Decine di giornalisti statunitensi di vari importanti media statunitensi, tra cui il New York Times, il Wall Street Journal e CNN, hanno consegnato i loro badge d’accesso al Pentagono, rifiutando di accettare le nuove restrizioni imposte dal Dipartimento della Guerra. Le nuove regole richiedono un’approvazione preventiva di alcune informazioni da pubblicare e limitano l’accesso a zone dell’edificio. Il segretario alla Guerra, Pete Hegseth, ha definito le misure “di buon senso”, ma nessun media, salvo il network conservatore One America News (OAN), ha accettato di firmare la direttiva, che viene ritenuta una limitazione alla libertà di stampa. I reporter affermano che continueranno a lavorare anche senza accesso diretto al complesso.
Il colonnello Randrianirina è il nuovo presidente del Madagascar
Dopo il golpe militare che ha rovesciato Andry Rajoelina, il colonnello Michael Randrianirina ha prestato giuramento come nuovo presidente. Randrianirina, 51 anni, ha già ricoperto incarichi politici: dal 2016 al 2018 era stato governatore della regione di Androy, nel sud del Madagascar. Fino a questo momento era noto soprattutto per essere il comandante di un’unità di élite molto importante, CAPSAT, che sabato 11 ottobre si è schierata con i manifestanti. Il passaggio di potere, avvenuto con il sostegno dell’alta corte costituzionale, è stato accompagnato da condanne internazionali e promesse di una transizione verso elezioni entro due anni.
Genova dedica una via alle “Vittime della Palestina”
Il Municipio Bassa Val Bisagno di Genova ha approvato una mozione per intitolare una via della zona di San Fruttuoso alle “Vittime della Palestina”. L’iniziativa, promossa da gruppi di centrosinistra e movimenti civici, è stata descritta dai suoi sostenitori come un atto di memoria e umanità verso i civili innocenti morti nel conflitto in Medio Oriente. La delibera ha suscitato un ampio dibattito con alcuni esponenti del centrodestra, che hanno definito la scelta “ambigua” e potenzialmente divisiva. Ora dovrà essere individuata la strada precisa dove apporre la targa commemorativa.
La cannabis light non è illegale: i tribunali smontano il decreto sicurezza
Enrico stava montando il capannone per la festa del suo 35esimo compleanno in provincia di Belluno, e come regalo si è visto arrivare 12 agenti della polizia antidroga che l’hanno arrestato, trattandolo come un narcotrafficante. L’accusa? Quella di detenzione con fini di spaccio di stupefacenti, ma la realtà è ben diversa. Con la sua azienda, La Mota, da 8 anni Enrico coltiva canapa industriale con THC sotto i limiti di legge, italiani ed europei, con un’azienda registrata, pagando tasse e facendo fatture quando vende la propria merce. Gli agenti non hanno voluto nemmeno effettuare il campionamento per verificare tramite analisi scientifiche i livelli di THC delle piante, hanno sequestrato il campo e volevano procedere con l’incenerimento. Il tutto è stato bloccato dal tempestivo intervento del suo avvocato, Lorenzo Simonetti, di Tutela Legale stupefacenti, che ha portato la procura a scarceralo immediatamente, scrivendo nero su bianco che: «Trattandosi esclusivamente di infiorescenze di cannabis, fino a quando non saranno disponibili le analisi di laboratorio sulle sostanze sottoposte a sequestro, non è possibile neanche stabilire la gravità in concreto della condotta, non potendosi considerare determinante il mero dato ponderale».
Da agricoltori a criminali
Lo stesso giorno, il 10 ottobre, questa volta a Palermo, un altro agricoltore, che coltiva canapa industriale dal 2019, è stato arrestato ed è rimasto in carcere per due giorni. Qui il giudice ha convalidato l’arresto, ma non ha accolto la richiesta di misure cautelari come carcere o domiciliari. Nell’ordinanza di scarcerazione si può leggere che: «Allo stato, unitamente alla circostanza che non basta che si tratti di cannabis (più tecnicamente, non è sufficiente la conformità del prodotto al tipo botanico vietato dal T.U. Stupefacenti), bensì occorre sempre valutare l’effettiva capacità drogante del prodotto ceduto o detenuto (cfr. Cass. Pen., SSUU 12348/2019), impedisce di configurare, i gravi indizi del reato contestato».
