martedì 16 Dicembre 2025
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Un turismo sostenibile è realmente possibile?

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Negli ultimi tempi il turismo sembra essere sulla bocca di tutti. Nel corso dei mesi un numero sempre maggiore di testate appartenenti al circolo mediatico generalista ha iniziato a interessarsi a un tema per troppo tempo messo da parte, che è riuscito a emergere in superficie solo quando in molti luoghi la situazione è divenuta ormai fuori controllo. Dalle proteste contro la turistificazione a Barcellona, alla manomissione delle key box a Roma, dai quartieri di Kyoto chiusi per la presenza di troppi turisti, alle immagini delle varie località marittime o montane invase da turisti che sporcano...

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Colombia, stop al partenariato con la Nato: “Non stiamo con chi uccide i bambini di Gaza”

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Continuano le misure prese dai paesi del Sud Globale che, di fronte a un Occidente complice e fiancheggiatore del massacro israeliano, rompono gli indugi e dicono basta. Ora è la volta del presidente della Colombia, Gustavo Petro, che con dichiarazioni durissime ha annunciato l’intenzione di ritirare il Paese latino americano dal rapporto di partenariato militare con la NATO, in vigore dal 2018. «Come possiamo stare con eserciti che tirano bombe ai bambini? Il carbone colombiano non può diventare bomba in Israele per uccidere bambini: potranno aumentare i dazi o fare quello che vogliono. Ci aiuteranno altri popoli», ha dichiarato Petro. La decisione è stata presa a margine della Conferenza di Bogotà, vertice nel quale, nei giorni scorsi, trenta Paesi si sono coordinati per concordare misure per cercare di fermare il genocidio del popolo palestinese. Petro ha lanciato anche un messaggio diretto ai Paesi europei, avvisandoli che «se vogliono stare con l’America Latina o con l’Africa devono smettere di aiutare i nazisti». Mentre in Colombia andava avanti il vertice di Bogotà, infatti, l’Unione Europea decideva di non sanzionare il partner israeliano nonostante il genocidio perpetuato in Palestina, preservando così gli accordi commerciali stipulati nel 1995.  La decisione colombiana arriva dopo due anni in cui l’Alleanza Atlantica ha continuato ad affiancare Israele. Nessuna contromisura o sanzione, ma continue vendite di armi e scambi di intelligence. La fine del partenariato con l’Alleanza Atlantica inverte definitivamente la rotta della politica estera colombiana, che nel 2018 aveva portato Bogotà a essere il primo e unico Paese dell’America Latina a diventare partner globale della NATO. Ciò si è tradotto nella collaborazione in diversi settori strategici, come ad esempio la formazione militare e la lotta al terrorismo e al narcotraffico. A finire nel mirino di Petro, oltre a NATO ed Europa, è stato anche il suo governo, che ha disatteso il decreto presidenziale con cui, nell’agosto del 2024, vietava la vendita di carbone a Israele, di cui la Colombia è il principale fornitore. Così, come rivelato dalla relatrice speciale ONU Francesca Albanese nel suo ultimo rapporto, le multinazionali Drummond e Glencore che estraggono carbone nel nord del Paese hanno continuato a esportarlo verso Tel Aviv per alimentare l’elettricità israeliana. Il decreto presidenziale intendeva fare pressione sullo Stato ebraico affinché cessasse il genocidio nella Striscia di Gaza. L’obiettivo è stato rilanciato durante il vertice di Bogotà, organizzato dal Gruppo dell’AIA, una coalizione di Stati nata all’inizio dell’anno per rendere efficaci le decisioni delle istituzioni internazionali, su tutte la Corte Internazionale di Giustizia, o appunto Corte dell’AIA. Quest’ultima, nel valutare le accuse di genocidio rivolte a Israele, ha ricordato ai Paesi terzi l’obbligo di prevenire ulteriori crimini, astenendosi ad esempio dal trasferire armi e munizioni e chiudendo i porti alle navi dotate di simili carichi destinati a Tel Aviv. A Bogotà dodici Paesi — tra cui la Colombia — hanno approvato queste misure, cui si aggiunge la revisione di tutti i contratti pubblici per impedire alle istituzioni di finanziare la presenza illegale di Israele nei territori palestinesi occupati.

