sabato 23 Novembre 2024
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È stato lanciato nello spazio il primo satellite in legno al mondo

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Si chiama LignoSat, è composto principalmente da legno ed è stato costruito sfruttando persino le tecniche di falegnameria tradizionale di due maestri carpentieri di Kyoto: è l’innovativo satellite lanciato nello spazio questa settimana dal Kennedy Space Center in Florida, un cubo di legno con pannelli larghi circa dieci centimetri che coniuga tecnologia all’avanguardia e artigianato tradizionale. Si tratta di un primato mondiale e quindi del primo satellite che, come previsto dalla missione a cui hanno partecipato anche la NASA e l’Agenzia spaziale giapponese (JAXA), verrà messo in orbita per testare la resistenza del legno dello spazio e per aprire la strada a tecnologie più efficienti e meno impattanti sull’ambiente, riducendo il significativo inquinamento dovuto alla fase di rientro nell’atmosfera terrestre. «Stavamo cercando di pensare a come costruire qualcosa sulla luna con il legno. Allora perché non costruire anche un satellite con il legno?», ha commentato Koji Murata, ricercatore per l’Università di Kyoto e tra i fondatori del progetto.

L’idea di utilizzare il legno nello spazio è nata nel 2017 da una domanda provocatoria di Takao Doi, un ingegnere giapponese ed ex astronauta della NASA: “È possibile costruire materiali rinnovabili nello spazio, come il legno?”. Insieme ad altri ricercatori della Kyoto University e di un’azienda giapponese di legname, Doi ha iniziato a esplorare la possibilità di utilizzare il legno come materiale per la costruzione di satelliti. Dopo una serie di esperimenti, il team ha deciso di testare tre tipi di legno: betulla, ciliegio e magnolia. Alcuni campioni sono stati inviati nel 2022 alla Stazione Spaziale Internazionale, dove sono rimasti esposti a temperature estreme e radiazioni cosmiche per quasi otto mesi, ed i risultati dei test hanno mostrato che la magnolia non ha subito danni significativi, come crepe o deformazioni, decretandone la scelta per la sua leggerezza e resistenza. Due anni dopo, è stato lanciato LignoSat, la cui struttura è stata realizzata utilizzando la tecnica giapponese del “sashimono”, un tipo di falegnameria tradizionale che evita l’uso di viti o colla, ma si affida a giunzioni complesse per assemblare il legno. Tale approccio artigianale è stato applicato da due maestri carpentieri di Kyoto, che solitamente restaurano edifici storici come il Castello di Nijo. «Nessuno aveva mai pensato di usare il legno per la scienza missilistica prima. Molti ingegneri pensavano che il legno fosse una tecnologia vecchia e non potesse essere applicata alla tecnologia all’avanguardia», ha aggiunto Murata.

Secondo i piani della missione, una volta in orbita a dicembre, il satellite sarà testato per sei mesi, monitorando il comportamento del legno nello spazio e verificando l’efficacia dei suoi componenti elettronici, come il sensore per misurare il campo geomagnetico. Il progetto, inoltre, oltre ad avere un’importante valenza scientifica, potrebbe anche contribuire a ridurre l’impatto ambientale legato ai satelliti: infatti, spiegano i ricercatori, i satelliti tradizionali, una volta bruciati nell’atmosfera al rientro, rilasciano inquinanti dannosi per l’ambiente, come l’ossido di alluminio, che può compromettere lo strato di ozono. Al contrario, il legno produce solo vapore acqueo e anidride carbonica, rendendo il suo rientro meno impattante. Nonostante i potenziali rischi legati alle condizioni estreme nello spazio, come il malfunzionamento dei pannelli solari o il congelamento delle batterie, i ricercatori sono fiduciosi che il legno non si deteriorerà, come mostrato dai test precedenti. «Spero di riuscire a far crescere il legno su Marte», ha concluso Murata, anche se tuttavia, come per ogni nuova frontiera tecnologica, solo il tempo saprà dirci se tali convinzioni saranno fondate o meno.

