martedì 25 Novembre 2025
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Il Regno Unito aderisce a un meccanismo di arbitrato per il commercio

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Il Regno Unito ha aderito al Multi-Party Interim Appeal Arbitration Arrangement (MPIA), meccanismo di arbitrato alternativo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’annuncio è arrivato in una nota governativa rilasciata ieri, mercoledì 15 giugno, in cui l’esecutivo spiega che con tale decisione intende proteggere e rafforzare le imprese britanniche in quello che risulta un contesto economico turbolento. Il MPIA è un meccanismo giuridico di appello istituito da sedici Paesi nel marzo del 2020 per risolvere le dispute di appello mentre la sezione dedicata del tribunale dell’OMC risulta inattiva; nel 2019, infatti, l’allora presidente degli Stati Uniti aveva bloccato nuove nomine alla corte d’appello, paralizzando la Corte.

I supermercati Coop Alleanza eliminano i prodotti israeliani e mettono in vendita la Gaza Cola

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cola gaza

Coop Alleanza 3.0, la più grande fra le cooperative di consumatori del sistema Coop che opera in 8 regioni italiane, ha deciso di rimuovere dai propri scaffali alcuni prodotti israeliani, in particolare quelli prodotti nelle colonie illegali all'interno del territorio palestinese, e inserire la Gaza Cola, una bevanda nata da un’iniziativa palestinese per sostenere la popolazione di Gaza. Coop Alleanza è la società che gestisce circa 350 supermercati Coop in otto regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata. 
La scelta è stata a...

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Pescara: il TAR annulla i risultati delle elezioni

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Il Tribunale amministrativo regionale (TAR) dell’Abruzzo ha annullato il risultato delle elezioni amministrative di Pescara, ordinando di ripetere parzialmente le votazioni. La decisione del TAR arriva in risposta a un ricorso presentato da due cittadini vicini a Carlo Costantini, il candidato sindaco sostenuto dal campo largo, che avevano denunciato irregolarità nel voto di 27 sezioni. Il tribunale ha ordinato di ripetere le votazioni in quelle medesime 27 sezioni. Non è chiaro come e quando si ripeteranno i voti. Nel frattempo, ha deciso il TAR, gli organi elettivi continueranno a esercitare le loro funzioni per le questioni di amministrazione ordinaria e per gli atti urgenti.

Abruzzo, la Regione respinge all’unanimità il progetto del gasdotto SNAM

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Con un voto bipartisan, la Regione Abruzzo ha espresso ufficialmente la sua contrarietà al gasdotto SNAM che collegherebbe Sulmona a Foligno, in provincia di Perugia, Umbria, nell’ambito del più ampio progetto denominato “Linea Adriatica”. La Commissione Ambiente della Regione, governata dal centrodestra, ha approvato all’unanimità una risoluzione che impegna il Consiglio regionale a opporsi al progetto in tutte le sedi istituzionali. Il consigliere del PD Pierpaolo Pietrucci, promotore dell’iniziativa, ha ribadito che l’opera è «inutile e pericolosa», una posizione in passato già sostenuta dalla Regione con diverse delibere: la Linea Adriatica è infatti un maxi-progetto di cinque metanodotti che attraverserebbero circa la metà della penisola italiana, collegando la Puglia all’Emilia-Romagna; la porzione che attraverserebbe l’Abruzzo impegnerebbe un’area di oltre 100 chilometri caratterizzata da alti livelli di rischio sismico e da siti di rilevanza naturalistica e storico-archeologica.

Il documento approvato dalla Commissione Ambiente del Consiglio regionale abruzzese impegna l’intero esecutivo regionale a opporsi alla costruzione del gasdotto SNAM in ogni sua fase e in ogni sede istituzionale, e promuove iniziative volte a fermare il progetto. La mozione, nello specifico, intende assegnare alla Regione la competenza per individuare le aree idonee a questo genere di progetti, garantendo la tutela dei territori a rischio sismico e idrogeologico; propone di sottoporre il progetto a una nuova Valutazione di Impatto Ambientale, che aggiorni i contenuti dell’ultima, risalente al 2011; chiede che venga condotta un’analisi indipendente del rapporto costi-benefici che tenga conto anche dei possibili rischi ambientali, sanitari e sociali; punta a vincolare l’area di Case Pente a Sulmona, dove i lavori per il metanodotto avevano fatto emergere un sito archeologico di rilevante valore storico.