Napoli, scossa di magnitudo 4.0

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Alle 9.15 un terremoto di magnitudo 4.0 ha scosso la città di Napoli. L’epicentro è stato localizzato in mare, tra Bagnoli e Pozzuoli, a una profondità di 3km, come rilevato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La scossa è stata avvertita distintamente in tutta la città e in diversi comuni della provincia. Al momento non si registrano danni. È in corso uno sciame sismico, con scosse di assestamento di lieve entità.

Starmer e Merz firmano il Trattato di Kensington: è nato l’asse militare anglo-tedesco

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Il mondo cambia, le alleanze si ridisegnano, ma lo spirito della guerra fredda resta il convitato di pietra nei salotti della diplomazia euro-atlantica. Ieri, 17 luglio, con il Trattato di Kensington firmato a Londra tra il premier britannico Keir Starmer e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, si è consumata una svolta storica che non ha nulla di neutrale: sotto il velo patinato della “cooperazione”, prende forma un patto strategico di respiro militare che sancisce ufficialmente la nascita di un asse anglo-tedesco – allineato con la Francia – in funzione apertamente anti-russa. La cerimonia di firma si è tenuta al Victoria and Albert Museum di Londra. 

Descritto come il «primo trattato bilaterale tra Regno Unito e Germania dalla Seconda guerra mondiale», l’accordo rappresenta molto più di un simbolico riavvicinamento tra due potenze storicamente rivali. I due leader hanno finalizzato un patto di ampia portata che punta molto sulla cooperazione in materia di sicurezza e che include la promessa di sviluppare un nuovo sistema missilistico a lungo raggio e un impegno di mutua assistenza, sottolineando che una minaccia per un Paese verrebbe probabilmente percepita come una minaccia anche per l’altro, come anticipato da Politico. Si tratta di un articolato piano politico e militare – 23 pagine dense – con cui Londra e Berlino blindano un’intesa volta al rafforzamento della difesa comune, alla proiezione bellica congiunta e alla sincronizzazione delle politiche di sicurezza, in piena sintonia con la narrazione NATO. 

Il premier britannico ha aperto la conferenza stampa facendo gli onori di casa e spiegando che il trattato prevede nuovi investimenti nel Regno Unito per un valore di 200 milioni di sterline. Il cancelliere tedesco ha dichiarato che si tratta di una giornata storica: «Siamo davvero sulla strada verso un nuovo capitolo» e che l’accordo odierno mira a garantire la libertà, la sicurezza e la prosperità dei popoli di entrambi i Paesi.

Il cuore del trattato è chiaro: costruire un blocco compatto per «contrastare Stati ostili, interferenze straniere e minacce ibride». Tradotto: contenere Mosca, alzare nuove cortine d’acciaio, rilanciare la corsa agli armamenti con la scusa della sicurezza collettiva. A conferma della linea atlantista e interventista dell’accordo, è stata ribadita l’assistenza militare reciproca in caso di attacco armato – un doppione dell’articolo 5 della NATO, ma con sfumature politiche precise: saldare un triangolo decisionale europeo Berlino-Londra-Parigi, che sopperisca all’ambiguità americana sotto la presidenza Trump e riequilibri l’inerzia dell’Unione Europea. Nonostante Starmer e Merz provengano da famiglie politiche differenti – laburista il primo, cristiano-democratico il secondo – la loro convergenza su armamenti, controllo migratorio e hard power dimostra quanto il bipolarismo ideologico sia oggi svuotato. I due, infatti, hanno più cose in comune di quanto sembri a prima vista: condividono l’ambizione di assumere la guida della difesa europea. Entrambi hanno fatto della spesa militare una priorità nazionale. Entrambi si presentano come uomini della “ragionevolezza atlantica”, ma agiscono da promotori di un neo-interventismo europeo che guarda all’Est con ostilità crescente. La collaborazione prevista si estende anche alla lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera, con accenti marcati sul contrasto ai flussi migratori irregolari. Misure, queste, che rischiano di diventare il cavallo di Troia per una più vasta militarizzazione del Mediterraneo e dei confini esterni europei.