[di Roberto Demaio]

Strage di Cutro: Procura chiede processo per i 6 militari indagati

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La Procura di Crotone ha chiesto il rinvio a giudizio per i sei militari accusati di aver contribuito al naufragio del caicco Summer Love e alla tragedia in cui morirono oltre 90 migranti. «Gli imputati devono andare a processo», ha dichiarato la Procura, aggiungendo che l’istanza, firmata dal pm Pasquale Festa, è stata depositata presso la cancelleria del gup del Tribunale di Crotone. L’inchiesta, che coinvolge quattro finanzieri e due militari della Capitaneria di porto, avrebbe fatto luce sulle presunte «inerzie» e «omissioni» commesse nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, portando alle accuse di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

UE: in due anni almeno 487 persone sono morte in custodia o durante operazioni di polizia

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Negli ultimi due anni, i dati sulla gestione della custodia e delle operazioni di polizia nell’Unione Europea rivelano un numero preoccupante di decessi, suscitando dibattiti accesi sui diritti umani e sulla necessità di riforme. Tra il 2020 e il 2022, infatti, almeno 487 persone sono morte mentre erano detenute o durante interventi delle forze dell’ordine nei 13 Paesi dell’UE che hanno reso noti i dati in merito. I numeri sono stati raccolti da CIVIO, organizzazione spagnola che si occupa di vigilare sull’operato delle autorità pubbliche. Il numero più alto riguarda la Francia, con 107 decessi, seguita da Irlanda (71), Spagna (66) e Germania (60). Nel 1991, l’ONU ha raccomandato agli Stati di tenere traccia di tali dati, tuttavia numerosi Paesi, tra i quali l’Italia, non hanno fornito regolarmente informazioni.

Se si esamina il numero delle morti in base alla popolazione, a detenere il tasso più alto è l’Irlanda, con 1,34 decessi ogni 100mila abitanti nel lasso temporale analizzato, mentre la Spagna ne fa segnare 0,14 e il Portogallo 0,06. Secondo il report, più di un terzo delle morti avvenute in custodia o in occasione di interventi delle forze di polizia tra il 2020 e il 2022 è riconducibile – almeno sulla base di quanto dichiarato dai Paesi che hanno fornito informazioni – alle ferite da arma da fuoco inferte dagli agenti. Sono state però appurate anche altre cause, tra cui l’impiego da parte della polizia di armi all’apparenza non letali, come i taser, spesso utilizzati seguendo protocolli non in linea con le raccomandazioni dei produttori (ad esempio su persone che versano in stato di agitazione). L’organizzazione ha segnalato almeno otto casi di morti dovuti all’uso di taser: quattro in Germania, tre nei Paesi Bassi e uno in Francia. In cinque di questi casi la vittima era malata di mente o agitata. A livello quantitativo, la seconda causa di decesso registrata dall’indagine di CIVIO è quella di morte “naturale”, con 55 decessi segnalati nel periodo di riferimento. Questo termine è stato utilizzato soprattutto dalla Spagna – che in merito ha registrato 27 casi –, spesso senza fornire altre informazioni sul contesto in cui il decesso è maturato.

Nel 1991, l’Onu ha raccomandato ai Paesi di pubblicare i dati sui decessi correlati agli interventi della polizia. Il Portogallo ha iniziato a farlo nel 1997, la Danimarca nel 2012 e la Francia solo nel 2018; I Paesi Bassi pubblicano soltanto i casi su cui indaga la magistratura, l’Irlanda solo quelli su cui ha investigato il Difensore civico. Tolti i casi di Svezia e Slovenia, che riportano i casi di morte dovute alle azioni di polizia, gli altri paesi europei – tra cui l’Italia – non forniscono con regolarità tali informazioni. Dal 2010, la CEDU ha condannato per ben 236 volte Paesi europei per non aver indagato su possibili casi di tortura o maltrattamento e 157 volte per non aver indagato su decessi, tra cui quelli correlati ad operazioni di polizia. La Romania ha 79 condanne per non aver indagato su possibili casi di maltrattamento e tortura e altre 60 per decessi, tra cui spiccano quelli di cinque individui uccisi nel corso di una manifestazione contro il governo. La Bulgaria e l’Italia detengono rispettivamente 57 e 33 condanne per violazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Dal nuovo rapporto annuale di Amnesty International, relativo al 2023-2024, è emerso che nel nostro Paese si stanno verificando, ad ampio raggio, significative retromarce sul fronte del rispetto dei diritti umani. In particolare, il focus è stato stato posto sulle molte inchieste aperte in merito ad abusi e torture che sarebbero stati consumati da membri delle forze dell’ordine e all’«uso eccessivo della forza» da parte della polizia contro «atti pacifici di disobbedienza civile».

