Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha dichiarato che le forze di sicurezza del Paese avrebbero sventato un tentativo di colpo di Stato. Al centro del tentativo di rovesciamento, sostiene il primo ministro, ci sarebbe un ecclesiastico di alto rango. Il tentativo di colpo di Stato si collocherebbe in mezzo a una crescente tensione tra il premier Pashinyan e la dirigenza della Chiesa Apostolica. Pashinyan è in conflitto con alti esponenti del clero dal 2020, quando il Catholicos (il capo della chiesa ecclesiastica armena) Karekin II iniziò a chiederne le dimissioni in seguito alla sconfitta militare del Paese contro l’Azerbaigian nel conflitto nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.
Dopo anni di attesa, i robotaxi di Tesla raggiungono le strade del Texas
Elon Musk, patron di Tesla, ha espresso interesse nei confronti dei taxi a guida autonoma almeno a partire dal 2016. Nel 2019 aveva dichiarato che l’azienda avrebbe dispiegato un milione di robotaxi sulle strade statunitensi entro la fine del 2020. Con cinque anni di ritardo rispetto a quella scadenza, il sogno di Tesla inizia timidamente ad avverarsi: a partire dal weekend del 21-22 giugno, l’azienda ha avviato in via sperimentale il suo programma di Robotaxi nella città di Austin, Texas. Il progetto inizia dunque a prendere forma, anche se in maniera molto diversa rispetto da quel “Cybercab” che era stato presentato nell’ottobre del 2024.
In occasione dell’evento “We, Robot”, Musk aveva infatti mostrato un’idea di taxi a guida autonoma caratterizzata da linee futuristiche, nonché del tutto priva di volante e pedali. Secondo le dichiarazioni rilasciate all’epoca, la produzione di questi Cybercab dovrebbe iniziare nel 2026. Nel frattempo, Tesla ha messo a disposizione un prodotto ben diverso: stando a quanto dichiarato dallo stesso Musk, la flotta attuale è composta da una decina di SUV Tesla Model Y 2025, i quali sono equipaggiati con una nuova versione del sistema di guida autonoma Full Self-Driving. L’obiettivo dichiarato è audace, ovvero raggiungere “diverse centinaia di migliaia” di auto a guida autonoma su strada “entro la fine del prossimo anno”.
Per avviare il progetto, Tesla ha reso disponibile l’app dedicata a un pubblico selezionato composto perlopiù da fan, offrendo corse al prezzo simbolico di 4,20 dollari, cifra ricorrente nei riferimenti di Musk, il quale ammicca in maniera tutt’altro che velata alla cultura del consumo di cannabis. Il servizio è operativo dalle 6:00 a mezzanotte e prevede la presenza di un addetto Tesla che monitora la sicurezza sedendo sul sedile anteriore del passeggero. Secondo diverse testimonianze, questi tecnici sono stati istruiti a non interagire con i passeggeri se non nel momento dell’identificazione iniziale.
Il Texas si conferma un banco di prova privilegiato per Musk. Il miliardario ha avviato numerose attività nello Stato, instaurando legami economici forti con il territorio, e può contare su una legislazione locale più permissiva rispetto a quella di altri Stati. Questa flessibilità normativa è cruciale per Tesla, la quale deve ancora colmare il divario con i taxi a guida autonoma di Waymo, il collaudatissimo servizio sviluppato da Google. A differenza di quest’ultimo, le Tesla non utilizzano sensori LIDAR, bensì si affidano esclusivamente a numerose videocamere, le quali hanno il gravoso compito di mappare l’ambiente circostante. Una soluzione relativamente economica, ma che ha mostrato limiti tecnici significativi ed è finita al centro di indagini che ambiscono a chiarire le cause di diversi incidenti. Alcuni dei quali mortali.
