Dopo il blitz di ieri a Stonehenge, due attiviste di Just Stop Oil sono entrate questa mattina – alle ore 5:00 locali circa – nell’area vip dell’aeroporto di London Stansted e hanno cosparso di vernice arancione due jet privati parcheggiati nella zona. Le due ecoattiviste avrebbero ricevuto informazioni sul numero di coda del velivolo di Taylor Swift ma non sarebbero riuscite a trovarlo e avrebbero quindi deciso di dipingere comunque due aerei privati nella zona utilizzando due estintori carichi di vernice. Le due ragazze sono state arrestate con l’accusa di vandalismo e “interferenza al funzionamento delle infrastrutture nazionali”.
Biodiversità, gli indigeni dell’Amazzonia stanno aiutando a salvare i primati
In Brasile esiste una missione che è frutto della collaborazione tra ricercatori e popolazioni indigene e che mira alla tutela dei primati dell’Amazzonia: si tratta del Progetto Reconecta, il quale è stato ideato dalla biologa e vincitrice del premio Whitley 2024 Fernanda Ambra e prevede la costruzione di “ponti” finalizzati a collegare le chiome degli alberi situati ai due lati della strada che percorre gli Stati di Amazonas e Roraima, permettendo così alla fauna locale di attraversare evitando il pericolo investimento, che è infatti una delle principali cause di morte per i primati nella regione. Lavorare al progetto è «un patrimonio di conoscenze e una meravigliosa esperienza di apprendimento» secondo la biologa, che ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento delle comunità tradizionali in quanto «sanno esattamente cosa è necessario per proteggere le foreste».
Il Brasile sta affrontando un dilemma ambientale tutt’altro che indifferente in quanto possiede una delle più grandi reti stradali al mondo e, al contempo, circa il 40% delle specie di primati che vivono nella zona sarebbero a rischio estinzione. Un altro dato allarmante invece riguarda le cause principali di morte: secondo una revisione scientifica il numero di mammiferi medio-grandi uccisi nelle strade brasiliane ogni anno può raggiungere quasi le 9 milioni di unità. Anche per questi motivi Fernanda Ambra – biologa e professionista ecologista stradale che ha dedicato la sua tesi di dottorato a riguardo – ha ideato il Progetto Reconecta: un’iniziativa che prevede la costruzione di “ponti” finalizzati a permettere un attraversamento più sicuro alla fauna locale. «Ho giurato a me stessa che non avrei più studiato solo gli impatti causati dalle strade e dal traffico; piuttosto, volevo salvare quanti più animali possibile implementando misure di mitigazione», ha commentato la scienziata.
Quando ha iniziato a lavorare alla missione – spiega Ambra – erano state localizzate tre aree che necessitavano di ponti ma la ricerca è stata ostacolata dal fatto che era quasi impossibile trovare strade con grandi frammenti di foresta su entrambi i lati. Continuando ad indagare però, il suo team ha poi trovato un tratto di 125 chilometri della strada BR-174, la quale attraversa la regione abitata dagli indigeni Waimiri-Atroari, un gruppo etnico brasiliano composto da migliaia di individui che subì gravi violenze tra gli anni ’60 e ’80. Dopo aver concordato i luoghi più adatti e aver realizzato i ponti artificiali con l’aiuto degli indigeni, il Progetto Reconecta ne ha installati 30 nel 2022, dotandoli inoltre di due “fototrappole” adibite a controllare quali animali decidono di utilizzarlo e quali arrivano in prossimità della costruzione ma rinunciano ad usarla per l’attraversamento. Solo nei primi 10 mesi – spiega la biologa – sono state documentate ben otto specie diverse, che comprendono il tamarino dalle mani gialle (Saguinus midas) o “kixiri” e gli opossum (Didelphis Linnaeus). Tale implementazione ha mostrato inoltre che gli arboricoli locali tendono a preferire un determinato modello a ponte che prevede un’unica corda spessa intrecciata su un cavo d’acciaio.