Non si tratta solo di cooperazione militare. Il Trattato di Kensington tocca anche altri temi: tecnologia quantistica, intelligenza artificiale, mobilità studentesca, transizione verde. Ma è evidente che tutto gravita attorno a un asse fondato su difesa e deterrenza, dove anche la scienza e la tecnologia vengono subordinate agli interessi della sicurezza nazionale e della supremazia strategica. L’idea è chiara: costruire una “fortezza euro-atlantica” guidata da tecnocrati in doppiopetto, affrancata dalle dinamiche democratiche nazionali, in perfetta coerenza con i piani già delineati a Bruxelles e Washington. L’«amicizia» invocata nel testo non è fra popoli, ma fra apparati. Fra oligarchie politiche accomunate dalla medesima visione del mondo: un mondo da sorvegliare, controllare, armare.

Nel contesto della guerra in Ucraina, l’accordo rafforza il sostegno all’Ucraina e si muove nel solco della diplomazia parallela dei “volenterosi”, già visibile nel recente vertice di Kiev, quando Starmer e Merz viaggiavano con Macron sul treno per incontrare Zelensky. I tre, ora saldamente alleati, stanno definendo la nuova architettura geopolitica del continente: una cabina di regia bellica, formalmente europea, ma sostanzialmente subordinata alla volontà statunitense. Non a caso, la firma del trattato arriva pochi giorni dopo l’annuncio di Donald Trump di voler potenziare l’invio di armi all’Ucraina: una sincronia sospetta, che evidenzia quanto questa “amicizia” anglo-tedesca sia funzionale alla strategia bellicista USA, in piena continuità con l’establishment bipartisan di Washington.

Il Trattato di Kensington non è un accordo di cooperazione: è una dichiarazione di intenti geopolitici. Un’operazione chirurgica che mira a cementare l’Europa dei falchi, affrancata dalle dinamiche parlamentari e affamata di armamenti. Un’Europa che parla il linguaggio della guerra preventiva, della deterrenza muscolare, della sicurezza militarizzata. In nome della “pace”, si prepara la guerra. Ancora una volta. Ma questa volta con l’applauso bipartisan dell’élite europea.

UE: ok a 18° pacchetto di sanzioni alla Russia

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L’Unione europea ha approvato un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, il diciottesimo dall’inizio della guerra con l’Ucraina. Superato il veto della Slovacchia, l’Alto rappresentante della politica estera dell’UE Kaja Kallas ha dato su X l’annuncio dell’intesa: «Gli oleodotti Nord Stream saranno vietati. Un tetto massimo più basso al prezzo del petrolio. Stiamo esercitando maggiore pressione sull’industria militare russa, sulle banche cinesi che consentono l’elusione delle sanzioni e bloccando le esportazioni di tecnologia utilizzata nei droni».

È stato approvato il primo trattamento antimalarico per neonati al mondo

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Un'importante novità nella lotta contro la malaria, una malattia potenzialmente letale trasmessa all'uomo da alcuni tipi di zanzare, è arrivata con l'approvazione del primo trattamento antimalarico specificamente formulato per i neonati e i bambini molto piccoli. Questo trattamento, scioglibile nel latte materno, è un traguardo nella cura di una malattia che, ogni anno, provoca centinaia di migliaia di decessi, soprattutto tra i più piccoli. Fino ad ora i casi di malaria di neonati e bambini sotto i cinque anni, i più vulnerabili all’infezione, venivano trattati con farmaci destinati ai più gr...

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I dirigenti delle banche italiane hanno ottenuto 20.000 euro di aumento di stipendio

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A partire dal prossimo anno, i dirigenti di banca avranno un aumento del 31% in busta paga. È stato infatti siglato in via definitiva l’accordo tra i sindacati di categoria e l’Associazione bancaria italiana per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore Credito. Il testo prevede diverse modifiche al CCNL, che vanno da misure per potenziare la formazione dei dipendenti ad adeguamenti di stipendio per tutti i lavoratori del settore. A guadagnare maggiormente, tuttavia, saranno i vertici direzionali. La misura alza la soglia dello stipendio minimo dei dirigenti da 65mila euro a 85mila e interesserà circa 6.300 dirigenti. L’aumento sarà scaglionato in due tornate: la prima è prevista ad agosto e sarà pari a 15mila euro; il passaggio da 80mila a 85mila euro, invece, scatterà il 1° gennaio 2026.