Il lancio dei Robotaxi ha soddisfatto gli investitori, soggetti che in passato avevano criticato Musk per l’attenzione rivolta alla politica a scapito della gestione aziendale. Dopo essersi liberato dell’impegno con DOGE – il cosiddetto Dipartimento di efficientamento governativo –, Musk può ora tornare a concentrarsi sulle sue attività manageriali, portando sul mercato innovazioni in grado di generare quell’ottimismo finanziario su cui si basa la prosperità del marchio. Di fatto, il titolo Tesla ha registrato un rialzo immediato del 10%. Tesla dovrebbe inoltre avviare entro la “prima metà del 2025”, ovvero giugno, la produzione di un modello automobilistico “economico”. Tuttavia, non essendo stato ancora mostrato alcun prototipo, è lecito ipotizzare che anche questa scadenza subirà un rinvio.
Iran: il Parlamento vota la sospensione la collaborazione con l’AIEA
Dopo la prima giornata di cessate il fuoco tra Iran e Israele, nel mezzo di una tregua che fino a ora sembra tenere, il Parlamento iraniano ha votato una risoluzione per interrompere la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. La Repubblica Islamica intende inoltre vietare all’AIEA l’accesso ai propri siti nucleari fino a quando non saranno messi in sicurezza. Ieri, il direttore dell’agenzia nucleare iraniana aveva affermato che il Paese vuole far ripartire il proprio programma nucleare.
Panama, continuano le proteste: esteso lo stato di emergenza
Il governo di Panama ha prorogato per altri cinque giorni lo stato di emergenza nella provincia di Bocas del Toro, la cui scadenza era prevista per oggi. A dare la notizia è il ministro della Presidenza Juan Carlos Orillac. Lo scorso venerdì 20 giugno, lo stesso ministro aveva spiegato che lo stato di emergenza comportava una temporanea sospensione di alcune libertà costituzionali, vietando gli assembramenti pubblici, limitando la libertà di movimento e consentendo alla polizia di effettuare arresti senza mandato. La sospensione delle libertà è stata varata per far fronte a un’ondata di violente proteste dei lavoratori che ha investito il Paese per contestare una riforma delle pensioni.
Nel MAGA di Trump si intravedono le prime crepe interne
Il movimento MAGA (Make America Great Again), pilastro della politica di Donald Trump, sta iniziando a far emergere le prime crepe interne. Dopo la burrascosa uscita di scena di Elon Musk, la crisi in Medio Oriente e l’attacco all’Iran hanno fatto montare malumore che sembra crescere sempre di più tra le file dei sostenitori del presidente. Così, critiche sempre più forti arrivano da ex consiglieri (come Steve Bannon) e personalità politiche (come i rappresentanti della Camera Marjorie Taylor Greene o Thomas Massie), oltre che da personaggi pubblici quali il giornalista Tucker Carlson. Trump, in tutta risposta, ha deciso di scartare le vie diplomatiche, rispondendo a tono a tutte le critiche che arrivano dall’interno del suo stesso movimento. Gli scricchiolii all’interno del MAGA sono così sempre più forti.
Le tensioni interne sono esplose con virulenza in questi giorni, catalizzate dalla crisi in Medio Oriente e dall’attacco all’Iran, e stanno colpendo duramente rischiando di spaccare la base e la leadership conservatrice. La retorica intransigente e la gestione “solitaria” di Trump, un tempo punti di forza, si stanno rivelano ora catalizzatori di un malcontento crescente che, dopo la ben nota diatriba con Elon Musk, sta intaccando le fondamenta del suo stesso movimento. Alcuni tra coloro che hanno difeso il presidente nello scontro col miliardario a capo di Tesla oggi lo criticano: Steve Bannon, per esempio, ha dichiarato sul suo podcast che l’attacco all’Iran potrebbe non essere stata una decisione corretta rispetto al volere della piattaforma MAGA, mettendo in dubbio la decisione rispetto alla lealtà e alla coerenza con quanto annunciato in campagna elettorale rispetto alle relazioni internazionali e le continue guerre statunitensi.