Pochi giorni prima era toccato a un altro imprenditore agricolo, questa volta in Puglia. Dopo 3 giorni di carcere il Gip, giudice per le indagini preliminari, ha rigettato la richiesta di custodia cautelare in carcere del PM, ordinando invece l’immediata scarcerazione, senza nessuna misura cautelare. Nelle motivazioni, il giudice sottolinea che: «Allo stato non è affatto scontato che il materiale abbia efficacia drogante o psicotropa» e che, senza analisi scientifiche valide e tracciate, non sussistono gravi indizi di colpevolezza.
Un cortocircuito legislativo e giudiziario
Cosa sta accadendo? Dopo il decreto sicurezza, che vorrebbe considerare il fiore di canapa come uno stupefacente indipendentemente dai livelli di THC – un’impostazione cha fa a pugni con la scienza, con decine e decine di sentenze, e con lo stato di diritto, come è stato sottolineato da una relazione della Corte di Cassazione a inizio anno – procure un po’ troppo zelanti hanno fatto il passo che nessuno si aspettava: non più sequestri e processi, gli agricoltori di canapa vanno direttamente in carcere, senza nemmeno effettuare le analisi. Un’aberrazione del diritto, che porta in galera lavoratori onesti poi dipinti dalla stampa locale come dei novelli Pablo Escobar. Che però vengono puntualmente rimessi in libertà avvalorando il principio che le associazioni di settore portano avanti da anni: se non c’è efficacia drogante e per la prassi giurisprudenziale italiana deve essere sopra lo 0,5% di THC, non c’è reato.
Ecco perché gli avvocati insistono su un punto: prima di incidere sulla libertà personale o sull’operatività delle imprese, occorrono campionamenti in contraddittorio, catena di custodia, laboratori accreditati e misure conformi ai protocolli europei (campionamento rappresentativo, doppio campione per controanalisi, essiccazione entro 48 ore, determinazione cromatografica su campione a peso costante). E i giudici stanno dando ragione a loro, non al governo che ha voluto questa legge.
Torino, sequestro archiviato: “il fatto non sussiste”
Il problema è che, nonostante le continue e nette vittorie giudiziarie, le procure non si fermano. L’ultimo sequestro è avvenuto nei giorni scorsi a Forlì, dove sono stati confiscati oltre 250 chili di infiorescenze di cannabis light, per un valore commerciale di circa due milioni di euro.
Nei giorni precedenti la vittima designata era stata la città di Torino, dove però è già arrivata la prima archiviazione, in un processo iniziato a settembre. Il gip ha accolto la richiesta della procura perché “il fatto non sussiste”. E nello spiegare le motivazioni scrive: «Ciò che è emerso è la presenza di THC ma senza indicare una percentuale, per cui, essendo lecita la vendita di cannabis sativa purché con un contenuto di THC inferiore allo 0.6 %, potrebbe operare una causa di esclusione dell’antigiuridicità». Tradotto: la cannabis light, come sostengono associazioni, imprenditori, commercianti, e anche giudici, è legale se il THC è sotto i limiti di legge; è chiaro e logico per tutti, meno che per chi ci governa.
Europa e Italia
Intanto, in Europa, il Parlamento europeo ha approvato l’emendamento proposto dall’eurodeputata Cristina Guarda di AVS che considera la canapa come un prodotto agricolo, legale in ogni sua parte, fiore compreso, con THC fino allo 0,5%. Il prossimo passo sarà la discussione al Consiglio europeo con i vari Stati membri. «L’Europa manda un segnale chiaro: la canapa non è un tabù, ma una risorsa strategica per la transizione ecologica e per la competitività delle nostre campagne», ha sottolineato, chiedendo al governo di «abbandonare l’oscurantismo del decreto sicurezza e riconoscere finalmente dignità e prospettive a un settore che chiede solo regole certe per crescere». Da noi, invece, è arrivato l’ennesimo appello di Confagricoltura che, come le altri grandi associazioni agricole, in questa battaglia si è da subito schierata in favore della pianta a sette punte. L’associazione chiede al ministero dell’Interno «l’adozione urgente di un Atto di Interpretazione Autentica, che confermi in modo inequivocabile la piena liceità delle attività legate alla canapa industriale». Lo scopo? «Garantire agli operatori del settore la sicurezza giuridica necessaria per continuare a lavorare, evitando blocchi produttivi o sanzioni ingiustificate».
