sabato 12 Luglio 2025
Home Blog Pagina 167

Uno studio fa luce sulle turbolenze aeree, uno dei problemi irrisolti della fisica

1

È stato compiuto un significativo e “raro” passo avanti nella comprensione della turbolenza, uno dei fenomeni più complessi e meno dettagliati della fisica, che potrebbe portare a numerose implicazioni in settori come l’aerodinamica, la meteorologia e persino l’ingegneria biomedica: è quanto emerge da un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e condotto da un team internazionale di scienziati, che ha dettagliato i risultati ottenuti sulla rivista scientifica Science Advances. Sviluppando un nuovo approccio sfruttando un metodo ispirato all’informatica quantistica, i ricercatori hanno mostrato come tale tecnica consenta di ottenere simulazioni più efficienti rispetto ai metodi tradizionali, caratterizzate da un minor tempo di calcolo e uso della memoria. Tuttavia, nonostante il potenziale, gli autori sottolineano che il passo compiuto sarà da ampliare tramite ulteriori analisi, visto che si tratterebbe più di un progresso che «scalpella il problema ed amplia i nostri confini».

La turbolenza è stata a lungo un enigma per la fisica teorica. Il fisico teorico tedesco Werner Heisenberg avrebbe detto sul letto di morte: «Quando incontrerò Dio, gli porrò due domande: perché la relatività? E perché la turbolenza? Credo davvero che avrà una risposta per la prima». Sebbene si sappia che il flusso turbolento si sviluppa con la formazione di vortici che si frammentano in strutture sempre più piccole, infatti, una descrizione matematica completa del fenomeno è tuttora sfuggente: le simulazioni numeriche utilizzate per studiare il problema richiedono enormi risorse computazionali, rendendo impossibile modellare flussi complessi con precisione assoluta. Fino ad oggi, la maggior parte degli studi si è basata su metodi deterministici, che producono sempre gli stessi risultati a partire dalle stesse condizioni iniziali. Tuttavia, come spiegato dagli autori, questi approcci si scontrano con la natura intrinsecamente caotica della turbolenza, limitando la loro efficacia.

Per questo motivo, i ricercatori hanno proposto una svolta adottando un approccio probabilistico, ispirato al funzionamento dei computer quantistici: in particolare, la squadra ha applicato un algoritmo basato sulle reti tensoriali – uno strumento matematico utilizzato per simulare sistemi quantistici – riuscendo a ridurre drasticamente l’uso della memoria e il tempo di calcolo. Gli scienziati hanno spiegato che i computer quantistici elaborano le informazioni in un modo fondamentalmente diverso dai computer classici: i computer tradizionali, infatti, eseguono calcoli utilizzando bit, ovvero dati che esistono in uno stato alla volta, uno o zero. I computer quantistici, invece, utilizzano bit quantistici (o “Qbit”), che possono essere zero, uno o una qualsiasi combinazione di entrambi. Ciò, ha spiegato l’autore principale e ricercatore dell’Università di Oxford Nik Gourianov, consentirebbe di ottenere risultati in poche ore, laddove un supercomputer tradizionale impiegherebbe giorni. «La simulazione che stanno eseguendo è una simulazione fluida di due diverse sostanze chimiche che si mescolano e reagiscono. Utilizzando questa rappresentazione, significa che questo calcolo piuttosto complesso può utilizzare molta meno memoria, consentendone l’esecuzione su un laptop. È raro assistere a progressi come questo (un utilizzo della memoria un milione di volte migliore e un’accelerazione dei calcoli di mille volte) e questo rende questo un progresso entusiasmante nella modellazione della turbolenza», ha commentato James Beattie, ricercatore associato post-dottorato e ricercatore presso il dipartimento di scienze astrofisiche della Princeton University nel New Jersey, non coinvolto nello studio. Tuttavia, i “passi significativi” non forniscono ancora un quadro completo, in quanto servirebbero algoritmi e hardware di elaborazione “drasticamente nuovi” rispetto a quelli disponibili attualmente: «Molti scienziati (eccezionalmente talentuosi e dotati) hanno esaminato questo problema, ma non siamo ancora nemmeno vicini a risolverlo», ha concluso Gourianov.

