È in corso oggi, venerdì 8 novembre, lo sciopero nazionale di 24 ore per il trasporto pubblico locale in tutta Italia. Per molti mezzi di superficie in diverse città non è prevista alcuna fascia oraria garantita. Ad avere maggiori problemi negli spostamenti sono stati, fin dalla mattina, i viaggiatori di Milano, Roma e Napoli. Alla base della protesta c’è la richiesta dei sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna di rinnovare il contratto collettivo di settore, oltre che di più ampie tutele per i lavoratori del trasporto pubblico.
A 14 anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” di Pollica, i Carabinieri del ROS hanno eseguito quattro arresti. In manette sono finiti il colonnello Fabio Cagnazzo e l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, insieme all’imprenditore Giuseppe Cipriano e al falso collaboratore di giustizia Romolo Ridosso, legato alla Camorra. Tutti sono accusati di concorso in omicidio volontario con l’aggravante mafiosa. Secondo l’inchiesta, il delitto – avvenuto il 5 settembre del 2010 – sarebbe stato motivato dalla scoperta da parte di Vassallo di un traffico di droga al porto di Acciaroli, organizzato da un clan in combutta con carabinieri infedeli e imprenditori, che il sindaco si preparava a denunciare. Dallo spaccato emergerebbe dunque l’ennesima vicenda segnata dalle convergenze d’interessi tra forze di polizia, mafiosi e imprenditori collusi. Uno schema ormai consolidato nella storia criminale del nostro Paese.
L’omicidio Vassallo non sarebbe, quindi, solo un delitto di mafia, ma anche di Stato, secondo gli inquirenti. Pesantissime le accuse formulate nei confronti dell’ufficiale Fabio Cagnazzo, il quale avrebbe attuato un depistaggio delle indagini partito addirittura prima della consumazione del delitto. Il colonnello, ricostruiscono i pm, «come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno» veicolandole verso una falsa pista, «quella dell’alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo, omonimo del sindaco ucciso, titolare di un albergo del luogo, per questioni legate allo spaccio di stupefacenti». Cagnazzo avrebbe inoltre diffuso notizie false sul coinvolgimento di Damiani – detto “il brasiliano”, che frequentava il mondo dello spaccio cilentino –, affermando che fosse positivo all’esame dello stub, che fosse a capo di una squadra dedita al traffico di stupefacenti e che avesse pedinato il sindaco presso il porto di Acciaroli. Lo spaccato sarebbe in realtà molto diverso. A delinearlo è, in primis, l’incontro che secondo una preziosa testimonianza andò in scena a casa di Ridosso, ritenuto intraneo al clan di Camorra Loreto-Ridosso, tra quest’ultimo, l’allora brigadiere Lazzaro Cioffi e l’imprenditore Giuseppe Cipriano. A margine dell’appuntamento, parlando a voce alta da solo, Ridosso affermò: «Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto», senza aggiungere altre parole. Del collegamento tra il delitto e la scoperta del sindaco Vassallo di un traffico di stupefacenti che avrebbe coinvolto Fabio Cagnazzo e Lazzaro Cioffi ha parlato agli inquirenti Eugenio D’Atri, compagno di cella di Romolo Ridosso nel carcere di Sollicciano. D’Atri ha infatti raccontato di aver appreso dal finto pentito che l’ufficiale Cagnazzo, grazie al suo network di conoscenze, fosse riuscito a individuare un posto sicuro dove stoccare lo stupefacente nei pressi del porto di Acciaroli.
Il 5 settembre 2010, Angelo Vassallo stava percorrendo in macchina una strada secondaria, in salita, per rientrare nella sua casa. Quando, per ragioni non chiarite, fu costretto a fermarsi, venendo raggiunto da nove colpi di pistola. Era conosciuto come «sindaco pescatore», perché, cresciuto nella piccola comunità marina di Acciaroli, aveva lavorato nel settore ittico, ma anche perché aveva dedicato la sua attività politica alla tutela dell’ambiente e, in particolare, del mare. Si era infatti schierato a più riprese contro i “potenti del cemento” e gli esponenti criminali che avevano riempito di droga il porto di Acciaroli. Ora la svolta nelle indagini, che hanno allargato lo spettro sugli ambienti che gli erano ostili. «Nella scorsa legislatura in Commissione Antimafia abbiamo fatto un importante approfondimento, con una relazione finale votata all’unanimità, è una grande notizia che quel lavoro oggi trovi un riscontro così importante – ha dichiarato la deputata M5S Stefania Ascari, da sempre vicina alla famiglia Vassallo e in prima linea nella ricerca della verità sul delitto –. Angelo Vassallo è stato un esempio di lotta per l’ambiente, contro il malaffare, un uomo che ha pagato con la vita il suo impegno per la collettività».
