L’amministratore delegato di Sogei, Cristiano Cannarsa, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma per il reato di tentato peculato nel quadro della maxi-inchiesta che negli scorsi mesi ha condotto all’arresto dell’ex ad Paolino Iorio. Quest’ultimo è finito in carcere con l’accusa di corruzione, dopo avere intascato una mazzetta da 15 mila euro da un imprenditore. In base a quanto si apprende, la Guardia di Finanza sta svolgendo una serie di perquisizioni presso gli uffici e la casa di Cannarsa. A coordinare il procedimento è il pubblico ministero Lorenzo Del Giudice.
Ex Ilva, l’Istituto Superiore di Sanità boccia la valutazione di impatto sanitario
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha bocciato seccamente la Valutazione di Impatto Sanitario dell’ex Ilva di Taranto, giudicandola inadeguata e sottostimata. Il documento, presentato nel giugno 2024 dai commissari di Acciaierie d’Italia, calcola gli effetti di una produzione annua di 6 milioni di tonnellate di acciaio, ma secondo gli esperti dell’ISS contiene gravi incongruenze rispetto alle linee guida ufficiali. Tra le criticità più pesanti, l’assenza di una valutazione reale sulla dispersione e ricaduta degli inquinanti, un aspetto fondamentale per verificare il vero impatto ambientale dello stabilimento. Il verdetto dell’ISS potrebbe ora cambiare le carte in tavola nel procedimento per il rilascio della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).
Secondo quanto attesta l’Istituto Superiore di Sanità, dunque, la VIS non tiene conto di diversi fattori determinanti per la valutazione del rischio sanitario. Tra le criticità evidenziate spicca l’assenza di una valutazione dell’impatto ambientale della centrale elettrica dello stabilimento, che utilizza gas siderurgici e metano come combustibile. Inoltre, le simulazioni presentate non riflettono gli scenari emissivi reali del 2022-2023, rendendo la valutazione non coerente con la situazione attuale. Il parere dell’ISS ha trovato immediata risonanza tra le associazioni ambientaliste. Il giudizio dell’ISS ha riacceso il dibattito sulla sostenibilità ambientale e sanitaria dello stabilimento siderurgico. Legambiente e WWF hanno ribadito la necessità di rendere vincolante il parere dell’ISS nella revisione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), denunciando decenni di inquinamento incontrollato che hanno gravemente compromesso la salute della popolazione tarantina. Gli ambientalisti hanno inoltre denunciato la lentezza con cui si è giunti a una valutazione indipendente del rischio sanitario, ricordando che solo una sentenza della Corte di Giustizia Europea ha imposto l’obbligatorietà della VIS nel procedimento autorizzativo.
Alla luce di queste criticità, Legambiente chiede di accelerare il processo di decarbonizzazione dello stabilimento. La proposta prevede la sostituzione graduale di altoforni e cokerie con forni elettrici e l’uso di idrogeno come agente riducente, un percorso che l’associazione considera l’unica via sostenibile per coniugare tutela della salute, protezione ambientale e rilancio industriale. Le organizzazioni ambientaliste e sanitarie sollecitano poi un maggiore coinvolgimento dell’ISS e degli enti locali nella predisposizione di una nuova VIS, basata su livelli produttivi inferiori, tra i 3 e i 5 milioni di tonnellate annue, per valutare gli effetti reali sulla salute. Nel frattempo, sul fronte occupazionale il futuro dell’ex Ilva rimane incerto. Mentre prosegue la trattativa per la vendita dello stabilimento, al Ministero del Lavoro è in corso il negoziato sulla cassa integrazione per migliaia di dipendenti. I sindacati chiedono garanzie sulla continuità occupazionale e la convocazione urgente di un tavolo a Palazzo Chigi per discutere il futuro dell’impianto.
Lo scorso dicembre era arrivata l’ennesima batosta per le 31 famiglie del quartiere Tamburi di Taranto – il più vicino all’impianto siderurgico – che avevano ottenuto un risarcimento per i danni causati dalle emissioni inquinanti. La Corte d’Assise d’Appello di Taranto ha infatti stabiliti che tali nuclei familiari, inizialmente indennizzati con cinquemila euro ciascuno, sono chiamati a restituire l’intera somma ai fratelli Riva, ex proprietari del gruppo industriale. Il risarcimento era stato concesso come provvisionale, un anticipo in attesa della sentenza definitiva del processo “Ambiente svenduto”, in cui i Riva erano imputati per disastro ambientale. Tuttavia, lo scorso settembre, la Corte d’Assise d’Appello ha annullato la sentenza di primo grado, ritenendo che l’imparzialità del giudizio fosse compromessa dalla presenza di due magistrati onorari che rivestivano il ruolo di parte lesa.