Il metanodotto abruzzese a cui si oppone la Regione sorgerebbe a Sulmona e costituisce uno dei cinque tratti funzionalmente autonomi della Linea Adriatica, un ampio progetto infrastrutturale che intende collegare il Sud Italia al Nord Italia risalendo la dorsale appenninica dalla Puglia fino all’Emilia. La Linea Adriatica sarebbe lunga complessivamente quasi 700 chilometri: le prime due tratte, da Massafra a Biccari (195 chilometri tra Puglia e Basilicata) e tra Biccari e Campochiaro (73 chilometri tra Puglia, Campania e Molise), sono già state completate e si aggiungerebbero alle altre tre in costruzione. A Sulmona è prevista la costruzione di una centrale di compressione, nonché uno dei punti di snodo delle tre tratte rimanenti: quello che porterebbe a Foligno, per una lunghezza di oltre 170 chilometri. Le altre due tratte previste sono quelle tra Foligno e Sestino (114 chilometri, tra Umbria, Marche e Toscana) e tra Sestino e Minerbio (141 chilometri, tra Toscana ed Emilia-Romagna).

La ferma opposizione del Consiglio Regionale abruzzese al gasdotto SNAM arriva dopo oltre 15 anni di lotte e proteste da parte dei comitati locali che si oppongono al progetto. L’area interessata è infatti ad alto rischio sismico e idrogeologico, si colloca all’ingresso del Parco Nazionale della Maiella, rappresenta un importante corridoio faunistico per l’orso bruno marsicano ed è sede di un sito archeologico risalente all’epoca romana o italica, individuato dalla stessa SNAM durante i lavori.

Il boicottaggio funziona: dopo mesi di pressioni Maersk disinveste in Cisgiordania

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Dopo mesi di campagna, il movimento di boicottaggio contro il colosso danese della logistica Maersk sta iniziando a portare a casa i primi risultati. L’azienda di trasporto marittimo ha infatti rilasciato un comunicato in cui annuncia che disinvestirà nelle aziende coinvolte in violazioni dei diritti umani in Cisgiordania, interrompendo le spedizioni verso di esse. Una mossa «storica» da parte di Maersk, che potrebbe aprire ad analoghe decisioni da parte delle altre compagnie di trasporto. «Questa vittoria è stata ottenuta dopo una ricerca instancabile», ha commentato il movimento Mask off Maersk, che si batte per boicottare il colosso della logistica; «ma mentre la accogliamo, la lotta non è finita. Finché Maersk continuerà a spedire componenti per armi che consentono il genocidio israeliano contro il nostro popolo a Gaza, non smetteremo di denunciare Maersk e di chiederle di interrompere i legami con il genocidio», ha continuato, rilanciando la battaglia.

Il comunicato di Maersk è stato rilasciato a giugno 2025, in coda a un’ulteriore dichiarazione risalente al mese di marzo in cui la compagnia sostiene di non avere mai trasportato armi verso Israele. Maersk di preciso, informa che «a seguito di una recente revisione dei trasporti relativi alla Cisgiordania, abbiamo ulteriormente rafforzato le nostre procedure di screening in relazione agli insediamenti israeliani, anche allineando il nostro processo di screening al database dell’OHCHR delle imprese coinvolte in attività negli insediamenti». Il database dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) a cui fa riferimento Maersk è stato pubblicato a febbraio del 2020, in attuazione della risoluzione 31/36 del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU del 2016; quest’ultima, tra le varie cose, chiede di non collaborare con le imprese israeliane che contribuiscono al progetto coloniale israeliano. Il database consiste in una lista di 112 entità che partecipano attivamente all’espansione coloniale dello Stato ebraico in Cisgiordania.