Ambra ha poi aggiunto che i requisiti per la missione non si limitavano alla saggezza indigena e alla scienza biologica, ma si estendono ad altre competenze che rendono Reconecta un progetto multidisciplinare: «Abbiamo dovuto imparare molto sull’ingegneria civile, sull’ingegneria dei materiali, sull’architettura e sulle normative stradali per creare finalmente una soluzione adatta a quell’ambiente, conforme a tutta la legislazione e, soprattutto, replicabile», ha aggiunto. Tali sforzi sono stati riconosciuti anche dal Whitley Fund for Nature – un ente di beneficienza per la conservazione della natura fondato nel 1993 che raccoglie fondi e concede sovvenzioni – il quale ha inserito Fernanda Ambra tra i sei vincitori dei Whitley Awards dell’edizione 2024, considerati “l’oscar della conservazione della natura”. Tuttavia, sia per la scienziata che per gli indigeni il lavoro non è ancora finito e per questo hanno spiegato che Reconecta verrà testato anche in altri stati e all’estero: «Dobbiamo continuare questo progetto; senza i ponti molti animali muoiono. Non era così; c’erano molti animali. Ma con i ponti, vediamo scimmie ragno e robuste scimmie cappuccine che attraversano da un lato all’altro della foresta», ha dichiarato il leader dei Waimiri-Atroari Mario Paruwe.
[di Roberto Demaio]
Uiltrasporti: “Sciopero in tutti i porti il 2 e 3 luglio”
La Federazione di categoria della Unione Italiana dei Lavoratori (UIL) Uiltrasporti ha annunciato uno sciopero di 48 ore in tutti i porti nazionali previsto per il 2 ed il 3 luglio, il quale farà seguito alle manifestazioni che si articoleranno a livello territoriale dal 1° al 7 luglio. Lo hanno riferito il segretario generale Marco Verzari ed il segretario nazionale Giuliano Galluccio con un comunicato stampa. «L’atteggiamento irresponsabile delle parti datoriali per noi configura un evidente attacco al contratto collettivo nazionale dei porti, che da anni rappresenta un elemento regolatore fondamentale del sistema portuale italiano non solo per le imprese ma anche a garanzia del lavoro», hanno commentato.
A maggio la Russia è tornata il primo fornitore di gas in Europa
Lo scorso mese la Russia è tornata ad essere il primo fornitore di gas in Europa superando gli Stati Uniti per la prima volta in quasi due anni, dopo le sanzioni che l’UE ha imposto a Mosca per la sua guerra in Ucraina. Lo riferisce un rapporto dell’Indipendent Commodity Intelligence Service (ICIS), citato dal Financial Times. Secondo i dati dell’ICIS, a maggio le spedizioni di GNL (gas naturale liquefatto) e gas russo hanno rappresentato il 15% della fornitura totale verso Ue, Regno Unito, Svizzera, Serbia, Bosnia Erzegovina e Macedonia del Nord. Mentre il GNL proveniente dagli Stati Uniti ha rappresentato solo il 14% della fornitura nella regione. Si tratta del livello più basso dall’agosto del 2022. Secondo l’agenzia di stampa Reuters, le esportazioni di Gazprom a maggio sono aumentate del 7,3% rispetto ad aprile e del 39% su base annua. «È sorprendente vedere la quota di mercato del gas russo aumentare leggermente in Europa, dopo tutto quello che abbiamo passato e tutti gli sforzi compiuti per disaccoppiare e ridurre i rischi nella fornitura di energia», ha affermato Tom Marzec-Manser, direttore di analisi energetica presso la società di consulenza ICIS.
Pur essendo – secondo alcuni analisti – un fenomeno temporaneo, questi dati dimostrano la difficoltà del Vecchio continente a sostituire integralmente le forniture energetiche russe. Alcuni Paesi dell’Europa orientale, inoltre, continuano ad avere Mosca come principale fornitore energetico, ma anche Belgio, Francia e Spagna continuano ad acquistare GNL dalla Russia. Per questo motivo, oggi l’UE ha approvato il 14° pacchetto di sanzioni che per la prima volta prende di mira il GNL russo: in base alle nuove direttive, la stretta non equivale a un divieto assoluto d’importazione, ma vieta di riesportare il GNL in altri Paesi. Le nuove sanzioni intendono limitare questa pratica lucrativa, impedendo a Mosca di ottenere introiti da impiegare per finanziare la guerra in Ucraina.
