Il TAR del Lazio ha sospeso, ancora una volta, il decreto del ministero della Salute che ha inserito le composizioni orali contenenti cannabidiolo (il cosiddetto CBD) nella tabella delle sostanze stupefacenti. I giudici hanno accolto, come negli altri casi, il ricorso presentato da ICI (Imprenditori Canapa Italia), bloccando di fatto il quarto tentativo di mettere al bando i prodotti a base di CBD da parte del governo. Il decreto del governo intendeva relegare la vendita dei composti a uso orale a base di CBD alle sole farmacie, dietro ricetta medica non ripetibile. L’udienza di merito in vista della sentenza è stata fissata per il 16 dicembre.
Dichiarazioni false sui vaccini: la multinazionale Moderna denunciata dai propri azionisti
Un gruppo di azionisti ha intentato lo scorso agosto negli Stati Uniti un’azione collettiva contro la casa farmaceutica Moderna, accusata di aver rilasciato «dichiarazioni sostanzialmente false e fuorvianti» sull’efficacia del suo vaccino contro il virus respiratorio sinciziale (RSV), causando danni significativi agli investitori. Quando, infatti, l’azienda farmaceutica ha rivelato che l’efficacia del vaccino era inferiore rispetto a quanto precedentemente dichiarato, il prezzo delle azioni è bruscamente sceso. La causa è stata depositata il 9 agosto presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto del Massachusetts e nomina come imputati Moderna e i suoi dirigenti, tra cui l’amministratore delegato Stéphane Bancel, il direttore finanziario James M. Mock e il presidente Stephen Hoge. «Gli imputati hanno agito con sconsiderato disprezzo per la verità in quanto non hanno accertato o si sono rifiutati di rivelare fatti che avrebbero mostrato la natura materialmente falsa e fuorviante delle dichiarazioni rese, sebbene tali fatti fossero facilmente accessibili agli imputati» si legge nel testo della causa. Ad accusare Moderna sono gli investitori che hanno comprato le azioni dell’azienda tra il 18 gennaio 2023, giorno in cui è stato annunciato che l’mRNA-1345 (il candidato vaccino contro il virus respiratorio sinciziale) aveva raggiunto gli obiettivi primari di efficacia negli studi clinici di fase 3, e il 25 giugno 2024.
Nell’annuncio del 17 febbraio 2023, Moderna aveva affermato che la sperimentazione clinica di fase 3 del vaccino a mRNA sugli over 60 aveva dimostrato un tasso di efficacia dell’83,7% «contro la malattia delle vie respiratorie inferiori associata al RSV come definita da due o più sintomi». Secondo quanto si legge nel testo della causa, la compagnia farmaceutica avrebbe più volte, nel corso del 2023 e fino a marzo del 2024, affermato tale tasso di efficacia, anche durante le riunioni trimestrali sugli utili con gli investitori, nei comunicati stampa e in altri documenti. Sulla base dell’efficacia dichiarata, Moderna aveva presentato la domanda di licenza biologica alla Food and Drug Administration (FDA) nel luglio del 2023. Tuttavia, quando la FDA ha approvato il vaccino in questione per gli adulti oltre i 60 anni, il comunicato stampa con cui l’azienda annunciava l’approvazione «indicava un’efficacia del vaccino di solo il 78,7%, significativamente inferiore all’efficacia del vaccino dell’83,7% che Moderna aveva precedentemente identificato», si legge negli atti depositati. «A seguito di questa notizia, il prezzo delle azioni Moderna è sceso di 8,94 dollari ad azione, o del 5,9%, chiudendo a 142,55 dollari ad azione il 31 maggio 2024», secondo quanto riportato nei documenti della causa. Inoltre, secondo i querelanti, nel giugno del 2024 «Moderna ha rivelato che dopo 18 mesi, l’mRNA-1345 si è dimostrato efficace solo dal 49,9% al 50,3% contro i molteplici sintomi della malattia delle vie respiratorie inferiori».
