In Italia decine di migliaia di persone hanno manifestato per fermare la guerra e costruire la pace. Sono oltre 80.000 secondo gli organizzatori, che hanno spiegato di aver organizzato il tutto «come momento di esplicitazione per le proposte concrete, che ribadiamo quotidianamente, della società civile che chiede percorsi di pace, disarmo, giustizia sociale e climatica». La manifestazione è stata promossa da Europe for Peace, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, AssisiPaceGiusta, Sbilanciamoci e da oltre 400 «organizzazioni della società civile di tutta Italia». Si è svolta a Bari, Cagliari e Palermo nella mattinata di sabato 26 ottobre, mentre nel pomeriggio i cortei hanno avuto luogo a Roma e Firenze, seguiti da quelli di Milano e Torino, che non si sono fatti scoraggiare nemmeno dalla pioggia. «Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora» è stato il filo conduttore dell’occasione.
Gli organizzatori hanno spiegato che, nonostante la manifestazione abbia riguardato temi storici già parte del movimento per la pace e il disarmo, sono stati introdotti alcuni “elementi nuovi” che rendono l’iniziativa ancora più urgente. Il primo riguarda il “contesto”: si è di fronte a una stagione di riarmo “chiaro e forte” come non succedeva da decenni. «Ciò che prima veniva deciso in termini meno dispendiosi, ma con opacità e reticenze, oggi viene rivendicato: da qui la crescita enorme delle risorse che gli Stati mettono a disposizione del comparto militare, in particolare per quanto riguarda la produzione e il commercio di nuovi sistemi d’arma», viene ricordato nel testo di presentazione della mobilitazione. In secondo luogo, viene posta l’attenzione sulla situazione globale, non solo dal punto di vista della politica e delle relazioni internazionali, ma anche in un mondo che, secondo l’organizzazione, non riesce più a trovare un equilibrio multilaterale per avanzare nell’accesso ai diritti universali.
A cascata, le altre proposte: ridurre la spesa militare a livello nazionale e globale, creare nuovi percorsi di disarmo, utilizzare le risorse liberate dalla spesa militare per interventi sociali e ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace, tassare gli extra profitti dell’industria militare, ridurre i fondi destinati alle missioni militari all’estero e aumentare i controlli sull’influenza indebita dell’industria militare sul bilancio e sulle esportazioni. «La spesa militare globale è in crescita da oltre due decenni, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della ripresa di retoriche e politiche sempre più allineate alle richieste del comparto militare-industriale-finanziario». «È tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste nostre proposte di alternativa alle spese militari e su cosa davvero sia necessario per ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni», scrivono gli organizzatori.
Da ieri sera il maltempo ha provocato nuove esondazioni ed allagamenti in diverse zone tra la Liguria ed il Piemonte e in Sardegna, portando inoltre a due dispersi attualmente ricercati dai Vigili del Fuoco. In Liguria le forti piogge che hanno interessato il Ponente ligure hanno provocato danni per allagamenti e numerose frane sulla rete delle strade secondarie. Continuano le ricerche del 62enne disperso da ieri pomeriggio in provincia di Genova, in seguito ad uno smottamento del terreno. A Torino è stata disposta la chiusura dei Murazzi del Po, mentre a Cagliari ed Oristano sono stati effettuati un centinaio di interventi dei Vigili del Fuoco, che sono ancora alla ricerca di un uomo disperso nel capoluogo.
Una svolta esistenziale quella che potrebbe intraprendere la Georgia, piccolo paese caucasico di più di 3 milioni di abitanti situato immediatamente a sud della Russia e ai margini dell’Europa, intesa sia come continente che come concetto culturale e geopolitico. Questo paese dalla cultura, lingua e tradizioni millenarie si trova da sempre protagonista di una danza della sopravvivenza che lo avrebbe portato quest’oggi a questo punto critico della sua storia. Ieri, 26 ottobre, nel Paese si sono svolte le attese elezioni legislative e, con lo scrutinio che volge al termine, il ministero dell’Interno riconosce al partito considerato filo-russo “Sogno Georgiano” la vittoria con il 54,2%.