[di Stefano Baudino]

Migliaia di soci hanno chiesto alla COOP di fermare la vendita dei prodotti israeliani

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Migliaia di soci della catena di supermercati COOP, riuniti in un Coordinamento Interregionale, hanno chiesto alla cooperativa di sospendere la vendita di prodotti israeliani finché lo Stato ebraico non rispetterà i diritti umani in Palestina. L’iniziativa è stata lanciata da COOP Alleanza 3.0, Unicoop Firenze e Unicoop Tirreno e chiede che venga applicato il Codice Etico COOP, secondo cui si “esige dai propri fornitori di prodotti e servizi, il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente e privilegia le aziende che si dimostrano particolarmente sensibili a questi temi”. I promotori hanno inviato lettere a COOP Italia, ANCC e Lega delle Cooperative, chiedendo loro di condividere e appoggiare la richiesta. Più di 150 associazioni sostengono questa campagna e hanno coinvolto anche altre aziende della grande distribuzione e della grande distribuzione organizzata, come Esselunga e Conad.

«Non dipende solo dai consumatori e dalle consumatrici: la Grande Distribuzione deve fare la sua parte». Così il comunicato del Coordinamento Interregionale COOP lancia la Campagna COOP/Grande Distribuzione per la Palestina. Lo scopo della piattaforma è quello di informare i consumatori e i soci «sulle complicità delle imprese della grande distribuzione con i crimini di Israele», con l’obiettivo finale di mettere in piedi una campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani per isolare lo Stato ebraico, che «occupa, distrugge, compie atti di terrorismo internazionale e minaccia tutto il Medio Oriente e in fondo il mondo intero con la sua politica genocidaria».

Con tale iniziativa, la Campagna COOP «chiede la fine della guerra genocida in corso a Gaza», e denuncia le violazioni dei diritti umani da parte di Israele, rivolgendosi al coordinamento nazionale della catena della grande distribuzione. La campagna è iniziata ad aprile 2024, ed è stata portata avanti tramite una raccolta firme online e in presenza, e l’organizzazione di assemblee di bilancio e incontri con le dirigenze dei gruppi promotori. In questi mesi sono state raccolte oltre un migliaio di firme, e più di 150 associazioni in 5 regioni italiane (Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto) hanno accolto di buon grado l’iniziativa. Nelle ultime settimane sono state rivolte analoghe richieste anche ad altre importanti aziende della Grande Distribuzione Organizzata (Conad) e della Grande Distribuzione (MD, LIDL, PAM, Esselunga, Eurospin).

Quella dei soci COOP non è certo la prima iniziativa a favore del popolo palestinese che ha luogo in Italia. Da oltre un anno, ormai, studenti, lavoratori organizzati, e privati cittadini si stanno sollevando in tutto il Paese per mostrare il proprio sostegno alla Palestina, chiedendo che l’Italia prenda posizione contro le violazioni dei diritti umani portate avanti dallo Stato ebraico. A maggio c’è stata una grande mobilitazione da parte degli studenti universitari, che ha preso il nome di “intifada studentesca”, e assunto i connotati di un movimento globale. Proprio qualche settimana fa, l’Università di Milano ha congelato tutti i rapporti con le università israeliane, segnando una vittoria per gli studenti, che hanno così rilanciato il movimento. Da inizio anno si sta mobilitando anche il settore portuale, per bloccare l’arrivo di navi che trasportano armi verso Israele. In generale, è particolarmente sentita la protesta contro il coinvolgimento del settore bellico italiano con lo Stato ebraico, specialmente per quanto concerne Leonardo S.p.A., che nel 2023 ha realizzato profitti record, anche grazie alla guerra a Gaza.