Gli investitori hanno accusato la nota azienda farmaceutica essenzialmente per ragioni legate a interessi economici. Tuttavia, è in gioco una questione ben piĂą importante, vale a dire l’affidabilitĂ delle dichiarazioni delle multinazionali del farmaco e, di conseguenza, anche la sicurezza sulla salute dei farmaci da esse sviluppati. Oltre alle dichiarazioni fuorvianti sull’efficacia, infatti, il vaccino contro l’RSV prodotto da Moderna sarebbe stato approvato senza il contributo del comitato consultivo indipendente sui vaccini, in quanto la FDA non ha riscontrato «preoccupazioni o questioni controverse» che rendessero necessario tale contributo al processo di approvazione, ha affermato l’agenzia nella sua lettera di approvazione. «PoichĂ© il comitato consultivo sui vaccini della FDA non ha discusso i dati, non c’è stata alcuna discussione accessibile al pubblico sull’efficacia e sui rischi del vaccino, nĂ© spazio per commenti pubblici, come solitamente avviene in tali riunioni», riferisce il sito specializzato The Defender. Similmente, rischi per la salute dovuti ai vaccini erano giĂ emersi con il caso del vaccino Vaxzevria a vettore virale prodotto da AstraZeneca: l’azienda anglo-svedese il maggio scorso aveva dovuto ammettere – anche in questa circostanza nell’ambito di una causa collettiva intentata nel Regno Unito – che “il vaccino in casi molto rari può causare Tts”, ossia sindrome da trombosi con trombocitopenia, dopo averlo sempre ostinatamente negato.
Il controllo di comitati indipendenti risulta ancora più necessario se si pensa che uno dei principali obiettivi delle aziende farmaceutiche sono i profitti: la stessa Moderna, infatti, aveva dichiarato che sperava di conquistare parte di quello che reputava sarebbe stato un mercato da 10 miliardi di dollari per il virus respiratorio sinciziale (RSV), dopo che le sue vendite del primo trimestre sono diminuite del 91% rispetto alle vendite dello stesso trimestre del 2023, a causa del calo della domanda per il suo vaccino mRNA COVID-19. A differenza di quest’ultimo, i produttori dei vaccini contro l’RSV non sono protetti dalla responsabilità  ai sensi del Public Readiness and Emergency Preparedness (PREP) Act.
Se da un lato, gli investitori che hanno intentato la causa sembrano interessati solo al lato economico chiedendo il risarcimento per i danni subiti, dall’altro la vicenda mette in luce la poca trasparenza delle dichiarazioni delle multinazionali del farmaco oltre ai conflitti d’interesse e alla complicità tra queste ultime e le agenzie regolatorie, gettando ulteriori coni d’ombra sulla sicurezza dei vaccini e sulla tutela della salute dei cittadini.
[di Giorgia Audiello]
Con la scusa del terrorismo la Turchia sta bombardando a tappeto il Kurdistan
Dopo l’attacco di ieri alla sede delle industrie aerospaziali turche TUSAS vicino ad Ankara, il Presidente Erdogan ha trovato il pretesto perfetto per intensificare i propri attacchi nel Kurdistan. Ieri, poco prima di mezzanotte, l’aviazione turca ha colpito obiettivi in quasi tutta la regione, dal Rojava (il cosiddetto “Kurdistan siriano”) al Kurdistan del sud (definito gergalmente come “Kurdistan iracheno”). Bersagliate infrastrutture energetiche, distrutti siti di stoccaggio per il grano, e oltre dieci morti nel Rojava, dove, in generale, quasi tutta l’area di confine con la Turchia risulta sotto il fuoco di Ankara. Bombardamenti ininterrotti per una ventina di minuti nel Kurdistan meridionale, dove sono state colpite anche abitazioni civili. Con la scusa del “terrorismo”, insomma, procede senza sosta la campagna di devastazione del Kurdistan, intensificandosi ogni giorno di piĂą.