Esplosione a Bucarest: almeno tre morti e 13 feriti in un condominio
Una forte esplosione ha squarciato due piani (quinto e sesto) di un condominio di otto piani nel settore 5 di Bucarest, provocando almeno tre morti e 13 feriti, secondo l’Ispettorato per le situazioni di emergenza della capitale rumena. Le autorità hanno evacuato l’edificio e dichiarato che almeno 500 persone non potranno fare rientro nelle loro case. La causa dell’esplosione non è stata chiarita, ma le autorità hanno dichiarato che la fornitura di gas è stata interrotta nella zona come precauzione di sicurezza. Il sindaco ad interim Stelian Bujduveanu ha assicurato che municipio e prefettura stanno coordinando un “piano solido” di assistenza e sicurezza.
L’arte 2.0 ai tempi dell’IA: una causa potrebbe segnare il punto di svolta
Negli Stati Uniti, la Corte Distrettuale del Colorado si trova a dover decidere un caso che potrebbe segnare un punto di svolta nella storia del diritto d’autore e, più in generale, nel rapporto tra arte e tecnologia. L’artista statunitense Jason M. Allen, fondatore dello studio Art Incarnate, ha citato in giudizio l’U.S. Copyright Office dopo che l’agenzia ha rifiutato di registrare il suo Théâtre D’opéra Spatial, un lavoro realizzato con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Allen sostiene che la creazione, pur nata attraverso strumenti digitali, sia frutto di scelte artistiche e concettuali umane e che, di conseguenza, debba godere delle stesse tutele riconosciute a qualsiasi altra opera.
La mozione, depositata lo scorso agosto ma discussa pubblicamente solo negli ultimi giorni, è seguita dall’avvocato Ryan Abbott, figura già nota nel dibattito internazionale sul rapporto tra IA e creatività. Abbott era stato infatti protagonista del caso DABUS, in cui aveva sostenuto la possibilità che un sistema di intelligenza artificiale potesse essere riconosciuto come inventore di brevetti tecnici. Quella causa, conclusasi con un rigetto, aveva aperto un serio confronto globale sulla proprietà intellettuale e sulla necessità di adattare il diritto all’evoluzione tecnologica. Se nel caso DABUS l’obiettivo era dimostrare che una macchina potesse rivendicare come sua un’invenzione, questa nuova battaglia legale si muove su un terreno più concreto: riconoscere l’autorialità a chi scrive un prompt, cioè a chi guida l’intelligenza artificiale verso un risultato creativo. Un eventuale riconoscimento in questa direzione consoliderebbe l’idea che la GenAI sia un semplice strumento, non un soggetto, a disposizione dell’artista e delle masse.
Il caso si intreccia con un progetto più ampio che Allen porta avanti da tempo e che lui stesso etichetta come “Arte 2.0”, una pratica che unisce linguaggi tradizionali e tecnologie generative. Come già anticipato a L’Indipendente nei mesi estivi, l’artista ha confermato che le sue opere digitali stanno per assumere una forma fisica attraverso il sistema Tradigital Luxe, un metodo di produzione eliografica che consente di trasformare creazioni nate in ambiente digitale in oggetti tangibili, dotati di texture e profondità visiva. Il progetto prevede edizioni limitate, accompagnate da certificati di autenticità e da NFT, con l’obiettivo dichiarato di introdurre nuovi standard di tracciabilità e valore nel mercato dell’arte generativa.
