sabato 23 Novembre 2024
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L’Irlanda è il primo Paese a garantire il diritto di voto ai senzatetto

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Venerdì 7 gennaio, le elezioni europee e locali in Irlanda si sono arricchite di circa 14.000 potenziali nuovi votanti: l’Eire ha infatti esteso la garanzia pratica al diritto di voto ai senzatetto, risultando così il primo Paese in Europa a fare accedere alle urne le persone senza fissa dimora attraverso un meccanismo mirato. In Irlanda, così come in tutta Europa, il problema dei senzatetto è un fenomeno in rapida crescita, che sfocia in complicazioni di natura civile, sociale, e anche politica. La decisione di introdurre un sistema di accesso al voto più snello e diretto da parte dell’Irlanda si configura in tal senso come un atto particolarmente significativo, in quanto prova a proporre una soluzione a una dinamica colma di difficoltà, che finisce spesso in secondo piano sulle agende politiche.

Il nuovo sistema di accesso al voto promosso dall’Irlanda garantisce l’ingresso alle urne ai senza tetto introducendo un meccanismo più semplice e indirizzato. Per registrarsi, i senzatetto possono accedere su una apposita piattaforma online o alternativamente compilare un documento cartaceo da presentare agli uffici. Nello specifico, i richiedenti devono presentare nome, data di nascita, l’equivalente del nostro codice fiscale, e indirizzo di residenza; in mancanza di quest’ultimo, possono selezionare una specifica opzione dalla dicitura “senza fisso indirizzo“, comunicando alle proprie autorità locali l’area in cui vivono e spendono la maggior parte del proprio tempo. Se dublinesi, invece, devono fornire l’Eircode, un sistema di codice postale in forma alfanumerica che identifica in maniera più capillare gli indirizzi. Questo inedito meccanismo è stato provato per la prima volta in occasione delle elezioni europee e locali del 7 giugno, e ha garantito il diritto politico al voto ad almeno 13.866 persone; ignoti, per ora, i dati relativi al numero di richiedenti.

Il problema dei senzatetto in Irlanda è un fenomeno storico radicato nel tempo. Già presente nella metà dell’Ottocento in quel periodo che viene definito “Grande Carestia irlandese“, la questione si è poi protratta per tutto il secolo scorso, ed è stata spesso associata a problemi di natura sanitaria, e nello specifico all’incremento dell’alcolismo. Il fenomeno ha vissuto un novello slancio con la crisi del 2008, in seguito alla quale sono emerse analoghe fratture all’interno della sfera sociale: la disoccupazione è aumentata, le entrate delle famiglie diminuite, e il mercato immobiliare è entrato in recessione. L’isola dell’arcipelago britannico presenta infatti da anni un importante problema relativo al diritto alla casa: il costo degli appartamenti risulta in costante aumento, tanto che secondo l’Istituto di Ricerca Economica e Sociale irlandese (ESRI) dal 2012 al 2022 i prezzi tanto degli affitti quanto delle vendite sarebbero raddoppiati; anche l’Eurostat mette l’Irlanda spesso al primo posto in quelle statistiche che riguardano l’aumento dei prezzi del mercato immobiliare. Nello specifico, inoltre, Dublino risulterebbe una delle città più care d’Europa per quanto riguarda i costi delle case. Di fronte a questo quadro, il numero dei senzatetto – che si concentrano prevalentemente proprio a Dublino – è analogamente aumentato (e sta tuttora aumentando), come dimostrano le statistiche fornite dallo stesso Governo dell’Eire.

Anche in Europa, secondo un rapporto di FEANTSA, il numero dei senzatetto è in aumento. In Italia secondo l’Eurostat, il fenomeno coinvolge particolarmente persone straniere e richiedenti asilo, ma in generale esso riflette tutti i disagi derivanti dal diritto alla residenzialità, che nel Belpaese risulta ancora oggi un vero e privilegio.