La firma del testo coordinato per il rinnovo del CCNL Credito è arrivata il 14 luglio ed è stata resa nota ieri, 15 luglio; essa fa seguito all’accordo raggiunto il 23 novembre 2023, segnandone l’adozione definitiva. Le novità introdotte dal nuovo Contratto Collettivo sono diverse, ma una delle centrali è proprio l’aumento degli stipendi dei lavoratori e dei dirigenti. Fabi, uno dei sindacati, descrive l’aumento ai dirigenti come una misura che «tiene conto dei profondi mutamenti che hanno interessato l’organizzazione del lavoro, la responsabilità gestionale e le pressioni a cui è sottoposta questa fascia professionale», e dello «stress» a cui i dirigenti dovrebbero fare fronte davanti alle richieste dei vertici aziendali; in generale, tutti i sindacati coinvolti (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin) utilizzano toni trionfali per descrivere l’accordo, e, malgrado tutti menzionino l’aumento dei dirigenti, c’è chi usa termini più moderati per descriverlo, o chi parla generalmente di un aumento per i dipendenti di ogni fascia.

Oltre all’aumento dei dirigenti, l’accordo prevedeva già a novembre 2023 un aumento di circa il 13% per i dipendenti di terzo e quarto quadro, e del 14% circa per i dipendenti fino al secondo quadro direttivo, con l’eccezione dei dipendenti di quarto livello della terza area, per cui l’aumento è di circa il 15%. Al momento del suo raggiungimento, era stato concordato che anche questi aumenti sarebbero dovuti avvenire in diverse tornate, quasi tutte già passate; l’ultimo scatterà a marzo 2026. Nell’ambito di questi aumenti, l’intervento di cui i sindacati hanno più parlato è quello dei lavoratori del quarto livello della terza area, che coinvolge circa 170mila bancari; per loro, l’aumento concordato a novembre è pari a 435 euro, circa un dodicesimo di quello previsto per i dirigenti bancari, e in proporzione meno della metà. In aggiunta agli aumenti, l’accordo prevede anche un potenziamento della formazione professionale dei dipendenti di banca, porta il periodo di aspettativa a 24 mesi, fissa il periodo di prova per le nuove assunzioni a non più di sei mesi e garantisce la retribuzione piena per le gravidanze a rischio.

Slovenia: sanzioni e divieto di entrata per due ministri israeliani

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La Slovenia ha dichiarato il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich e il ministro per la Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben Gvir personae non grate e ha imposto loro sanzioni. I due ministri sono i rispettivi capi del Partito Sionista Religioso e di Otzma Yehudit (in italiano Potere Ebraico), due partiti di estrema destra di orientamento ultranazionalista religioso. Con tale mossa, la Slovenia diventa il primo Paese dell’Unione Europea a imporre misure contro cariche dell’esecutivo israeliano.

Il nuovo bilancio UE scatena lo scontro politico e riaccende la protesta degli agricoltori

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La Commissione europea ha presentato mercoledì una proposta di bilancio settennale per il periodo 2028-2034, il Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp), da 1.816 miliardi di euro, pari all’1,26% del reddito nazionale lordo dell’UE, destinato a sostituire il quadro attualmente in vigore. Un bilancio definito dalla presidente Ursula von der Leyen come «il più grande, intelligente, più mirato e ambizioso di sempre», ma che ha immediatamente sollevato un coro di critiche e proteste da parte di eurodeputati, governi nazionali e associazioni di categoria. Per Germania e Olanda il bilancio è «inaccettabile» perché «troppo elevato», in un momento in cui tutti gli Stati membri stanno già compiendo «notevoli sforzi per consolidare i propri bilanci nazionali», come ha spiegato il portavoce del governo tedesco Stefan Kornelius.

Il progetto avanzato da von der Leyen rimodella la struttura del bilancio in una specie di puzzle che non è facile da comporre, secondo quattro pilastri principali, che riduce i capitoli di spesa dagli attuali sette a quattro. I fondi di coesione e quelli della Politica agricola comune (PAC) vengono fusi in un unico capitolo del valore di 865 miliardi, che dovrà finanziare anche la migrazione (circa 34 miliardi), la difesa e la sicurezza (Frontex, Europol). Il secondo capitolo di spesa, circa 590 miliardi, riguarda competitività e innovazione con un fondo dedicato di quasi 410 miliardi, di cui il 14% devoluto al sociale e il 35% alla transizione verde. Il terzo capitolo Global Europe, per la politica estera e di vicinato vale 215 miliardi tra cui 100 miliardi di euro per l’Ucraina, mentre il supporto militare continuerà per mezzo dello European Peace Facility. Il quarto è dedicato ai costi dell’amministrazione e vale circa 118 miliardi. 