[di Stefano Baudino]
Cina, annunciati nuovi dazi agli USA
La Cina ha annunciato che imporrà tariffe aggiuntive su alcuni prodotti importati dagli Stati Uniti, in risposta ai dazi recentemente introdotti dagli USA. L’annuncio è arrivato questa mattina, martedì 4 febbraio, giorno in cui entreranno in vigore i dazi USA sui prodotti importati dalla Cina. Le nuove tariffe cinesi, invece, entreranno in vigore il 10 marzo e saranno pari al 15% su pollo, grano, mais e cotone importato dagli Stati Uniti. Sorgo, soia, carne di maiale, manzo, frutta, verdura e latticini saranno invece soggetti a una tariffa aggiuntiva del 10%. La Cina ha inoltre annunciato che inserirà 10 aziende statunitensi nell’elenco delle entità inaffidabili, impedendo alle aziende cinesi di fare affari con loro.
L’amministrazione Trump ha approvato l’invio di armi per 4 miliardi di dollari a Israele
Sullo sfondo di un cessate il fuoco sempre più instabile, gli Stati Uniti hanno approvato l’invio di armi per 4 miliardi di dollari a Israele. A dare il via libera è stato il segretario di Stato Marco Rubio, che ha dichiarato di aver firmato una dichiarazione per accelerare la consegna delle armi, facendo ricorso a misure di emergenza. Non è ancora noto il contenuto preciso del nuovo pacchetto, ma secondo una lista diffusa venerdì 28 febbraio che parla di una vendita di armi per circa 3 miliardi, a Tel Aviv potrebbero arrivare diverse tipologie di bombe, tra cui più di 35.000 bombe da 2.000 libbre. Non è chiaro se i due pacchetti siano correlati. L’approvazione della vendita di armamenti coincide con il blocco dell’entrata di aiuti umanitari nella Striscia da parte delle autorità israeliane e con l’interruzione dei colloqui per l’avvio della seconda fase del cessate il fuoco a Gaza. Il presidente Trump ha detto di appoggiare la scelta di Netanyahu e ha spesso affermato che Israele ha il suo lasciapassare per un’eventuale riapertura del conflitto.
Il nuovo pacchetto di aiuti è stato approvato d’emergenza sabato 1° marzo ed è stato reso noto ieri. Per approvarlo, il segretario di Stato ha firmato una dichiarazione di emergenza, che permette di oltrepassare il normale iter di approvazione delle vendite, che in via ordinaria dovrebbe passare per un voto del Congresso. Il contenuto di quest’ultima vendita rimane ancora ignoto. La nota, tuttavia, parla di una scelta opposta all’«embargo parziale sulle armi» dell’amministrazione Biden; in verità, Biden non aveva imposto alcun reale embargo a Israele, ma si era limitato a diffondere un memorandum che ricordava gli obblighi legali degli USA, i quali impediscono al Paese di trasferire armi quando è «più probabile di quanto non lo sia» che esse vengano utilizzate per commettere o facilitare il compimento di atti che violano i diritti umanitari. Il documento, comunque, aveva causato un blocco indiretto dell’invio di bombe ad alto impatto distruttivo, come quelle da 2.000 libbre.
Venerdì, inoltre, il Pentagono ha annunciato l’approvazione di due distinti pacchetti di armamenti rispettivamente dal valore di 2,04 miliardi e 675,7 milioni. Il primo include 35.529 bombe MK 84 da 2.000 libbre o BLU-117 General Purpose da 2.000 libbre, o una combinazione di entrambe; 4.000 testate I-2000 Penetrator; e una serie di pezzi di ricambio, materiali di consumo, accessori, nonché supporto ingegneristico, tecnico e logistico, aiuti per riparazioni e resi, e sostegno al trasporto. Il secondo, invece, prevede l’invio di 201 bombe MK 83 MOD 4/MOD 5 da 1.000 libbre; 4.799 bombe BLU-110A/B da 1.000 libbre; 5.000 kit di guida per le bombe; e servizi di ingegneria, logistica e supporto tecnico. Malgrado entrambe le spedizioni dovrebbero iniziare nei prossimi anni (rispettivamente nel 2026 e nel 2028), la nota dell’amministrazione statunitense sottolinea che «il Segretario di Stato ha stabilito e fornito una giustificazione dettagliata dell’esistenza di un’emergenza che richiede la vendita immediata al governo di Israele dei suddetti articoli e servizi di difesa nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti». Le armi, insomma, potrebbero essere inviate subito e potrebbero essere le stesse del pacchetto annunciato ieri da Rubio.
