sabato 23 Novembre 2024
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Cisgiordania: dove la guerra contro i palestinesi mostra il suo vero volto coloniale

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Mentre gli occhi di quella parte di mondo che non li tiene chiusi sono rivolti principalmente alla carneficina in atto a Gaza e all’attacco al Libano, c’è un altro fronte di guerra che Israele ha aperto negli ultimi mesi. È quello contro i palestinesi che abitano in Cisgiordania, il territorio compreso tra Israele e la Giordania, che secondo i trattati internazionali è parte della Palestina, ma che rimane in larga parte occupato. Qui al potere non c’è Hamas, ma l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, riconosciuta dagli USA e dalla stessa Israele. Eppure – con la scusa di attaccare cellu...

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Alluvione in Spagna: 205 i morti accertati, allerta rossa in Andalusia

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Sono 205 le vittime certe, fino ad ora, della violenta alluvione che ha colpito la Spagna nelle scorse ore, 202 nella Comunità di Valencia e tre nella regione di Castilla-La Mancha. Il bilancio potrebbe essere drasticamente più alto, dal momento che sono ancora in corso le ricerche dei dispersi e il recupero dei corpi intrappolati nelle auto. Nel frattempo la DANA, il fenomeno meteorologico che ha causato le forti piogge, continua ad essere attiva: l’allerta è arancione nella provincia di Valencia e Castellon e a sud di Tarragona, rosso lungo la costa ovest dell’Andalusia. Le autorità hanno chiesto alla popolazione di queste zone di non uscire di casa.

È stato svelato il primo pezzo della nuova cartina 3D che mapperà l’universo

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Ci sono le nubi azzurre tra le stelle della Via Lattea, ammassi a spirale distanti 470 milioni di anni luce e circa 100 milioni di stelle e galassie che potranno essere analizzate meglio di quanto sia mai stato fatto: tutto questo è parte del nuovo, sorprendente mosaico realizzato dall’Agenzia spaziale europea (ESA), destinato a creare la mappa 3D del cosmo più estesa e accurata mai realizzata, per rispondere alle domande sul “lato oscuro” dell’universo. Questa immagine, ottenuta grazie al potente telescopio Euclid, è stata presentata al Congresso Astronautico Internazionale di Milano. «Questa straordinaria immagine è il primo pezzo di una mappa che in sei anni rivelerà più di un terzo del cielo. Si tratta solo dell’1% della mappa, eppure è piena di fonti che aiuteranno gli scienziati a scoprire nuovi modi per descrivere l’Universo», ha commentato Valeria Pettorino, scienziata del progetto Euclid presso l’ESA.

La porzione di cielo fotografata da Euclid. Credit: ESA

Il telescopio Euclid è stato lanciato dall’Agenzia spaziale europea nel luglio 2023 con l’obiettivo di investigare il cosmo e offrire agli scienziati nuovi strumenti per risolvere uno dei suoi più grandi misteri: la natura della materia e dell’energia oscura. Queste componenti invisibili si pensa rappresentino una parte significativa dell’universo, ma non sono mai state osservate direttamente. Si ipotizza che la materia oscura tenga insieme galassie e strutture cosmiche tramite la gravità, mentre l’energia oscura agisca contro questa forza, accelerando l’espansione dell’universo. Scoperte negli anni ’90 hanno rivelato che circa sei miliardi di anni fa questa espansione ha iniziato a intensificarsi, e Euclid ha lo scopo di mappare la distribuzione della materia oscura e rilevare eventuali variazioni nel tasso di espansione, offrendo indizi cruciali sulla struttura e l’evoluzione dell’universo.

