sabato 23 Novembre 2024
Home Blog Pagina 28

A Napoli è iniziato il maxi-processo alle lotte sociali

1

Centinaia di persone sono scese in piazza a Napoli, in solidarietà con i 43 disoccupati imputati nel maxi-processo contro le lotte sociali avvenute tra il dicembre del 2022 e il marzo del 2023. Si tratta di ex lavoratori afferenti ai movimenti di lotta Disoccupati 7 Novembre e Cantiere167 Scampia, al sindacato SI Cobas e al Laboratorio Politico Iskra, ai quali è stata contestata una «mole mastodontica di capi d’imputazione» nel corso di nove iniziative di protesta. Tra questi figurano, a vario titolo, accuse di manifestazione senza preavviso, resistenza aggravata, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento. La manifestazione si è tenuta in occasione del processo contro gli imputati, che si è svolto nell’aula bunker del Carcere di Poggioreale per presunti motivi di sicurezza pubblica.

La protesta di ieri si è tenuta in occasione dell’apertura del processo contro gli imputati, presso il Carcere di Poggioreale. Circa mille persone hanno preso parte alla manifestazione, iniziata verso le 8:30 in Piazza Nazionale per poi spostarsi in corteo verso l’aula bunker dove si è tenuta l’udienza. Al termine della seduta, il processo è stato rinviato. In occasione della marcia, i manifestanti hanno protestato anche contro il cosiddetto “Decreto Sicurezza” e in solidarietà alla Palestina. I manifestanti, nello specifico, hanno contestato alla procura quella che reputano essere la scelta arbitraria di accorpare in unico grande impianto di accusa, gli eventi di nove distinte manifestazioni: «La Procura, pur non esplicitamente equiparando la lotta dei disoccupati a un’effettiva associazione per delinquere, utilizza lo stratagemma di cumulare in un solo processo una serie di eventi e di fatti distinti tra loro al solo scopo di incrementare il teorema accusatorio e ipotizzare pene più severe», si legge in un comunicato.

L’indagine contro gli imputati deriva infatti dall’accorpamento in un unico fascicolo di nove distinte manifestazioni tenutesi tra il 22 dicembre 2022 e il 24 marzo 2023. I disoccupati sono accusati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale, blocco stradale, occupazione, interruzione di pubblico servizio, manifestazione senza preavviso e danneggiamento; un maxi-impianto accusativo che, secondo gli attivisti, sarebbe volto ad «attaccare un’esperienza di lotta e di emancipazione, di battaglia contro la marginalità sociale» con il fine ultimo di disgregare il movimento di lavoratori. Un’accusa non dissimile, quella di smembrare le lotte sociali dall’interno, rispetto a quella lanciata dai sindacalisti dell’hub logistico piacentino, i quali tuttavia sono stati accusati anche di associazione a delinquere. Anche in quel caso, effettivamente, sembrerebbe che la «strategia di fondo» sia più quella di delegittimare le lotte sociali, che quella di punire i responsabili di presunte reati, ipotesi che secondo i sindacalisti piacentini sarebbe comprovata dal continuo respingimento delle accuse di associazione a delinquere da parte del tribunale.

Lo sfondo su cui si muove la questione risale in verità a ben prima della fine del 2022. Molti degli imputati fanno infatti parte del movimento dei disoccupati del 7 novembre, nato a Bagnoli, quartiere operaio della periferia di Napoli, nel 2013. Sin dai suoi primi giorni di vita, il movimento si è battuto nella lotta alla disoccupazione, proponendo e presentando alle amministrazioni piani di reinserimento lavorativo per i disoccupati e le persone che vivono in condizioni sociali di difficoltà, che spaziano dalla manutenzione del verde pubblico, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, al rimboschimento, e alla riqualificazione di vecchie aree dismesse. Una di queste ultime si trova proprio a Bagnoli, che fino all’inizio degli anni ’90 è stata sede di un grande polo siderurgico dell’Ex Italsider (Ilva).