[di Dario Lucisano]

USA, annunciate nuove sanzioni contro la Russia

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Gli Stati Uniti hanno svelato ieri il piano per un nuovo round di sanzioni volte a frenare lo sforzo bellico russo in Ucraina, mettendo sotto pressione anche le istituzioni finanziarie che si occupano dell’economia russa. «Le misure annunciate prendono di mira le restanti rotte di approvvigionamento attraverso le quali (la Russia) si procura materiali e attrezzature a livello internazionale, compresa la sua dipendenza da forniture essenziali da paesi terzi», ha dichiarato il segretario al Tesoro Janet Yellen. Le misure includono sanzioni rivolte a più di 300 entità, compresa la Borsa di Mosca. Intanto la Russia continua le sue esercitazioni nucleari tattiche insieme alla Bielorussia.

Le gomme da masticare con xilitolo potrebbero causare coaguli di sangue

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Secondo uno studio prodotto da un team di scienziati del dipartimento Cardiovascular & Metabolic Sciences del Lerner Research Institute, il consumo intenso di xilitolo potrebbe causare coaguli del sangue e, quindi, possibili ictus e attacchi cardiaci. Si tratta di una ricerca che potrebbe avere grande impatto visto che lo xilitolo, dolcificante derivato dagli alcoli polivalenti, è l’ingrediente principe delle gomme da masticare che promettono di pulire i denti. Lo studio è stato condotto su 3mila pazienti negli Stati Uniti e nel Regno Unito e pubblicato sull’European Heart Journal. Il team di ricerca ha concluso che un terzo dei pazienti con i livelli più alti di xilitolo nel plasma sanguigno presentava un rischio maggiore di eventi cardiovascolari. Test preclinici hanno confermato che lo xilitolo causava un aumento dell’attività delle piastrine, favorendo la coagulazione e aumentando il rischio di trombosi.

Nello specifico, lo studio ha esaminato oltre 1.150 campioni di sangue, raccolti tra il 2004 e il 2011, di soggetti sottoposti a valutazione per malattie cardiache, nonché 2.100 campioni di sangue di persone che potrebbero avere avuto un rischio elevato per patologie cardiache. Sulla base della lettura del combinato disposto dei dati di metabolomica e le cartelle cliniche, i risultati della ricerca – di tipo osservazionale, dunque non atta a dimostrare un nesso causale diretto – hanno indicato come le persone con alti livelli di xilitolo nel plasma sanguigno presentavano rispetto alle altre il doppio del pericolo di infarto, ictus e morte entro tre anni. Inoltre, lo studio ha fatto emergere come una serie di dolcificanti artificiali siano in grado di produrre un contraccolpo nel sistema metabolico, portando l’organismo ad aspettarsi più calorie, rendendo dunque più complessa la prospettiva della perdita di peso. Commentando i risultati, il titolare della ricerca, il dott. Stanley Hazen, ha dichiarato che «il consumo di un prodotto che contiene livelli elevati di xilitolo potrebbe aumentare il rischio di eventi legati al coagulo di sangue», evidenziando come sia opportuno indagare su quei prodotti che «continuano a essere raccomandati contro l’obesità o il diabete». A ogni modo, i redattori dello studio hanno espressamente riferito come sia opportuno proseguire nelle ricerche per appurare in misura più puntuale se vi sia un rapporto causa-effetto tra l’ampio utilizzo dello xilitolo e un rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori.