In Campania, le collusioni traapparati di polizia, imprenditori e mafiosi sono spesso sotto la lente della magistratura, specie in relazione alle complicità istituzionali e affaristiche di cui ha giovato nei decenni il potente clan dei Casalesi. Uno scenario, complice la trasformazione di una mafia sempre più “imprenditrice” e dedita al riciclaggio, ben visibile anche altrove: tra i casi più celebri, quelli appurati nelle inchieste contro i Casamonica e altri clan del Lazio e gli inquietanti esiti del Maxiprocesso calabrese “Rinascita-Scott”, sfociato in primo grado in 207 condanne a ‘ndranghetisti, uomini di Stato e imprenditori. Per non parlare dei tanti omicidi “eccellenti” che hanno insanguinato le strade di Palermo all’inizio degli anni Ottanta, tra cui quello del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, intenzionato a mettere fine al monopolio di Cosa Nostra nell’assegnazione degli appalti nell’isola.
L’Italia è stata definita capitale del “senza glutine” per il fatto che il giro d’affari legato al settore degli alimenti per celiaci ha raggiunto negli ultimi anni un valore di 400 milioni di euro. Con un boom di prodotti in costante aumento sul mercato anno dopo anno: dai 280 del 2001 ad oltre 6500 di oggi. E un altro primato spetta al fatto che i prodotti in Italia sono più costosi che all’estero e sono più cari nelle farmacie che al supermercato. Tradotto, nel 2022 risulta che dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) siano state comprate più di 10 mila tonnellate di pasta e quasi 15 mila tonnellate di prodottigluten freesostitutivi del pane. I prodotti senza glutine sono più costosi di quelli tradizionali fatti con la farina di grano e sono sempre più cari nel tempo, costano in media il 73% in più. Ma si può arrivare a spendere fino al +257%. E forse non tutti sanno che parte di questi soldi e di questo business è coperto dallo Stato e dal Sistema Sanitario Nazionale, con costi dunque a carico di tutti i contribuenti italiani. Infatti sin dagli anni 80 del secolo scorso lo Stato mette a disposizione dei fondi per le persone celiache che vogliano acquistare alimenti senza glutine in vendita presso farmacie, negozi specializzati e supermercati. Nel 2020 ha messo a disposizione 209 milioni di euro.
Il sussidio statale per celiaci
Nello specifico in Italia il sistema di sussidi economici si basa sulla erogazione di buoni di spesa da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), a tutti i pazienti celiaci aventi diritto a seguito di diagnosi medica della patologia. Funziona così: il celiaco dispone di un bonus mensile di circa 140 euro (l’importo in realtà varia in base all’età e al sesso), che può spendere nella sua Regione per l’acquisto di alimenti sostitutivi. La cifra è stata fissata dal legislatore nel 2001 sulla base dei fabbisogni calorici giornalieri, intendendo che dovessero coprire solo il 35% del fabbisogno complessivo del celiaco. I celiaci sono le persone affette da celiachia. La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, la proteina del frumento e di alcuni altri cereali come orzo, segale, farro. In merito all’avena, un altro cereale che in passato si reputava potesse risultare problematico, recenti studi hanno dimostrato che, se introdotta pura, ossia non contaminata da glutine durante la lavorazione, non risulterebbe lesiva per la maggior parte dei celiaci (99% delle persone).
E come funziona invece negli altri Paesi in Europa? L’erogazione “gratuita” degli alimenti senza glutine viene considerata una “eccellenza” tra le forme di assistenza del panorama internazionale, almeno da parte della Associazione Italiana Celiachia (AIC). In Europa ci sono Paesi che non prevedono alcun sostegno alla patologia (Spagna, Irlanda e Austria), altri che garantiscono pochi alimenti essenziali (10Kg/mese di farina in Croazia, 5kg/mese di farina in Serbia), altri ancora riconoscono un sostegno economico più basso di quello italiano (46€ in Francia, 38€ in Belgio, più elevato in Danimarca e Norvegia) oppure consentono di detrarre dalle imposte parte dei costi sostenuti (ad esempio Russia, Germania, Olanda e Portogallo). In poche parole, in Italia chi è celiaco è più assistito a livello economico e statale.
Dunque con questo buono di spesa mensile i celiaci possono acquistare ogni sorta di alimento o bevanda senza glutine come pasta, pane, biscotti, pizza, birra, fette biscottate, dolci e molto altro. Questi prodotti senza glutine in commercio oggi sono numerosissimi, come dicevamo, e costituiscono un vero e proprio business per le aziende produttrici. I canali di vendita di questi prodotti sono: farmacie, supermercati, negozi specializzati per alimenti gluten free, siti online. I profitti per le aziende sono altissimi in quanto questi alimenti hanno prezzi notevolmente superiori ai loro corrispondenti tradizionali, ma dobbiamo anche chiederci quali siano i benefici nutrizionali e per la salute delle persone celiache a cui tali prodotti sono destinati.