[di Roberto Demaio]

Cannabis light: a Bruxelles gli agricoltori vincono il primo round contro il governo

0

Avanza l’azione delle associazioni agricole italiane a difesa della filiera della canapa industriale, colpita da due provvedimenti del governo Meloni che vietano la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e assimilano le composizioni per uso orale di CBD alle sostanze stupefacenti. La petizione presentata lo scorso settembre da numerose sigle nazionali contro le restrizioni stabilite dall’esecutivo ha infatti ottenuto un primo risultato significativo: la commissione Petizioni del Parlamento europeo (Peti) ha accolto l’istanza e chiesto alla Commissione UE un’indagine preliminare sulla questione. L’Eurocamera discuterà il caso a marzo, mentre in Italia il Ddl Sicurezza minaccia 3.000 imprese e 15.000 lavoratori del settore.

La comunicazione è arrivata direttamente a Mattia Cusani, presidente di Canapa Sativa Italia e primo firmatario della petizione, sostenuta da numerose organizzazioni italiane, tra cui Confagricoltura, Federcanapa, Cia, Copagri, Altragricoltura e Associazione Florovivaisti Italiani, ma anche dall’European Industrial Hemp Association (Eiha) e dai francesi di UPCBD. La commissione Petizioni ha richiamato una recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (4 ottobre 2024), che stabilisce il divieto per gli Stati membri di imporre restrizioni alla coltivazione della canapa industriale, salvo giustificazioni basate su prove scientifiche concrete relative alla tutela della salute pubblica. Oltre all’indagine preliminare della Commissione UE – che coinvolgerà, in particolare, anche la Commissione per l’Ambiente, la Sanità Pubblica e la Sicurezza Alimentare e la Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale – la questione verrà discussa nelle prossime riunioni della commissione Peti, che potrebbe invitare Cusani o un altro firmatario a illustrare la petizione in aula.

Nello specifico, la petizione promossa dalle organizzazioni evidenzia che l’emendamento al Ddl Sicurezza che, di fatto, vieta la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e derivati, e il decreto approvato dal governo il 27 giugno, che classifica tra le sostanze stupefacenti le composizioni per uso orale di CBD, «violano i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea, in particolare la libera circolazione delle merci» e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Ue, che in una sentenza del novembre 2020 «ha già stabilito che il CBD non è una sostanza stupefacente». Negli scorsi mesi il Movimento 5 Stelle aveva scelto di farsi carico della battaglia politica in Europa, presentando un’interrogazione a Bruxelles in cui ha affermato che le due misure «sollevano problemi con la normativa Ue, nonché con la giurisprudenza (della Corte di Giustizia dell’Ue, ndr) che vieta di impedire la vendita di CBD legale senza evidenze di rischio per la salute pubblica».

Il governo Meloni ha sin da subito adottato a livello nazionale una linea proibizionista sulla cannabis light, vietando nel 2023 i prodotti orali a base di CBD e classificandoli come stupefacenti. Il decreto, pubblicato a settembre, ha portato a sequestri nei punti vendita. L’associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici) ha contestato il provvedimento, ottenendo dal TAR del Lazio, per quattro volte – l’ultima nell’ottobre 2024 – la sospensione del divieto. A maggio dell’anno scorso, il governo ha rilanciato con un emendamento al Ddl Sicurezza che vieta la produzione e il commercio della cannabis light, colpendo un settore da 500 milioni annui. Federcanapa ha denunciato l’incompatibilità con le norme UE, sottolineando i danni a cosmesi, erboristeria e integratori alimentari, ma la maggioranza non ha fatto marcia indietro.