Allen rinnova dunque la sua posizione centrale all’interno di uno scontro critico: quello tra chi difende la centralità dell’intervento umano nel processo di creazione e chi, invece, spinge per un modello in cui la tecnologia sia considerata come parte integrante dell’opera stessa. La sua causa, più che una rivendicazione personale, rappresenta la richiesta di riconoscimento di una nuova generazione di artisti che opera in territori ancora privi di una cornice normativa chiara. In gioco non c’è dunque soltanto il destino di un singolo quadro, bensì la ridefinizione della stessa idea di “autorialità” nell’epoca degli algoritmi.
Qualunque sarà l’esito della causa, il caso Allen costringe il mondo dell’arte e del diritto a interrogarsi su cosa significhi oggi creare. La linea di confine tra autore e macchina, tra idea ed esecuzione, appare sempre più sfumata, mentre la legge – come spesso accade – sembra rincorrere una realtà che si è già trasformata. L’“Arte 2.0” di Jason Allen, con le sue contraddizioni e i suoi interrogativi, mette in luce una verità ormai ineludibile: nell’era dell’intelligenza artificiale, il concetto di opera d’arte non è destinato a scomparire, ma deve essere ricalibrato in funzione o in reazione alla comparsa della GenAI. Se non ancora sul piano filosofico, perlomeno su quello giuridico e istituzionale.
Legge di bilancio 2026, il Consiglio dei ministri approva la manovra
Via libera del Consiglio dei ministri alla legge di bilancio 2026. Tra le misure approvate è stata confermata la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi tra 28mila e 50mila euro. Non ci sarà, invece, una tassa sugli extraprofitti delle banche, ma saranno previsti altri tipi di prelievi, tra cui l’aumento dell’Irap di due punti percentuali, “un nuovo regime per la deducibilità dei crediti dubbi che viene spalmata su più esercizi e la limitazione del riporto fiscale delle perdite”, ha chiarito il ministro Giorgetti. “Una manovra che considero molto seria, equilibrata, che va letta nel solco delle precedenti e vale 18,7 miliardi di euro, quindi è più leggera delle precedenti”, ha spiegato la premier Meloni. Il ddl approvato oggi dal CDM sarà trasmesso alle Camere per l’avvio dell’iter parlamentare entro fine anno.
Eurozona, inflazione salita a settembre al 2,2%
A settembre l’inflazione nell’area euro è salita al 2,2%, in aumento di 0,2 punti rispetto ad agosto, secondo i dati confermati da Eurostat. Il rialzo è trainato dai servizi (+3,2%) e dall’energia, che pur restando in calo (-0,4%), mostra un recupero rispetto al mese precedente. Stabili i beni industriali non energetici (+0,8%), mentre i generi alimentari rallentano al 3%. A livello nazionale, l’inflazione cresce in Germania (2,4%), Francia (1,1%), Italia (1,8%) e Spagna (3%). La BCE esaminerà i dati il 30 ottobre, ma un taglio dei tassi appare al momento improbabile.
La Commissione UE presenta la tabella di marcia sul riarmo: 800 miliardi entro il 2030
La Commissione Europea ha presentato la “Defence Readiness Roadmap 2030”, un piano quinquennale che mira a trasformare radicalmente l’architettura difensiva dell’Unione attraverso un calendario serrato di implementazione. Il documento si propone, secondo i suoi artefici, di rafforzare la sovranità e la prontezza militare dell’Unione in un contesto geopolitico segnato dall’aggressione russa in Ucraina. La strategia delinea obiettivi concreti e tappe precise per raggiungere la piena prontezza al combattimento entro la fine del decennio. Si apre così la strada a una mobilitazione finanziaria che, a quanto si legge nel documento, potrebbe raggiungere 800 miliardi di euro di spesa aggiuntiva entro il 2030.