La tornata elettorale ha portato il governo di Tbilisi a varare, nei mesi precedenti le elezioni, leggi malviste dai governi europei e occidentali allo scopo di mantenere il consenso dell’elettorato più tradizionalista e di mostrare una maggiore apertura verso la Russia, partendo dalla legge sugli “Agenti stranieri” e arrivando a strette sui diritti civili, vietando i matrimoni tra persone dello stesso sesso e ponendo pesanti restrizioni all’aborto. Il partito avrebbe promesso anche la messa al bando di alcuni dei principali partiti di opposizione in caso di vittoria, una dichiarazione che ha generato non poche critiche in Occidente. Il conflitto interno ed il dissenso di una parte della società sono però radicati e già noti anche al di fuori del paese.
In un angolo del ring, il fondatore del Kartuli Otsneba, Boris “Bidzina” Ivanishvili, imprenditore tra quelli che fecero fortuna approfittando delle grandi privatizzazioni concomitanti con la fine dell’Unione Sovietica e che rivestì brevemente il ruolo di primo ministro della Georgia dopo aver vinto le elezioni del 2012. Nell’angolo opposto la Presidente della Georgia, Salome Zourabishvili. Nata in Francia e formata in campo diplomatico a Parigi, fu appoggiata nella sua candidatura indipendente alla presidenza nel 2018 proprio da Sogno Georgiano. Oggi è portatrice di una voce occidentalista e molto critica dell’operato dello stesso partito, che Bidzina fondò con lo scopo principale, almeno a parole, dell’ingresso della Georgia in UE e NATO.
Meglio fuori che dentro: la politica interna solo come riflesso
Queste polarizzazioni presenti in seno al Parlamento georgiano sono però solo lo specchio della frizione tra forze esterne agenti sul piccolo paese caucasico.A partire dall’indipendenza dall’URSS, la Georgia si vide rientrare appieno nel neocostituito giardino di casa russo per tutti gli anni ‘90, in particolare dopo la devastante guerra civile del ‘91-’93 che aprì la strada al secessionismo delle regioni di Abkhazia e Ossezia del Sud.
Nel 2003 però avvenne la svolta. La Rivoluzione delle Rose segnò la discesa in campo di Mikheil Saak’ashvili ed il sovvertimento del governo di stampo post-sovietico di Eduard Shevardnadze. Questo cambiamento venne sostenuto da ONG finanziate da governi di paesi occidentali, Stati Uniti ed Unione Europea in testa. Le ONG avrebbero giocato nei successivi anni un ruolo di fondamentale importanza in Georgia, fungendo da istituti di influenza europea e statunitense tramite, ad esempio, progetti di riqualificazione e sviluppo che avrebbero dovuto migliorare le infrastrutture, i servizi e l’impianto amministrativo del paese. Lo scopo dichiarato: preparare la Georgia alla “democratizzazione” e all’accesso ad UE e NATO. Quello strategico: formare una futura classe politica aderente agli ideali occidentali, garantirsi la fedeltà di migliaia di cittadini georgiani e rinforzare quest’ultima con progetti di cooperazione nell’ambito della formazione e dell’educazione e sovvenzionando media e giornalismo.