[di Stefano Baudino]

Si sarebbe svolto il primo colloquio telefonico tra Trump e Putin

0

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato di aver parlato telefonicamente con il presidente russo, Vladimir Putin, per discutere la fine della guerra in Ucraina. La notizia è stata riportata dal quotidiano statunitense New York Post, che ha scritto di aver sentito per telefono Trump mentre si trovava a bordo dell’Air Force One, l’aereo dell’aviazione militare statunitense che trasporta la massima carica dello Stato. Quella di ieri sarebbe la prima conversazione diretta nota tra Putin e un leader statunitense dall’inizio del 2022. Trump ha promesso di porre fine al conflitto senza fornire alcun dettaglio sul suo piano, ma ha affermato che la sua squadra ha avuto «alcuni ottimi colloqui» sulla questione: «Putin vuole smettere di vedere le persone morire», avrebbe dichiarato Trump raggiunto telefonicamente. Né la Casa Bianca né il Cremlino hanno confermato o smentito la notizia, mentre lo stesso presidente ha fornito dettagli limitati, sostenendo di non voler rivelare ai media i contenuti di questi primi presunti colloqui.

Il presidente Trump ha rilasciato l’intervista telefonica al New York Post lo scorso venerdì 8 febbraio. Per quanto non sia arrivata conferma ufficiale dello svolgimento di colloqui telefonici tra Putin e Trump, la notizia sembrerebbe avere un suo fondamento. Anche l’agenzia di stampa Reuters scrive che, interrogato sulle presunte conversazioni con Putin, Trump avrebbe risposto chiaramente di averlo sentito al telefono, alludendo al fatto che potrebbe averlo fatto più di una volta. In generale, tuttavia, sia i funzionari della Casa Bianca che gli omologhi del Cremlino si stanno guardando bene dal fornire ulteriori dettagli sulla questione: il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Mike Waltz, ha rifiutato di offrire precisazioni quando gli è stato chiesto delle comunicazioni tra i due Paesi, mentre l’addetto stampa di Putin, Dmitry Peskov, ha detto di non potere «né confermare né smentire» la notizia. Vista la natura criptica ed evasiva del linguaggio diplomatico, e che entrambe le parti abbiano detto apertamente di non volere validare né contraddire il presunto svolgimento telefonata, è molto probabile che almeno un colloquio telefonico abbia effettivamente avuto luogo.

Secondo quanto comunica il New York Post, Trump avrebbe detto di avere un piano concreto per porre fine alla guerra in tempi rapidi. Il suo contenuto, riportano diversi media, potrebbe venire rivelato nel corso di questo stesso mese. Trump avrebbe inoltre dichiarato, come già fatto svariate volte, che questa guerra non sarebbe mai iniziata se nel 2022 fosse stato presidente, rimarcando la natura di reciproca stima da cui sarebbe caratterizzata la sua relazione con l’omologo Putin, mostrandosi, così, volenteroso di aprire le trattative. Il vertice tra Trump e Putin, insomma, sembra essere in agenda. Trump ha ripetutamente affermato di essere intenzionato a incontrare Putin per discutere della fine della guerra, anche se la data o il luogo dell’incontro non sono ancora stati annunciati. Lo stesso Waltz, nel mancare di riconoscere l’effettivo svolgimento dei colloqui telefonici, avrebbe detto che i due vogliono incontrarsi. Dal canto suo, anche la Russia ha detto di stare aspettando i «segnali appropriati» da parte di Washington per ristabilire i propri contatti con gli Stati Uniti, mostrandosi aperta al dialogo. Nel frattempo, l’Ucraina sembra volere cercare modi per tenere alti i finanziamenti di Washington: pare che Zelensky abbia in piano di fornire agli USA le proprie terre rare e altri minerali in cambio del suo sostegno finanziario per lo sforzo bellico di Kiev.

