sabato 23 Novembre 2024
Home Blog Pagina 169

Una nuova ricerca svela che durante il sonno il cervello pianifica il futuro

2

Durante il sonno il cervello non solo consolida il ricordo delle esperienze passate, ma cerca anche di anticipare quelle future: ecco perché capita a volte di svegliarsi con in mente la soluzione ad un problema che fino a poche ore prima sembrava irrisolvibile. È ciò che emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature e condotto da scienziati della Rice University e dell’Università del Michigan. La ricerca ha indagato il comportamento di alcune aree dell’ippocampo dei ratti, i quali sono stati inseriti in una particolare scatola “labirinto” e sono stati analizzati durante il sonno. Il merito della scoperta va all’utilizzo di un nuovo approccio statistico basato su un algoritmo di apprendimento automatico, il quale ha permesso agli autori di capire quali porzioni del percorso veniva rappresentata da ciascun neurone e, di conseguenza, di inferire in quale posto l’animale stava sognando di trovarsi.

Già nel 2002, gli scienziati scoprirono che i neuroni degli animali addormentati che prima avevano esplorato un nuovo ambiente si attivano in modo da riprodurre le traiettorie percorse durante l’esplorazione. Ciò portò gli esperti a spiegare che durante il sonno le esperienze vengono cristallizzate in ricordi stabili, svelando i meccanismi che regolano il nostro cervello durante l’elaborazione di ciò che è stato vissuto in passato. Alcuni ricercatori della Rice University e dell’Università del Michigan, però, hanno voluto indagare ulteriormente e hanno scoperto che mentre sogniamo cerchiamo anche di pianificare il futuro. Gli scienziati hanno studiato il fenomeno nei ratti, i quali sono stati privati di acqua poche ore prima dell’esperimento e sono stati poi inseriti per un’ora all’interno di una scatola “labirinto”, ovvero una pista rialzata che prevedeva come “ricompensa” acqua alle due estremità. In seguito, le cavie sono state riportate all’interno del loro ambiente standard per permettergli di riposare 10 ore e infine sono stati riesposti nella stessa scatola per un’altra ora.

Il tutto è avvenuto sotto attenta osservazione degli scienziati che hanno monitorato l’attività cerebrale dell’ippocampo e, attraverso un calcolo statistico basato su un algoritmo di apprendimento automatico, hanno potuto stabilire in quale posizione l’animale stava sognando di trovarsi. «Per la prima volta in questo articolo, abbiamo osservato come questi singoli neuroni stabilizzano le rappresentazioni spaziali durante i periodi di riposo», ha affermato Caleb Kemere, neuroscienziato della Rice University e coautore, il quale ha aggiunto che i ricercatori hanno «immaginato che alcuni neuroni potessero cambiare le loro rappresentazioni, riflettendo l’esperienza che tutti abbiamo avuto di svegliarci con una nuova comprensione di un problema». Ha poi spiegato che «dimostrare questo, tuttavia, ha richiesto di monitorare il modo in cui i singoli neuroni raggiungono la sintonizzazione spaziale, cioè il processo attraverso il quale il cervello impara a navigare in un nuovo percorso o ambiente. Ho pensato a lungo a come valutare le preferenze dei neuroni al di fuori del labirinto, ad esempio durante il sonno. Abbiamo affrontato questa sfida mettendo in relazione l’attività di ogni singolo neurone con l’attività di tutti gli altri».

Tale metodo non solo ha confermato le scoperte precedenti riguardo alle rappresentazioni spaziali che si formano durante l’esplorazione del nuovo ambiente, le quali rimangono stabili per diverse ore di sonno in seguito all’esperienza vissuta, ma ha permesso ai ricercatori di andare oltre: «La capacità di tracciare le preferenze dei neuroni anche senza uno stimolo è stata per noi una svolta importante. La cosa che mi è piaciuta di più di questa ricerca e il motivo per cui ero così entusiasta è che non è necessariamente vero che durante il sonno l’unica cosa che fanno questi neuroni è stabilizzare il ricordo dell’esperienza. Possiamo vedere questi altri cambiamenti che si verificano durante il sonno e, quando rimettiamo gli animali nell’ambiente una seconda volta, possiamo verificare che questi cambiamenti riflettono davvero qualcosa che è stato appreso mentre gli animali dormivano. È come se la seconda esposizione allo spazio avvenisse effettivamente mentre l’animale dorme».