Lo xilitolo è uno zucchero utilizzato come dolcificante a basso contenuto calorico. Benefico per la salute dentale, esso riduce le carie e aiuta la remineralizzazione degli strati più profondi dello smalto dei denti, venendo anche utilizzato come sostituto dello zucchero in caso di diabete. Sembra, inoltre, che il composto possa essere efficace contro batteri responsabili di infezioni all’orecchio. Lo xilitolo si trova naturalmente, in basse concentrazioni, all’interno delle fibre di molti frutti e verdure e si può estrarre da una serie di bacche e da avena, funghi, bucce di mais, canna da zucchero e betulla. Lo scorso anno l’organizzazione mondiale della Sanita (OMS) aveva messo in guardia i consumatori, consigliando loro di evitare i dolcificanti artificiali e chiedendo di sviluppare studi sulla tossicità a lungo termine dei dolcificanti a basso contenuto calorico in quanto dannosi per il sistema cardiocircolatorio.

[di Stefano Baudino]

La crisi ecologica finisce sempre più spesso in tribunale: oltre 3mila contenziosi aperti

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Dalle aule di tribunale in fermento dell'Europa agli angoli più remoti dell'Amazzonia, un'ondata globale di battaglie legali sta mettendo in discussione gli impegni assunti dalle nazioni in materia di ambiente e clima. Con una posta in gioco altissima, questi casi stanno riscrivendo la giustizia ambientale globale che, parallelamente, sta emergendo come strumento essenziale per la tutela dei diritti umani. Non a caso, sono sempre più numerosi i cittadini che si rivolgono ai tribunali per sollecitare politiche ecologiche maggiormente efficaci e, soprattutto, una riduzione delle emissioni indust...

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Caserta, corruzione negli appalti: blitz dei carabinieri in Comune

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I carabinieri del Nucleo Investigativo hanno effettuato un blitz al Comune di Caserta, dando esecuzione a provvedimenti restrittivi, emessi su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, anche nei confronti anche di appartenenti alla pubblica amministrazione del Comune del capoluogo, che sono finiti agli arresti domiciliari. Nel mirino della Procura ci sono l’affidamento di lavori pubblici e appalti per lavori nelle strade e per la pubblica illuminazione. Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare figurano, tra gli altri, l’assessore ai Lavori Pubblici, Massimiliano Marzo, e due dirigenti e dipendenti comunali. Truffa, falso e corruzione le ipotesi di reato.

 

L’ONU ha dichiarato Israele responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità

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Un rapporto della Commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite, accusa sia le autorità israeliane che quelle palestinesi di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il rapporto indica che le autorità israeliane sono responsabili di tali crimini durante le operazioni militari e gli attacchi a Gaza a partire dal 7 ottobre 2023. Allo stesso tempo, i gruppi armati palestinesi sono ritenuti responsabili di crimini di guerra commessi in Israele. Questa indagine, la prima delle Nazioni Unite sugli eventi dal 7 ottobre 2023, si basa su interviste con vittime e testimoni, sia a distanza che durante missioni in Turchia e in Egitto. Oltre alle testimonianze, sono stati presentati e verificati migliaia di elementi open-source tramite analisi forensi avanzate, immagini satellitari e rapporti medici forensi. Il rapporto sottolinea inoltre che Israele ha ostacolato le indagini, impedendo l’accesso della Commissione al proprio territorio e ai Territori palestinesi occupati.

Il rapporto della Commissione verrà presentato in occasione del 56esimo Consiglio per i Diritti dell’Uomo, che si terrà a Ginevra il 19 giugno. Secondo quanto scritto sul comunicato stampa delle Nazioni Unite, il documento verrà accompagnato da altri due distinti rapporti, uno sull’attacco del 7 ottobre, e un altro sulle operazioni militari israeliane fino alla fine del 2023. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, le autorità israeliane sarebbero responsabili dei crimini di guerra di “impiego della fame come metodo di guerra, omicidio o uccisione intenzionale, attacco intenzionale contro civili e beni civili, trasferimento forzato, violenza sessuale, tortura e trattamenti inumani o crudeli, detenzione arbitraria e oltraggi alla dignità personale”. Il braccio armato di Hamas e “altri sei gruppi armati palestinesi” sarebbero invece responsabili dei crimini di guerra di “attacchi diretti contro i civili, omicidio o uccisione volontaria, tortura, trattamento disumano o crudele, distruzione o confisca dei beni di un avversario, attentati alla dignità personale e presa di ostaggi, compresi bambini”.