I bombardamenti turchi nelle aree del Rojava e del Kurdistan del sud sono iniziati nelle ultime ore di ieri, e sono andati avanti tutta la notte. Nel pomeriggio, poco dopo l’attacco alla sede TUSAS, il ministro della difesa turco ha attribuito la responsabilitĂ dell’azione al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), l’organizzazione armata che lotta per l’autonomia dei curdi. L’attacco a TUSAS ha funto così da pretesto perfetto per intensificare l’offensiva sul Kurdistan. La maggior parte degli attacchi si è concentrata sul Rojava. Sette distinti bombrdamenti con droni hanno colpito il centro della cittĂ di Kobane, distruggendo infrastrutture civili e danneggiando una centrale elettrica, lasciando la cittĂ senza elettricitĂ ; nella stessa regione di Kobane sono stati presi di mira diversi villaggi nei pressi della cittĂ di Manbij, bersagliati con colpi di artiglieria. Presso la cittĂ di Derik (nome curdo di Al-Malikiyah) sono state lanciate decine di colpi contro una centrale energetica a gas, e sono state prese di mira le aree rurali. La maggior parte dei danni sono stati fatti nei pressi di Qamishlo, dove sono stati presi di mira silos per il grano, edifici delle forze di sicurezza interne, e un centro sanitario. Nella regione di cui Qamishlo risulta capitale, sono state gravemente danneggiate due strutture petrolifere e una centrale elettrica. Danni anche su diverse aree di Tal Rifat. Complessivamente, sono state uccise circa quindici persone. Parallelamente, sono andati avanti anche gli attacchi nel Kurdistan meridionale. Qui è stato segnalato un bombardamento su larga scala nelle aree di Medya, mentre la regione di GarĂŞ, veniva colpita da aerei da combattimento e droni. Attacchi aerei anche su distretti delle cittĂ di Sulaymaniyya, Dihok e Sinjar.
L’aggressione turca contro la popolazione curda va avanti da tempo, ma è tornata a intensificarsi lo scorso ottobre, dopo che due agenti sono stati feriti nel corso di un attacco ad Ankara all’inizio di quel mese – il primo dal 2016, la cui paternità è stata rivendicata da un ramo del PKK. Durante le aggressioni curde, la popolazione civile diventa obiettivo primario. Da quel momento sono aumentati gli attacchi nel Rojava, dove la Turchia sta compiendo veri e propri crimini di guerra, e portando avanti una campagna di repressione etnica ignorata dai Paesi occidentali per convenienze geopolitiche che si attuano in una impassibile forma di realpolitik. Anche la repressione nel Kurdistan meridionale non si è mai fermata, e, ormai, con la scusante di combattere i guerriglieri curdi, la Turchia sta di fatto occupando la regione. Si sta rendendo a tal proposito sempre più evidente il doppio gioco che Erdogan sta facendo nel condannare il massacro palestinese da una parte per continuare a perpetrare la propria personale rappresaglia etnica dall’altra, nell’assoluta libertà garantita dal silenzio generale.
[di Dario Lucisano]
Dal 2011 oltre cinquecentomila giovani hanno lasciato l’Italia
Negli ultimi tredici anni oltre mezzo milione di giovani hanno deciso di lasciare il Paese, in cerca di migliori condizioni di vita e lavoro all’estero. A dirlo sono i dati elaborati dalla Fondazione Nord Est e presentati ieri, mercoledì 23 ottobre, al CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Al netto dei rientri, si parla di oltre 370.000 ragazzi e ragazze che hanno deciso di abbandonare l’Italia, corrispondenti, in termini di perdita economica, a un capitale umano di oltre 130 miliardi di euro. Chi per necessitĂ , chi per scelta, la maggior parte si è trovata, effettivamente, in situazioni migliori: i giovani espatriati risultano piĂą soddisfatti dei rimasti, e quasi l’80% è occupato, contro il 64% nel nord Italia. Una situazione critica, considerando inoltre che l’Italia si piazza all’ultimo posto tra i grandi Paesi europei per attrazione di giovani. Lo Stivale accoglie, infatti, solo il 6% di giovani in partenza del Vecchio Continente, dato che rende pienamente l’idea di come “la fuga dei giovani” si configuri come una “vera emergenza nazionale”.