Ci sono dei reali benefici oppure no? A mio avviso, che sono abituato per professione a valutare l’aspetto salutistico del cibo prima ancora di quello edonistico e culturale, questi cibi senza glutine non apportano alcun beneficio di salute per i celiaci, e il sistema statale che nei fatti li promuove e li mantiene sul mercato è un vero e proprio sperpero di denaro pubblico, che come spesso accade anche in altri settori economici, va a ingrassare multinazionali e aziende che producono questi alimenti sostitutivi. Ora motiverò il mio punto di vista con qualche esempio concreto e spero chiarificatorio.
La pasta senza glutine
Nella immagine possiamo vedere la tabella nutrizionale di una confezione di pasta di un noto marchio alimentare, in vendita in tutti i supermercati. E di seguito riporto anche la lista degli ingredienti, per una analisi valutativa che ne mostra le differenze con la pasta tradizionale.
Ingredienti della pasta senza glutine in foto:
Farina di mais bianco (60%);
Farina di mais giallo (29,5%);
Farina di riso integrale (10%);
Acqua;
Emulsionante: mono e digliceridi degli acidi grassi.
I cerchietti in giallo sulla confezione indicano quei valori nutrizionali chiave che dobbiamo prendere in considerazione al fine di confrontare questa pasta con quella standard per un discorso di qualità nutrizionale. Il valore di carboidrati è superiore (79g anziché 71g della pasta tradizionale dello stesso marchio), e ciò non costituisce un vantaggio dato che la pasta è già un alimento ad altissimo contenuto di carboidrati, circa il 70% del prodotto e delle calorie arriva dai carboidrati. In questo caso abbiamo più carboidrati della pasta di grano e per giunta sono carboidrati di un tipo a più rapido assorbimento, cioè che fanno impennare ancora più repentinamente la glicemia e l’insulina nel sangue. Questo effetto è dovuto all’impiego delle farine di mais e di riso, che sono a più alto indice glicemico di quella di grano.
Poi c’è il valore di fibre, che purtroppo si dimezza rispetto alla pasta standard, e anche qui il consumatore celiaco perde qualità nutrizionale, fra l’altro la pasta non integrale ha già valori bassissimi di fibre, circa il 3%, e nel caso che esaminiamo siamo all’1,1%. Questo valore ribassato è dovuto purtroppo alle farine di bassa qualità e povere di fibre che di solito si utilizzano per fare la pasta senza glutine, come la farina di mais e quella di riso. Si tratta dei 2 cereali con bassissimi valori di fibre, ma sappiamo che invece le fibre sono utili sia per il benessere intestinale dei nostri batteri (se ne cibano e si rafforzano), sia per regolare l’indice glicemico e non far alzare la glicemia in maniera repentina quando si assumono alimenti ricchi in carboidrati. E infine il valore di proteine, altra nota dolente: nella pasta senza glutine di norma è la metà di quello della pasta tradizionale, nel caso in foto abbiamo 6,9 grammi di proteine anziché 13 grammi della stessa pasta di stesso marchio ma fatta con farina di grano. Anche qui abbiamo perso un bel po’ di qualità nutrizionale, al solo fine di poter mangiare un alimento che si spaccia come similare a quello tradizionale, ma che nei fatti non lo è. Non parliamo poi del sapore di queste paste senza glutine, notoriamente molto diverso da quello della pasta di grano e piuttosto deludente.
Infine mi pare doveroso e importante anche soffermarmi un attimo su un ingrediente alquanto poco salutare presente in questo prodotto: i mono e digliceridi degli acidi grassi. Sicuramente sconosciuti ai più, si tratta di additivi particolari che vengono usati per sopperire alla mancanza della tipica elasticità che offre la pasta tradizionale e che è data proprio dal glutine. In sostanza sono dei grassi, ma di una tipologia poco salutare e poco pregiata. Chi fa la pasta senza glutine è costretto ad usarli per legare l’impasto delle farine alternative che abbiamo menzionato pocanzi: farina di mais e farina di riso. Come detto pocanzi sono farine a bassissimo contenuto di proteine e quindi poco corpose e poco compatte, al contrario di quelle di grano o farro per esempio. Il problema è che tra gli emulsionanti, gli studiosi hanno puntato il dito su alcuni di essi in particolare: le carragenine, i mono e digliceridi degli acidi grassi, e le varie gomme come la gomma di Xantan e altre. Negli ultimi anni gli studi e ricerche che sono stati pubblicati additano queste sostanze come pericolose per lo sviluppo di tumori, diabete e patologie dell’intestino in genere.