Galasse dell’ammasso Abell 3381. Credit: ESA

Questi obiettivi saranno raggiunti grazie alla mappa 3D, di cui è appena stata mostrata una prima porzione: un’immagine che copre una piccola porzione di cielo, ma che cattura circa 100 milioni di stelle e galassie, descrivendone forma, distanza e movimento. Euclid consente già di osservare in dettaglio una galassia a spirale nell’ammasso Abell 3381, distante centinaia di milioni di anni luce, e le “nubi cirri” azzurre della Via Lattea, oltre a oggetti vicini, tutti in un singolo fotogramma. Secondo i ricercatori, quest’immagine renderà accessibile l’architettura dell’universo su scale senza precedenti: nei prossimi sei anni, Euclid raccoglierà dati su 1,5 miliardi di galassie per analizzare la loro distribuzione e il loro movimento, svelando l’azione della materia e dell’energia oscura nel tempo. «Abbiamo già visto splendide immagini ad alta risoluzione di singoli oggetti e gruppi di oggetti da Euclid. Questa nuova immagine ci dà finalmente un assaggio dell’enormità dell’area di cielo che Euclid coprirà, il che ci consentirà di effettuare misurazioni dettagliate di miliardi di galassie», ha affermato Jason Rhodes, cosmologo presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA. «Ciò che mi colpisce davvero di queste nuove immagini è l’enorme intervallo di scala fisica. Le immagini catturano dettagli da ammassi di stelle vicino a una singola galassia fino ad alcune delle strutture più grandi dell’universo. Stiamo iniziando a vedere i primi indizi di come saranno i dati completi di Euclid quando raggiungeranno il completamento del sondaggio principale», conclude Mike Seiffert, scienziato della NASA.

[di Roberto Demaio]

Giappone e UE siglano un nuovo patto di sicurezza e difesa

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Giappone e Unione Europea hanno firmato a Tokyo un nuovo partenariato di sicurezza e difesa, sottolineando l’approfondimento dei loro legami politici ed economici. L’accordo, come riportato dai media locali, prevede più esercitazioni militari congiunte, dialogo ad alto livello, scambio di informazioni di intelligence e cooperazione nel settore della difesa. Entrerà in vigore a gennaio. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, lo ha salutato come un passaggio storico. In precedenza, il suo omologo giapponese Takeshi Iwaya aveva affermato che l’accordo era stato concluso «in un contesto in cui Giappone e UE si trovano ad affrontare una situazione di sicurezza sempre più difficile».

Covid, l’Italia dovrà rispondere alla Corte Europea dei Diritti Umani della gestione pandemica

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La battaglia dei familiari delle vittime del Covid-19 contro il governo italiano approda ufficialmente in Europa. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha infatti comunicato all’esecutivo il ricorso presentato da circa 50 famiglie colpite da decessi causati dal Covid, che ha formalmente superato il suo secondo vaglio di ammissibilità. Ora il governo italiano dovrà dunque rispondere ai quesiti posti dalla Corte, che riguardano l’assenza di un piano pandemico aggiornato e il fatto di non aver permesso ai familiari delle vittime di partecipare come parti civili ai processi davanti al Tribunale dei ministri per le presunte responsabilità dell’esecutivo di allora, ma anche della Regione Lombardia e del Comitato tecnico scientifico appositamente costituito. Appresa la notizia, i Comitati che raggruppano le famiglie ricorrenti – provenienti da tutta Italia, per lo più dalla bergamasca e dal bresciano – hanno esultato, parlando di un «grande risultato».

Con quest’ultimo via libera, la CEDU ha stabilito che vi sono elementi sufficienti per verificare se siano stati violati i diritti fondamentali delle persone decedute e dei loro parenti durante l’emergenza sanitaria. Tale passaggio, anche se preliminare, rappresenta un’importante svolta per i ricorrenti, che vedono in questa ammissione della Corte una possibilità per ottenere giustizia. Il caso contesta la gestione della pandemia da parte delle autorità italiane, in particolare nelle prime fasi, e punta il dito contro la mancata preparazione del sistema sanitario e l’assenza di un piano pandemico aggiornato, requisiti essenziali per una risposta rapida ed efficace. In Italia, le indagini iniziali avviate dalla Procura di Bergamo avevano messo in luce gravi criticità nella gestione del sistema sanitario durante l’emergenza, compreso il ritardo nell’attivazione delle misure di contenimento e l’assenza di protocolli chiari. Tuttavia, il percorso di tali inchieste si è arenato contro le ripetute archiviazioni da parte del Tribunale dei Ministri di Brescia, con l’argomentazione che le scelte adottate fossero giustificate dall’imprevedibilità dell’emergenza sanitaria. La comunicazione della CEDU al governo è stata salutata dai legali del Comitato dei familiari #Sereniesempreuniti come «un grande risultato per i familiari di circa 50 famiglie che hanno perso i loro familiari nel corso delle prime ondate della pandemia da Covid-19», specie dal momento che «solo il 10% dei procedimenti giunge a questo storico traguardo». «Abbiamo la prova che le nostre richieste erano fondate – ha dichiarato l’avvocatessa Consuelo Locati, membro del team legale che segue i familiari – ma soprattutto questa decisione ci conferma come siano stati ritenuti sussistenti i presupposti giuridici dell’indagine della Procura di Bergamo che aveva individuato 21 indagati» e «ridà dignità alle nostre vittime».