[di Dario Lucisano]

Referendum in Qatar: l’assemblea consultiva sarà nominata dall’alto

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In Qatar è passato con oltre il 90% dei voti un referendum costituzionale relativo alle elezioni dei membri della Shura, l’assemblea consultiva del Paese. Fortemente voluto dall’emiro Tamim bin Hamad al Thani, il referendum prevedeva l’abolizione delle elezioni dirette per la nomina del consiglio della Shura, un’assemblea che ha il potere di proporre leggi, approvare i bilanci statali, consigliare l’emiro, bloccare leggi proposte dal governo con una maggioranza assoluta e sfiduciare il primo ministro con una maggioranza di due terzi. I membri della Shura erano stati eletti solo nel 2021 e, dopo il risultato del referendum, saranno nominati dall’emiro.

La guerra in Medio Oriente segna il fallimento delle istituzioni sovranazionali

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La situazione a Gaza evidenzia un «clamoroso fallimento» delle Nazioni Unite e della comunità internazionale nel garantire pace e sicurezza. Così ha dichiarato Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i territori palestinesi occupati, commentando la manifesta assenza di una strategia politica efficace per porre fine al massacro dei civili palestinesi. Un preoccupante vuoto, particolarmente evidente nell’ultimo anno, che contrasta in modo netto con gli obblighi imposti dal diritto internazionale. Nonostante le ripetute denunce riguardanti violazioni dei diritti umani e crimini di gue...

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Lufthansa gioca al ribasso: la vendita di ITA potrebbe saltare

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Dopo circa un anno e mezzo di trattative, è in stallo l’accordo per la vendita di Ita Airways al gruppo tedesco Lufthansa. La compagnia tedesca, infatti, lunedì ha chiesto di rivedere al ribasso il prezzo dell’investimento della seconda tranche da 604 milioni dell’aumento di capitale riservato, ottenendo un secco «no» dal Ministero dell’Economia e della Finanze (MEF) italiano, socio unico di Ita. «Non cediamo ai ricatti, non siamo disposti a svendere la compagnia», avrebbe risposto il titolare del MEF, Giancarlo Giorgetti, che reputa la richiesta un tradimento degli accordi e della fiducia da parte della compagnia aerea tedesca.

Donald Trump è stato eletto 47° presidente degli Stati Uniti

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Manca solo l’annuncio ufficiale: dopo la chiamata della Pennsylvania dalla maggior parte dei network statunitensi, il candidato repubblicano Donald Trump è a un passo dalla vittoria delle elezioni presidenziali 2024. L’emittente Fox News dà già per vincitore il tycoon, con 277 grandi elettori sui 270 necessari a ottenere la presidenza, mentre CNN, CBS ed ABC gli assicurano oltre 260 voti. Anche la più prudente Associated Press dipinge una vittoria ormai quasi certa del candidato repubblicano, pre-assegnandogli 267 seggi. Da tutti gli exit poll, inoltre, appare certa una maggioranza assoluta repubblicana in Senato, e sempre più vicina quella della camera dei rappresentanti. Sembra prefigurarsi come una vittoria totale, insomma, quella di Donald Trump, che è già salito sul palco del proprio quartier generale elettorale a West Palm Beach per ringraziare i propri sostenitori e reclamare la vittoria. Nel frattempo, dai vari leader del mondo iniziano già ad arrivare i primi messaggi di congratulazioni a Trump: tra i tanti, Macron, Netanyahu, e Zelensky hanno già diffuso un messaggio in cui riconoscono la vittoria del candidato repubblicano, augurandogli una buona presidenza.