Nel periodo che va dalla fine del 2022 ai primi mesi del 2023, i disoccupati hanno lanciato una vasta campagna di mobilitazione in coordinazione con sindacati e movimenti locali per portare avanti le proprie rivendicazioni. Molti lavoratori erano ormai già formati, e, denunciavano gli attivisti, malgrado la presenza di fondi, non era ancora stato avviato alcun progetto di reinserimento lavorativo. Davanti alla mancanza di risposte, le manifestazioni si sono fatte più frequenti e rumorose, e sono iniziate a comparire le prime denunce. Le richieste dei manifestanti, accostabili a quelle di realtà nazionali come la piattaforma Insorgiamo dei lavoratori di GKN, sono sempre coincise con i loro obiettivi iniziali: avviare progetti per fornire lavoro a tutti i disoccupati, coniugando questa esigenza alle necessità di Napoli, attraverso un investimento su potenziali impieghi utili a livello sociale.

[di Dario Lucisano]

La Norvegia vuole vietare i social ai minori di 15, ma non si sa come

4

Preoccupata per la salute di giovani e bambini, la Norvegia ha annunciato l’intenzione di alzare a 15 anni la soglia anagrafica minima necessaria a iscriversi alle varie app. Secondo il Primo Ministro, Jonas Gahr Støre, l’eventuale modifica legislativa mirerebbe a “proteggere i bambini dai contenuti dannosi presenti sui social”, andando peraltro a incidere sulle possibilità da parte delle grandi aziende tecnologiche di raccogliere i loro dati. “I genitori non possono resistere da soli in una battaglia contro i giganti della tecnologia. È per questo che stiamo considerando leggi più severe”, ha dichiarato la Ministra per la famiglia Kjersti Toppe. “Si tratta di Big Tech che si contrappongono ai cervelli dei bambini piccoli. Lo sappiamo che si tratta di una sfida in salita, ci sono forze potenti in gioco, ma è proprio in questi contesti che c’è bisogno dei politici”, ha reiterato Støre in occasione di un’intervista rilasciata alla testata norvegese VG

Ora come ora, i bambini norvegesi devono attendere per legge il raggiungimento dei 13 anni, prima di poter creare un account su un qualsiasi social, tuttavia questo limite viene regolarmente aggirato. L’autorità norvegese dei media stima infatti che più della metà dei bambini di nove anni, il 58% degli infanti di 10 anni e il 72% degli undicenni hanno già una presenza sui social. La cosa sorprende poco: molti di questi portali si limitano a verificare l’età dei loro utenti con delle autocertificazioni, inoltre si dimostrano poco motivati a imporre leggi e politiche che andrebbero a minare il numero degli iscritti che popolano le piattaforme.

Non è chiaro come la Norvegia intenda applicare questo eventuale aggiornamento della legge sui dati personali. La classe politica ne parla in termini vaghi e accenna all’introduzione di un sistema di verifica dell’età. Una proposta più concreta suggerisce di sfruttare i numeri identificativi bancari per certificare la maturità dei soggetti, un’opzione che non tiene però in considerazione il fatto che una simile coordinata non è a disposizione di tutti. Ciò che è certo è che sempre più Governi stanno cercando di trovare soluzioni con cui arginare il rapporto tra giovani e social, il quale viene etichettato con una certa leggerezza come la causa delle epidemie di ansia e depressione che stanno affliggendo i giovani di diverse parti del mondo.

Molti ricercatori convengono nel sostenere che le cause dei malesseri psicologici dei minori siano in verità da cercare altrove, tuttavia le stesse Big Tech hanno ammesso a porte chiuse di essere ben consapevoli che i loro prodotti acuiscano questi mali, accelerandone il corso. Facendo leva su questo presupposto, 200 scuole francesi stanno collaudando delle “pause digitali” che proibiscono agli studenti di usare il telefono in classe, mentre il Regno Unito ha minacciato di rendere illegale l’uso dei social ai minori di 18 anni. 