Con la presidenza Bush Jr., gli Stati Uniti miravano a indebolire la Russia nei territori della sua orbita strategica anche da un punto di vista militare. Nel 2007, il governo di Saak’ashvili costruiva nuove basi militari e impegnava le forze di difesa georgiane in addestramenti congiunti con quelle statunitensi. «Ci siamo oggi accordati sul fatto cheUcraina e Georgia diventeranno membri NATO» si legge nella Dichiarazione del Summit di Bucarest del 2008. Durante l’incontro Francia, Germania e Italia si espressero a sfavore dell’offerta dello status di membro a Ucraina e Georgia per evitare un deterioramento dei rapporti con la Russia. Il mese dopo, un cacciatorpediniere statunitense attraccava al porto di Batumi per “portare aiuti umanitari al suo alleato”. Il mese successivo, una guerra di due settimane servì alla Russia per consolidare la sua presenza nelle due repubbliche separatiste e fornire alla Georgia un chiaro avvertimento tramite un’invasione del paese che passò relativamente sotto traccia nei media occidentali: secondo Mosca, la strada dell’accesso alla NATO non era un’opzione per Tbilisi.
Il peggioramento della situazione politica in Ucraina ed un cambio della guardia con la sconfitta del partito di Saak’ashvili alle parlamentari del 2012 avrebbero posto le basi per l’inizio dell’attuale giocoleria geopolitica della Georgia, condotta principalmente da esponenti di Sogno Georgiano, tra dichiarazioni di volontà di ingresso nell’UE e spostamenti su posizioni più filo-russe.
Gli insoliti “Infopoint NATO” e la propaganda occidentale
Tra i più curiosi istituti di propaganda occidentale operanti nel paese dagli anni 2000 ad oggi ci sarebbero stati gli “Information Centre on NATO and EU” di Tbilisi. Il primo era un tempo collocato all’interno della Biblioteca Nazionale del parlamento, nella quale peraltro esiste una sezione dedicata all’Abkhazia che si trova nell’atrio di ingresso: visibile a tutti, ma non dotata di un proprio, dignitoso posto in una delle sale del palazzo, al pari delle altre sezioni storiche e letterarie. Come se fosse esposta per scherno.
Recentemente però, il ”Centro Informazioni sulla NATO e sull’UE” è stato spostato poche centinaia di metri più avanti, in Piazza della Libertà (Tavisuplebis Moedani). La piazza, scelta in maniera assolutamente non casuale, è considerata il cuore politico di Tbilisi: è esattamente qui che scoppiarono rispettivamente le proteste a favore dell’indipendenza dall’Unione Sovietica e la Rivoluzione delle Rose del 2003, ed è qui che ciclicamente scoppiano le varie proteste pro-UE e pro-Occidente condotte da studenti e classe media urbana.
A causa della legge sugli agenti stranieri e del crescente clima di tensione tra Georgia ed Occidente, però, il nuovo Centro, già pronto per essere operativo con tanto di vetrine, tabelloni e decorazioni a tema UE e NATO, non vedrà mai la luce. Entrando e parlando con una guardia e con un giovane impiegato, ci si rende conto che nemmeno i dipendenti hanno bene idea di ciò di cui il centro si sarebbe dovuto occupare se non un non meglio specificato “tenere incontri ed eventi” per promuovere l’ingresso della Georgia in UE e NATO.
L’impiegato parla con tono di disfatta della situazione: «Non so bene che cosa faremo ora». Chiedendogli se sa da dove provenissero i fondi per finanziare l’attività del centro, mi conferma: «Eravamo finanziati solo dal Ministero degli Affari Esteri georgiano e dall’Ambasciata degli Stati Uniti, non dall’Unione Europea». Parlando di una possibile invasione russa della Georgia se questa fosse entrata nella NATO e se si fosse posizionata fermamente e definitivamente contro Mosca, dice: «Non ha senso. Quello di cui stai parlando è fantascienza».
Il distacco dall’Occidente
Reperire dati sui flussi di denaro iniettati dai governi occidentali nelle ONG ed in altre varie istituzioni era ovviamente molto difficile, e da qui la legge sugli “Agenti stranieri” tacciata di “filoputinismo” in Occidente, ma presente allo stesso modo nella legislazione statunitense, russa e australiana. Segando le gambe alle ONG, Sogno Georgiano avrebbe tappato la principale breccia dell’Occidente nella società e nella politica georgiana, mostrando però in questo modo, nuovamente e volutamente, il fianco alla Russia.