Il piano, battezzato “Preserving Peace – Defence Readiness Roadmap 2030”, individua nove settori critici in cui gli Stati membri devono colmare le lacune entro il 2030: difesa aerea e missilistica, tecnologia cyber, artiglieria, mobilità militare, missili, munizioni, combattimento terrestre e sfera marittima. Quattro progetti faro sono stati definiti come prioritari e dovranno essere implementati con massima urgenza: l’ “Osservatorio del fianco orientale” e il “Muro di droni” europeo sono considerati i più urgenti. Come ha affermato Kaja Kallas, Alta rappresentante e vicepresidente della Commissione, «avere difese anti-drone non è più un optional per nessuno: oggi proponiamo un nuovo sistema anti-drone che sarà pienamente operativo entro la fine del 2027». Completano il quadro lo “Scudo aereo” per una protezione integrata contro missili e minacce aeree e lo “Scudo spaziale di difesa”, concepito per garantire la resilienza degli asset spaziali. «Gli europei investiranno fino al 2035 6.800 miliardi di euro; nella difesa vera e propria, il 50%, cioè 3400 miliardi di euro», ha dichiarato il Commissario europeo per la difesa Andrius Kubilius.
La Roadmap stabilisce target rigorosi per gli acquisti: gli Stati membri dovranno organizzare almeno il 40% degli acquisti di difesa come appalti collettivi entro la fine del 2027, raddoppiando il tasso attuale. Entro il 2030, quasi il 60% del budget per gli acquisti dovrà provenire dalla Base Tecnologica e Industriale della Difesa Europea e dall’Ucraina. «Oggi è il giorno dell’azione: la nostra tabella di marcia odierna crea le condizioni per piani, calendari, risultati e indicatori chiari», ha sottolineato Kubilius, aggiungendo che «si tratta di un vero e proprio Big Bang, basato principalmente sulla spesa per la difesa nazionale, che sarà 100 volte superiore a quella dell’Ue».
Il calendario operativo è particolarmente stringente. Entro la prima metà del 2026 dovranno avviarsi tutti i progetti prioritari e formarsi le “coalizioni” di Stati guida. Se la capacità iniziale del muro di droni dovrà essere funzionante entro il 2027, l’orizzonte temporale per la piena operatività dell’Osservatorio del Fianco Orientale si sposta all’anno successivo. Entro marzo 2026 sono previsti i primi pagamenti di prefinanziamento nel quadro SAFE (Security Action for Europe), il meccanismo di prestito che può fornire fino a 150 miliardi di euro garantiti dal bilancio Ue. Il piano vede inoltre l’obiettivo di creare entro la fine del 2027 un’area di mobilità militare a livello europeo, caratterizzata da procedure armonizzate e una rete di corridoi per il trasporto senza ostacoli di truppe ed equipaggiamenti. La Commissione si impegna a presentare un pacchetto completo entro fine anno per identificare questi corridoi entro il primo trimestre 2026. Un ruolo centrale è assegnato all’Ucraina: entro marzo 2026 si intende avviare l’alleanza Ue-Kiev sui droni, mentre entro dicembre dovrebbe completarsi la consegna dei due milioni di munizioni promesse dal ‘piano Kallas’.
Il piano sarà ora sottoposto ai leader dell’Ue per una discussione formale durante il Consiglio europeo in programma la prossima settimana. A inizio ottobre, il vertice informale di Copenaghen, pensato per rinsaldare la coesione europea sulla guerra in Ucraina, aveva messo in luce una serie di importanti fratture tra i Ventisette. Pur rinnovando il sostegno a Kiev, i leader hanno infatti manifestato divergenze su questioni chiave: la proposta del “muro anti-droni” ai confini orientali ha diviso Paesi come Polonia e Stati baltici, favorevoli a un sistema coordinato finanziato dall’UE, e Stati più cauti preoccupati per costi e potenziale militarizzazione permanente delle frontiere. Il clima è stato ulteriormente acceso dall’allerta del Segretario generale della Nato Mark Rutte: «Siamo tutti in pericolo, i più avanzati missili russi potrebbero colpire Roma, Amsterdam o Londra a cinque volte la velocità del suono». Sull’adesione dell’Ucraina, Budapest ha alzato la posta: Viktor Orbán ha ribadito il suo netto «no», proponendo al massimo un accordo strategico e annunciando una petizione del suo partito contro quelli che ha definito «i piani di guerra dell’UE». Da Mosca, Vladimir Putin ha respinto le accuse di intenzioni aggressive, bollandole come propaganda rivolta all’opinione pubblica occidentale.