Per quanto i dettagli sui presunti colloqui, sulla preparazione di un effettivo tavolo di pace e su un possibile piano per la fine della guerra scarseggino, queste prime indiscrezioni sul riavvicinamento tra USA e Russia non vanno prese sotto gamba, così come le dichiarazioni dei funzionari di entrambe le parti. Nelle ultime settimane Trump è stato altalenante con gli annunci, finendo per assumere una postura ambivalente nei confronti della Russia: da una parte si è mostrato volenteroso di avviare le trattative, dall’altra ha minacciato dure sanzioni verso Mosca nel caso in cui dovesse proseguire la propria campagna. Una riconciliazione dei rapporti tra USA e Russia potrebbe essere necessaria per raggiungere un accordo, e questi presunti colloqui potrebbero indicare che il primo passo fondamentale sia ormai in procinto di compiersi. A questa notizia, infatti, si aggiunge anche una recente nota del procuratore generale americano, Pam Bondi, nella quale si legge che gli USA interromperanno il programma denominato “Task Force KleptoCapture”, che sanzionava gli oligarchi legati al Cremlino, lanciato nel 2022. Nella nota si legge che tale scelta si deve alla volontà di dedicare gli interi sforzi degli Stati Uniti alla lotta alla criminalità e ai cartelli della droga. Per quanto svincolata dalla questione ucraina, tuttavia, la decisione di interrompere le sanzioni agli oligarchi russi potrebbe avere un effetto positivo sull’eventuale apertura delle trattative.

[di Dario Lucisano]

Elezioni in Ecuador: si andrà al ballotaggio

0

In occasione delle elezioni in Ecuador, tenutesi ieri, domenica 9 febbraio, nessuno dei candidati ha ottenuto il 50% dei voti necessari per l’elezione diretta, e si andrà dunque al ballottaggio. Il prossimo turno elettorale è previsto per il 13 aprile e vedrà scontrarsi il presidente uscente Daniel Noboa, del partito di centrodestra Azione Democratica Nazionale, e la candidata di centrosinistra Luisa González. Dai primi risultati, Noboa è risultato leggermente in vantaggio, ottenendo circa l’1% dei voti in più rispetto alla sua rivale.

Il governo spagnolo ha approvato la riduzione dell’orario di lavoro a 37,5 ore settimanali

0

Con uno storico via libera, il governo spagnolo ha ufficialmente approvato la riduzione della settimana lavorativa legale da 40 a 37,5 ore senza alcun taglio salariale. Questa riforma, che secondo i piani dell'esecutivo di Pedro Sánchez dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2026, posiziona il Paese tra le prime grandi economie europee ad adottare una misura simile, mirando a migliorare l’equilibrio tra vita e lavoro e ad aumentare la produttività. Concepito per essere applicato a tutti i dipendenti del settore pubblico e privato, il provvedimento è il frutto di mesi di negoziati con le part...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Bollette della luce: in un anno più care dell’80% per un milione di utenti

0

Negli ultimi 12 mesi, oltre 1,2 milioni di famiglie non vulnerabili sono passate al mercato libero dell’energia elettrica, pagando tariffe mediamente più alte dell’80% rispetto al Servizio a Tutele Graduali e del 44% rispetto al mercato tutelato. Secondo Assium, a gennaio 2024 oltre 4,4 milioni di famiglie erano ancora nel mercato tutelato, terminato a luglio 2024. Chi non ha scelto un operatore è stato trasferito automaticamente alle Tutele Graduali, ora con 3,2 milioni di utenti. Il passaggio al mercato libero ha comportato un aumento medio annuo in bolletta fino a 432 euro.

Baltico, media russi: petroliera affonda nel Golfo di Finlandia

0

L’enorme petroliera Koala, battente bandiera di Antigua e Barbuda, con 130mila tonnellate di petrolio, sta affondando nel porto russo di Ust-Luga, nel Golfo di Finlandia. Lo riportano i media russi Tass e Fontanka (locale), secondo cui si sarebbero udite alcune esplosioni nella sala macchine. Tutto l’equipaggio, composto da 24 persone, è stato evacuato e il personale del Ministero delle Emergenze russo ha installato delle barriere attorno al mezzo. Secondo le prime notizie, non si sarebbero ad ora verificate perdite di materiale petrolifero in acqua. Il Comando della Guardia costiera finlandese del Golfo di Finlandia ha comunicato che non dispone ancora di informazioni verificate sull’incidente.