Per le situazioni più gravi, viene anche proposto un nuovo Meccanismo di crisi straordinario, che offrirà prestiti agli Stati, ma serve l’approvazione del Consiglio. Mentre i contributi diretti degli Stati membri copriranno la maggior parte del bilancio, la presidente della Commissione prevede anche nuove tasse a livello europeo sui rifiuti elettrici, sul tabacco e sui profitti delle imprese per consentire a Bruxelles di raccogliere ulteriori entrate.

Dietro le cifre “monstre” e la retorica dell’efficienza, si delinea una strategia tecnocratica di accentramento decisionale e riduzione della trasparenza, che minaccia di stravolgere l’equilibrio istituzionale dell’Unione Europea. I membri del parlamento europeo sono, infatti, profondamente insoddisfatti della proposta del Quadro Finanziario Pluriennale e hanno minacciato fin dall’inizio di non partecipare ai negoziati sul documento. Il livello di informazioni fornite mercoledì dal commissario per il Bilancio Piotr Serafin in un incontro di presentazione con gli eurodeputati della commissione parlamentare per i bilanci (Budg) è stato giudicato insoddisfacente dai presenti, che hanno anche lamentato il consueto atteggiamento accentratore e sempre più autoreferenziale di von der Leyen e si sono detti indignati dal fatto che «la stampa sapesse più di loro». La genesi del Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034 è stata, infatti, segnata da una segretezza anomala. I lavori preparatori sono stati condotti a porte chiuse, suddivisi in cellule tecniche compartimentate, nel timore di fughe di notizie. 

Il fulcro delle critiche riguarda la proposta di accorpare storici strumenti di bilancio – come la PAC, i fondi di Coesione e lo sviluppo regionale – all’interno di un unico contenitore denominato Piani di partenariato nazionale e regionale. A questi verrebbero destinati 865 miliardi di euro, vincolati però alla realizzazione di riforme approvate dalla Commissione. La misura, che evoca la logica dello strozzinaggio e somiglia più a una centralizzazione sotto maschera federalista, comporta in realtà un doppio effetto: da un lato la Commissione si arroga un potere di indirizzo sulle riforme dei singoli Stati, dall’altro svuota di fatto il ruolo degli enti locali – regioni e città – storicamente protagonisti nell’uso dei fondi strutturali. Non a caso, i leader del PPE, dei Socialisti, di Renew Europe e dei Verdi hanno denunciato il rischio concreto di una “rinazionalizzazione” delle politiche comuni e di una drastica riduzione del controllo parlamentare. In gioco non c’è solo la ripartizione delle risorse, ma l’architettura stessa della governance europea.

Von der Leyen parla di bilancio «più intelligente, incisivo e orientato al futuro». Eppure, le cifre suggeriscono tutt’altro. L’aumento dell’1,13% all’1,26% del reddito nazionale lordo degli Stati membri è stato bollato da molti come un’illusione contabile: il grosso dell’incremento, spiegano i relatori al Parlamento, serve unicamente a far fronte all’inflazione e alla restituzione dei debiti contratti con il Recovery Fund.

Nel frattempo, settori vitali come l’agricoltura vengono pesantemente penalizzati. La Politica agricola comune subisce un taglio drastico di 86 miliardi, scatenando la rabbia delle associazioni di categoria: Coldiretti parla di «disastro annunciato», mentre la CIA invoca la «mobilitazione permanente». Centinaia di agricoltori europei hanno manifestato a Bruxelles, chiedendo più risorse per il settore. Il premier ungherese Viktor Orban ha affondato la lama, accusando Bruxelles di abbandonare gli agricoltori per dare fondi a Kiev.

Un altro punto controverso è l’introduzione del programma Catalyst Europe: 150 miliardi di euro di prestiti garantiti dall’UE ai Paesi membri, pensati per finanziare obiettivi strategici degli Stati che ne faranno richiesta per implementare ulteriori investimenti in settori cruciali come energia, difesa e tecnologie all’avanguardia. Dietro l’apparenza di un fondo di sviluppo, si cela il ritorno della questione più divisiva d’Europa: il debito comune. La Germania, già irritata dall’aumento complessivo del bilancio, ha definito l’intera proposta «inaccettabile», ribadendo che «non è il momento di espandere la spesa europea mentre gli Stati sono impegnati nel consolidamento dei bilanci nazionali».