Maersk, insomma, ha annunciato che smetterà di fornire supporto e attrezzature alle 112 entità elencate nel database OHCHR. Una vittoria «storica», commenta il movimento Mask off Maersk, che tuttavia non basta. Maersk, infatti, come ha sottolineato la stessa compagnia in un altro comunicato, continua a inviare a Israele componenti di aerei F-35, partecipando al programma internazionale di produzione e fornitura dei caccia. Questi sistemi d’armamento sono stati utilizzati in diverse occasioni dallo Stato ebraico nel genocidio a Gaza; in Italia, oltre 200 associazioni si erano mosse contro il loro commercio verso Israele. «Non smetteremo di esporre Maersk pretendendo che tagli i propri legami con il genocidio», hanno invece scritto gli attivisti di Mask off Maersk in riferimento al programma di fornitura di F-35, rilanciando così la mobilitazione.

Corea del Sud: respinto il mandato d’arresto per l’ex presidente Yoon

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Un tribunale sudcoreano ha respinto l’emissione di un mandato di arresto per l’ex presidente Yoon Suk Yeol, richiesto sulla base di una accusa di ostruzione. La notizia è stata condivisa dagli avvocati dell’ex presidente, secondo cui il mandato era stato richiesto sulla base di motivazioni «superficiali e secondarie». Il mandato era stato richiesto ieri dalla squadra investigativa del procuratore speciale, perché Yoon si era rifiutato di rispondere a una convocazione per un interrogatorio. Il presidente Yoon è accusato di insurrezione, tradimento e abuso di potere, dopo che lo scorso dicembre ha provato a instaurare la legge marziale nel Paese.

Londra vuole mettere al bando il gruppo Palestine Action con l’accusa di terrorismo

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Palestine Action diventa un gruppo terrorista. Il movimento, famoso ormai nell’immaginario collettivo per i suoi blocchi alle industrie di armi legate a Israele negli UK, sta per essere messo al bando. Tacciato di terrorismo. Al pari di Al-Qaeda o dell’Isis. Lo ha annunciato la ministra dell’Interno Yvette Cooper, anche se la decisione deve ancora essere approvata dal Parlamento. «In diversi attacchi, Palestine Action ha commesso atti di grave danno alla proprietà con l’obiettivo di portare avanti la sua causa politica e influenzare il governo», ha detto.

Lanciare vernice rosa, bloccare gli ingressi di una fabbrica di armi incatenandosi davanti, o salire sul tetto e compiere piccoli danneggiamenti, è diventato terrorismo. Queste pratiche di disobbedienza civile verranno giudicate da leggi contro-insurrezionali, che prevedono pene di prigione fino a 14 anni e detenzione anche verso chi supporta il gruppo. «Qui il vero crimine non è la vernice rossa spruzzata sugli aerei da guerra, ma i crimini di guerra resi possibili da questi stessi aerei per via della complicità del governo britannico nel genocidio di Israele», ha replicato Palestine Action, che rivendica l’azione diretta per spingere alla chiusura l’industria israeliana di armi Elbit System, responsabile della produzione della maggior parte delle strumentazioni militari che l’esercito di Tel Aviv sta utilizzando contro la popolazione di Gaza.

Il movimento è attivo dal 2020 e ha compiuto numerose azioni contro fabbriche legate a Elbit, società di assicurazioni e banche che la supportavano, così come contro altri soggetti che partecipavano all’attività dell’azienda bellica. Riuscendo a ottenere la fine di alcuni rapporti e la chiusura di numerosi contratti e sedi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso per i ministri sembra essere stata l’imbarazzante violazione della sicurezza a RAF Brize Norton, nell’Oxfordshire, avvenuta venerdì scorso, quando due attivisti di Palestine Action hanno fatto irruzione e spruzzato vernice rossa su due aerei militari. Un incidente che Cooper ha definito «vergognoso», mentre il ministro delle forze armate Luke Pollard ha dichiarato che l’irruzione è stata «anche un attacco diretto alla nostra sicurezza nazionale».
È la prima volta che il governo tenta di proscrivere un’organizzazione di protesta ad azione diretta ai sensi della legge sul terrorismo, e in molti chiamano all’attacco della libertà di espressione e di dissenso. L’ex primo ministro scozzese Humza Yousaf ha dichiarato al podcast Scotcast della BBC che l’azione di Cooper di vietare Palestine Action è un «vergognoso abuso della legislazione antiterrorismo». Ha detto che si tratta di una «reazione eccessiva assolutamente ridicola» nel tentativo di «intimidire e infine mettere a tacere i manifestanti e i dimostranti pro-palestinesi».