Sud del Messico, grave incidente stradale: almeno 41 morti

0

Almeno 41 persone sono morte in un incidente stradale che ieri ha coinvolto un autobus e un camion nel sud del Messico. Lo ha reso noto nelle ultime ore il governo dello Stato di Tabasco. L’incidente è avvenuto nei pressi del piccolo centro di Escárcega mentre il bus, proveniente da Cancun, viaggiava in direzione di Tabasco. Le vittime accertate sono, oltre al camionista, 38 passeggeri e l’autista del bus. Nel dare la notizia, l’emittente britannica Bbc ha pubblicato un’immagine dell’autobus completamente distrutto dalle fiamme. L’operatore del bus, la Tour’s Acosta, ha affermato che a bordo del mezzo c’erano in tutto 48 passeggeri.

 

La nuova vita di Julian Assange: intervista esclusiva al fratello

4

All’alba del 25 giugno scorso, dopo 14 anni, è finito l’incubo per Julian Assange, giornalista d’inchiesta e fondatore di WikiLeaks, il portale che più di ogni altro permise ai cittadini del mondo di conoscere alcuni dei segreti inconfessabili del potere americano, come le stragi deliberate di civili in Iraq o l’opera di spionaggio ai danni degli alleati occidentali. Assange, dopo la persecuzione, culminata nella detenzione per cinque anni in regime di isolamento nella prigione di Belmarsh, nel Regno Unito, ha parlato una volta sola, al Consiglio d’Europa. Lui e la sua famiglia hanno schivato ogni intervista, un veto che il fratello di Julian, Gabriel Shipton, ha fatto cadere nei confronti de L’Indipendente. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente, grazie alla collaborazione di Patrick Boylan, cofondatore del gruppo Free Assange Italia, per una chiacchierata sul presente e il futuro di Julian.

Assange sta «ripartendo da zero», dalle cose che diamo più scontate nella nostra quotidianità: l’ottenimento di documenti, le passeggiate in spiaggia, la scoperta delle “nuove” tecnologie. L’editore passa il tempo nella sua Australia con la propria famiglia, recuperando gli anni persi e le energie che gli sono state drenate, all’insegna di una «nuova adolescenza». La pace, tuttavia, è ancora lontana. Dopo 12 anni di sostanziale prigionia Assange non deve vedersela solo con le difficoltà quotidiane, ma anche con le aspettative di un mondo che scalpita per sentire la sua opinione su delle cose che non ha ancora avuto il tempo di assaporare. Ne abbiamo parlato con Gabriel Shipton, suo fratello. 

Prima di tutto: come sta Julian?

Se la cava, comunque sta molto meglio. Ora vive nella campagna australiana e sta ricostruendo la sua vita praticamente da zero, ripartendo da tutte quelle cose che noi diamo per scontate nella nostra quotidianità: i documenti, il numero di assistenza sanitaria, la cittadinanza per i figli e tutto questo genere di cose. Ora ha la sua patente di guida e va in giro: è un po’ come se fosse tornato adolescente, perché si è ritrovato tra le mani una libertà rinnovata, che gli è stata negata per tantissimo tempo. Quella libertà se la sta godendo: adesso qui in Australia è estate, quindi i bambini sono in vacanza. Si sta godendo la bella stagione.

Come passa le sue giornate? 

Sta passando il tempo in famiglia e coi bambini. Loro sono cresciuti a Fulham, a Londra. Julian sta mostrando loro l’Australia, li porta nei boschi, nella campagna australiana, insegna loro a riconoscere la flora e la fauna del Paese e a interfacciarsi con la natura della nostra terra. Julian sa molto dell’Australia. È il posto in cui è cresciuto ed è in grado di condividere con loro tutte le sue esperienze passate. Penso che stia davvero apprezzando questa quotidianità da padre: il poter fare tutte le cose più semplici che noi diamo per scontate.

Le ha mai raccontato del periodo di prigionia?