Uno dei motivi che ha fatto aumentare le spedizioni di gas dalla Russia è stata un’interruzione dell’attività di un importante impianto di esportazione di GNL negli Stati Uniti, ma il tutto è avvenuto in un contesto di aumento generale delle importazioni europee di gas da Mosca, in quanto – come aveva già segnalato il regolatore dell’energia dell’UE ad aprile – il Vecchio continente ha ancora bisogno del gas russo per evitare una crisi energetica. «La riduzione delle importazioni di GNL russo dovrebbe essere presa in considerazione in misure graduali» ha affermato il regolatore europeo dell’energia (Acer) in un rapporto che ha evidenziato la difficoltà per l’UE di bilanciare la sicurezza energetica con la necessità di colpire le finanze del Cremlino. Nel 2022, sono stati bloccati i gasdotti che collegano la Russia all’Europa nord-Occidentale, ma continuano a funzionare le infrastrutture che passano attraverso l’Ucraina e la Turchia. Tuttavia, quest’anno scade anche l’accordo energetico di transito tra Russia e Ucraina mettendo a rischio i flussi di gas oggi ancora indispensabili per diverse nazioni dell’Europa centrale.
Secondo Marzec-Manser dell’ICIS, l’inversione di tendenza non è destinata a durare, poiché in estate la Russia dirotterà i flussi di GNL in Asia attraverso la rotta del Mare del Nord, riducendo la quantità inviata in Europa, mentre la produzione di GNL negli Stati Uniti è di nuovo in aumento. «La Russia ha una flessibilità limitata per mantenere questa quota [in Europa] poiché la domanda [di gas] aumenterà nel prossimo inverno, mentre la produzione complessiva di GNL degli Stati Uniti sta crescendo con ancora più nuova capacità in arrivo sul mercato globale entro la fine dell’anno», ha affermato l’analista. Durante un viaggio in Giappone questo mese, però, il commissario europeo per l’energia Kadri Simson ha espresso preoccupazione per il fatto che il GNL verrà dirottato dall’Europa all’Asia. Per questo, ha fatto sapere che Tokyo e Bruxelles hanno istituito un «sistema di allarme rapido» per monitorare le carenze di GNL e hanno concordato che entrambe dovrebbero perseguire misure di risparmio energetico: «L’UE è pronta a tamponare qualsiasi evento negativo di domanda o offerta nei mercati globali del gas», ha affermato.
Da quando l’UE ha interrotto le importazioni di gas russo, ha iniziato un’affannosa corsa per sostituire le forniture energetiche provenienti da Mosca con altri fornitori. Nel 2023 le esportazioni statunitensi di GNL hanno raggiunto livelli record, sostituendo in larga parte quelle provenienti dalla Russia: tuttavia, i costi maggiori del GNL americano, le infrastrutture necessarie per la rigassificazione e anche la scarsa affidabilità di alcuni impianti statunitensi hanno reso le importazioni americane meno convenienti di quelle russe. Se da un lato, gli USA sono stati i principali beneficiari del blocco di scambi con la Russia, le nazioni europee, invece, hanno risentito di diversi effetti negativi. Gli aumenti del costo dell’energia costituiscono anche una delle principali cause della recessione tecnica che ha colpito Berlino, considerata fino a poco tempo fa il cuore dell’economia europea. Il recente dato circa l’aumento di importazioni di gas dalla Russia a maggio, nonostante le sanzioni, mostra come, al contrario dei proclami fatti dalla classe dirigente europea e di quanto sostenuto dalla narrazione mediatica, l’Europa sia ancora ben lontana dalla stabilità e dall’indipendenza energetica.
[di Giorgia Audiello]
Arabia Saudita, oltre mille morti nel pellegrinaggio alla Mecca
Oltre mille visitatori sarebbero morti durante l’annuale pellegrinaggio musulmano alla Mecca. Lo ha riferito l’agenzia di stampa francese AFP, citando fonti locali. Secondo la TV di stato saudita, alla consueta calca si è aggiunto il caldo estremo, con temperature che hanno raggiunto lunedì i 51,8 gradi. Uno studio del 2019 pubblicato su Geophysical Research Letters aveva già avvertito che l’aumento delle temperature nell’arida Arabia Saudita avrebbe esposto i pellegrini all’hajj a un “pericolo estremo”. L’hajj è un pellegrinaggio annuale che milioni di musulmani compiono alla Mecca per eseguire riti religiosi insegnati dal profeta Maometto ai suoi seguaci 14 secoli fa.