Il documento delle Nazioni Unite non è stato ben accolto dalle autorità israeliane. La missione diplomatica di Israele a Ginevra ha a tal proposito pubblicato un post sul social network X in cui definisce il rapporto ONU come una “accusa abominevole e immorale”, che rifletterebbe “la sistematica discriminazione anti-israeliana di questa Commissione d’inchiesta, nata nel peccato, nel 2021, mentre Hamas lanciava razzi sui civili israeliani”; con questo riferimento, la missione israeliana a Ginevra intende richiamare gli attacchi che portarono all’inaugurazione della operazione delle Forze di Difesa Israeliane Guardiani delle Mura: si tratta degli stessi scontri che, secondo l’ONG umanitaria B’Tselem, avrebbero causato 9 morti israeliani, e 232 palestinesi. Le parole della missione israeliana ricalcano le solite accuse che le autorità di Tel Aviv lanciano sull’ONU e su altre organizzazioni internazionali da mesi. Non è infatti la prima volta che vengono redatti rapporti che denunciano le azioni che Israele sta portando avanti in questo momento a Gaza, tra il documento “Anatomia di un genocidio” di Francesca Albanese, i vari ordini di misure per “prevenire il genocidio” da parte della Corte Internazionale di Giustizia, e la richiesta di mandati d’arresto per Netanyahu e Gallant da parte del procuratore della Corte Penale Internazionale.

Tanti sono poi i Paesi che hanno chiamato un cessate il fuoco, mozione recentemente adottata anche dall’ONU attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Nonostante ciò, Israele ha continuato, e continua, a bombardare a tappeto la Striscia e a portare avanti la propria azione militare. A oggi, secondo il Ministero della Sanità di Gaza i morti a partire dal 7 ottobre sarebbero oltre 37.200, mentre i feriti sarebbero poco meno di 85.000; procedono inoltre silentemente i raid in Cisgiordania, tra Jenin, Nablus, ed Hebron, dove solo negli ultimi giorni si stanno intensificando gli scontri con le milizie armate e le aggressioni dei coloni.

[di Dario Lucisano]

Referendum contro il Jobs Act, raggiunta quota 500mila firme

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Dopo appena un mese e mezzo di raccolta firme il sindacato CGIL ha annunciato di aver superato le 500.000 adesioni necessarie per promuovere il referendum popolare contro il Jobs Act. I quesiti referendari sono in tutto quattro, due sui licenziamenti (uno sul superamento del contratto a tutele crescenti che abolì l’articolo 18, l’altro sull’indennizzo nelle piccole imprese); il terzo per diminuire la possibilità di assumere con contratti a termine attraverso la reintroduzione delle causali; l’ultimo per proteggere i lavoratori delle aziende appaltatrici, chiedendo che il committente mantenga la responsabilità su eventuali infortuni sul lavoro. I referendum potrebbero svolgersi nella primavera del 2025.

Amianto nel Borotalco: la Johnson & Johnson paga 700 milioni per chiudere le cause

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Secondo quanto rivelato dal procuratore generale di New York, il colosso farmaceutico statunitense Johnson & Johnson ha accettato di pagare 700 milioni di dollari per risolvere le accuse di aver ingannato i clienti sulla sicurezza dei suoi prodotti ed aver nascosto che in quelli a base di talco fossero presenti tracce di amianto. Quella attuata dalla multinazionale è una strategia per chiudere il caso senza essere costretta ad ammettere alcun illecito, ma di fatto equivale a un’ammissione. Già lo scorso maggio Johnson & Johnson aveva annunciato il pagamento di 6,5 miliardi di dollari per risolvere allo stesso modo le cause legali intentate negli Stati Uniti da donne che accusavano di essersi ammalate di cancro alle ovaie a causa all’uso di prodotti a base di talco.