In seguito all’aggravarsi della guerra in Ucraina, il governo georgiano ed in particolare esponenti del Sogno Georgiano avrebbero infatti sempre più preso le distanze dalle posizioni dell’Occidente, probabilmente per il comprensibile timore di fare la fine del vicino, martoriato paese dell’Europa Orientale. Dopo la sospensione del programma Noble Partner ed il generale peggioramento dei rapporti strategici con gli Stati Uniti, la Georgia si trova a dover aumentare la sua spesa militare essendo, tra i tre paesi transcaucasici, quello con le forze militari più ristrette (37.000 unità) ed il budget per la difesa nazionale più basso (500 milioni di dollari all’anno).
Probabilmente anche per fare fronte a queste spese, la Georgia ha tentato recentemente di diversificare la sua economia con metodi non convenzionali, ad esempio cercando di aumentare gli introiti derivanti dal gioco d’azzardo, il quale avrebbe visto un’esponenziale crescita dovuta a legislazioni favorevoli, facilità nell’ottenimento delle licenze e alla vicinanza di Batumi, il principale hub di gioco del paese, alla Turchia, dove il gioco è invece illegale.
“Tra i due litiganti, la Cina gode”
Le tensioni continueranno per anni anche dopo la travagliata fase elettorale dell’autunno del ‘24, ed il risvolto dipenderà molto anche dall’azione della nuova amministrazione statunitense. La possibilità di apertura di un nuovo fronte di guerra con la Russia non è ancora del tutto dissipata.
Intanto, tra i due litiganti, la Cina gode. Il piano geopolitico cinese delle Nuove Vie della Seta per quest’area passa attraverso le infrastrutture costruite in Asia Centrale per il trasporto di merci cinesi verso ovest, attraversa il Mar Caspio e arriva fino al Caucaso meridionale. Il porto di Baku riveste un’importanza strategica per i cinesi grazie alla sua posizione al centro del Mar Caspio, e quindi del “Corridoio centrale” della Belt and Road Initiative.
Proprio in Azerbaijan la Cina non è riuscita ad applicare il suo modello di “trappola del debito” per la costruzione di enormi opere infrastrutturali a debito grazie alla oculata scelta di Baku di auto-finanziarsi interamente qualsiasi lavoro di potenziamento della linea ferroviaria Baku-Tbilisi-Kars, che dal Mar Caspio porta in Anatolia. La Georgia, tuttavia, non è stata altrettanto lungimirante, accettando finanziamenti per grosse opere stradali e la costruzione di un nuovo porto sul Mar Nero immediatamente adiacente al confine con l’Abkhazia.
Ovunque si vada sulle principali direttrici terrestri georgiane, si incontra prima o poi un megaprogetto cinese. I cartelloni che lo illustrano a volte sono bilingue in georgiano e cinese, a volte solo in cinese. Gli operai che lavorano nei cantieri sono, almeno alla vista, tutti cinesi. Con l’indebitamento, la mancata creazione di posti di lavoro e l’inquinamento e alterazione del paesaggio, il guadagno della Georgia con queste opere sarebbe quindi solo quello di migliorare la rete logistica interna al paese, ad esempio come nel caso del corridoio Nord-Sud che diminuirà i tempi di trasporto verso la Russia attraverso un ponte e poi tunnel che permetteranno di evitare il trafficatissimo passo di Gudauri.
Il nuovo porto cinese di Anaklia sostituirà per importanza quello di Poti, ad oggi principale scalo commerciale marittimo del paese, dove ancora arrivano dagli Stati Uniti automobili usate che qui vengono ricondizionate e rivendute sul mercato georgiano. Una tratta che permette ad un georgiano di avere un’auto di matrice nordamericana come nuova per appena 4 o 5 mila euro, probabilmente possibile grazie ad accordi con centri di ritiro di auto usate negli Stati Uniti. Uno schema esistente anche in alcuni paesi africani con auto europee.