Il destino di queste sostanze, a mio avviso, sarà quello di essere eliminate e vietate dalla catena alimentare, ma credo che ci vorrà del tempo e saranno necessari molti altri studi affinché il legislatore europeo decida di vietarle. Questo è l’iter processuale standard per le sostanze e gli additivi pericolosi per la salute (anche per farmaci e integratori). Numerosi sono i casi di sostanze simili che sono state lasciate in commercio per molti anni e infine vietate. Ma l’industria li usa e li aggiunge nei prodotti alimentari con molta disinvoltura, fino a che non c’è un divieto o un limite, perché sono sostanze a basso costo nel mercato rispetto ad altre più naturali, sicuramente dunque con più alti margini di profitto per le aziende. Il paradosso per chi si rivolge a questi sostituti industriali senza glutine dei cibi tradizionali è quindi quello di passare da un cibo che alimenta l’infiammazione intestinale tipica della celiachia e del glutine ad un altro che comporta lo sviluppo di diabete e squilibri del metabolismo, specie per chi ne fa un uso ricorrente negli anni, come di solito del resto avviene in chi acquista questo genere di prodotti. Ma ci sono delle alternative migliori a tutto ciò? Si, ce ne sono, e tra un attimo le vedremo.
Il caso che abbiamo analizzato fra l’altro è del tutto esemplificativo di tutta la pasta senza glutine in commercio, intendendo quella più commerciale e diffusa, al di là della marca o delle lieve differenze di ingredienti che possono esserci a seconda dei prodotti. Ed è esemplificativo anche di altri cibi senza glutine, come per esempio la pizza, che presenta più o meno gli stessi ingredienti e le stesse problematiche legate agli addensanti di cui abbiamo discusso.
Le alternative salutari alla pasta senza glutine dell’industria
Partiamo dal presupposto che non esiste una terapia vera e propria per la patologia della celiachia, nel senso che l’unica soluzione valida in grado di evitare problemi di salute alle persone che ne sono affette è quella dell’astensione completa e permanente da tutti gli alimenti o bevande (come la birra) che contengono il glutine. Fortunatamente questo aspetto dietetico non comporta privazioni o disagi severi nello stile di vita per i celiaci, in quanto a parte i pochi cibi a base di grano come pane, pasta e pizza, i celiaci possono tranquillamente mangiare centinaia di altri alimenti senza alcun problema, banalmente tutto ciò che residua come ad es. altri tipi di carboidrati come il riso, le patate, i legumi di ogni tipo, la quinoa, il grano saraceno (non è un cereale a dispetto del nome), il mais, le castagne, la polenta, formaggi, uova, pesce, carne, frutta, verdura, frutta secca, e tanto altro. Quindi la dieta di chi soffre di celiachia non sarebbe affatto triste e privativa, se non fosse che però in Italia abbiamo da molto tempo questa vera e propria fissa di dover mangiare un sacco di frumento e di impostare quasi l’intera giornata alimentare a base di cibi derivati dal frumento come pane, pasta, biscotti, fette biscottate, pizza, panini. E quindi mediamente i celiaci in Italia si sentono persi se non hanno a disposizione sostituti “finti” del vero pane e della pasta, ovvero proprio quei cibi che l’industria prepara in grande varietà ogni giorno e su cui ha costruito un business gigantesco.
Ma abbiamo visto che questi sostituti oltre ad essere dei veri e propri cibi ultra-processati con pochissimo valore nutrizionale e quindi da considerare prodotti più che veri e propri alimenti, riducono la dieta dei celiaci ad una triste monotonia in cui la varietà alimentare è pesantemente sacrificata. Basterebbe appunto sviluppare un punto di vista più corretto su come impostare la dieta del celiaco: puntare sui tanti e gustosi cibi naturali che sono naturalmente privi di glutine, quelli che ho elencato poche righe sopra, eppoi eventualmente acquistare dei prodotti più validi che sono stati studiati da aziende con un occhio più attento alla salute e alla formulazione degli alimenti. Mi riferisco per esempio alla pasta di legumi, che oggi si trova in commercio in quasi tutti i supermercati, e che è fatta senza additivi o ingredienti particolari, ma semplicemente riducendo a farina i legumi cotti e poi facendo la pasta, sia in versione pasta fresca che pasta secca. Questo prodotto è molto salutare, perché è esattamente corrispondente a mangiare dei legumi. Chiaramente questa pasta si potrà condire come meglio si crede, con i classici condimenti al ragù, pomodoro, pesto verde o altro. Ad oggi esiste la pasta di ceci, di lenticchie, di piselli. Quella di ceci e di lenticchie ha un sapore davvero gradevole, quella di piselli non è gradita ai più invece.