Kemere ha concluso affermando che la scienza e lo studio del cervello sono quindi pronti a compiere passi significativi in futuro, aggiungendo: «È del tutto possibile che se avessimo iniziato questo lavoro oggi, non saremmo stati in grado di fare questi esperimenti e ottenere questi risultati. Siamo decisamente grati che l’opportunità sia stata lì».

[di Roberto Demaio]

Russia e Bielorussia, riprendono le esercitazioni nucleari tattiche

0

La Russia ha avviato la seconda fase delle esercitazioni delle forze nucleari tattiche con la Bielorussia. Lo ha riferito il ministero della Difesa russo con una nota, dichiarando che lo scopo dell’attività militare è quello di attestare la preparazione delle armi nucleari tattiche al fine di “garantire incondizionatamente la sovranità e l’integrità territoriale dello Stato dell’Unione”, ovvero di Russia e Bielorussia. L’agenzia di stampa russa Tass ha riferito che durante le esercitazioni saranno affrontate questioni attinenti all’addestramento congiunto delle unità delle forze armate dei due Paesi per l’uso in combattimento di armi nucleari non strategiche.

Europee in Italia: il governo perde un milione di voti, esiste un fronte pacifista che avanza

3

Il risultato delle elezioni europee conferma una tendenza generale: metà dell’elettorato non va a votare. Ma come al solito tutti hanno vinto, secondo il principio che basta guardare i dati che si vogliono guardare e, soprattutto, non guardare i voti che si sono presi, che sono lo specchio reale ed obiettivo del consenso che si ha. Così, mentre i commenti mainstream si soffermano sulle percentuali (che nascondono con abilità e nonchalance la realtà dei fatti) le persone serie e posate dovrebbero andare a leggere i voti. Per farlo sembra ragionevole confrontare i dati delle recenti elezioni con le politiche, in particolare con le elezioni della camera dei deputati del 2022. Un esercizio capace di dimostrarci due verità del tutto ignorate dagli analisti ufficiali. 

Fratelli d’Italia perde voti: insieme al Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia è il partito che ha perso più voti, esattamente 600mila; è il primo partito ma l’entusiasmo immediatamente manifestato da Giorgia Meloni non è giustificato. Per giunta la nuova alleanza tra Forza Italia e Noi Moderati ha perso 200mila voti e la Lega ne ha presi 350mila circa in meno. In totale il governo che sta cantando vittoria ha perso oltre un milione di voti.

Partito Democratico, avanti piano: anche qui a guardare le percentuali sembra un grande successo, a guardare il numero di voti si scopre che il PD ha preso solo 250mila voti in più. Elly Shlein che ha cautamente portato il partito su alcune posizioni più di sinistra può essere contenta.

Movimento 5 stelle, continua a scendere: 2 milioni tondi di discesa nelle preferenze degli elettori: il ritorno ad alcuni temi classici degli inizi e la scritta “pace” dentro il simbolo non hanno impedito agli elettori di punire un movimento anti-sistema che quando è stato al governo non ha realizzato la maggior parte delle promesse elettorali.

Avanzano i pacifisti: nonostante i movimenti pacifisti non siano riusciti ad esprimere una lista comune come molti  pacifisti italiani  si aspettavano ma si siano divisi in varie liste, l’avanzata dell’Alleanza Verdi Sinistra è stata di oltre mezzo milione di voti mentre la lista Pace Terra Dignità, esclusa dagli eletti per l’incomprensibile soglia di  sbarramento, ha preso almeno centomila voti in più di quelli che aveva preso alla Camera la lista di Unione Popolare, e questo nonostante l’assoluta assenza dalle reti televisive e radiofoniche.  A questi voti vanno aggiunti anche quelli delle altre liste che facevano proposte chiaramente pacifiste (Libertà e Democrazia Sovrana e Popolare in totale altri 300mila voti). Se in questo conto volessimo considerare anche i voti assegnati alM5S potremmo dire che il pacifismo ha ottenuto circa 5 milioni di voti.