Italia 2024, perde un braccio sul lavoro e lo abbandonano per strada: così è morto un operaio
Si chiamava Satnam Singh ed era un bracciante di origine indiana di 31 anni che lavorava nella provincia di Latina. Due giorni fa, mentre lavorava, aveva perso un braccio, completamente staccatosi dal corpo dopo essere rimasto incastrato in un macchinario avvolgiplastica. Ma i suoi datori di lavoro, anziché chiamare i soccorsi, lo avevano caricato su un furgone e lasciato agonizzante in strada davanti casa, con il braccio staccato dal corpo appoggiato su una cassetta della frutta. Solo dopo diverse ore un passante ha chiamato il 118, che lo ha trasportato d’urgenza all’ospedale San Camillo di Roma. Ma era troppo tardi e Satnam è deceduto ieri mattina. Una storia allucinante, testimonianza delle condizioni in cui il lavoro sotto caporalato funziona in alcune zone d’Italia, specie quando basato sullo sfruttamento della manodopera straniera.
L’agghiacciante storia di Satnam Singh avviene fra Borgo Santa Maria e Borgo Montello, due frazioni del Comune di Latina. Singh era arrivato in Italia qualche anno fa assieme alla moglie, e i due lavoravano, senza contratto, in un’azienda che coltiva angurie, meloni, zucchine e ortaggi. Addetto al taglio del fieno, lunedì, il lavoratore era finito schiacciato da un macchinario, che gli ha reciso il braccio destro e schiacciato entrambe le gambe, causandogli fratture anche sugli arti inferiori. I soccorsi sarebbero stati chiamati su segnalazione dei vicini, che lo hanno trovato gettato davanti casa privato di un arto. È stato dunque portato d’urgenza in elicottero presso l’Ospedale San Camillo di Roma, dove ieri è morto. Da quanto si apprende da fonti giornalistiche, la Procura di Latina avrebbe aperto un’indagine contro il titolare dell’azienda per omissione di soccorso e omicidio colposo. La sindaca del Comune di Latina e la Regione Lazio hanno dichiarato che si costituiranno parte civile in un eventuale processo, e quest’ultima si è anche offerta di pagare le spese per il funerale della vittima.
Quello che è successo a Satnam Singh non è un incidente, ma il riflesso di un apparato malato che assume i connotati di un sistema di sfruttamento su basi etnico-razziale e di classe. Si tratta del fenomeno del caporalato, ancora particolarmente radicato nelle zone agricole italiane, dal sud fino alla Lombardia. Il caporalato è una sistema illegale di reclutamento e organizzazione della manodopera specialmente attivo nel settore primario. Sotto di esso, una serie di intermediari – detti appunto caporali – che lavorano per un imprenditore assumono operatori giornalieri, irregolari, al di fuori dei normali canali di collocamento, e sfruttando la propria posizione di monopolio del lavoro per sottopagarli. Secondo l’ultimo rapporto Agromafie e caporalato, realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil (risalente al 2022), 1 lavoratore agricolo su 3 sarebbe irregolare. Come denunciato dall’avvocato Bitonti a Redattore Sociale, i braccianti vivono e lavorano in condizioni inumane in casolari agricoli abbandonati e senza luce, acqua, porte o finestre, nonché privi di arredi, veri e propri letti, e circondati da spazzatura. Il fenomeno coinvolge l’intero Paese, ed è arrivato addirittura al Ministero dell’Interno, a testimonianza di quanto profondamente esso penetri nel mondo del lavoro italiano.