La controversia sulla commercializzazione dei prodotti a base di talco che la società farmaceutica Johnson & Johnson vuole chiudere mettendo sul piatto i 700 milioni era stata aperta da 42 stati USA e da Washington DC. Lo Stato di New York otterrà 44 milioni di dollari dell’importo sfociato dall’accordo, che dovrà essere liquidato nel giro di tre anni in quattro rate. A fronte delle oltre 50mila richieste di risarcimento presentate contro l’azienda, il piano di Johnson & Johnson prevede il pagamento di 6,5 miliardi di dollari nell’arco di 25 anni al fine di risolvere il 99,75% del totale delle cause legali, mentre i restanti contenziosi saranno affrontati al di fuori del piano. «Nessuna somma di denaro può annullare il dolore causato dai prodotti a base di talco di Johnson & Johnson, ma oggi le famiglie possono essere certe che l’azienda è ritenuta responsabile per il danno causato», ha dichiarato il procuratore generale Letitia James all’interno di un comunicato.

La vicenda parte da molto lontano, vedendo la prima tappa saliente nel 2018, quando Johnson & Johnson fu condannata a risarcire 22 donne con quasi 5 milioni di dollari. Nello stesso anno, un’inchiesta dell’agenzia di stampa britannica Reuters, basata sull’analisi dei registri interni dell’azienda e testimonianze processuali, accusò l’azienda di essere da tempo consapevole della presenza di amianto cancerogeno all’interno del suo talco, ma di averlo tenuto nascosto. Nel 2021, la multinazionale inscenò addirittura un fallimento per cercare di non fare direttamente i conti con decine di migliaia di azioni legali a suo carico incentrate sulla correlazione talco-tumori, scaricando le relative responsabilità in una consociata separata da essa creata, la LTL Management LLC. A partire dall’anno scorso, la Johnson & Johnson ha interrotto su scala globale la vendita del suo classico borotalco, continuando a far circolare sul mercato la versione con amido di mais al posto del talco (come era già stato fatto nel 2020 nel mercato statunitense e in quello canadese). Negli stessi mesi, aveva proposto di pagare 8,9 miliardi di dollari, spalmati in 5 lustri, per porre fine a tutte le controversie giudiziarie in cui è stata coinvolta, ma era arrivata la bocciatura di un tribunale fallimentare. Il mese scorso è arrivata la nuova proposta di 6,5 miliardi di dollari con annesso piano, in cui si prevedono tre mesi di tempo durante i quali i ricorrenti saranno informati della sua esistenza. Esso verrà convalidato se il 75% deciderà di accettarlo.

[di Stefano Baudino]

In Italia la produzione industriale è calata per il quindicesimo mese consecutivo

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Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, la produzione industriale italiana registra il 15° calo consecutivo su base tendenziale: ad aprile 2024, infatti, l’indice destagionalizzato della produzione è diminuito dell’1% rispetto a marzo e del 2,9% su base annua. Nella media del periodo febbraio-aprile, invece, si registra un calo del livello della produzione dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti. Le flessioni tendenziali più ampie si registrano nelle industrie tessili, nei settori di abbigliamento e di pelli e accessori (-13,3%), nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-9,3%) e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-8,1%). I settori che registrano incrementi tendenziali maggiori, invece, sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+4,4%), le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,1%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+1,4%). A risultare stabili, invece, sono i beni di consumo.