Il rapporto della Fondazione Nord Est è stato pubblicato lo scorso 29 agosto con il titolo “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, ma è stato presentato solo ieri, con qualche aggiornamento dei dati. Lo studio presentato riguarda il periodo 2011-2023 e prende in considerazione i giovani italiani di etĂ compresa tra i 18 e i 34 anni. Secondo le analisi, sarebbero 550.000 i ragazzi e le ragazze che hanno deciso di trasferirsi all’estero, pari a oltre 377.000 persone al netto dei rientri. Questi corrisponderebbero a una perdita di capitale sociale di 134 miliardi di euro potenzialmente triplicabili se si considera la sottovalutazione dei dati ufficiali. Per ogni giovane che arriva in Italia, insomma, otto la lascerebbero. Secondo il rapporto, la maggior parte degli emigrati (il 35%) proverrebbe dal nord, la metĂ sarebbe laureata e un terzo diplomato. Tra le motivazioni principali per cui i giovani partono si trovano le migliori opportunitĂ lavorative (25%), le opportunitĂ di studio e formazione (19,2%) e la ricerca di una qualitĂ della vita piĂą alta (17,1%); 10% per la migliore condizione salariale. Il grado di soddisfazione degli espatriati (56%) è molto piĂą alto rispetto a quello di coloro che sono rimasti (22%); il 69% crede in un futuro “felice” (contro il 45%); il 67% lo considera “ricco di opportunità ” (contro il 34%), e il 64% lo giudica “migliore” (davanti al 40%). Tra le cause, figura certamente la piĂą appagante situazione lavorativa sul fronte occupazionale, che raggiunge il 100% tra i non diplomati.
Guardando la situazione socio-economica del Belpaese non si può certo biasimare i giovani italiani che decidono di andarsene: l’ultimo rapporto Censis descrive la popolazione come “sonnambula”, impaurita, sfiduciata e scossa dalle difficoltĂ del Paese. Se si guardano effettivamente i dati sul reddito degli italiani, questo risulta mal distribuito e – nella sostanza – in calo. Male anche per quanto riguarda il dato occupazionale, per cui l’Italia figura, come da anni, fanalino di coda dell’Unione Europea. Secondo un rapporto di Aiop (Associazione italiana ospedalitĂ privata) realizzato in collaborazione con lo stesso Censis, gli italiani guadagnano e lavorano talmente poco che il 42% delle persone con redditi bassi nel 2023 ha rinunciato a curarsi. Guardando gli ultimi dati Eurostat, il quadro socio-economico risulta in una prospettiva generale in crisi su vari fronti, a partire dai dati sulle persone a rischio di povertĂ , passando agli eccessivi costi abitativi, fino ad arrivare ai livelli di insoddisfazione.
[di Dario Lucisano]
Libano, attacchi a Beirut: 3 morti
Nelle ultime ore di ieri, mercoledì 23 ottobre, l’aviazione israeliana ha lanciato una delle piĂą vaste offensive su Beirut degli ultimi giorni, uccidendo almeno tre persone e distruggendo sei edifici. Gli attacchi si sono concentrati sulle aree della periferia meridionale della capitale libanese, presso i quartieri di Jnah, Laylaki, e Dahieh, quest’ultimo considerato una delle roccaforti di Hezbollah. In totale sono stati lanciati diciassette distinti attacchi, in seguito ai quali sono scoppiati diversi incendi nelle aree degli edifici abbattuti. Rimane ancora ignoto se all’interno degli edifici vi fosse qualcuno. Nel frattempo continua anche l’invasione terrestre nel sud del Paese. Gli scontri si concentrano specialmente nell’area attorno a Tiro.
UE, approvato prestito da 35 miliardi all’Ucraina
Il Consiglio Europeo ha approvato il prestito di 35 miliardi di euro all’Ucraina, che verranno ripagati dai profitti straordinari derivanti dai beni congelati russi. Ad annunciarlo, la presidenza ungherese al Consiglio, che conferma il voto di ieri dell’eurocamera. Il nuovo finanziamento approvato fa parte del pacchetto del G7 concordato lo scorso giugno, per fornire fino a 45 miliardi di euro di sostegno finanziario all’Ucraina. L’importo finale che l’UE contribuirĂ potrebbe essere inferiore, a seconda dell’entitĂ dei prestiti forniti da altri partner del G7. I fondi stanziati a questa tornata verranno erogati fino alla fine del 2025.