Per quanto riguarda l’Italia, la questione era diventata di massima rilevanza pubblica all’inizio del 2021, quando la morte di Antonella Sicomero, otto anni, è stata attribuita a una letale sfida di TikTok. All’epoca, il Garante della privacy aveva reagito imponendo all’azienda di verificare nuovamente l’età dei suoi utenti, quindi è stata diffusa una pubblicità progresso che chiedeva ai genitori di vigilare sulla vita online dei minori di 13 anni. Da notare che, per la legge italiana, l’età minima per iscriversi a un social è di 14 anni

Più recentemente, la verifica anagrafica degli utenti italiani è ritornata ai doveri di cronaca in occasione del cosiddetto “decreto Caivano”. Il 7 ottobre 2024, l’Agcom ha offerto delle linee guida per procedere con l’accertamento della maggiore età degli internauti che esplorano siti considerati nocivi per i minori, perlopiù portali pornografici o di scommesse. Anche in questo caso, però, le soluzioni offerte sono alquanto vaghe. L’onere della verifica cade infatti sui soggetti terzi, ovvero sui singoli portali, i quali si devono premurare di trovare un qualche stratagemma che possa validare l’età degli utenti senza però ledere il loro diritto alla privacy.

[di Walter Ferri]

Spagna, cancellato un ordine di acquisto di armi da Israele

0

Il ministro dell’Interno spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, ha annunciato la cancellazione di un ordine di acquisto di armi provenienti da Israele. L’annuncio è arrivato oggi, e riguarda l’acquisizione di quindici milioni di proiettili da 9 millimetri del valore di circa 6,5 milioni di euro, che sarebbero dovuti essere acquistati dalla Guardia Costiera e forniti da Guardian LTD Israel. «Il governo spagnolo mantiene l’impegno a non vendere armi allo Stato israeliano da quando è scoppiato il conflitto armato nel territorio di Gaza», si legge in una nota. «Anche se in questo caso si tratta di un’acquisizione di munizioni, il Ministero dell’Interno ha avviato la procedura amministrativa per annullare l’acquisto».

Georgia: le opposizioni non riconoscono il voto e chiedono aiuto a USA e UE

4

Non si placano le tensioni dopo le elezioni di domenica in Georgia, che hanno visto il partito di governo “Sogno Georgiano” riconfermarsi al potere con il 54% delle preferenze. Le opposizioni filo-europee contestano i risultati e ieri sera hanno chiamato a raccolta i propri sostenitori per contestare la rielezione del premier Irakli Kobakhidze. La manifestazione ha avuto ampia risonanza sui media occidentali, seppur non particolarmente di massa, mentre la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, che fa capo all’opposizione, ha arringato la folla: «Non avete perso le elezioni. Il vostro voto è stato rubato e hanno cercato di rubare anche il vostro futuro». Dopo la richiesta di aiuto da parte delle opposizioni a USA e UE, quest’ultime insieme alla NATO hanno chiesto un’indagine completa su presunti brogli e irregolarità nel processo di voto e oggi la commissione elettorale centrale della Georgia ha dichiarato che riconterà le schede in circa il 14% dei seggi elettorali. Allo stesso tempo, Washington ha fatto sapere che prenderà provvedimenti più seri per rimettere Tbilisi sul sentiero “euro-atlantico” senza però specificare ulteriori dettagli.

I quattro principali partiti di opposizione (“Forte Georgia”, “Movimento Nazionale Unito”, “Coalizione per il cambiamento” e “Per la Georgia”) che hanno ottenuto seggi in parlamento, invece, hanno dichiarato di non riconoscere i risultati e che avrebbero boicottato l’aula.

Nonostante i media e i vertici delle istituzioni occidentali abbiano tentato di ritrarre le proteste come proteste di massa prospettando addirittura l’idea di una “rivolta europeista”, la presenza di alcune migliaia di persone alla manifestazione svoltasi ieri nella capitale georgiana, su una popolazione complessiva che conta più di tre milioni di abitanti, non mostra la compattezza del sentimento filoccidentale della Georgia, bensì conferma la profonda spaccatura del Paese, attestata anche dalla missione di osservazione congiunta dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE, che parla di “divisioni politiche sempre più profonde”. Il piccolo Paese caucasico, infatti, è diviso tra una parte della popolazione che per tradizione storica, linguistica e culturale guarda alla Russia, e una parte, invece, che vede nell’Ue la speranza di un futuro migliore, all’insegna del benessere economico e del “progressismo culturale”.