Di recente sono arrivate sul mercato anche la pasta di fagioli neri e quella di soia. Altre possibilità interessanti sono quelle della pasta di sorgo. Il sorgo è meno noto di quinoa e riso pur avendo valori nutrizionali interessanti, non solo per l’apporto di antiossidanti, ma anche di sali minerali e fibre. Il sorgo è un cereale dalle origini millenarie. Il suo luogo di provenienza è verosimilmente l’Africa equatoriale, ma attualmente è diffuso in tutti i continenti del globo. È usato per fare anche il pane. La coltura del sorgo è rimasta in auge in alcune zone povere del Pianeta (dall’Africa settentrionale all’India), è stata recentemente rivalutata proprio per l’assenza di glutine, che lo rende indicato nell’alimentazione del celiaco. Negli Stati Uniti d’America il sorgo viene utilizzato nella fermentazione per la produzione di birra, mentre in Italia la sua coltivazione riveste un’importanza quasi irrilevante.
Infine una menzione tra le alternative alla pasta senza glutine dell’industria la merita anche la pasta di Konjac. Realizzata con farina ricavata dalla radice del konjac, una pianta nativa della zona subtropicale asiatica. Conosciuta anche con il nome di shirataki, che in Giappone identifica gli spaghetti di konjac (la parola significa infatti ‘cascata bianca’). Questa pasta presenta un basso contenuto di carboidrati ed è l’unica che ha significativamente meno calorie (circa un sesto) rispetto alle altre versioni.
Tutte queste alternative che abbiamo elencato a chiusura dell’articolo sono 100% naturali e senza additivi di alcuna sorta, nel senso che si compongono di un solo ingrediente che nello specifico è un legume o un cereale, quindi non andrebbero nemmeno considerate “industriali”, da un punto di vista di schietta analisi della qualità dell’alimento, al contrario della pasta senza glutine maggiormente diffusa in commercio, di cui abbiamo visto, in cui l’industria però cerca di imitare la pasta tradizionale con l’aggiunta di emulsionanti, addensanti e grassi di pessima qualità, e con l’utilizzo di farine “glicemiche” come quella di mais e quella di riso.
Il massacro israeliano su Gaza può continuare anche grazie alle commesse di un’industria di armi di proprietà dello Stato italiano, la Leonardo S.p.A., che continua a fare affari con Israele. Dopo aver consegnato nei mesi scorsi 30 aerei da addestramento M-346, l’azienda ha iniziato a inviare elicotteri AgustaWestland AW119Kx “Koala-Ofer” per addestrare i piloti della Israel Air Force (IAF) presso la base aerea di Hatzerim, nel deserto del Negev. Questi velivoli sostituiranno i più datati Bell-206 “Saifan”, offrendo avanzate tecnologie di avionica e capacità di volo notturno. La vendita fa parte di una serie di trattative iniziate nel 2019 e concluse nel 2022, che prevedono la fornitura di 16 elicotteri e servizi logistici per 20 anni, per un valore totale di almeno 67 milioni di dollari. Durante i primi test, un pilota di Leonardo è stato messo a disposizione per assistere nell’addestramento. Anche l’Italia ha tratto vantaggi dagli accordi, ottenendo in cambio missili ed equipaggiamenti militari. Nonostante l’Italia sia tra i Paesi che ha cessato la firma di nuovi affari militari con Israele dopo il 7 ottobre, prosegue la consegna degli armamenti ordinati in precedenza, nonostante il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, avesse dichiarato che, «dopo un’attenta valutazione», anche alcuni dei contratti firmati prima del 7 ottobre sarebbero stati interrotti.
«Benvenuto Ofer!». Così l’Israeli Air Force annuncia sui social l’avvio del primo volo a bordo dei nuovi AW119Kx, di produzione italiana. La consegna è avvenuta a maggio, nascosta dal silenzio generale, ed è stata resa nota a inizio mese dal giornalista Antonio Mazzeo. Gli AW119Kx sono elicotteri di ultima generazione che stanno sempre più affermandosi sul mercato globale. Sono stati acquistati da Israele per sostituire un vecchio modello nelle esercitazioni militari, e sono stati dotati di tecnologie israeliane. L’arrivo degli elicotteri a marca Leonardo fa parte di un lungo iter di trattative iniziate nel febbraio del 2019. Il 14 febbraio di quell’anno, il ministero della Difesa israeliano annunciava il raggiungimento di un accordo per acquistare dall’Italia 7 elicotteri da addestramento avanzato per l’Aeronautica Militare, in cambio di appalti analoghi per la difesa; il valore totale dell’accordo ammontava a 38,43 milioni di dollari.