Pisa, dieci poliziotti indagati per violenze sugli studenti durante la manifestazione
Dopo otto mesi dalla manifestazione, la Procura di Pisa ha avviato un’indagine su dieci agenti delle forze dell’ordine in relazione ai fatti avvenuti nella stessa cittĂ lo scorso 23 febbraio, quando gli studenti sono scesi in piazza per la Palestina. In quell’occasione, la polizia in tenuta antisommossa aveva caricato violentemente i giovani che stavano manifestando e che avevano cercato di superare pacificamente il cordone di agenti. Sull’accaduto si era espresso anche il Presidente della Repubblica Mattarella, che all’indomani della manifestazione aveva dichiarato che «con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento». A venire indagati, con accuse di eccesso colposo di legittima difesa e lesioni lievi colpose sembrano essere agenti del reparto mobile di Firenze e gli ufficiali addetti al mantenimento dell’ordine pubblico durante la manifestazione.
«Come disposto dalla procura di Pisa, la questura ha proceduto alla notifica delle informazioni di garanzia e dell’invito a rendere interrogatorio dinanzi al pm nei confronti di dieci appartenenti alla Polizia di Stato, coinvolti nei fatti accaduti a Pisa durante la manifestazione dello scorso 23 febbraio». Così, un comunicato della polizia annuncia l’avvio delle indagini sui membri delle forze dell’ordine accusati di cooperazione colposa, eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi, e lesioni personali. La procura ha affidato le indagini al Servizio Centrale Operativo, col supporto della squadra mobile e della Digos. Esse mirano a chiarire le circostanze e le dinamiche che hanno portato gli agenti a imbracciare gli sfollagente, e dovrebbero coinvolgere nello specifico sette agenti e tre funzionari. In questo momento, nessuno dei membri delle forze dell’ordine coinvolti nelle indagini svolge incarichi operativi all’interno della questura. L’iscrizione nel registro degli indagati è stata effettuata dopo le identificazioni degli interessati negli scontri, condotte dalla polizia scientifica di Pisa. Secondo la questura, a questi eventi hanno preso parte anche i circa cinquanta agenti presenti durante gli scontri, che si sarebbero autoidentificati.
I fatti del 23 febbraio riguardano un corteo per la Palestina svoltosi nella città di Pisa. I manifestanti erano partiti da piazza Dante, per poi sviare verso la stretta via San Frediano, in quel momento blindata dalla polizia. Imboccata la stradina, i manifestanti hanno provato ad avanzare con le mani alzate, venendo di tutta risposta colpiti da quella che la polizia ha definito «carica di alleggerimento» per allontanare i dimostranti e disperdere la folla, sfoderando i manganelli contro i presenti. Il bilancio è stato di 15 ragazzi feriti, di cui 11 minorenni, tutti refertati al pronto soccorso. Poco dopo gli eventi, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi si è espresso sulla vicenda, scaricando la colpa sugli studenti. Secondo l’informativa del titolare del Viminale, i ragazzi erano infatti venuti “volutamente a contatto con i reparti mobili”, avendo “provato, nonostante gli ammonimenti” a “forzare il blocco” della Polizia.
[di Dario Lucisano]
Brasile: nuove prove fossili svelano l’origine di uno dei dinosauri piĂą antichi della Terra
Aveva un corpo slanciato, un becco tagliente e caratteristiche simili a quelle dei primi dinosauri, ma è vissuto circa 237 milioni di anni fa: è il fossile di Gondwanax paraisensis, un antico rettile che potrebbe essere tra i dinosauri piĂą antichi mai trovati. I resti, rinvenuti in Brasile, suggeriscono che i dinosauri ornitischi – un gruppo di erbivori preistorici – potrebbero essere apparsi fino a 10 milioni di anni prima di quanto si pensasse e potrebbero contribuire a risolvere questioni paleontologiche che rimangono ancora un mistero. I risultati della ricerca sono stati inseriti in uno studio firmato dal paleontologo Rodrigo Temp MĂĽller dell’Universidade Federal de Santa Maria, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Gondwana Research. Nonostante la portata della scoperta, esperti non coinvolti nella pubblicazione spiegano che mancano ancora prove definitive per chiudere il caso, prove che però, replica MĂĽller, potrebbero arrivare grazie a un nuovo esemplare rinvenuto proprio all’inizio di ottobre e ancora in fase di studio.