Soffiare eccessivamente sul fuoco delle proteste, dunque, potrebbe essere il segnale di un tentativo di destabilizzazione della politica dell’ex Stato sovietico, essenziale per gli equilibri geopolitici nell’area del Caucaso. Ue e Stati Uniti, infatti, hanno come obiettivo quello di sottrare Tbilisi dalla sfera d’influenza russa, in una dinamica che richiama molto da vicino la strategia attuata in Ucraina e sfociata nelle proteste di Maidan del febbraio 2014. Del resto, come si legge in un articolo di Limes, «l’ex ambasciatrice di Francia a Tbilisi e discente di Zbigniew Brzezinski alla Columbia University [Salomé Zourabichvili, n.d.r] non è nuova al supporto morale di rivolte colorate», avendo ottenuto la cittadinanza georgiana in concomitanza alla rivoluzione delle rose del 2004. In questo contesto, non manca di certo il sostegno degli Stati Uniti con esplicite ingerenze nella politica dell’ex Stato sovietico: il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller ha asserito che Washington potrebbe prendere provvedimenti se il governo non ascolterà gli appelli a «tornare indietro dalle sue azioni antidemocratiche e a seguire il suo percorso euro-atlantico».

Più caute, invece, si sono mostrate inizialmente le cancellerie europee, invitando alla moderazione. Anche perché, lo stesso rapporto degli osservatori dell’Osce, pur denunciando il clima di tensione, lo squilibrio di risorse finanziarie tra i partiti e alcuni atti di intimidazione, non ha denunciato apertamente brogli sistematici. Né tantomeno vengono citate nel documento interferenze da parte dei servizi segreti russi (l’FSB) per modificare l’esito delle elezioni, come sostenuto, invece, dalla presidente Zourabichvili. Quest’ultima, infatti, ha definito il risultato una «operazione speciale russa». Da parte sua, il Cremlino ha respinto le accuse di interferenza elettorale, dichiarando che parti esterne stanno cercando di destabilizzare la Georgia. L’unico capo europeo ad aver riconosciuto la correttezza del voto è stato il primo ministro ungherese Viktor Orban, che si è recato oggi in Georgia congratulandosi con il suo omologo Irakli Kobakhidze e suscitando la reazione irritata degli altri Paesi europei.

Nella Nazione si erano già registrate negli scorsi mesi tensioni con Bruxelles che avevano rallentato il processo di adesione di Tbilisi all’Ue. Il governo dello Stato caucasico, infatti, è accusato dalle istituzioni europee di «tendenze autoritarie» per avere approvato la legge sugli agenti stranieri e una legge anti-LGBT. Nonostante l’esito delle elezioni e le controversie con Bruxelles, il partito al governo, “Sogno Georgiano” ha sempre sostenuto di voler aderire all’UE. Tuttavia, le politiche non in linea con il “valori europei” e i recenti risultati elettorali turbano non poco i vertici occidentali che non esitano a cavalcare l’onda delle proteste nella speranza di avvicinare sempre di più la Georgia alla sfera euroatlantica, allontanandola da Mosca. Una strategia collaudata che in passato ha portato alla destabilizzazione di Paesi strategici per l’egemonia atlantica.

[di Giorgia Audiello]

Osservare il mondo invisibile: la galleria delle foto microscopiche più belle del 2024

0

Ci sono uova di polpo, archi elettrici, uova di ragno e persino foglie di cannabis e cellule cerebrali di un topo, le quali hanno fruttato la prima posizione al ricercatore Bruno Cisterna che le ha immortalate in uno scatto: sono i risultati del concorso fotografico Nikon Small World Photomicrography, il concorso fotografico tra i più importanti al mondo aperto a chiunque e dedicato alle immagini scattate al microscopio. Si tratta di una galleria definita “affascinante” ma spesso anche “indecifrabile” perché spesso le fotografie rappresentano uno splendido punto di incontro tra scienza e fotografia. Diversi scatti infatti, tra cui quello che quest’anno si è aggiudicato la prima posizione, oltre ad avvicinarsi alle arti visive concettuali si rivelano particolarmente utili al progresso scientifico, in quanto riescono ad immortalare processi chimici e fisici particolarmente rilevanti per le nuove scoperte. Ecco le immagini più spettacolari che si sono aggiudicate i primi posti nella classifica:

Come anticipato, al primo posto si trova lo scatto effettuato dal Dr, Bruno Cisterna, con l’assistenza del dott. Eric Vitriol, del “Medical College of Georgia” dell’Università di Augusta. Si tratta di una fotografia che rivela che le interruzioni nel citoscheletro della cellula possono causare malattie come l’Alzheimer e la sclerosi laterale amiotrofica, ovvero la patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla perdita delle cellule motoneuronali, che progressivamente determina una paralisi dei muscoli volontari. Si tratta di un’immagine che, come spiegato dagli autori, potrebbe essere particolarmente utile al progresso scientifico: «Uno dei problemi principali delle malattie neurodegenerative è che non comprendiamo appieno quali siano le cause. Per sviluppare trattamenti efficaci dobbiamo prima capire le basi. La nostra ricerca è fondamentale per scoprire queste conoscenze e, in ultima analisi, per trovare una cura». Ecco lo scatto:

Cellule tumorali differenziate del cervello del topo. Credit: Dr. Bruno Cisterna

Al secondo posto, invece, si trova l’immagine acquisita dal Dr. Marcel Clemens, un astrofisico che ha sviluppato la passione per la fotografia. Lo scatto rappresenta l’arco elettrico – ovvero una scarica a forma di fiamma che si stabilisce tra due poli opposti messi a contatto e poi separati quando attraversati da una corrente intensa – tra uno spillo ed un filo:

Arco elettrico tra uno spillo e un filo. Credit: Dr. Marcel Clemens

Il terzo posto, invece, è stato assegnato al fotografo Chris Romaine, che ha immortalato un incontro ravvicinato con una foglia di cannabis. Le ghiandole bulbose sono tricomi, piccoli peli o escrescenze dell’epidermide della pianta, mentre le bolle viola contengono cannabinoidi:

Foglia di una pianta di Cannabis. Credit: Chris Romaine

Al quarto e quinto posto, le immagini acquisite dal Dr. Amy Engevik e da Thomas Barlow & Connor Gibbons, che hanno rispettivamente fotografato una sezione di intestino tenue e uova di polpo.

Sezione di intestino tenue di un topo. Credit: Dr. Amy Engevik
Uova di polpo. Credit: Thomas Barlow

Infine, altri scatti particolarmente rilevanti hanno immortalato la “muffa di melma cellulare” di Henri Koskinen (6° posto), una sezione trasversale (7° posto) di una foglia di una “ammofila arenaria“, pianta erbacea della famiglia delle Poaceae utilizzata per stabilizzare le dune di sabbia, gli occhi del ragno verde “Diaea dorsata” (13° posto) e due curiose pulci d’acqua (Daphnia) con embrioni e ovuli, che si sono aggiudicate il 16° posto.

Muffa di melma cellulare. Credit: Henri Koskinen
Sezione trasversale di una foglia di “ammofila arenaria“. Credit: Gerhard Vlcek
Occhi di ragno verde “Diaea dorsata”. Credit: Paweł Błachowicz
Pulci d’acqua (Daphnia) con embrioni e ovuli. Credit: Marek Miś

I restanti scatti di questa edizione possono essere visualizzati sul sito ufficiale del concorso, disponibile cliccando su questo link.

[di Roberto Demaio]

Sport, è morta la promessa dello sci Matilde Lorenzi

0

Non è sopravvissuta al grave incidente avvenuto ieri Matilde Lorenzi, giovane promessa dello sci italiano caduta durante un allenamento in Val Senales, in Alto Adige. L’atleta ha perso il controllo degli sci durante una discesa, sbattendo violentemente il volto contro il terreno ghiacciato. Trasportata d’urgenza in elicottero all’ospedale San Maurizio di Bolzano, è morta nella notte, durante il ricovero. Lorenzi, 20 anni, si era distinta in numerose competizioni anche internazionali e la scorsa stagione aveva vinto a Sarentino il titolo italiano assoluto e giovani in supergigante.