Sì, certamente. Io sono stato in contatto con lui durante tutta la sua prigionia e sono andato a trovarlo molte volte. Ci sono stati dei periodi molto bui in prigione, in cui lo tenevano in cella 24 ore al giorno, sotto sorveglianza costante nel timore che si suicidasse. Direi che gli effetti della prigionia prolungata si fanno sentire ancora oggi e ci sono sicuramente cicatrici che richiederanno più tempo per guarire.

Da quando ha messo piede in Australia, le informazioni sul suo conto scarseggiano. Può raccontarci del momento in cui è arrivato in Australia? Cosa è successo?

Io non ero presente in quel momento, non l’ho visto fino a circa una settimana dopo perché mi trovavo in Francia. La sensazione di vederlo camminare sulla pista in Australia, abbracciare sua moglie Stella e mio padre sulla terra australiana, è stata travolgente. Mi sono trovato in un vero e proprio turbinio di emozioni. Abbiamo lavorato così tanto per arrivare a questo punto e abbiamo dedicato le nostre vite a far uscire Julian dalla prigione. Mi ricordo di un momento, dopo che l’ho rivisto, in cui eravamo insieme sulla spiaggia a guardare i nostri bambini giocare tra le onde. Io gli ho messo il braccio intorno alle spalle, lui si è girato verso di me e ha detto: «è incredibile, vero?», e io ho risposto «sì, è davvero incredibile». Eravamo sopraffatti dalle emozioni. È stato un momento indescrivibile: non pensavamo che sarebbe mai stato libero e condividere quei momenti insieme è stato davvero speciale.

Quanto ha pesato il supporto del movimento Free Assange sulla sua liberazione?

Il movimento per la sua liberazione ha fatto una differenza enorme e ha influenzato anche i leader mondiali a muoversi per lui. Oggi non sarebbe libero se non ci fosse stata la mobilitazione. Il movimento ha fatto una differenza enorme anche per noi, quando facevamo campagna per Julian, perché ci mostrava che potevamo e dovevamo spingere ancora di più con la campagna per la sua liberazione. Anche uno dei giudici ha menzionato il movimento mondiale in una sentenza: se ti trovi migliaia di persone da tutta Europa che si presentano fuori dal tribunale, è difficile ignorarlo. 

Da quando è stato liberato, Julian ha parlato in pubblico solo una volta, a Strasburgo, davanti alla Commissione per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa. È perché non si sente ancora pronto o gli è stato chiesto di non farlo?

Fosse stato per lui, non credo che avrebbe parlato così presto, nonostante l’invito del Consiglio d’Europa. Ora si sta riposando e si sta prendendo il tempo per fare cose normali e stare con la sua famiglia. Credo anche che prima di parlare in pubblico voglia prepararsi: su di lui c’è un’aspettativa forte. In tanti vorrebbero che ci raccontasse il mondo in cui viviamo ora, come si è visto dalle domande che gli hanno fatto a Strasburgo. Ma Julian deve prima conoscere quel mondo e familiarizzare con esso, se vuole riuscire a interfacciarsi con quello che sta succedendo e commentarlo nel modo in cui le persone si immaginano che lo faccia. Julian ha avuto solo un paio di mesi per entrare davvero in contatto con il mondo e con le nuove tecnologie, e vuole essere molto preparato prima di uscire e cominciare a parlare pubblicamente.

A questo punto immagino che non abbia progetti all’attivo

Sono sicuro che abbia qualche idea in mente e una serie di progetti che vorrebbe portare avanti, ma lascerò che sia lui a rivelarlo a tempo debito. Nel frattempo sta riposando, recuperando le energie e facendo ricerche per entrare davvero in contatto con il mondo e con le nuove tecnologie. Per esempio, si deve abituare al consumo dei media tramite i nostri telefoni. Prima che entrasse in prigione, non era così comune per le persone stare fissi sui propri smartphone tutto il tempo. Ora sta imparando a capire come una generazione diversa assimila le informazioni e quali sono le conseguenze di queste novità. Adesso, per esempio, si sta interessando all’IA e all’evoluzione dei social media, a TikTok.