Un anno dopo, il 23 settembre 2020 lo stesso Ministero ha comunicato il buon esito dei negoziati per aumentare il numero di elicotteri dell’accordo, dichiarando per la prima volta che la controparte italiana, rappresentata dallo stesso Segretario alla Difesa Nicolò Falsaperna, avrebbe ottenuto missili Spike da Rafael e simulatori da Elbit Systems, due delle principali aziende belliche israeliane. L’accordo relativo alla produzione dei velivoli è stato formalizzato il 6 aprile 2022, e reso pubblico il 20 aprile. A gestire il progetto è stato il distaccamento statunitense di Leonardo S.p.A. nello stabilimento di Philadelphia, in Pennsylvania. Con l’aggiunta ormai formale di altri cinque elicotteri nelle trattative, il valore dello scambio è aumentato di 29,24 milioni di dollari, schizzando a un totale di 67,67 milioni di dollari. Infine, è arrivato il recente annuncio di Elbit Systems, che lo scorso 15 luglio ha dichiarato che «il Ministero della Difesa [ndr. israeliano] ha firmato con Leonardo un contratto per l’acquisto di 12 elicotteri Ofer, con opzione per ulteriori quattro».
Riguardo a questo ultimo punto, risulta interessante chiedersi in che termini la produzione di questi ulteriori 4 elicotteri fosse prevista dal contratto. La notizia è infatti inedita e non è chiaro se i 29 milioni di dollari includessero già l’eventuale acquisto dei 4 elicotteri aggiuntivi; tale opzione, tuttavia, risulta poco probabile, perché sia dalla prima che dalla seconda trattativa il valore medio di ciascun elicottero si attesta a circa 5,5 milioni di dollari, senza contarne nessuno in più. L’opzione che sul contratto fosse presente una clausola che fissava in anticipo il valore degli elicotteri appare già più verosimile, ma non risulta l’unica: resta infatti aperta la possibilità che il valore dell’eventuale compravendita degli ulteriori 4 elicotteri sia ancora da stabilire. In ogni caso, prendendo come riferimento il valore stimato degli elicotteri dalla prima trattativa (inferiore alla seconda), pari a 5,49 milioni di dollari, i 4 elicotteri aggiuntivi potrebbero valere circa 22 milioni di dollari aggiuntivi.
Leonardo ha chiuso il 2023 con risultati record, registrando ordini sopra le previsioni a 17,9 miliardi di euro (+3,8%) e ricavi per un ammontare di 15,3 miliardi (+3,9% rispetto al 2022), in parte anche grazie all’aggressione a Gaza. L’importante ruolo delle armi “Made in Italy” a Gaza è stato evidenziato dagli stessi israeliani, che hanno dichiarato al sito specializzato Israel Defense che i missili che hanno colpito la Striscia provenivano anche da cannoni fabbricati in Italia e venduti a Tel Aviv. Un dato citato anche dall’Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei The Weapon Watch, che ha pubblicamente smentito l’azienda, dopo che quest’ultima aveva affermato che l’esercito israeliano non stesse utilizzando mezzi di sua produzione nella carneficina di Gaza.
Le autorità cubane hanno dichiarato di aver iniziato a ripristinare l’elettricità a Cuba dopo che, per la seconda volta nel giro di tre settimane, negli scorsi giorni si è verificato un grosso blackout che ha riguardato tutto il Paese, dovuto ai forti venti portati dall’uragano Rafael. Sono state danneggiate case, sradicati alberi e abbattuti pali del telefono. La capitale L’Avana, con una popolazione di due milioni di abitanti, risulta però ancora senza elettricità. Secondo quanto affermato dal National Hurricane Center statunitense con sede a Miami, l’uragano si è spostato verso ovest nel Golfo del Messico.
Il gruppo Majid Al Futtaim, affiliato di Carrefour in Medio Oriente, ha recentemente annunciato la chiusura definitiva delle sue attività con Carrefour in Giordania, sostituendo il marchio con una nuova catena di supermercati locale chiamata Hypermax. Una notizia che gli attivisti del movimento BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) hanno accolto come il risultato di una vasta campagna di boicottaggio in solidarietà con il popolo palestinese contro aziende considerate legate a Israele, come Carrefour, McDonald's e Starbucks, portata avanti in Giordania a partire dall'escalation del con...
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La Procura di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per i sei militari accusati di non aver impedito il naufragio del caicco “Summer Love”, che il 26 febbraio 2023 affondò davanti alle coste di Steccato di Cutro provocando la morte di 94 migranti e una decina di dispersi. Si tratta di quattro membri della Guardia di finanza e due appartenenti alla Capitaneria di Porto. L’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo, ha evidenziato le presunte «inerzie» e «omissioni» verificatesi nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2023, che avrebbero contribuito a causare la strage in mare.
Nelle ultime settimane, il Mozambico è stato segnato da forti proteste, represse in maniera estremamente dalle forze di sicurezza del Paese. La popolazione è infatti scesa in piazza per contestare l’esito delle elezioni generali, che si sono svolte il 9 ottobre scorso. Sarebbero almeno 24 i morti accertati, ma il numero delle vittime aumenta di giorno in giorno: le autorità stanno infatti dispiegando armi da guerra, tra cui fucili e veicoli blindati, oltre che gas lacrimogeni, per fermare i manifestanti. Il governo ha ripetutamente interrotto l’accesso a Internet in tutto il Paese e bloccato i siti di social media per quasi una settimana. Uomini armati non identificati hanno assassinato due figure di spicco dell’opposizione, mentre il leader dell’opposizione Venancio Mondlane si è dovuto nascondere per timore di essere ucciso.