Astensionismo: ancora una volta la percentuale di chi non vota è salita, segno evidente che la sfiducia nella politica non ha freno. La propaganda sottile verso il non voto, dietro ai proclami retorici alla “partecipazione democratica” ha vinto una volta di più. Ma dietro l’astensionismo ci sono fenomeni molto diversi, dalla motivazione politica, alla disillusione, al menefreghismo, alla convinzione profonda dello scippo che altri poteri hanno fatto alla politica, in primis le grandi lobby finanziarie. Motivazioni anche giuste, ma quello che resta è il fatto che meno gente vota (e non vota per i rompiscatole) e più per i potenti è facile comprare eletti già “addomesticati”. Si spende meno…

[di Patrick Boylan – autore del libro Free Assange e co-fondatore del gruppo Free Assange Italia]

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva un piano per il cessate il fuoco a Gaza

1

Con 14 voti a favore e la sola astensione della Russia, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza. La proposta è la stessa annunciata lo scorso 31 maggio e già accettata da Israele. La mozione prevede tre fasi: nella prima, si prevede un «cessate il fuoco immediato, pieno e completo, con il rilascio degli ostaggi, compresi donne, anziani e feriti, la restituzione dei resti di alcuni ostaggi uccisi e lo scambio di prigionieri palestinesi», con il ritiro delle forze israeliane dalle «aree popolate di Gaza», il ritorno dei palestinesi alle loro case e la distribuzione di aiuti umanitari su larga scala. La seconda fase prevede la fine permanente delle ostilità, «in cambio del rilascio di tutti gli altri ostaggi ancora presenti a Gaza e del ritiro completo delle forze israeliane da Gaza». Per la terza fase, infine, si prevede l’inizio di «un importante piano di ricostruzione pluriennale per Gaza», oltre alla restituzione a Israele dei resti degli ostaggi che hanno perso la vita. Si respinge, inoltre, qualsiasi tipo di cambiamento demografico o territoriale della Striscia. Nel testo, il Consiglio ribadisce un «incrollabile impegno» verso una soluzione a due Stati e, a questo proposito, sottolinea l’importanza di «unificare la Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto l’Autorità Palestinese».

Secondo l’ambasciatore russo, astenutosi dal votare la bozza americana, vi sono numerosi punti non chiari all’interno della bozza, in particolare riguardo al fatto che, da quando Biden ha presentato la bozza a Netanyahu, Israele ha continuato a ribadire pubblicamente che la guerra continuerà fino alla completa distruzione di Hamas. La rappresentante di Israele, Reut Shapir Ben Naftaly, ha dichiarato a questo proposito che gli obiettivi di Tel Aviv sono stati «molto chiari» fin da subito, ovvero «Riportare a casa tutti i nostri ostaggi e smantellare le capacità di Hamas, garantendo che Gaza non rappresenti una minaccia per Israele in futuro». Una volta raggiunti questi obiettivi, ha dichiarato la donna, la guerra finirà.

In una dichiarazione rilasciata dopo il voto, Hamas ha dichiarato di aver accolto con favore la risoluzione e si è detto pronto a collaborare per avviare da subito i negoziati. Il grande interrogativo, ora, è se tale risoluzione verrà rispettata. Dopo la risoluzione votata dal Consiglio di Sicurezza lo scorso 25 marzo per il mese del Ramadan (dalla quale gli USA si sono astenuti), infatti, non vi è stato alcuno stop dell’offensiva militare israeliana. La decisione è giunta pochi giorni dopo una delle peggiori stragi portate a termine dall’esercito israeliano: l’8 giugno, infatti, 274 palestinesi sono morti nel “genocidio collaterale” di Nuseirat, mentre altri 700 sono stati feriti. L’assalto ha permesso la liberazione di 4 ostaggi israeliani. La conta delle vittime palestinesi certe, dall’inizio dell’assalto israeliano, supera così le 37 mila vittime, ma si teme ve ne siano molte altre sepolte sotto le macerie.