Il caso più eclatante di questa frattura interna al movimento è lo scontro con Tucker Carlson. Già critico nei confronti di Trump per il cieco sostegno a Israele (aveva definito Trump «complice» quando Israele ha aggredito l’Iran), Carlson ha adesso espresso tutta la sua disapprovazione per il bombardamento statunitense sulle centrali atomiche iraniane. Trump ha risposto con un post sul suo social Truth, definendolo «pazzo». Pochi giorni prima, Carlson aveva inoltre invitato al suo programma Ted Cruz, senatore repubblicano, ultraconservatore reazionario della destra cristiana religiosa e falco della guerra all’Iran. Nel corso della trasmissione, Carlson ha rivolto a Cruz una lunga serie di domande sull’Iran, alle quali il senatore non ha saputo rispondere. Al che, Carlson gli ha domandato: «Tu vuoi bombardare un Paese di cui non sai niente?».
Persino Alex Jones, figura controversa ma influente per una parte della base MAGA, che aveva in precedenza già avanzato critiche definendo il piano di deportazione di Trump «davvero brutto», ha preso le difese di Carlson e della sua posizione rispetto all’Iran. Questo indica che il dissenso si sta allargando anche a figure che, per la loro natura anti-establishment, sarebbero teoricamente allineate con le posizioni più estreme di Trump. E il dissenso non è solo fuori, sugli schermi e nei canali che la base di Trump segue. Anche all’interno del Congresso c’è chi pone delle critiche pesanti. Marjorie Taylor Greene, altra fedele del MAGA, rappresentante della Camera, ha difeso pubblicamente Carlson e ha scritto un lungo post su X in cui criticava l’attacco statunitense, il cui inizio dice: «Non conosco nessuno in America che sia stato vittima dell’Iran». La scorsa settimana, il rappresentante repubblicano Thomas Massie aveva annunciato, insieme a diversi democratici, di aver introdotto una risoluzione bipartisan sui poteri di guerra affiché fosse necessaria l’autorizzazione del Congresso per ogni atto ostile nei confronti dell’Iran. Il 22 giugno Trump ha risposto a Massie attraverso un lungo post su Truth in cui lo ridicolizza e lo discredita.
Questa divisione non è una semplice sfumatura di opinione, ma una discordanza strategica e ideologica che mette in discussione la coesione di un fronte che ha sempre fatto della compattezza il suo punto di forza. Le ragioni di questa frattura sono molteplici e complesse. Da un lato, c’è una base isolazionista e America First che, pur sostenendo Trump, si sente tradita da un coinvolgimento percepito come eccessivo nella crisi mediorientale. Per questa parte di base le priorità dovrebbero rimanere interne, e ogni deviazione da questo principio viene vista come un tradimento degli ideali MAGA. Dall’altro lato, la personalità di Trump, la sua propensione a decisionsi improvvisate e la sua insofferenza verso il dissenso, stanno logorando la pazienza anche di alleati storici. Il fronte MAGA, un tempo granitico, sta mostrando crepe significative.
Mozambico, almeno 120 bambini rapiti da jihadisti
Human Rights Watch ha denunciato il rapimento di almeno 120 bambini nel nord del Mozambico da parte di insorti jihadisti affiliati allo Stato Islamico. Gli attacchi si concentrano nella provincia di Cabo Delgado, epicentro di un conflitto iniziato nel 2017. I bambini sarebbero costretti a trasportare beni, lavorare forzatamente e, in alcuni casi, combattere. Il gruppo responsabile, noto come al-Shabab (senza legami con l’omonimo somalo), ha causato migliaia di morti e oltre 600.000 sfollati. Nonostante il sostegno militare di Paesi vicini, il governo mozambicano non riesce a garantire la sicurezza dell’area.
Mafia, la Guardia di Finanza ha sequestrato 50 milioni al “re” del settore ittico
La Guardia di Finanza di Caltanissetta ha eseguito un sequestro da 50 milioni di euro nei confronti di Emanuele Catania, imprenditore gelese storicamente attivo nel settore della pesca e della commercializzazione di prodotti ittici, anche su scala internazionale. I beni sequestrati – immobili, società, conti, pescherecci – sono distribuiti tra Sicilia, Campania, Abruzzo e Nord Africa. L’operazione ha coinvolto 60 militari e rivelato un imponente reticolo societario e familiare. Catania, che è stato condannato definitivamente per associazione mafiosa, essendo stata accertata la sua appartenenza sin dai primi anni ‘90 alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo, avrebbe favorito l’infiltrazione dell’organizzazione nell’economia legale, riciclando capitali illeciti e alterando la concorrenza. Un business, quello del controllo del mercato ittico, che da oltre quarant’anni ingrassa le tasche dei mafiosi siciliani.