Gli ornitischi sono uno dei due grandi ordini di dinosauri, raggruppanti esclusivamente forme erbivore. Comparvero nel Carnico — periodo compreso tra circa 228,7 e 216,5 milioni di anni fa — in Patagonia e arrivarono a popolare l’intero pianeta. Includono famosi dinosauri erbivori come il Triceratops, lo Stegosaurus e l’Iguanodon, ma fino a oggi i loro fossili sono rari e frammentari. Tale assenza di prove ha generato dubbi sulla reale origine di questa famiglia di dinosauri, spingendo alcuni paleontologi a suggerire che i precursori degli ornitischi fossero nascosti tra i silesauridi, una famiglia di piccoli e medi rettili onnivori, spesso considerati parenti stretti dei dinosauri. «Il problema è che abbiamo molto materiale sui primi silesauridi, ma le forme probabilmente piĂą correlate agli ornitischi sono rare», ha spiegato il dott. MĂĽller, aggiungendo che i primi silesauridi tendono ad avere caratteristiche primitive nei loro scheletri che rendono difficile stabilirne la discendenza.
Studiando un pacchetto di fossili ricevuto in dono da Pedro Lucas Porcela Aurélio, un medico e cacciatore di fossili dilettante, Müller ha identificato fianchi, vertebre e femore di un silesauride. Aveva le dimensioni di un piccolo cane con una lunga coda, pesava tra i 3 e i 6 chili ed era lungo circa un metro. Inoltre, il femore non presentava tratti specifici che collegassero i muscoli della zampa alla coda e ciò, secondo il ricercatore, suggerisce che la creatura camminasse in modo meno efficiente rispetto ad altri silesauridi o dinosauri. Tuttavia, a differenza di altri rettili e dei primi membri della sua famiglia, i resti di ciò che Müller ha chiamato Gondwanax presentavano tre vertebre nei fianchi anziché due, il che indicherebbe che Gondwanax e i suoi simili sono ornitischi del Triassico o i loro diretti antenati, e quindi dinosauri a pieno titolo.
Il dott. Brusatte, paleontologo presso l’UniversitĂ di Edimburgo non coinvolto nello studio, ha commentato la scoperta spiegando che, se confermata, aggiungerebbe dai sette ai 10 milioni di anni alla storia degli ornitischi, suggerendo anche che i dinosauri erano molto piĂą comuni e diffusi prima di quanto si fosse ipotizzato. Tuttavia, per il ricercatore è ancora troppo presto per dire che il caso è chiuso: «Vorrei poter dire che questo nuovo fossile di silesauride risolve l’enigma una volta per tutte, ma per me è ancora una questione aperta». MĂĽller concorda, ma con ottimismo: all’inizio di ottobre, il team del dottore ha scoperto un nuovo e piĂą completo esemplare di silesauride e, secondo lo scienziato, potrebbe fornire altre prove agli specialisti che cercano una risposta definitiva a uno dei piĂą grandi misteri nella storia dei dinosauri.
[di Roberto Demaio]
Turchia: “Attacco terroristico ad Ankara, morti e feriti”
In Turchia, nei pressi di Ankara, è stato effettuato quello che è stato definito «un attacco terroristico mortale» presso la sede centrale della Turkish Aerospace Industries, una delle piĂą importanti aziende di difesa e aviazione della Turchia. Lo riferisce il ministro degli Interni Ali Yerlikaya che parla di «morti e feriti». Le cause dell’esplosione e della successiva sparatoria, riprese in alcuni video che stanno circolando in rete, sono ancora poco chiare. Le agenzie di stampa turche riportano che l’ufficio del procuratore capo di Ankara ha avviato un’indagine giudiziaria sull’attentato terroristico e sono stati assegnati un vice procuratore capo e 8 pubblici ministeri a coordinare le ricerche.