Un futuro in bilico
Le campagne georgiane ed i centri minori, abitati da circa i 2/3 della popolazione, sono dove mediamente la popolazione si definisce più a favore del riallacciamento dei rapporti con la Russia ai fini di evitare una guerra aperta. I grandi centri urbani e, al loro interno, soprattutto i giovani sono maggiormente favorevoli a un’apertura verso Occidente. Una dinamica comune a molti Paesi appartenenti allo spazio post-sovietico.
La divisione sociale si riflette in quella politica, che si muove storicamente in una danza per la sopravvivenza, sin dalle sue più antiche origini condotta strategicamente sul vertice che separa due facce di un dado, cercando di rimanere sempre più inclinata verso la faccia che, rivolgendosi verso l’alto, rivelerà il numero vincente. In un momento di crisi dove questo dado, quello della politica internazionale, sembra però star aumentando sempre di più il suo numero di facce e sembra star venendo lanciato sempre più freneticamente da una parte all’altra del tavolo da gioco, la Georgia deve stare molto attenta alla parte verso cui tendere, senza neanche la garanzia che sia una delle due facce a sua disposizione ad atterrare, anche questa volta, rivolta verso l’alto.
Sembrano ormai destinate a finire con la vittoria di Sogno Georgiano le elezioni parlamentari in Georgia. Lo riportano le agenzie di stampa come Interpressnews, la quale precisa che dopo i conteggi effettuati in 3.085 distretti su 3.111 (ovvero oltre il 99% sul totale), il partito è in testa con il 54,273%, seguito da Coalizione per il cambiamento al 10,8% e da Unità – Movimento Nazionale a 10 punti percentuali. I risultati seguono numerose dichiarazioni controverse tra partiti di governo e di opposizione, i quali hanno contestato i risultati dichiarando che non li avrebbero accettati: «Si tratta di un colpo di stato costituzionale». «Il popolo georgiano ha votato per il futuro europeo di questo Paese e pertanto non accetteremo questi risultati falsificati pubblicati dalla CEC (Commissione elettorale centrale)».
Il ministero dell’Interno è stato indicato dal Giudice per le Udienze Preliminari di Roma come responsabile civile nel processo relativo al caso Hasib Omerovic, “caduto” dalla finestra della popria abitazione durante un sopralluogo della polizia. In caso di condanna dei poliziotti, dunque, anche il Viminale sarà tenuto a risarcire i danni per il pestaggio e le umiliazioni inflitti al trentasettenne sordomuto di etnia rom, nel corso di quella che, dalle ricostruzioni, sembrerebbe essere stata una vera e propria spedizione punitiva nei suoi confronti. I fatti risalgono all’estate del 2022. Su Omerovic giravano voci, mai confermate, secondo cui l’uomo avesse molestato una ragazza, scattandole delle foto. Nella tarda mattinata del 25 luglio, una squadra di poliziotti in borghese si è presentata alla sua porta, e uno di loro, indagato per tortura, lo avrebbe pestato, legato, e umiliato. In un gesto disperato per sfuggire alle violenze, il ragazzo si sarebbe lanciato dalla finestra, finendo in coma per oltre 50 giorni.
La notizia che il Viminale è stato citato come responsabile civile nel caso Omerovic risale a venerdì 25 ottobre, data di apertura del processo, la cui prossima udienza si terrà il 21 febbraio 2025. Gli agenti coinvolti nella vicenda sono quattro: uno, Fabrizio Ferrari, ha deciso di patteggiare una pena di 11 mesi di reclusione per la redazione del verbale falso, dopo avere fornito la cruciale testimonianza che inchioderebbe Andrea Pellegrini, all’epoca assistente capo del commissariato Primavalle, accusato di tortura. Gli altri due, Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, dovranno, come Ferrari, rispondere di falso, e hanno chiesto il rito abbreviato, che permetterebbe lo sconto di un terzo della pena.