Le indagini, che hanno coinvolto 45 soggetti tra persone fisiche e giuridiche, si sono concentrate su un’anomala sperequazione tra redditi dichiarati e ricchezza accumulata tra il 1985 e il 2022. I capitali investiti dalla famiglia Catania – sostengono gli investigatori – non risultano giustificabili con fonti lecite e sarebbero frutto delle disponibilità della consorteria mafiosa. Determinanti, per ricostruire i legami tra l’imprenditore e l’organizzazione, sono state le dichiarazioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia. I pentiti hanno infatti confermato che già dagli anni Ottanta Emanuele Catania intratteneva rapporti privilegiati con i vertici del clan Rinzivillo, in particolare con Antonio Rinzivillo, che avrebbe investito i proventi del traffico di droga proprio nelle attività economiche della famiglia Catania, offrendo in cambio protezione e appoggi mafiosi. In particolare, il settore ittico siciliano sarebbe stato “monopolizzato” da Cosa Nostra, che imponeva fornitori, dettava le regole del mercato e operava indisturbata in un sistema privo di reale concorrenza. A Catania veniva affidato il compito di espandere le attività all’estero: un piano che ha portato all’apertura di ramificazioni in Marocco, dove l’imprenditore ha assunto il ruolo di socio e amministratore unico della società “Gastronomia Napoletana”, utilizzata – secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – come piattaforma per il commercio internazionale e il riciclaggio di capitali di dubbia provenienza.
Emanuele Catania era stato assolto in primo grado dal Tribunale di Gela – che aveva disposto la restituzione dei beni sequestrati –, per poi essere condannato dalla Corte d’Appello di Caltanissetta il 16 marzo 2022 a 6 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa. La sentenza è stata successivamente confermata dalla Corte di Cassazione, sancendo in via definitiva la responsabilità penale dell’imprenditore. Secondo la Corte, il rapporto tra Catania e il clan mafioso non si fondava solo su connessioni personali, ma su un vero e proprio “patto d’affari” fondato sull’interesse reciproco a consolidare il potere economico e criminale nell’area del Mediterraneo.
Cosa Nostra, come dimostrano i numerosi spunti offerti dalle relazioni della DIA nel corso del tempo, ha tradizionalmente fatto del mercato ittico siciliano una fonte stabile di reddito e influenza, imponendo regole e “tasse” su pescatori e commercianti. Da oltre quarant’anni i clan hanno stretto un “patto” con operatori locali per spartirsi carichi di tonno, pesce spada e novellame. Secondo quanto ha dichiarato il pentito Santo La Causa, ex capo militare della potentissima famiglia dei Santapaola, esisterebbe una regola consolidata secondo cui occorre versare nelle casse di Cosa Nostra «somme variabili in considerazione del quantitativo di pesce che viene pescato». La mafia è progressivamente riuscita a espandere i suoi traffici, entrando nei mercati di Roma e Milano con volumi di migliaia di tonnellate l’anno. «Cosa Nostra – è stato scritto nel 2017 nell’ordinanza dell’operazione “Extra fines” che, ha inferto un duro colpo al clan Rinzivillo – ha praticamente il controllo del mercato ittico siciliano, decidendo chi può inserirvisi e dove potere praticare il commercio. Nei mercati esiste da tempo la regola secondo cui i commercianti di pesce sono costretti a versare, a titolo estorsivo, una quota per ogni carico di pesce che viene prelevato».