[di Dario Lucisano]
Scienziati cinesi hanno modificato un virus per simulare gli effetti dell’Ebola
Gli scienziati cinesi dell’Università di Habei hanno condotto un esperimento in laboratorio con un virus modificato che simula gli effetti dell’Ebola per studiarne i meccanismi, la diffusione, il trattamento e creare eventualmente futuri vaccini. I ricercatori hanno utilizzato il virus della stomatite vescicolare, che infetta prevalentemente il bestiame, modificandolo con una proteina dell’Ebola (la glicoproteina) e lo hanno inoculato a un gruppo di criceti dimostrando che il patogeno causa «un’infezione letale» negli animali, i quali sono morti entro tre giorni. I criceti infettati hanno mostrato sintomi simili a quelli osservati nei pazienti con Ebola, tra cui perdita di peso, insufficienza multiorgano, grave infiammazione oculare e formazione di ulcere. L’obiettivo dei ricercatori era trovare un modello animale adeguato per studiare la diffusione e il trattamento dell’Ebola, un virus che ha un tasso di mortalità fino al 90%. Secondo il gruppo di ricerca gli esperimenti hanno fornito una rapida valutazione preclinica delle contromisure mediche contro l’Ebola, dichiarando che lo studio è stato un successo: «Il virus surrogato e il modello EVD [malattia da virus Ebola] del criceto miglioreranno la sicurezza e l’economia della ricerca nel campo dell’EBOV [virus dell’ebola N.d.R]» hanno scritto i ricercatori nello studio. Gli stessi affermano che testare i patogeni è necessario per compiere progressi nel trattamento e nella prevenzione delle malattie infettive, sebbene questo tipo di esperimenti non siano affatto esenti da rischi, come ad esempio possibili fughe di dati di laboratorio e rilascio accidentale dei patogeni.
Gli scienziati cinesi hanno utilizzato il cosiddetto “guadagno di funzione” (gain of function), un metodo che permette di alterare e potenziare i virus attraverso delle modificazioni genetiche per studiarne gli effetti. Questa tecnica, però avrebbe anche consentito ai ricercatori di aggirare i protocolli di alta sicurezza di livello 4, previsti per questo tipo di esperimenti, studiando così il patogeno in un ambiente di sicurezza inferiore, come riferito dal quotidiano britannico Daily Mail. «L’Ebola deve essere trattata in strutture di livello di biosicurezza 4 (BSL-4), che sono laboratori speciali ad alta sicurezza, mentre molte sono solo BLS-2 [di livello 2, N.d.R]. Per risolvere questo problema in un contesto di sicurezza inferiore, gli scienziati hanno utilizzato un virus diverso chiamato virus della stomatite vescicolare (VSV), che hanno progettato per trasportare parte del virus Ebola chiamato glicoproteina (GP) che svolge un ruolo cruciale nell’aiutare il virus a entrare e infettare le cellule del suo ospite», si legge nell’articolo. Questo metodo è stato utilizzato per ridurre i costi della sperimentazione ma, allo stesso tempo, presenta rischi non trascurabili.
Secondo i dati disponibili, infatti, solo in America si sarebbero verificati più di 600 rilasci di patogeni “controllati” negli ultimi otto anni fino al 2022, a causa di incidenti di laboratorio, come ad esempio ricercatori che hanno rovesciato il contenuto delle provette, non hanno indossato correttamente le attrezzature di sicurezza o hanno subito morsi e graffi da animali infetti. Secondo alcuni esperti, questi dati, raccolti dal Federal Select Agents Program (FSAP), sono un avvertimento sui pericoli posti da questo tipo di sperimentazioni che riguardano l’ingegnerizzazione dei microrganismi. Ad avvertire sui rischi presentati dal guadagno di funzione è stato anche, nel 2023, il dottor Robert Redfield, ex direttore dell’ente epidemico americano CDC tra il 2018 e il 2021. In una testimonianza davanti alla commissione ristretta sulle origini del Covid alla Camera degli Stati Uniti, l’infettivologo americano aveva affermato che il guadagno di funzione «non ha mai creato un trattamento o vaccini salvavita», ma che al contrario potrebbe innescare nuove pandemie. Redfield è noto per aver sostenuto l’origine artificiale del Sars-Cov2 contro l’opinione del celebre infettivologo Anthony Fauci, consigliere della Casa Bianca durante il periodo della pandemia e presidente del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID).
Considerati i dati sugli incidenti di laboratorio e il fatto che il dibattito sulle origini del Covid è tutt’altro che archiviato – in quanto l’ipotesi che il Sars-Cov2 sia fuoriuscito dal laboratorio non è mai stata completamente smentita – esperimenti come quello recentemente svolto dai ricercatori dell’università di Habei sollevano molti interrogativi e suscitano preoccupazione. A fronte, infatti, di potenziali progressi – ancora da dimostrare – nello studio e nel trattamento di determinate malattie infettive, i rischi potrebbero rivelarsi superiori ai benefici. Il tutto sarebbe finalizzato anche allo sviluppo di nuovi vaccini che potrebbero essere sviluppati usando proprio il modello dei ricercatori cinesi.