Nel frattempo, lo scorso 18 settembre si è ufficialmente insediata nel Parlamento italiano la Commissione d’inchiesta sulla gestione del Covid-19, chiamata a indagare sull’operato del governo per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica scoppiata nel 2020. Nello specifico, il Parlamento le ha dato mandato di accertare la tempestività e l’efficacia delle misure adottate per la prevenzione, il contrasto ed il contenimento dell’emergenza sanitaria, facendo però marcia indietro su stato di emergenza, Dpcm e restrizioni, che, nonostante negli ultimi anni abbiano attirato le critiche delle attuali forze di maggioranza, sono definitivamente usciti dal perimetro dei temi che saranno oggetto d’indagine. Nelle settimane precedenti era andato in scena il forte l’ostruzionismo dei principali partiti di opposizione – anche e soprattutto a causa del mancato inserimento nel novero degli ambiti che saranno sottoposti al vaglio della Commissione dell’operato delle Regioni –, che non avevano indicato i parlamentari delle loro file da nominare membri della Commissione. Le forze di minoranza hanno infatti scelto di non prendere parte all’insediamento della Commissione.

[di Stefano Baudino]

L’Europa è diventata il paradiso dell’evasione fiscale: il report di Tax Justice

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Un nuovo rapporto dell’Ong Tax Justice Network ha rivelato che l’Europa ospita molte delle giurisdizioni più permissive in tema di tassazione, rendendola un rifugio per grandi aziende, ricchi professionisti e organizzazioni criminali che vogliono evadere il fisco. Svizzera, Paesi Bassi, Jersey, Irlanda e Lussemburgo figurano infatti tra i primi dieci “paradisi fiscali” a livello globale, con l’Irlanda che fa segnare un netto peggioramento della sua situazione rispetto agli scorsi anni, avendo mantenuto normative poco stringenti sull’abuso fiscale. Complessivamente, l’Unione Europea contribuisce a un terzo delle perdite fiscali mondiali. Le prime posizioni sono occupate dalle Isole Vergini Britanniche, dalle Cayman e dalle Bermuda, che registrano i peggiori punteggi sugli indicatori di trasparenza fiscale.

«La rete di paradisi fiscali britannici nel Regno Unito resta la minaccia più grande per i Paesi che lavorano per impedire alle multinazionali di evadere le tasse», ha scritto commentando l’aggiornamento della classifica Tax Justice Network, che da anni esamina le giurisdizioni fiscali dei Paesi di tutto il mondo, evidenziandone gli effetti sull’economia. I risultati possono essere consultati all’interno del nuovo Corporate tax paradise Index, redatto dall’organizzazione. L’indice emerge dall’analisi di quanto margine di manovra per l’abuso fiscale delle società forniscono le leggi e i regolamenti dei vari Paesi, cui si somma il monitoraggio dell’attività finanziaria condotta dalle multinazionali in entrata e in uscita. I tre paradisi fiscali britannici che si classificano al vertice del Corporate Tax Haven Index – le Isole Vergini Britanniche, Cayman e Bermuda – hanno ottenuto i peggiori punteggi possibili (100 su 100) in tutti i 18 indicatori utilizzati nell’analisi. Tra i Paesi che, su questo versante, avrebbero migliorato il proprio impianto normativo, Tax Justice Network segnala Belgio, Danimarca, Portogallo e Italia (il nostro Paese si classifica in 27esima posizione). A peggiorare sono invece, in particolare, Brasile, Polonia e Messico. Secondo il rapporto, il 44,6% degli investimenti esteri diretti passa attraverso i principali paradisi fiscali, riducendo le entrate dei paesi di origine. Ben 16 Paesi UE hanno poi fatto evidenziare significative lacune in merito alle norme sulle società estere controllate, a causa della presenza di “scappatoie” che hanno ridimensionato la loro efficacia.