I fossili di dinosauri stanno raggiungendo prezzi di mercato mai visti
Un giovane dinosauro carnivoro, scoperto nel 1996 nel Wyoming e lungo appena tre metri, sta per essere messo all’asta con una stima compresa tra i 4 e i 6 milioni di dollari, anche se si prevede che il prezzo possa aumentare ulteriormente. È quanto accadrà al fossile di un ceratosauro vissuto circa 150 milioni di anni fa che sarà venduto da Sotheby’s, nota casa d’aste internazionale. Il tutto a distanza di un anno da un altro fossile di dinosauro con stima simile ma che ha raggiunto quota 45 milioni di dollari, il che, secondo esperti intervistati recentemente dalla stampa internazionale, conferma una tendenza: i fossili di dinosauri stanno raggiungendo prezzi di mercato mai visti. Una crescita che allarma paleontologi e ricercatori, preoccupati per il rischio che questi reperti finiscano sempre più spesso in mani private e fuori dalla portata della comunità scientifica.
Per decenni, i fossili di dinosauri sono stati considerati reperti scientifici da destinare esclusivamente a collezioni pubbliche e istituzioni accademiche. Ma negli ultimi anni, il mercato ha conosciuto un’impennata impressionante, culminata con la vendita dello stegosauro “Apex” per 45 milioni di dollari. Secondo molti esperti, tra cui il presidente dell’Associazione di Paleontologia Applicata André LuJan, queste aste multimilionarie stanno generando un “effetto Apex”, alimentando la speculazione e causando un aumento vertiginoso dei prezzi dei fossili e degli affitti dei terreni di scavo, rendendo difficile l’accesso ai paleontologi accademici. A complicare il quadro, alcune società iniziano a promuovere i fossili come investimenti: nel dicembre scorso, infatti, 2,75 milioni di dollari in azioni sono stati venduti per finanziare lo scavo di uno stegosauro in Wyoming, con l’80% delle quote detenute dagli escavatori stessi. Per alcuni, come il commerciante Peter Lovisek, ciò rappresenta un modo per «democratizzare l’accesso ad asset di alto valore». Ma per altri, tuttavia, si tratta solo di un modo per approfittare dell’ottimismo degli investitori, con il rischio che «molte persone rimarranno con le mani in mano».
Per quanto riguarda il reperto prossimamente in vendita, dopo anni di inattività presso il Museum of Ancient Life, il fossile è stato venduto a Brock Sisson, «amico fidato di lunga data e partner del museo», come dichiarato da McKay Christensen, amministratore delegato di Thanksgiving Point, fondazione che possiede il Museum of Ancient Life. La decisione, ha aggiunto, è stata presa con l’approvazione unanime del consiglio e i fondi saranno destinati al mantenimento delle collezioni e all’educazione dei visitatori. Sisson e il suo team hanno ricostruito lo scheletro utilizzando stampa 3D e supporti metallici removibili, preservandone la possibilità di studio. Ora, l’esemplare può essere venduto con ampia documentazione che ne attesta la provenienza e i lavori di restauro, un aspetto che secondo Sotheby’s contribuisce a garantirne l’integrità scientifica. «Questo giovane ceratosauro è un esemplare davvero straordinario», ha affermato Cassandra Hatton, vicepresidente della casa d’aste, aggiungendo che l’esemplare non è mai stato completamente studiato poiché il museo che lo ospitava non è certificato come deposito paleontologico pubblico. Inoltre, citando casi come la vendita del Tyrannosaurus rex “Sue” al Field Museum e il prestito dello stesso “Apex” all’American Museum of Natural History, Hatton ha difeso il ruolo di Sotheby’s nel «far entrare esemplari come questo nella fiducia del pubblico».
D’altra parte però, non tutti sono convinti: secondo Stuart Sumida, presidente della Society of Vertebrate Paleontology, simili operazioni rischiano di sottrarre materiale scientifico alla comunità. «Rendono più difficile per i ricercatori accedere a esemplari importanti», ha spiegato. E secondo lo storico Lukas Rieppel, dell’Università Brown, il mercato resta imprevedibile: l’hype mediatico, le pubblicazioni o il semplice fatto che un fossile sia stato esposto in un museo possono gonfiarne artificialmente il valore. Di fronte a queste incertezze, le opinioni restano divise.