Migliaia di persone si sono riversate oggi, 7 novembre, nelle strade di Maputo, la capitale del Mozambico, per protestare contro la vittoria elettorale del partito FRELIMO, accusato di brogli. Violenta la risposta della polizia, che ha usato la mano pesante, come per tutte le precedenti proteste avvenute nell’ultimo mese. A seguito delle elezioni generali del 9 ottobre scorso, i membri dell’opposizione e gli osservatori indipendenti hanno denunciato brogli elettorali, provocando il malcontento della popolazione. Il 19 ottobre, due esponenti di spicco dell’opposizione, Elvino Dias e Paulo Guambe, sono stati uccisi nella capitale del Paese. Il 21 ottobre, la polizia ha disperso violentemente una conferenza stampa indetta da Venancio Mondlane, candidato dell’opposizione, il quale ha dovuto poi nascondersi per il timore di essere assassinato anch’egli.
Il 24 ottobre, l’autorità elettorale nazionale ha dichiarato il candidato del FRELIMO, Daniel Chapo, vincitore con il 70,6%. Così, Mondlane ha indetto uno sciopero nazionale di due giorni per il 24 e il 25 ottobre, che la polizia ha poi represso nel sangue. Dallo scoppio delle proteste, i morti accertati sarebbero 24, ma ogni giorno arrivano notizie di nuove uccisioni da parte della polizia e di persone ignote, con tutta probabilità sostenitori del FRELIMO. Al momento non si hanno notizie circa i feriti, o gli eventuali morti, derivanti dalla repressione violenta della manifestazione odierna. Amnesty International ha denunciato i fatti e ha chiesto che vengano rispettati i diritti umani così come i diritti alla libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione. Ieri, 6 novembre, il Sudafrica ha comunicato di aver temporaneamente chiuso il suo principale valico di frontiera con il Mozambico per motivi di sicurezza. Secondo quanto riportato da Reuters, si tratterebbe del porto di ingresso di Lebombo, nella provincia di Mpumalanga, chiuso dopo che sono giunte segnalazioni di diversi veicoli incendiati sul lato mozambicano e di una fila di auto e camion diretta alla frontiera.
Il Mozambico sta attraversando uno dei periodi di crisi politica più feroce degli ultimi anni e le proteste, così come la violenza dell’apparato poliziesco, non accennano a voler terminare. Il Paese rischia così di scivolare verso una stagione di rivolta che potrebbe pure sfociare in una vera e propria guerra civile.
Un recente rapporto ha analizzato 230 casi di crimini ambientali commessi nei Paesi amazzonici negli ultimi dieci anni, con l’obiettivo di comprendere le modalità e le destinazioni del riciclaggio dei proventi derivanti da tali attività illecite. Lo studio è stato condotto dal gruppo FACT Coalition, un’alleanza di oltre 100 organizzazioni impegnate nella lotta alle pratiche finanziarie corrotte. Nel rapporto, l’associazione rivela che gli Stati Uniti rappresentano la destinazione estera più comune per i prodotti e i profitti degli eco-reati commessi nella regione amazzonica. La modalità più diffusa per il riciclaggio del denaro coinvolge l’uso di società di comodo e di facciata, mentre la corruzione emerge come il crimine collaterale più frequente.
Il rapporto di FACT Coalition è stato pubblicato a fine ottobre, ed è stato redatto da Julia Yansura, direttrice del programma per la criminalità ambientale e la finanza illecita presso la FACT Coalition. Esso analizza le fonti aperte sui 230 casi di crimine ambientale per comprendere meglio come vengano commessi, e come vengano riciclati i profitti ad essi associati. I crimini registrati includono disboscamento illegale, estrazione mineraria illegale, e traffico di animali selvatici, nella maggior parte dei casi portati avanti grazie all’ausilio di società di comodo per coprire le attività illecite. I Paesi principalmente toccati dai crimini sono Colombia, Ecuador e Peru, ma la maggior parte dei prodotti arriverebbe nelle casse di aziende statunitensi. Secondo lo studio, infatti, il 25% dei casi totali e il 44% dei casi in cui era in corso un’indagine parallela avevano come destinazione una località estera. I numeri relativi ai casi esteri potrebbero però essere molto più alti, e il problema sono proprio quelle che Yansura chiama “società di copertura”.