Il pestaggio di Omerovic sarebbe avvenuto il 25 luglio 2022, quando, poco prima dell’ora di pranzo, quattro agenti in borghese si presentarono alla porta di Hasib Omerovic riferendo di dover eseguire un controllo dei documenti. Secondo il racconto reso da Ferrari ai pm, Pellegrini avrebbe prima schiaffeggiato Omerovic, per poi minacciarlo con un coltello da cucina. L’agente avrebbe poi sfondato la porta della stanza dell’uomo, nonostante questi «si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi», lo avrebbe costretto a sedersi, legandogli i polsi con il filo elettrico del ventilatore e, continuando a minacciarlo con il coltello, avrebbe aggiunto: «Se lo rifai, te lo ficco nel c…», continuando nel mentre a schiaffeggiarlo. Una volta riuscito a liberarsi, Omerovic si sarebbe poi gettato dal balcone della sua stanza per sfuggire ai soprusi, finendo in coma in ospedale per diversi mesi. I sopralluoghi successivi hanno poi rinvenuto, all’interno dell’appartamento, il bastone di una scopa rotto, la porta della camera di Hasib sfondata, un termosifone quasi divelto dal muro e sangue sulle lenzuola. Una volta rientrato in caserma, Pellegrini si sarebbe rivolto ad un collega domandandogli: «Che te frega se muore?». Il racconto di Ferrari coincide con quello della sorella di Omerovic, presente in casa per l’intera durata dell’aggressione.
Come d’abitudine, anche quest’anno torna l’ora solare durante l’ultimo weekend di ottobre. Il passaggio dall’ora legale a quella solare avverrà nella notte di sabato 26 ottobre e domenica 27 alle ore 3:00, quando le lancette dell’orologio dovranno essere spostate un’ora indietro. I dispositivi digitali come smartphone, smartwatch, pc, tablet e console, invece, si aggiorneranno in maniera automatica. Il provvedimento è in discussione da anni: da una parte, chi è favorevole cita i dati relativi ad un maggiore risparmio energetico, mentre dall’altra, chi critica la decisione sostiene che il cambio dell’ora avrebbe potenziali impatti negativi sulla salute che vanno dall’alterazione del ritmo circadiano alla diminuzione della concentrazione.
Avrebbero prelevato migliaia di informazioni da banche dati strategiche nazionali per poi rivenderle a chi chiedeva, realizzando centinaia di migliaia di euro di profitti negli ultimi due anni: è quanto emerge dalle indagini realizzate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano con il nucleo investigativo dei Carabinieri di Varese. Tra gli indagati anche ex dipendenti di una società di investigazione, consulenti informatici e appartenenti alle forze dell’ordine, che avrebbero rivenduto anche le informazioni sensibili appartenenti ad esponenti politici. Un’indagine che «consente di iniziare a unire qualche puntino» per «comprendere il funzionamento di un gigantesco mercato delle informazioni riservate», ha commentato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo.
È il più grande agglomerato di corpi celesti simile alla Via Lattea mai osservato, presenta una struttura che sfida l’attuale comprensione dell’evoluzione galattica ed è stata chiamata REBELS-25: è la galassia scoperta da un gruppo di scienziati internazionale guidato da Lucie Rowland dell’Università di Leiden nei Paesi Bassi e comprendente anche due ricercatori italiani della Scuola Normale Superiore di Pisa, i quali hanno pubblicato i loro risultati all’interno di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e accettato per la pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Mentre la maggior parte delle galassie primordiali appaiono caotiche, REBELS-25 mostra una struttura ordinata con un disco in rotazione e, secondo i calcoli, potrebbe possedere perfino una barra centrale e bracci a spirale. Ciò, secondo i ricercatori, suggerisce che l’evoluzione delle galassie potrebbe essere più veloce del previsto e che i modelli di formazione potrebbero dover essere rivisti.