Il Codacons, l’associazione per i diritti dei consumatori, riferisce che l’industria italiana sta attraversando una «crisi nera»: il 15° calo consecutivo su base tendenziale della produzione, infatti, si traduce in una contrazione che investe tutti i settori, ma che – secondo il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – è più marcata se si analizza l’andamento dei beni di consumo, che sono scesi ad aprile del -3,9% con un vero e proprio tonfo per quelli durevoli, in calo verticale del -8,5%. «Sull’industria italiana si fa ancora sentire l’onda lunga del caro-prezzi che ha imperversato negli ultimi due anni, e che ha avuto effetti negativi diretti sulla spesa e sui consumi delle famiglie. Per questo ribadiamo la necessità di intervenire in maniera più efficace sui prezzi, perché solo calmierando i listini sarà possibile tutelare la capacità di acquisto delle famiglie, sostenere i consumi e aiutare industria, commercio ed economia», ha affermato Rienzi. Da parte sua, invece, la banca Intesa San Paolo ha sottolineato in un report che «La produzione industriale italiana non cresce da quattro mesi e la variazione tendenziale è negativa da 15 mesi. Di conseguenza, il livello di produzione è ora -8,8% al di sotto del picco raggiunto ad aprile 2022. Il calo mensile è stato generalizzato […]».

A pesare sulla flessione dell’industria italiana vi sono vari fattori, tra cui i principali sono imputabili alle congiunture internazionali e alle scelte dei Paesi del blocco atlantico rispetto a queste ultime: il rallentamento economico dei Paesi europei è cominciato con la lunga e dispendiosa sostituzione del gas russo che ha impattato in primo luogo sulla Germania, già in recessione tecnica. Gli effetti del rallentamento della produzione economica tedesca non possono che avere effetti a catena sugli altri Stati orbitanti intorno all’industria teutonica, tra cui l’Italia: Berlino, infatti, è il primo partner commerciale di Roma e l’industria manifatturiera italiana è legata a doppio filo a quella tedesca. L’industria europea si è strutturata, infatti, secondo uno schema che vede la Germania (e in parte la Francia) direttamente sul mercato, e diversi altri Paesi nel ruolo di fornitori: in certi settori, tantissime aziende italiane, soprattutto al Nord, ricoprono questa posizione. «In generale, noi siamo per lo più un Paese di terzisti, non siamo direttamente sul mercato e quindi ci ritroviamo in una posizione di particolare debolezza: siamo in balia dell’andamento degli altri Paesi, soprattutto della Germania, ma non solo», ha affermato Giovanni Costa, professore emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale all’Università di Padova. La stessa cosa vale per l’industria meccanica del Nord Italia, fortemente integrata nelle filiere produttive tedesche. A incidere sul rallentamento economico e in particolare sui consumi, c’è poi l’aumento dei tassi d’interesse messo in atto dalla BCE, che ha avuto l’effetto di ridurre la domanda interna, ma anche la frenata del settore edilizio, causata in buona parte dall’interruzione dei bonus edilizi che ha disincentivato gli investimenti.

Nonostante il forte calo industriale, l’Istat prevede una crescita del Pil quest’anno pari all’1% e all’1,1% nel 2025. Tuttavia, l’Istituto di statistica avverte che lo scenario resta incerto per il quadro internazionale su cui pesano le ben note tensioni geopolitiche. Tuttavia, il taglio dei tassi d’interesse a giugno da parte della BCE dovrebbe determinare una riduzione del deflatore di spesa per le famiglie (+1,6% dal +5,2% del 2023) a cui seguirà un moderato incremento nel 2025 (+2,0%), con una potenziale ripresa dei consumi.

[di Giorgia Audiello]

G7: iniziano gli incontri in Puglia

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Si apre oggi, tra le mura del resort Borgo Egnazia in provincia di Brindisi il summit dei leader dei più grandi Paesi del mondo occidentale, che verranno raggiunti per l’occasione anche da Papa Francesco e dal Presidente ucraino Volodomyr Zelensky. Sul programma del G7 non si sa ancora molto, ma pare che tra i temi al centro del dibattito vi saranno il supporto all’Ucraina e la guerra commerciale con Pechino, dopo che l’Unione Europea – allineandosi ancora una volta a Washington – ha deciso di applicare forti dazi alle auto elettriche cinesi.