Centinaia di persone sono scese in piazza a Napoli, in solidarietà con i 43 disoccupati imputati nel maxi-processo contro le lotte sociali avvenute tra il dicembre del 2022 e il marzo del 2023. Si tratta di ex lavoratori afferenti ai movimenti di lotta Disoccupati 7 Novembre e Cantiere167 Scampia, al sindacato SI Cobas e al Laboratorio Politico Iskra, ai quali è stata contestata una «mole mastodontica di capi d’imputazione» nel corso di nove iniziative di protesta. Tra questi figurano, a vario titolo, accuse di manifestazione senza preavviso, resistenza aggravata, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento. La manifestazione si è tenuta in occasione del processo contro gli imputati, che si è svolto nell’aula bunker del Carcere di Poggioreale per presunti motivi di sicurezza pubblica.
La protesta di ieri si è tenuta in occasione dell’apertura del processo contro gli imputati, presso il Carcere di Poggioreale. Circa mille persone hanno preso parte alla manifestazione, iniziata verso le 8:30 in Piazza Nazionale per poi spostarsi in corteo verso l’aula bunker dove si è tenuta l’udienza. Al termine della seduta, il processo è stato rinviato. In occasione della marcia, i manifestanti hanno protestato anche contro il cosiddetto “Decreto Sicurezza” e in solidarietà alla Palestina. I manifestanti, nello specifico, hanno contestato alla procura quella che reputano essere la scelta arbitraria di accorpare in unico grande impianto di accusa, gli eventi di nove distinte manifestazioni: «La Procura, pur non esplicitamente equiparando la lotta dei disoccupati a un’effettiva associazione per delinquere, utilizza lo stratagemma di cumulare in un solo processo una serie di eventi e di fatti distinti tra loro al solo scopo di incrementare il teorema accusatorio e ipotizzare pene più severe», si legge in un comunicato.
L’indagine contro gli imputati deriva infatti dall’accorpamento in un unico fascicolo di nove distinte manifestazioni tenutesi tra il 22 dicembre 2022 e il 24 marzo 2023. I disoccupati sono accusati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale, blocco stradale, occupazione, interruzione di pubblico servizio, manifestazione senza preavviso e danneggiamento; un maxi-impianto accusativo che, secondo gli attivisti, sarebbe volto ad «attaccare un’esperienza di lotta e di emancipazione, di battaglia contro la marginalità sociale» con il fine ultimo di disgregare il movimento di lavoratori. Un’accusa non dissimile, quella di smembrare le lotte sociali dall’interno, rispetto a quella lanciata dai sindacalisti dell’hub logistico piacentino, i quali tuttavia sono stati accusati anche di associazione a delinquere. Anche in quel caso, effettivamente, sembrerebbe che la «strategia di fondo» sia più quella di delegittimare le lotte sociali, che quella di punire i responsabili di presunte reati, ipotesi che secondo i sindacalisti piacentini sarebbe comprovata dal continuo respingimento delle accuse di associazione a delinquere da parte del tribunale.
Lo sfondo su cui si muove la questione risale in verità a ben prima della fine del 2022. Molti degli imputati fanno infatti parte del movimento dei disoccupati del 7 novembre, nato a Bagnoli, quartiere operaio della periferia di Napoli, nel 2013. Sin dai suoi primi giorni di vita, il movimento si è battuto nella lotta alla disoccupazione, proponendo e presentando alle amministrazioni piani di reinserimento lavorativo per i disoccupati e le persone che vivono in condizioni sociali di difficoltà, che spaziano dalla manutenzione del verde pubblico, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, al rimboschimento, e alla riqualificazione di vecchie aree dismesse. Una di queste ultime si trova proprio a Bagnoli, che fino all’inizio degli anni ’90 è stata sede di un grande polo siderurgico dell’Ex Italsider (Ilva).
Nel periodo che va dalla fine del 2022 ai primi mesi del 2023, i disoccupati hanno lanciato una vasta campagna di mobilitazione in coordinazione con sindacati e movimenti locali per portare avanti le proprie rivendicazioni. Molti lavoratori erano ormai già formati, e, denunciavano gli attivisti, malgrado la presenza di fondi, non era ancora stato avviato alcun progetto di reinserimento lavorativo. Davanti alla mancanza di risposte, le manifestazioni si sono fatte più frequenti e rumorose, e sono iniziate a comparire le prime denunce. Le richieste dei manifestanti, accostabili a quelle di realtà nazionali come la piattaforma Insorgiamo dei lavoratori di GKN, sono sempre coincise con i loro obiettivi iniziali: avviare progetti per fornire lavoro a tutti i disoccupati, coniugando questa esigenza alle necessità di Napoli, attraverso un investimento su potenziali impieghi utili a livello sociale.
[di Dario Lucisano]