La Volkswagen certifica la crisi dell’auto annunciando la chiusura di tre stabilimenti

2

Il comitato aziendale del gigante automobilistico tedesco Volkswagen ha confermato l’intenzione di chiudere tre stabilimenti in Germania. Lo ha dichiarato ieri la presidente del Consiglio di fabbrica del Gruppo, Daniela Cavallo, ai dipendenti del più grande stabilimento della casa automobilistica a Wolfsburg, aggiungendo che nessuna fabbrica è al sicuro e che si prevedono forti ridimensionamenti su larga scala. La decisione di Volkswagen, che non ha precedenti in 87 anni di storia e rappresenta un durissimo colpo per l’occupazione tedesca, è motivata dagli elevati costi dell’energia e della manodopera, dalla forte concorrenza asiatica, dall’indebolimento della domanda in Europa e Cina e da una transizione elettrica che si è rivelata più lenta del previsto. Con circa 300.000 dipendenti nel Paese, infatti, la possibile chiusura delle fabbriche potrebbe generare decine di migliaia di licenziamenti. Mentre il governo di Berlino si è affrettato a invitare l’azienda a preservare i posti di lavoro, appare chiaro che la situazione in cui versa il colosso tedesco sia il segno più tangibile di una crisi profonda che, come dimostrano i dati, affligge l’intera industria automobilistica europea.

«Il Consiglio di Amministrazione vuole chiudere almeno tre stabilimenti Volkswagen in Germania», ha reso noto domenica mattina Daniela Cavallo davanti a migliaia di lavoratori, aggiungendo che la Volkswagen prevede di tagliare gli stipendi di almeno il 10% e di congelare le retribuzioni sia nel 2025 che nel 2026. Il tentativo sarebbe infatti quello di risparmiare 4 miliardi di euro. IG Metall, il più grande sindacato metalmeccanico tedesco, ha veementemente criticato i piani dell’azienda, ritenendo che minaccino l’intera base occupazionale di Volkswagen e che danneggino irreparabilmente il settore industriale tedesco. «Che Volkswagen sia in una situazione difficile è risaputo, ma per ora non ci sono notizie ufficiali e dobbiamo aspettare che VW chiarisca», ha dichiarato in conferenza stampa il portavoce del cancelliere tedesco Olaf Scholz, Wolfgang Buechner, evidenziando che il cancelliere ha già affermato nelle scorse settimane che «le eventuali decisioni sbagliate  del management non debbano ricadere sulle spalle dei lavoratori e che si debbano mantenere i posti di lavoro». Nel frattempo, è già partita la mobilitazione, con migliaia di lavoratori che si sono radunati a Wolfsburg, dove l’azienda ha sede da quasi nove decenni. I manifestanti, che si sono fermati per un’ora bloccando la produzione, hanno suonato corni e fischietti, protestato contro la possibile chiusura degli impianti.

La crisi in atto in WV è il chiaro sintomo delle più ampie criticità che affliggono il settore europeo dell’auto, aggravate dalla complessità della transizione energetica e dall’instabilità geopolitica. In passato, l’azienda automobilistica tedesca ha investito massicciamente nei veicoli elettrici, ma senza ottenere i risultati sperati, perdendo invece terreno in Cina e lottando con costi di produzione elevati. Le difficoltà si sono esacerbate in un contesto in cui la domanda di auto è scesa del 20% rispetto ai livelli pre-Covid nel continente europeo, dove il settore non riesce più a garantire la sostenibilità degli attuali livelli di produzione. D’altronde, quasi un terzo dei principali impianti di autovetture delle cinque più grandi case automobilistiche europee – BMW, Mercedes-Benz, Stellantis, Renault e VW –, l’anno scorso sono stati sottoutilizzati, producendo meno della metà dei veicoli che hanno la capacità di produrre. Ponendo la lente di ingrandimento sul nostro Paese, non si può che evidenziare come la produzione di Stellantis, nel primo semestre dell’anno, sia calata di oltre il 25%.

[di Stefano Baudino]

Nord Gaza, Israele bombarda un edificio: almeno 77 uccisi

0

Questa mattina, l’aviazione israeliana ha bombardato un edificio residenziale di cinque piani a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, uccidendo almeno 77 persone. Le squadre della protezione civile e mediche stanno faticando a raggiungere il luogo del massacro a causa dei continui attacchi delle Forze di Difesa Israeliane. Continua, infatti, l’assedio dell’ospedale Kamal Adwan, dove qualche giorno fa sono stati arrestati 44 operatori sanitari. Quella di questa mattina è solo l’ultima strage condotta dall’esercito israeliano nel nord della Striscia di Gaza, dove da quasi un mese le IDF portano avanti un assedio che impedisce la consegna di cibo, acqua e carburante.