[di Valeria Casolaro]

Piemonte, elezioni regionali: trionfa Alberto Cirio

0

Alberto Cirio, candidato uscente del centro-destra, è stato rieletto governatore del Piemonte al primo turno con il 56,13% dei voti. Gianna Pentenero, candidata del centrosinistra, si è invece fermata al 33.54% delle preferenze. La candidata del Movimento 5 Stelle, Sarah Disabato, si è posizionata in terza posizione, ottenendo il 7,68%. Da quando esiste l’elezione diretta del numero uno della giunta regionale, Cirio è il primo a ottenere un mandato bis per la presidenza della Regione. In Piemonte, le elezioni regionali hanno registrato un tasso di affluenza del 55,3%, in netto calo rispetto al 63,34% delle precedenti elezioni del 2019.

Montagna: dal governo altri 230 milioni di sovvenzioni per la “monocoltura” dello sci

0

Con un provvedimento pubblicato a pochi giorni dalle elezioni, il governo Meloni ha stanziato altri 230 milioni di euro di fondi pubblici (dopo i 200 dello scorso anno) a beneficio di nuovi impianti di risalita e per i sistemi di innevamento artificiale delle piste da sci. La decisione non solo contrasta con quanto denunciato da molti anni da comitati e comunità montane che denunciano come lo sci di massa sia nocivo per i territori dal punto di vista sociale e ambientale, ma anche con quanto recentemente messo nero su bianco dalla Banca d’Italia nel 2022 che, in un rapporto, spiegò come l’innevamento artificiale (e la pratica dello sci alpino) non siano più sostenibili dal punto di vista economico a causa della sempre minore presenza di precipitazioni nevose a causa del surriscaldamento. Inoltre l’innevamento artificiale è causa di grande consumo idrico e di inquinamento dei territori a causa delle sostanze chimiche utilizzate nella produzione della neve sintetica, e risulta dunque particolarmente impattante a livello ambientale.

L’annuncio del Ministero del Turismo è stato rilasciato in data 3 giugno, a soli 5 giorni dalle elezioni europee 2024. Secondo il nuovo avviso, verranno finanziati poco meno di 230 milioni di euro per gli impianti di risalita e le cosiddette pratiche di snow-farming, ossia quella serie di tecniche che producono, accumulano e conservano la neve artificiale oltre il periodo invernale in siti di stoccaggio istituiti ad hoc. Nello specifico, questi 230 milioni saranno validi per il quinquennio 2024-2028, anche se l’esecutivo ha sempre la potestà di aggiornare la dotazione annualmente. Da quanto si legge nel documento, il 60% della somma totale sarà dedicato alle aree alpine, mentre il 40% a quelle appenniniche; oltre a ciò, il 15% dell’importo sarebbe riservato “alle aziende con le caratteristiche di Microimpresa o Piccola Impresa”. Della somma totale, poi, 1,5 milioni saranno indirizzati ai progetti di snow-farming, mentre 5 milioni saranno dedicati alla “ricostruzione della funivia del Mottarone, in seguito all’incidente del 23 maggio 2021”. Per fare richiesta, le imprese interessate devono essere impegnate nello svolgimento di una attività riferita a tre diversi codici ATECO, e devono spendere una cifra non inferiore ai 300.000; non saranno garantiti rimborsi oltre i 10 milioni di euro per singola impresa.