[di Giorgia Audiello]
La Commissione UE ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia per troppo deficit
C’è anche l’Italia tra i Paesi contro cui la Commissione Europea ha ufficializzato l’apertura di una procedura d’infrazione per eccessivo disavanzo di bilancio, avvio di procedimento previsto per il prossimo luglio. La lettera di Bruxelles ha colpito il governo di Roma insieme a quelli di Belgio, Francia, Malta, Polonia, Slovacchia, e Ungheria. Nonostante il Commissario Europeo per l’Economia Paolo Gentiloni abbia detto che sarebbe un errore considerare tale procedura come una «gabbia di austerità», quello che arriva dalla tecnocrazia europea sembrerebbe configurarsi per l’Italia come una sorta di monito per un ritorno alle politiche di austerity, con la richiesta di presentare, entro il 20 settembre, un piano settennale di tagli alla spesa da 10-12 miliardi annui al fine di rispettare i parametri europei (massimo 3% di deficit e 60% nel rapporto debito/PIL).
L’avvio della procedura di infrazione per disavanzo eccessivo basato sul deficit è stata comunicata ieri con una nota stampa della Commissione Europea. Nel documento in allegato, si legge che il procedimento verrà richiesto dalla stessa Commissione il prossimo luglio ai sensi dell’articolo 126, comma 6 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), una delle due carte fondamentali comunitarie. Poco dopo l’annuncio, il Commissario Gentiloni è apparso davanti ai microfoni per rassicurare i giornalisti che l’avvio di una procedura di infrazione non implica un ritorno all’austerità, perché questo stesso procedimento va inserito all’interno del quadro del nuovo patto di stabilità, recentemente modificato. Gentiloni preferisce piuttosto parlare di una mossa volta a «indurre i Paesi a spese prudenti», o, per usare le parole del comunicato della Commissione, a “garantire la coerenza con il percorso di aggiustamento delineato nei piani a medio termine”. Nello specifico, infatti, l’Italia dovrà presentare i primi piani strutturali di bilancio nazionali a medio termine entro il 20 settembre 2024, rispettando i criteri che verranno elencati nella procedura di infrazione. Essa tra le altre cose prevederà meccanismi di sorveglianza rafforzata per i sette Paesi coinvolti
Quello che Gentiloni si è forse dimenticato di riportare, è che ieri stesso è stato pubblicato un lungo rapporto dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) che tra le altre cose tratta proprio della questione. Precisamente, l’UPB parla del tema nel capitolo dedicato alle “implicazioni per gli obiettivi di bilancio” del “nuovo quadro di regole di bilancio della UE”, ossia dello stesso Patto di stabilità citato da Gentiloni. Riguardo a esso, l’UPB avanza una stima delle spese concernenti l’aggiustamento “richiesto per rispettare il nuovo quadro di regole da parte dell’Italia”, che sarebbero pari a “0,5-0,6 punti percentuali di PIL all’anno su un sentiero di aggiustamento settennale”. Tradotto: per adeguarsi agli “aggiustamenti” del nuovo patto di stabilità, l’Italia dovrà portare avanti un taglio alle spese pubbliche pari a circa 10,25-12,3 miliardi di euro all’anno per sette anni. Per quanto la procedura vada ancora formalmente aperta e non se ne conoscano i dettagli, insomma, la nota della Commissione parrebbe presentarsi come una sorta di cartellino giallo per l’Italia, nell’ottica di un potenziale ritorno all’austerità.
[di Dario Lucisano]
Israele approva un piano operativo per un’offensiva in Libano
L’esercito israeliano (IDF) ha dichiarato di aver approvato i piani operativi per un’eventuale offensiva in Libano, mentre il governo israeliano aumenta le minacce verso i miliziani di Hezbollah, che continuano con i lanci di missili e droni verso il nord di Israele. Mentre prosegue l’offensiva su Gaza, Israele sembra così rispondere alle accuse di genocidio, puntando ad aprire un nuovo fronte di guerra. Nel frattempo si acuiscono le tensioni tra Tel Aviv e Washington: il premier israeliano Netanyahu ha accusato l’amministrazione Biden di aver limitato le esportazioni di armi: gli USA, in risposta, hanno annullato un incontro previsto per domani tra funzionari di alto livello di entrambi i Paesi.