Secondo la teoria corrente, le galassie primordiali dovrebbero apparire disordinate e “grumose”, presentando una struttura caotica che dovrebbe essere tipica delle prime fasi della loro formazione. Gli agglomerati come la Via Lattea infatti, spiegano i ricercatori, avrebbero impiegato miliardi di anni per raggiungere tale organizzazione e uniformità, in quanto il processo si basa su fusioni di piccole galassie che generano una massa più stabile e definita. «Secondo la nostra comprensione della formazione delle galassie, ci aspettiamo che la maggior parte delle galassie primordiali siano piccole e dall’aspetto disordinato», conferma Jacqueline Hodge, astronoma presso l’Università di Leida, nei Paesi Bassi, e coautrice dello studio. Tuttavia, utilizzando il telescopio submillimetrico ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) situato nel deserto cileno di Atacama e costruito dall’European Southern Observatory (ESO), il team ha scoperto una galassia che sfida tali teorie e hanno deciso di chiamarla REBEL-25.
I ricercatori sono riusciti ad osservare come appariva la galassia 700 milioni di anni dopo il Big Bang, ovvero solo il 5% dell’età dell’attuale universo. Gli autori poi, grazie ad una serie di osservazioni ad alta risoluzione permesse dall’estrema precisione di ALMA – che è uno dei pochi strumenti al mondo capaci di rilevare dettagli così precisi su oggetti distanti, osservando la luce emessa miliardi di anni fa, hanno riscontrato anche indizi di bracci a spirale e di una barra centrale, ovvero la struttura allungata composta di stelle, gas e polveri che si trova spesso nel centro di galassie simili, sebbene avvisano che saranno necessarie ulteriori conferme per verificarne l’effettiva presenza. «Vedere una galassia con tali somiglianze con la Via Lattea, fortemente dominata dalla rotazione, sfida la nostra comprensione di quanto velocemente le galassie nell’Universo primordiale si evolvano nelle galassie ordinate del cosmo odierno», aggiunge Rowland, che conclude: «Trovare ulteriori prove di strutture più evolute sarebbe una scoperta entusiasmante, poiché sarebbe la più distante galassia fino ad oggi per cui tali strutture sono osservate».
Un neonato di 40 giorni è stato salvato dalla cecità grazie ad un intervento chirurgico innovativo – definito il “primo al mondo” – eseguito grazie alla tecnologia 3D, che ha permesso ai chirurghi una percezione della profondità notevolmente superiore rispetto ai microscopi tradizionali. Affetto da cataratta congenita e da una rara patologia oculare, il piccolo è stato operato all’Ospedale Molinette di Torino in condizioni critiche, con un intervento che ha richiesto una precisione eccezionale, dato il suo sviluppo anatomico incompleto. «Eravamo più in ansia per l’anestesia che per l’intervento. L’operazione è durata due ore, quando ci hanno detto che tutto era andato bene abbiamo avuto un tuffo al cuore dalla gioia», hanno dichiarato i genitori.
Dopo giorni di devastazione, la tempesta “Trami” ha abbandonato il suolo delle Filippine, lasciando dietro di sé almeno 76 morti e circa 320.000 sfollati. Il ciclone che si è abbattuto sull’arcipelago ha causato frane e inondazioni, demolendo abitazioni e interessando circa 2,5 milioni di persone. Luoghi di lavoro, infrastrutture, e scuole sono stati chiusi per fare fronte all’emergenza. A venire principalmente colpita è stata la regione di Bicol, specialmente la città di Naga, dove solo nelle ultime 24 ore si sono registrati 14 decessi. La tempesta è ora diretta in Vietnam, ma non si esclude che possa tornare indietro a causa delle correnti.
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