In passato, manifestanti che hanno causato danni alle strutture militari sono stati anche assolti; prima di diventare primo ministro, Keir Starmer ha difeso con successo i manifestanti che nel 2003 hanno fatto irruzione in una base della RAF per fermare i bombardieri statunitensi diretti in Iraq. Ha sostenuto che l’azione era lecita perché il loro intento era quello di impedire i crimini di guerra. E ora vuole condannare Palestine Action come terrorismo. Con il governo già impopolare per la sua posizione su Gaza, il divieto previsto infatti sembra essere basato sulla causa del movimento piuttosto che sui suoi metodi.

Palestine Action ha affermato che i gruppi pro-Israele hanno esercitato pressioni per ottenere questo divieto e che ci sono prove a sostegno di questa tesi. Documenti interni del governo, rilasciati in base alle leggi sulla libertà d’informazione, hanno rivelato incontri, apparentemente per discutere di Palestine Action, tra il governo e funzionari dell’ambasciata israeliana. I ministri hanno anche incontrato rappresentanti dell’azienda israeliana di armi Elbit Systems. «Le generazioni future guarderanno coloro che si sono posizionati contro la complicità del governo britannico in questo genocidio come chi è dalla parte giusta della storia. Abbiamo una lunga e orgogliosa storia di azioni dirette, dalle suffragette a Nelson Mandela, che erano chiamati “terroristi” a quel tempo», scrive Palestine Action nel comunicato stampa che commenta la questione.

Dopo l’annuncio del Ministro degli Interni, ieri, centinaia di manifestanti si sono riuniti a Trafalgar Square; gli organizzatori hanno cambiato sede all’ultimo minuto dopo che Scotland Yard ha imposto a Palestine Action il divieto di manifestare in gran parte di Westminster. Alcuni sostenitori del gruppo sventolavano bandiere palestinesi e portavano cartelli, mentre altri manifestanti scandivano: “Non saremo messi a tacere”. Infatti se Plaestine Action verrà messa al bando, anche manifestazioni di questo tipo verranno rese illegali e i solidali al movimento rischieranno l’arresto. Charing Cross è stato bloccato per un certo periodo mentre i manifestanti si riunivano. Il capo della Metropolitan Police, Sir Mark Rowley, ha dichiarato che la polizia non aveva il potere legale di fermare la protesta, ma che avrebbe imposto condizioni “severe”. 13 persone sono state fermate durante la manifestazione, e 7 sono state denunciate.

Armenia, sventato colpo di Stato: coinvolto un alto ecclesiastico

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Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha dichiarato che le forze di sicurezza del Paese avrebbero sventato un tentativo di colpo di Stato. Al centro del tentativo di rovesciamento, sostiene il primo ministro, ci sarebbe un ecclesiastico di alto rango. Il tentativo di colpo di Stato si collocherebbe in mezzo a una crescente tensione tra il premier Pashinyan e la dirigenza della Chiesa Apostolica. Pashinyan è in conflitto con alti esponenti del clero dal 2020, quando il Catholicos (il capo della chiesa ecclesiastica armena) Karekin II iniziò a chiederne le dimissioni in seguito alla sconfitta militare del Paese contro l’Azerbaigian nel conflitto nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.

Dopo anni di attesa, i robotaxi di Tesla raggiungono le strade del Texas

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Elon Musk, patron di Tesla, ha espresso interesse nei confronti dei taxi a guida autonoma almeno a partire dal 2016. Nel 2019 aveva dichiarato che l’azienda avrebbe dispiegato un milione di robotaxi sulle strade statunitensi entro la fine del 2020. Con cinque anni di ritardo rispetto a quella scadenza, il sogno di Tesla inizia timidamente ad avverarsi: a partire dal weekend del 21-22 giugno, l’azienda ha avviato in via sperimentale il suo programma di Robotaxi nella città di Austin, Texas. Il progetto inizia dunque a prendere forma, anche se in maniera molto diversa rispetto da quel “Cybercab” che era stato presentato nell’ottobre del 2024.