Di fronte al continuo rilancio di finanziamenti per tenere a galla il settore, le attività legate allo sci di massa sono da anni oggetto di critiche e dubbi da parte di numerose realtà. Dal punto di vista economico si è espressa la stessa Banca d’Italia in un breve rapporto redatto a quattro mani da Gioia Maria Mariani e Diego Scalise, e pubblicato nel mese di dicembre del 2022. Secondo le analisi dei dati avanzate dai ricercatori, non esisterebbe alcuna correlazione tra impiego di cannoni sparaneve e flusso turistico: in sostanza, l’utilizzo di neve artificiale non aumenterebbe i flussi turistici in maniera tale da riuscire a coprirne i costi, che risultano particolarmente ingenti. A fronte degli effetti del cambiamento climatico, inoltre, nel giro di qualche anno tali sistemi non potranno proprio essere utilizzati nelle strutture situate a bassa quota, per ragioni dovute all’eccessivo innalzamento della temperatura. Secondo lo studio della Banca d’Italia, insomma, l’impiego di cannoni e tecnologie di produzione di neve artificiale non risulterebbe sostenibile economicamente, e anzi sarebbe fonte di un notevole impatto finanziario, ambientale, ed energetico.

A guardare il problema da una prospettiva più ampia sono arrivati diversi gruppi, e ci hanno pensato le tante proteste che nel corso degli anni hanno colpito l’Italia, a partire da Brescia per arrivare a tutto il Veneto. Anche il Club Alpino Italiano nel 2020 ha redatto un documento dal titolo “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci: analisi del contesto, prospettive e proposte”, nel quale propone un nuovo modello su cui fondare la vita delle comunità montane. Secondo il CAI, i problemi della montagna sarebbero sistemici, e non si potrebbero risolvere provando a salvare un insostenibile modello fondato sul turismo di massa. Per farlo, piuttosto, andrebbe risignificato l’intero tessuto sociale e occorrerebbe garantire certezza nella disponibilità e diffusione di servizi e infrastrutture indispensabili” quali scuole, farmacie, mezzi di trasporto funzionanti, centri di aggregazione, servizi bancari… a cambiare, insomma, dovrebbe essere l’intera struttura, che si fonda su una “monocultura” dello sci, e andrebbe promosso un modello di comunità più sostenibile, diversificato e a misura di abitante.

[di Dario Lucisano]

Repubblica Democratica del Congo: cittadini occidentali a processo per tentato colpo di Stato

0

Sei cittadini occidentali, di cui tre statunitensi, sono finiti a processo nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) per aver preso parte, lo scorso 19 maggio, ad un fallito colpo di Stato, nel tentativo di rovesciare il governo del presidente Felix Tshisekedi. La RDC è uno degli Stati africani più ricchi di terre rare e minerali fondamentali per la produzione di prodotti tecnologici, come stagno, tungsteno e tantalio e, per questa ragione, la Nazione è attraversata ormai da trent’anni da un cruento conflitto scaturito dalla lotta per il controllo di queste risorse. È in questo contesto politico-militare che 53 uomini armati hanno partecipato al tentativo di golpe, comparendo pochi giorni fa in tribunale con l’accusa di possesso illegale di armi, associazione a delinquere, terrorismo e tentativi di destabilizzare le istituzioni statali e minare l’integrità dello Stato. Alcuni di loro rischiano la pena di morte, reintrodotta nel marzo del 2024 dopo vent’anni di moratoria. L’insurrezione è stata guidata dall’uomo d’affari, ex militare e politico congolese, residente negli Stati Uniti, Christian Malanga. Tra i cittadini statunitensi imputati figurano il figlio ventiduenne di quest’ultimo, Marcel Malanga, e Benjamin Zalman-Polun, identificato come «imprenditore della cannabis» e socio in affari di Malanga in un articolo del 2022 di Africa intelligence. Secondo alcune fonti sarebbe anche un ex soldato delle forze speciali della US Army. Tutti i cittadini occidentali coinvolti nel fallito colpo di Stato hanno origini congolesi. Lucy Tamlyn, l’ambasciatrice degli Stati Uniti nella RDC, su X ha espresso «shock e preoccupazione» per la vicenda: «Vi assicuriamo che collaboreremo al massimo con le autorità della RDC mentre indagano su questi atti criminali e riterremo responsabile qualsiasi cittadino statunitense coinvolto in atti criminali».

