consiglio Comunale di Livorno diede l’ok a larga maggioranza a una mozione che garantiva a tutti i lavoratori del Comune un salario minimo di almeno 9 euro all’ora. Sulla stessa scia, sono poi arrivate Firenze e Napoli, che hanno approvato il salario minimo di 9 euro all’ora per tutti gli appalti del Comune. A livello nazionale, invece, nonostante le proposte, si assiste a tutt’altro scenario: a fine novembre 2023, la maggioranza decise di affossare definitivamente la proposta unitaria dei partiti di opposizione, che stabiliva l’introduzione del salario minimo sempre a 9 euro.