Il rapporto conta un numero di società di copertura pari al 76% dei casi coinvolti. Il motivo per cui nella maggior parte dei casi sono coinvolte società statunitensi è che “storicamente, in larga misura, alle imprese statunitensi non è stato richiesto di identificare i loro veri titolari effettivi presso il Dipartimento del Tesoro”. Un altro motivo per cui gli Stati Uniti risultano avere un ruolo centrale in questa rete è che il settore immobiliare del Paese è esente da molte regole relativealla lotta al riciclaggio di denaro: “Reti di società di comodo e investitori stranieri” finiscono dunque spesso per acquistare “beni immobili al fine di riciclare miliardi di dollari di profitti generati, tra le altre cose, dalla criminalità ambientale”, scrive il rapporto. Le organizzazioni criminali transnazionali, insomma, utilizzano le aziende statunitensi per sfruttare le normative federali che garantiscono la poca trasparenza di cui hanno bisogno. Chi acquistando immobili e chi esportando prodotti, i gruppi criminali usano a proprio favore le leggi estere, così da riciclare il denaro e finanziare le proprie attività illecite.
Paradossalmente, uno dei problemi principali che Yansura ha trovato nella ricerca è stata la quasi totale assenza di un’indagine finanziaria parallela, a testimonianza di quanto poco si stia facendo per contrastare questo genere di attività. Eppure, quella dei crimini ambientali “rappresenta una delle economie illecite in più rapida crescita nel mondo”, oltre che “una delle più redditizie”. A dirlo non è solo FACT Coalition, ma anche analisi indipendenti dell’Interpol, che stimano che il ritmo di crescita di tali crimini sia “2-3 volte superiore a quello dell’economia globale”, e varrebbe una cifra che va “dai 91 ai 258 miliardi di dollari”. Tuttavia, secondo Yansura si può e si deve fare di più: secondo il rapporto, infatti, la mancata conduzione di indagini finanziarie parallele porterebbe spesso al mero “arresto e perseguimento di individui di basso livello che potrebbero essere essi stessi vittime, mentre i responsabili rimangono liberi”.
Il professore e scrittore Christian Raimo è stato sospeso per tre mesi dall’insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio, per aver criticato il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento disciplinare è stato emesso dall’Ufficio Scolastico Regionale in seguito alle critiche che Raimo aveva espresso nei confronti del capo del dicastero di Viale di Trastevere in un dibattito pubblico sulla scuola alla festa nazionale di Alleanza Verdi-Sinistra, dove aveva parlato di lui come di un «bersaglio debole da colpire», paragonandolo alla «Morte Nera» di Star Wars. A mobilitarsi esprimendo solidarietà e sostegno allo scrittore sono stati gli studenti del liceo Archimede di Roma, dove Raimo insegna.
Lo scorso settembre, dal palco della festa nazionale di AVS – partito nelle cui file si era peraltro candidato alle Europee –, Raimo aveva parlato così di Giuseppe Valditara: «C’è un impero e c’è la Morte Nera e siccome lui si pone come la Morte Nera, non è difficile da colpire, perché tutto quello che dice è arrogante, cialtrone e lurido». Un commento cui aveva immediatamente replicato il Ministro, il quale aveva affermato di essere rimasto «profondamente colpito dalla violenza delle parole usate», dal momento che «la polemica politica non può mai trascendere nei toni né usare frasi minacciose e offensive». E ora, per Raimo, è arrivata la sospensione. «Da oggi non sono in classe per tre mesi: sono sconcertato, mi sembra molto grave. Ora con il sindacato e gli avvocati cercherò di difendermi. Penso di essere la vittima in questo caso», ha dichiarato il professore all’agenzia LaPresse, aggiungendo di sentirsi «traumatizzato». Dello stesso avviso sembrano essere gli studenti della sua scuola, il liceo Archimede, i quali hanno appeso all’ingresso dell’istituto romano uno striscione con la scritta “Tre mesi di sospensione per un’opinione” e convocato un’assemblea per trovare un tavolo sulla questione con i dirigenti scolastici. Precedentemente, il professore era stato colpito da un altro provvedimento disciplinare per aver dichiarato alla trasmissione L’Aria Che Tira, su La 7, mentre si discuteva del caso Salis, che i neonazisti «vanno picchiati».
Attorno all’insegnante hanno immediatamente fatto cerchio Alleanza Verdi-Sinistra e il Partito Democratico. «Colpirne uno per educarne cento, si sarebbe detto. È così che la punizione a Raimo diventa esemplare ed è un messaggio agli altri docenti, a studenti e studentesse e alle famiglie: la libertà di espressione e la libertà di dissenso costano e lo paghi a caro prezzo e sulla tua pelle», ha scritto sulla sua pagina Facebook il segretario di AVS Nicola Fratoianni. «Il governo nella sua ansia di creare nuovi reati vuole introdurre quello di lesa maestà? Il dissenso è il cuore della democrazia e la sospensione rischia di ledere pesantemente la libertà di opinione e costituisce un precedente inquietante», hanno invece scritto in una nota congiunta i parlamentari del Pd delle commissioni istruzione di Camera e Senato.
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