Il 19 maggio, decine di uomini armati e in divisa militare, hanno assaltato la residenza di Vital Kamerhe, un legislatore federale alleato di Tshisekedi e favorito a diventare portavoce dell’Assemblea Nazionale. Gli stessi hanno attaccato anche il Palazzo della Nazione, la residenza ufficiale del presidente, anche se Tshisekedi la usa raramente e non era presente in quel momento. Entrambe le località si trovano a circa due chilometri di distanza l’una dall’altra nella zona di Gombe, che ospita anche numerosi altri uffici governativi e ambasciate. In un video presente su X, Malanga – durante l’insurrezione – dichiara che «noi militari siamo stanchi […] Non possiamo trascinare Tshisekedi e Kamerhe, hanno fatto troppe cose stupide in questo Paese». Malanga è stato ucciso dopo aver fatto resistenza all’arresto. L’uomo d’affari congolese a capo della rivolta aveva già contestato le elezioni presidenziali del 2011 e, dopo essere stato detenuto per diverse settimane, si era recato negli Stati Uniti, dove aveva fondato il Partito Congolese Unito (UCP) di opposizione e dove già la sua famiglia di origine ottenne asilo politico quando era bambino. Secondo funzionari congolesi, inoltre, Malanga aveva già tentato un colpo di Stato nel 2017. Alcuni analisti, come Albert Malukisa Nkuku, professore dell’Università Cattolica del Congo, nutrono dubbi circa le modalità e le finalità del colpo di Stato, apparentemente amatoriale: l’ipotesi più plausibile è quella che Malanga sia stato tradito dai suoi sostenitori. «Perché iniziare un attacco alla residenza di Vital Kamerhe e perdere già una grande quantità di munizioni prima di finire al Palazzo della Nazione?», ha chiesto il docente congolese.

Il golpe si è verificato in un contesto politico molto instabile a causa di una guerra trentennale che devasta il Paese per il controllo delle risorse minerarie: da sempre terra di saccheggio, oggi più che mai, la RDC è al centro della partita per il possesso delle terre rare e dei minerali preziosi. La RDC è una delle terre più ricche di tantalio e le sue risorse sono oggetto di razzia da parte dei Paesi vicini come il Ruanda, che si appropria illegalmente del tantalio della RDC per rivenderlo alle potenze occidentali, tra cui gli Stati Uniti. A causa della fragile struttura politica e del dilagare di decine di gruppi armati oltre ad eserciti regolari e caschi blu dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, le principali regioni orientali della Nazione (Nord e Sud Kivu e l’Ituri) – le più ricche di minerali – sono al centro di un conflitto sanguinario con gravi ripercussioni sulla popolazione. Nell’ambito di questa guerra, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) hanno ingaggiato una battaglia con il Movimento del 23 marzo (M23), accusato di essere finanziato dalla confinante e rivale Ruanda, che vende i minerali rubati alla RDC anche e soprattutto alle grandi multinazionali tecnologiche occidentali. In questa intricata partita d’interessi dove i più grandi attori globali cercano di mettere le mani sulle ricchezze di Kinshasa (la capitale della RDC), non si può escludere che dietro al golpe fallito ci sia la presenza di qualche attore geopolitico internazionale, sebbene al momento non vi siano indizi significativi al riguardo. Del resto, nonostante la presenza di cittadini americani, tra cui un ex soldato americano, l’Ambasciata americana a Kinshasa ha immediatamente negato ogni coinvolgimento. Una vicenda che però ha provocato forte imbarazzo per l’amministrazione statunitense.

[di Giorgia Audiello]

Caporalato, amministrazione giudiziaria per Manufactures Dior

0

Il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria nei confronti dell’azienda di moda del lusso Manufactures Dior. Come si legge in una nota dell’Arma, essa è stata infatti ritenuta “incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo”, poiché non avrebbe messo in atto “misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici”, agevolando colposamente “soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato”. L’indagine è stata coordinata dal pm Paolo Storari e condotta dai carabinieri di Milano.