Israele ha messo al bando l’agenzia ONU che aiuta i civili Palestinesi

2

La Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato una legge che sospende tutte le attività dell’UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Palestinesi) nel Paese. Il provvedimento, approvato in seconda e terza lettura, vieta all’Agenzia di svolgere missioni o qualunque altro tipo di attività, «dirette o indirette», all’interno del territorio di Israele. È stato anche istituito un meccanismo di controllo per la verifica dell’attuazione di tali disposizioni, con rapporti bimestrali sull’applicazione della legge almeno per tutto il primo anno in cui questa sarà effettiva. L’UNRWA svolge un ruolo fondamentale nei Territori Occupati, in quanto si occupa di fornire istruzione, formazione e servizi sanitari e di fondamentale necessità ai profughi palestinesi. Impiegata primariamente a Gaza, ha sedi anche nella Cisgiordania occupata, a Gerusalemme Est, in Libano, in Siria e in Giordania. La sua presenza costituisce di fatto una spina nel fianco per i piani di colonizzazione del goveno di Tel Aviv, che ha già provato in precedenza a screditarne l’operato.

La legge approvata vieta ogni contatto tra gli enti statali israeliani e l’Agenzia, impedendo di fatto il suo operare nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania e revocando i privilegi e le immunità diplomatiche dei suoi membri in Israele. In una dichiarazione rilasciata poco prima della sua approvazione, l’Alto Rappresentante della politica estera UE Josep Borrell aveva espresso «grave preoccupazione» in merito a tale possibilità e definito il provvedimento «in netta contraddizione con il diritto internazionale e con il principio umanitario fondamentale dell’umanità». Anche i ministri degli Esteri di Canada, Australia, Francia, Germania, Giappone, Corea e Regno Unito avevano espresso, in una dichiarazione congiunta, simili preoccupazioni, proprio in ragione del fondamentale ruolo «salvavita» svolto dall’UNRWA. L’Agenzia è stata infatti istituita nel 1949, all’indomani della Nakba (“la Catastrofe”), ovvero l’esodo forzato della popolazione palestinese dalle proprie terre nel contesto della guerra arabo-israeliana. Il suo compito specifico è quello di garantire l’erogazione di servizi di primaria necessità ai profughi palestinesi, che oggi ammontano a circa 5 milioni nei Territori Occupati. Per farlo, dispone di circa 40 mila operatori, 13 mila dei quali nella sola Gaza.

Il Commissario Generale dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, ha definito il provvedimento «l’ultimo episodio della campagna in corso per screditare l’UNRWA e delegittimare il suo ruolo». Negli scorsi mesi, infatti, Israele aveva lanciato pesanti accuse (rivelatesi prive di qualsiasi fondamento) nei confronti dell’Agenzia, accusandola di aver arruolato tra le sue fila «terroristi» direttamente implicati negli attacchi del 7 ottobre. Le dichiarazioni del governo israeliano avevano comportato la sospensione, in attesa di ulteriori verifiche, dei fondi erogati dalle Nazioni Unite e da altri membri della comunità internazionale, con gravi e dirette conseguenze sulla sicurezza e la qualità della vita dei profughi palestinesi, in primo luogo di quelli imprigionati nella Striscia di Gaza.

[di Valeria Casolaro]

Elezioni Liguria: vince Bucci del centrodestra

0

Il candidato della coalizione governativa di centrodestra, Marco Bucci, ha vinto le elezioni regionali in Liguria. Bucci, già sindaco di Genova, si è imposto sul candidato del centrosinistra, Andrea Orlando, per qualche migliaio di voti, ottenendo il 48,77% delle preferenze, contro il 47,36% del rivale. Ferma al 45,97% l’affluenza, in netto calo rispetto all’ultima tornata elettorale del 2020 (53,4%). Le elezioni regionali in Liguria del 2024 si sono tenute domenica 27 e lunedì 28 ottobre. Sono state le prime elezioni anticipate nella regione, indette dopo le dimissioni del Presidente uscente, Giovanni Toti, coinvolto in un’inchiesta della Procura di Genova.