I seggi per le elezioni presidenziali statunitensi sono ufficialmente chiusi alle 7:00 (ora italiana), quando anche l’Alaska ha chiuso le tende delle proprie cabine elettorali. Per avere i risultati ufficiali si dovrà presumibilmente attendere ancora qualche ora, ma la vittoria di Trump appare praticamente certa e schiacciante: Fox News gli assegna 277 seggi, Associated Press 267, CNN, ABC e CBS gliene attribuiscono 266. Tutti i maggiori network statunitensi, inoltre, danno ormai per scontata la vittoria repubblicana al Senato, e dipingono di rosso (il colore simbolo dei repubblicani) anche la Camera dei Rappresentanti; sembra insomma prospettarsi un trionfo a 360 gradi per Trump, che è già andato a congratularsi con i suoi elettori.

Dei sette swing state (Stati in bilico) tutte le principali emittenti statunitensi ne assegnano almeno 3 a Trump: Pennsylvania (che, coi suoi 19 grandi elettori, risultava sin da subito lo Stato chiave di queste elezioni), Georgia (16 grandi elettori) e North Carolina (16). Quella della chiamata è una tradizione elettorale di giornali, agenzie di stampa e grandi network televisivi, che, ottenuto il via libera dal cosiddetto “decision desk” – un gruppo di analisti, esperti, e statistici – decidono di dichiarare il proprio vincitore in un determinato Stato. Gli altri swing state sembrano essere tutti a maggioranza repubblicana, specialmente per quanto riguarda il Wisconsin (10) e il Michigan (15). Fox News ha già assegnato il Wisconsin a Trump. I due swing state rimanenti sono Arizona (11) e Nevada (6).

Per vincere la corsa alla presidenza, i candidati devono ottenere almeno 270 dei 538 grandi elettori distribuiti nei cinquanta Stati federati del Paese; il Collegio elettorale statunitense è infatti composto da 538 elettori che votano per le due cariche di presidente e vicepresidente a maggioranza assoluta. Ogni Stato fornisce un numero di elettori in proporzione alla popolazione. Sebbene in cabina elettorale i cittadini statunitensi scelgano un candidato presidente, il loro voto serve (a eccezione di Maine e Nebraska) a determinare i grandi elettori dello Stato seguendo il sistema “winner takes all”, in base al quale il candidato che ottiene più voti popolari ottiene tutti i grandi elettori di quello Stato. Questo sistema elettorale finisce per dare grande rilevanza agli swing state; in sede di campagna elettorale, è infatti difficile che un candidato alla presidenza dedichi molta attenzione a uno degli Stati tradizionalmente orientati dalla sua parte, perché la vittoria è considerata già sicura.

[di Dario Lucisano]

Il primo atlante dei tumori potrebbe fornire nuove chiavi alla medicina del futuro

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Contiene le mappe tridimensionali che dettagliano la struttura interna di oltre 20 tipi di tumori, tra cui quelli al seno, al colon e al pancreas, rivelando la disposizione interna delle cellule tumorali e di quelle circostanti: è il nuovo “atlante 3D” creato dallo Human Tumor Atlas Network, che include le Università di Washington, Harvard, Princeton, Stanford e Cambridge, e descritto nel dettaglio in un pacchetto di ben 12 pubblicazioni sottoposte a revisione paritaria ed inserite tra le colonne della rivista scientifica Nature. «Queste mappe 3D dei tumori sono importanti perché finalmente ci...

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Israele, Netanyahu licenzia il ministro della Difesa

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Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant, a causa della sua opposizione alla legge che esenta gli ultraortodossi dal servizio militare. Al suo posto, Netanyahu ha offerto l’incarico all’attuale ministro degli Esteri, Israel Katz, che potrebbe essere sostituito da Gideon Sa’ar, leader del partito d’opposizione Nuova Speranza. Non è la prima volta che Netanyahu tenta di licenziare Gallant: a marzo 2023, un tentativo simile aveva scatenato proteste nazionali, costringendolo a ritirare la decisione. Nulla esclude che un simile scenario si ripeta. Il leader del partito democratico israeliano, Yair Golan, ha già chiesto alla popolazione di mobilitarsi contro il licenziamento di Gallant.