Sambuca, il Comune siciliano che si sta ripopolando vendendo case a tre euro

1

Dopo i successi riscossi negli ultimi anni da alcune città italiane che hanno lanciato le iniziative “case a un euro”, il comune siciliano di Sambuca sta preparando per l’asta un nuovo lotto con prezzi di partenza di 3 euro: si tratta di un progetto promosso con l’obiettivo di combattere lo spopolamento di alcuni borghi che prevede l’acquisto con l’obbligo da parte del nuovo proprietario a provvedere ad alcuni lavori di ristrutturazione entro un termine specifico. Le case coinvolte sono spesso di dimensioni ridotte, antiche o in cattive condizioni ma, come riportato in questi anni anche da diversi media locali ed internazionali, possono essere convertite in abitazioni uniche più grandi e ospitare persino i più recenti modelli di ascensori. «Il tempismo è perfetto» e «i turisti e gli acquirenti interessati che attualmente viaggiano in Italia, e coloro che pianificano un viaggio in primavera ed estate possono venire a dare un’occhiata», ha dichiarato il sindaco Giuseppe Cacioppo.

Comprare “case a un euro” è un progetto che mira a combattere lo spopolamento di alcuni borghi del Belpaese promosso da numerosi Comuni italiani i quali, acquisito l’immobile dal proprietario precedente, lo vendono al prezzo simbolico di un euro ma con l’obbligo da parte dell’acquirente di ristrutturarlo entro un termine specifico. Si tratta spesso di case antiche e non utilizzate quindi, rimaste abbandonate o destinate alla demolizione. Per accedere all’iniziativa servono solo alcune condizioni base e i compratori interessati devono contattare direttamente il Comune ed esprimere il proprio interesse. Si tratta inoltre di una possibilità rivolta anche ai cittadini non italiani, a patto che questi siano in possesso del codice fiscale italiano, necessario per pagare le tasse. Infatti, nonostante le agevolazioni erogate tramite bonus restauri, bonus ristrutturazione e sconto del 50% sugli elettrodomestici, l’acquirente deve farsi carico di alcune spese che non hanno nulla a che vedere con il prezzo di acquisto proposto: il compratore infatti spesso deve assicurare che avvenga la ristrutturazione e la rivalutazione dell’immobile entro un determinato periodo dall’acquisto, per valori fino a circa 20-25 mila euro e, inoltre, è necessario sostenere le spese notarili per la registrazione e l’accatastamento dell’immobile, l’avviamento dei lavori e per pagare una polizza fideiussoria di 5.000 euro della durata di tre anni.

Si tratta di cifre sostanzialmente diverse, quindi, dal costo dell’abitazione proposto, che però non hanno comunque frenato centinaia di cittadini e di investitori che già da anni hanno provveduto a ripopolare diverse città d’Italia – tra cui appunto Sambuca – costruendo tra l’altro anche nuovi B&B e nuovi negozi. Il comune siciliano, attualmente, si sta preparando a mettere all’asta un terzo lotto con prezzi di partenza di 3 euro. «Vogliamo solo chiarire che numerando questi lotti probabilmente seguiranno più vendite nei prossimi anni. Gli stranieri si affollano per comprare le nostre case, finora è stato un successo», ha dichiarato il sindaco Giuseppe Cacioppo, il quale ha aggiunto che le case disponibili, situate nell’antico quartiere saraceno, sono «strutturalmente stabili come quelle finora vendute» ma necessitano di un restyling. Le autorità locali infatti presero possesso di diverse case abbandonate dopo che un terremoto colpì la Valle del Belice nel 1969 e costrinse la popolazione a fuggire abbandonando diverse abitazioni.

Si tratta di case singole da 50 a 80 metri quadrati, con due o tre camere da letto e distribuite su uno o tre piani. A seconda delle condizioni – spiega il sindaco alla CNN – i lavori di ristrutturazione possono partire da 30.000 euro ma arrivare anche oltre a 200.000 euro se gli acquirenti intendono trasformare l’abitazione in un rifugio di lusso. Molti proprietari precedenti, infatti, hanno annesso diverse proprietà unificando queste piccole case in una unica o sono riusciti addirittura a costruire ascensori interni. «La nostra città è ormai definitivamente sulla mappa», ha affermato Cacioppo, aggiungendo che i candidati interessati possono trovare foto e descrizioni delle case disponibili, insieme ai moduli di richiesta, sul sito ufficiale del municipio.