Come sottolinea Tax Justice Network, è importante rilevare come «tutti e tre i paradisi fiscali» che ricoprono le posizioni più alte della classifica «sono attualmente classificati come “non dannosi” dall’OCSE, un piccolo club di Paesi ricchi e paradisi fiscali che ha svolto il ruolo di regolatore mondiale de facto in materia fiscale per oltre 60 anni», che classifica invece come “dannoso” solo Trinidad e Tobago. Un Paese che, spiega ancora l’Ong, «non è classificato nel Corporate Tax Haven Index perché non soddisfaceva i criteri nemmeno per giustificare il monitoraggio» nel 2021, «l’ultima volta che la copertura nazionale dell’indice è stata ampliata». Nel report si ricorda che nel 2022 i Paesi dell’ONU hanno deciso all’unanimità di avviare il processo di istituzione di una convenzione quadro delle Nazioni Unite sulla tassazione, con l’obiettivo di trasferire il processo decisionale sulle norme fiscali globali dall’OCSE all’ONU. Gli Stati hanno infatti «evidenziato la responsabilità dell’OCSE nella progettazione di un sistema fiscale globale che perde quasi mezzo trilione di dollari ogni anno nei paradisi fiscali, il fallimento dell’OCSE nell’includere in modo significativo la maggior parte dei paesi nel suo processo decisionale e il suo fallito tentativo decennale di porre fine all’abuso fiscale globale delle società». Secondo quanto riportato dal Tax Justice Network nel 2023, si prevede che nei prossimi 10 anni i Paesi «perderanno 4,8 trilioni di dollari a causa dei paradisi fiscali se manterranno la rotta indicata dall’OCSE».

[di Stefano Baudino]

Libano, nuovi raid israeliani sulla periferia di Beirut

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Nelle prime ore del mattino, l’esercito israeliano ha bombardato la periferia meridionale di Beirut con una serie di potenti attacchi aerei. Finora sono stati segnalati due morti e quattro feriti. Come riferito dall’agenzia Reuters, Israele ha attaccato dopo aver impartito ordini di evacuazione ai residenti. Al momento, la maggior parte delle 700mila persone che vivevano in alcuni quartieri delle periferia hanno abbandonato l’area, ma molte altre sono rimaste, poiché non hanno nessun altro posto in cui andare. Secondo il Ministero della Salute libanese, dall’ottobre 2023 sono oltre 2.860 le vittime dei raid israeliani in Libano.

L’ONU si schiera nuovamente con Cuba contro l’embargo USA

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L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato mercoledì a larghissima maggioranza, per il 32esimo anno consecutivo, la richiesta di porre fine all’embargo economico imposto a Cuba dagli USA. L'appuntamento nell'Assemblea ONU, che è composta da 193 membri, si è concluso con 187 voti a favore della risoluzione, soltanto 2 contrari (Stati Uniti e Israele) e un’astensione (la Moldavia), eguagliando il record di sostegno a Cuba raggiunto nel 2019 e replicato lo scorso anno. Secondo l'ONU, l'embargo - in vigore sin dai primi anni Sessanta - viola i diritti umani dei cubani, limitando l'accesso ...

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Alluvione in Spagna, si aggrava il bilancio: 158 morti

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Si aggrava pesantemente il bilancio delle persone rimaste uccise a causa delle inondazioni in Spagna. Al momento se ne contano 158, di cui 155 nella sola regione di Valencia. Il numero potrebbe però presto salire: le squadre di soccorso sono ancora alla ricerca di decine di dispersi sotto le macerie degli edifici crollati e nelle auto bloccate in strada. Nelle ultime ore, la pioggia sta cadendo copiosamente e causando inondazioni anche in Catalogna, nel Nord est, e nella provincia orientale di Castellon. Il governatore di Valencia, Carlos Mazón, ha chiesto l’aiuto dell’esercito «per rafforzare il lavoro logistico e la distribuzione degli aiuti alla popolazione».