In occasione dell’evento “We, Robot”, Musk aveva infatti mostrato un’idea di taxi a guida autonoma caratterizzata da linee futuristiche, nonché del tutto priva di volante e pedali. Secondo le dichiarazioni rilasciate all’epoca, la produzione di questi Cybercab dovrebbe iniziare nel 2026. Nel frattempo, Tesla ha messo a disposizione un prodotto ben diverso: stando a quanto dichiarato dallo stesso Musk, la flotta attuale è composta da una decina di SUV Tesla Model Y 2025, i quali sono equipaggiati con una nuova versione del sistema di guida autonoma Full Self-Driving. L’obiettivo dichiarato è audace, ovvero raggiungere “diverse centinaia di migliaia” di auto a guida autonoma su strada “entro la fine del prossimo anno”.

Per avviare il progetto, Tesla ha reso disponibile l’app dedicata a un pubblico selezionato composto perlopiù da fan, offrendo corse al prezzo simbolico di 4,20 dollari, cifra ricorrente nei riferimenti di Musk, il quale ammicca in maniera tutt’altro che velata alla cultura del consumo di cannabis. Il servizio è operativo dalle 6:00 a mezzanotte e prevede la presenza di un addetto Tesla che monitora la sicurezza sedendo sul sedile anteriore del passeggero. Secondo diverse testimonianze, questi tecnici sono stati istruiti a non interagire con i passeggeri se non nel momento dell’identificazione iniziale.

Il Texas si conferma un banco di prova privilegiato per Musk. Il miliardario ha avviato numerose attività nello Stato, instaurando legami economici forti con il territorio, e può contare su una legislazione locale più permissiva rispetto a quella di altri Stati. Questa flessibilità normativa è cruciale per Tesla, la quale deve ancora colmare il divario con i taxi a guida autonoma di Waymo, il collaudatissimo servizio sviluppato da Google. A differenza di quest’ultimo, le Tesla non utilizzano sensori LIDAR, bensì si affidano esclusivamente a numerose videocamere, le quali hanno il gravoso compito di mappare l’ambiente circostante. Una soluzione relativamente economica, ma che ha mostrato limiti tecnici significativi ed è finita al centro di indagini che ambiscono a chiarire le cause di diversi incidenti. Alcuni dei quali mortali. 

Il lancio dei Robotaxi ha soddisfatto gli investitori, soggetti che in passato avevano criticato Musk per l’attenzione rivolta alla politica a scapito della gestione aziendale. Dopo essersi liberato dell’impegno con DOGE – il cosiddetto Dipartimento di efficientamento governativo –, Musk può ora tornare a concentrarsi sulle sue attività manageriali, portando sul mercato innovazioni in grado di generare quell’ottimismo finanziario su cui si basa la prosperità del marchio. Di fatto, il titolo Tesla ha registrato un rialzo immediato del 10%. Tesla dovrebbe inoltre avviare entro la “prima metà del 2025”, ovvero giugno, la produzione di un modello automobilistico “economico”. Tuttavia, non essendo stato ancora mostrato alcun prototipo, è lecito ipotizzare che anche questa scadenza subirà un rinvio.

Iran: il Parlamento vota la sospensione la collaborazione con l’AIEA

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Dopo la prima giornata di cessate il fuoco tra Iran e Israele, nel mezzo di una tregua che fino a ora sembra tenere, il Parlamento iraniano ha votato una risoluzione per interrompere la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. La Repubblica Islamica intende inoltre vietare all’AIEA l’accesso ai propri siti nucleari fino a quando non saranno messi in sicurezza. Ieri, il direttore dell’agenzia nucleare iraniana aveva affermato che il Paese vuole far ripartire il proprio programma nucleare.