[di Roberto Demaio]

Recanati, un’altra sentenza smonta l’obbligo vaccinale sul luogo di lavoro

1

Ancora una volta, un tribunale infierisce un colpo ai decreti che, durante il periodo pandemico, hanno imposto l’obbligo vaccinale per i lavoratori dipendenti e la sospensione senza stipendio per i “renitenti” alla dose anti-Covid. L’ultima sentenza arriva da Recanati, in provincia di Macerata, dove il Tribunale del Lavoro ha dato ragione a una professoressa che, a fine 2021, era stata sospesa senza stipendio dalla scuola in cui insegnava per non essersi vaccinata. L’insegnante aveva fatto ricorso, sostenendo che il fatto di essere in malattia la esonerasse dall’obbligo di presentare la certificazione vaccinale. La sua motivazione è stata accolta dal giudice, che ha condannato la scuola a reintegrarla con restituzione degli stipendi arretrati.

Nello specifico, dopo aver diffidato l’insegnante – di nome Rita Andrenelli – a effettuare la vaccinazione, la dirigente scolastica dell’Istituto di istruzione superiore Mattei Di Recanati aveva sospeso per un periodo di tre mesi dal lavoro l’insegnante, bloccando anche l’erogazione degli stipendi, in applicazione dell’articolo 4 del decreto legge 44 del 2021. Dopo essersi rivolta a un legale, la docente sospesa aveva presentato ricorso al Tribunale del Lavoro di Macerata. In una recente udienza, nella cui cornica l’Avvocatura dello Stato aveva insistito per la validità della sospensione, il giudice del lavoro si è pronunciato dando ragione alla donna e sancendo che, avendo quest’ultima presentato il certificato di malattia all’istituto, nessuno avrebbe potuto obbligarla a farsi inoculare contro il Covid. Per questo motivo, il giudice ha disposto il reintegro dell’insegnante, imponendo al Ministero dell’Istruzione il pagamento degli stipendi non erogati in suo favore.

Questa è solo l’ultima di una lunga scia di pronunce giurisprudenziali che, a diverse latitudini, stanno smontando pezzo per pezzo le norme che durante la pandemia hanno introdotto l’obbligo vaccinale e le sanzioni ai non vaccinati. In Liguria, nel gennaio dello scorso anno l’azienda ASL2 è stata condannata dal tribunale di Genova a pagare gli stipendi non corrisposti degli operatori sanitari dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, sospesi per sei dalle proprie mansioni nel 2021 in quanto non vaccinati. Pochi mesi dopo, il giudice monocratico del Tribunale del lavoro dell’Aquila ha emesso una fondamentale sentenza con cui è stata dichiarata illegittima la sospensione dal lavoro per la mancata vaccinazione Covid da parte dei lavori sottoposti all’obbligo, ovvero gli over 50, con la motivazione che le caratteristiche stesse dei vaccini anti-Covid disponibili non rispettano “il fondamento per imporre l’obbligo vaccinale”, in quanto non conferiscono “la garanzia della prevenzione dall’infezione”. Il mese scorso, due sentenze hanno riaperto il dibattito sul punto: quella del giudice del Lavoro del Tribunale di Bolzano, che ha stabilito che l’Asl bolzanina dovrà pagare un risarcimento di circa 170mila euro a una dirigente dell’ospedale di Bressanone che nel 2021 fu sospesa dal servizio per non essersi fatta inoculare, e il giudice del lavoro di Vasto, che ha condannato la Asl Lanciano Vasto a risarcire con oltre 4mila euro un infermiere che, nel 2022, era stato sospeso dal lavoro e dalla retribuzione per non aver adempiuto all’obbligo di vaccinazione contro il Covid 19 o alla comunicazione della certificazione recante le ragioni giustificative della mancata vaccinazione.

[di Stefano Baudino]