I miliardari emettono più CO2 in 90 minuti di una persona comune in tutta la sua vita

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Secondo una ricerca pubblicata negli scorsi giorni da Oxfam, cinquanta dei miliardari più ricchi del mondo emettono, in media, più CO2 in soli 90 minuti di quanto una persona comune ne emetta in tutta la sua vita. Il report, dal titolo “Carbon Inequality Kills”, evidenzia come le emissioni dei super-ricchi, che derivano dal loro stile di vita lussuoso e dagli investimenti in settori ad alto impatto ambientale, costituiscano una minaccia diretta per il pianeta e le fasce di popolazione più vulnerabili. La ricerca è stata pubblicata a pochi giorni dall’inizio della COP29, il vertice sul clima che si terrà dall’11 al 22 novembre in Azerbaigian, e ha l’obiettivo di evidenziare, dati alla mano, il ruolo cruciale che i super-ricchi hanno nell’accelerazione della crisi climatica.

Le cifre illustrate sono impressionanti: i miliardari analizzati hanno accumulato, in un solo anno, più emissioni grazie a voli privati ​​e yacht di quanto farebbe una persona media in secoli. I 50 super-ricchi hanno infatti preso 184 voli in un solo anno, trascorrendo a bordo dei velivoli 425 ore, producendo tanto carbonio quanto una persona comune ne produrrebbe in 300 anni. I loro yacht hanno inoltre emesso tanto carbonio quanto una persona media ne produrrebbe in 860 anni. Nel comunicato che accompagna il rapporto, Oxfam cita l’esempio del proprietario e presidente di Amazon Jeff Bezos, i cui due jet privati «hanno trascorso quasi 25 giorni in aria in un periodo di 12 mesi» emettendo «tanto carbonio quanto un dipendente medio di Amazon negli Stati Uniti emetterebbe in 207 anni»; l’imprenditore Carlos Slim, l’uomo più ricco del Messico, ha invece «fatto 92 viaggi con il suo jet privato, equivalenti a cinque giri del globo», mentre «la famiglia Walton», erede del marchio di vendita al dettaglio Walmart, «possiede tre superyacht che in un anno hanno prodotto la stessa quantità di carbonio di circa 1.714 dipendenti dei negozi Walmart». Nel report, Oxfam evidenzia che le emissioni dell’1% più ricco «hanno causato un calo della produzione economica globale di 2,9 trilioni di dollari dal 1990» e che l’impatto maggiore «si avrà nei paesi meno responsabili del crollo climatico», nonché «perdite di raccolti che avrebbero potuto fornire abbastanza calorie per sfamare 14,5 milioni di persone all’anno tra il 1990 e il 2023». I Paesi a basso e medio-basso reddito, scrive ancora l’organizzazione, «perderanno circa il 2,5% del loro PIL cumulativo tra il 1990 e il 2050» e vedranno «il 78 percento dei decessi dovuti al caldo» a livello globale «entro il 2120».

La proposta, caldeggiata anche da Oxfam, di introdurre misure fiscali che colpiscano i patrimoni dei super-ricchi, è stata affossata lo scorso luglio – in sede di riunione dei ministri del G20 – dagli USA. Secondo la sottosegretaria al Tesoro Janet Yellen, infatti, è «preferibile che ciascun Paese si occupi del proprio sistema fiscale», in ragione delle difficoltà derivanti dal realizzare il coordinamento globale per un’iniziativa di tal genere. A spingere fortemente per l’introduzione di una tassa globale sui super-ricchi era stato il Brasile, che ha finora trovato il sostegno di Francia, Spagna, Sudafrica, Colombia e Unione Africana. Nel frattempo, uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori guidato dalla Copenhagen Business School, dall’Università di Basilea e dall’Università di Cambridge, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla prestigiosissima rivista scientifica Nature, ha recentemente dimostrato come l’impronta di carbonio delle persone più abbienti sia ampiamente sottostimata, mentre l’impronta delle persone più povere sia drasticamente sovrastimata. Il team ha intervistato migliaia di persone provenienti da Danimarca, India, Nigeria e Stati Uniti  – quattro Paesi diversi tra loro in ricchezza, stile di vita e cultura – rilevando che, in base alle risposte, sia le persone di reddito alto che quelle di reddito basso dimostrano di non essere sufficientemente a conoscenza del loro reale impatto sul clima. I ricercatori hanno spiegato che il fenomeno potrebbe riflettere livelli di istruzione generalmente più elevati tra i redditi elevati, una maggiore capacità di assorbire politiche basate sui prezzi o una maggiore preferenza per soluzioni tecnologiche alla crisi climatica.

[di Stefano Baudino]