E mentre le risorse “proprie” – tra cui accise su tabacco, rifiuti elettronici e big tech – vengono vagliate come soluzione, molti Stati membri, specialmente quelli nordici, restano ostili a ogni forma di tassazione sovranazionale. La fotografia che emerge è quella di un bilancio modellato sull’agenda geopolitica della Commissione, in linea con una visione euro-atlantica che predilige deterrenza e controllo anziché sviluppo e coesione. Le prossime settimane saranno decisive: il Parlamento ha già minacciato di bloccare i negoziati e pretendere una nuova proposta. Ma la vera domanda è se l’Europa saprà ancora parlarsi – e ascoltarsi – oppure se si consumerà definitivamente lo strappo tra tecnocrazia e rappresentanza.

Per la prima volta è stata osservata la formazione di un nuovo sistema solare

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Un gruppo di astronomi ha individuato per la prima volta il momento esatto in cui iniziano a formarsi i primi granelli di materiale planetario intorno a una stella diversa dal Sole: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. Utilizzando il telescopio spaziale James Webb e l’array radio ALMA, gli scienziati sono riusciti a rivelare la presenza di minerali caldi in fase di solidificazione nel disco di gas e polveri che circonda la stella neonata HOPS-315, situata a circa 1300 anni luce da noi. «Stiamo osservando un sistema che assomiglia a come appariva il nostro Sistema solare quando stava appena iniziando a formarsi», commentano gli autori, aggiungendo che si tratta della prima evidenza diretta di un sistema planetario colto in una fase così precoce e che si tratta di un risultato che offre una finestra senza precedenti sulla nostra storia cosmica.

Nel modello attualmente accettato di formazione planetaria, i pianeti si originano all’interno di dischi protoplanetari, ovvero strutture composte da gas e polveri che ruotano attorno a stelle appena nate. Fino a oggi, però, le osservazioni si erano concentrate per lo più su pianeti giovani già formati – spesso massicci come Giove – oppure su dischi contenenti tracce di interazione planetaria. Ma secondo i modelli teorici, prima della comparsa di veri e propri pianeti, devono emergere i cosiddetti planetesimi: aggregati solidi che si formano dalla condensazione di polveri ad alta temperatura e che nel tempo possono fondersi in corpi sempre più grandi. Questo processo è ben noto nel caso del nostro Sistema solare, dove i minerali cristallini che lo innescarono, infatti, sono oggi rintracciabili nei meteoriti primitivi. Tuttavia, fino ad ora nessun sistema extrasolare era stato osservato in una fase così precoce, proprio mentre quei granelli iniziano a prendere forma.

Immagine ALMA di HOPS-315, un sistema planetario ancora in formazione. Credit: ESO

In particolare, il nuovo studio ha identificato la presenza di monossido di silicio (SiO) sia in forma gassosa che già condensata all’interno del disco di HOPS-315, suggerendo che i primi minerali solidi stiano già iniziando a formarsi in una regione molto specifica: un anello situato a una distanza dalla stella paragonabile a quella della fascia degli asteroidi nel Sistema solare. «Questo processo non è mai stato osservato prima in un disco protoplanetario, né in alcun luogo al di fuori del Sistema solare», commenta il coautore Edwin Bergin, aggiungendo che le prime tracce chimiche sono state rilevate con il telescopio spaziale James Webb, mentre ALMA ha permesso di localizzarne con precisione la posizione. «Stiamo osservando i minerali in questo sistema extrasolare proprio nella stessa posizione in cui li vediamo negli asteroidi del Sistema solare», sottolinea il collega Logan Francis. Secondo la coautrice Merel van’t Hoff, inoltre, HOPS-315 rappresenta uno dei migliori candidati per studiare i processi che portarono alla formazione della Terra e degli altri pianeti: «Questo sistema è un meraviglioso analogo del nostro passato». Anche per Elizabeth Humphreys dell’ESO, che non ha partecipato allo studio, la scoperta ha un valore straordinario: «Suggerisce che HOPS-315 può essere utilizzato per comprendere come si è formato il Sistema solare. Questo risultato evidenzia la forza combinata di JWST e ALMA nell’esplorazione dei dischi protoplanetari».