Finora abbiamo parlato solo di suo fratello, ma vorrei conoscere anche il punto di vista di voi familiari di Julian: come avete vissuto questi lunghi anni?

Chris Hedges, giornalista statunitense che lavora spesso con i prigionieri e i loro cari, ha sempre detto che molte delle famiglie che incontra sono come se fossero in prigione coi loro parenti, perché tutte le loro attenzioni sono rivolte a quel familiare e a come mantenerlo in vita: così è stato anche per noi. Dedicare la vita a un familiare in carcere ha un impatto sulle tue relazioni, sulla tua famiglia: penso per esempio a mia figlia. Io ero spesso assente, viaggiavo, bussavo alle porte, dedicavo tempo alla campagna per Julian e questo sforzo ha avuto il suo prezzo. Per me, però, è sempre stata una cosa dolceamara: ho fatto nuove amicizie, ho scoperto di poter fare cose che non immaginavo e tutto ciò è avvenuto grazie alla campagna Julian. Ho imparato tantissimo e ho incontrato tante persone piene di amore e apprezzamento per ciò che abbiamo fatto noi e per Julian, e questo mi riempie davvero il cuore: è incoraggiante e ti fa andare avanti. Voglio dire, lo avremmo fatto comunque, ma sono tutte quelle nuove amicizie e quei sostenitori che ti tengono in piedi.

L’immagine di suo fratello è stata al centro di un fenomeno particolare: all’inizio, molti giornali hanno cavalcato l’onda e sfruttato le sue rivelazioni, per poi partecipare attivamente nella sua condanna e nella demonizzazione della sua persona. Cosa pensa della copertura mediatica sul tema?

Quando Wikileaks ha iniziato a fare le sue rivelazioni, Julian era una sorta di celebrità, un eroe che rivelava informazioni e con cui collaborare. Dopo tutto si vendevano quantità enormi di giornali con queste rivelazioni. Lentamente, la narrativa ha cominciato a cambiare. Sono iniziati gli attacchi e c’è stata una sorta di assassinio della figura di Julian Assange. Molte delle testate che avevano collaborato con lui sono diventate promotrici attive nella sua persecuzione. Penso che questo mutamento di prospettiva le abbia esposte e che ci abbia detto di più su di esse e su chi le influenzava.

Quanto è stato difficile mutare la narrativa su Julian?

È stato duro: abbiamo fatto dei film, sono stati scritti libri, e alla fine alcune di quelle testate giornalistiche, un po’ a malincuore, hanno iniziato a sostenere la liberazione di Julian. Ma ci sono voluti tempo e sforzi per smontare le calunnie e i danni che erano stati causati in precedenza. La persecuzione di Julian è stata possibile proprio grazie a queste calunnie nei media e al restringimento del suo supporto a causa di questi attacchi continui. Non voglio davvero nutrire rancore, ma penso che si debba guardare indietro e individuare il fenomeno con cui ci siamo interfacciati: prima vengono per i tuoi soldi, poi per la tua immagine e infine per la tua libertà. La persecuzione di Julian Assange dovrebbe essere una lezione per tutti noi: ci insegna che se vogliamo fare quello che ha fatto lui, dobbiamo proteggerci ed essere pronti.

[di Dario Lucisano]

Gaza, esercito israeliano si ritira da corridoio Netzarim

0

L’esercito israeliano si sta ritirando dalla zona militarizzata del corridoio di Netzarim nella Striscia di Gaza. Lo riportano i media israeliani. Il corridoio, largo circa 6 km (3,7 miglia), divide trasversalmente in due la Striscia ed è stato creato durante il conflitto contro Hamas. Il ritiro avviene dopo che Israele e Hamas hanno effettuato il loro quinto scambio, con tre prigionieri israeliani liberati per 183 prigionieri palestinesi. Il ritiro sarà completato nelle prossime ore. I soldati israeliani resteranno a presidiare le aree di confine.