Da quando è in carica, sottolinea l’ultima nota di Rubio, l’amministrazione Trump ha inviato armi a Israele per un totale di 12 miliardi di dollari. Quest’ultima vendita arriva in un momento particolarmente delicato in Medio Oriente, dove le autorità israeliane hanno bloccato l’avvio della seconda fase di cessate il fuoco, fermando inoltre l’entrata degli aiuti umanitari nella Striscia. Trump ha detto di appoggiare la scelta del governo Netanyahu, rilanciando il suo sostegno nel caso in cui Israele decidesse di riaccendere il conflitto. In generale, sin da prima della sua entrata in carica, Trump ha sempre affermato che avrebbe sostenuto il governo israeliano se avesse deciso di riprendere i bombardamenti, alludendo varie volte all’eventualità di una ripresa del conflitto e minacciando di «aprire le porte dell’Inferno» a Gaza. Da settimane, la sua classica risposta alle domande sul cessate il fuoco è «non so se terrà». Anche gli alleati di Netanyahu sembrano fremere per riprendere i massacri: dopo l’annuncio di Netanyahu, il ministro delle Finanze israeliano Belazel Smotrich ha parlato esplicitamente di interrompere il flusso degli aiuti «finché Hamas non sarà distrutto o si arrenderà completamente e tutti i nostri ostaggi non saranno restituiti». Smotrich ha poi aggiunto che è il momento di «aprire le porte dell’Inferno al crudele nemico il più rapidamente e mortalmente possibile, fino alla completa vittoria», riprendendo le parole di Trump.
[di Dario Lucisano]
In Austria si è insediato il nuovo governo
Oggi, dopo mesi di attesa, è entrato in carica il governo austriaco. Il nuovo esecutivo è guidato dal cancelliere Christian Stocker del Partito Popolare Conservatore (ÖVP) e include membri del partito socialdemocratico e di NEOS, partito di orientamento liberale. Il partito euroscettico FPÖ (Partito della Libertà d’Austria), considerato di estrema destra e vicino alla Russia, non ha fatto parte delle trattative, dopo che il suo leader Herbert Kickl ha fallito i negoziati con l’ÖVP. Le elezioni austriache si sono tenute alla fine dello scorso settembre e avevano visto l’FPÖ trionfare con oltre il 29% delle preferenze.
Germania, auto piomba sulla folla a Mannheim: almeno un morto
Il sindacato USB ha proclamato lo sciopero “immediato e a oltranza” dei camionisti
L’Unione Sindacale di Base (USB) ha dato il via a uno sciopero nazionale «immediato e a oltranza» di tutti i lavoratori dell’autotrasporto merci. La decisione è stata presa a margine di una grande assemblea svoltasi in provincia di Salerno, dove i camionisti hanno denunciato il persistente disinteresse delle istituzioni e l’inefficacia delle trattative sindacali sul loro contratto collettivo nazionale, oltre che sugli effetti deleteri prodotti sul comparto dall’entrata in vigore del nuovo codice della strada. Lo sciopero, che si articolerà a seconda delle adesioni territoriali, proseguirà fino a quando non sarà convocato un tavolo di confronto con i Ministeri dei Trasporti e del Lavoro. Nel frattempo, anche i sindacati del trasporto pubblico locale promettono battaglia.
Le motivazioni della protesta sono molteplici. «Da anni la categoria soffre l’abbandono da parte delle istituzioni e la noncuranza da parte delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL, di cui l’ultimo rinnovo non ha garantito nessuna delle tutele richieste dei lavoratori che da decenni sono sempre le stesse», si legge nel comunicato diramato dall’Unione Sindacale di Base. Si lamentano infatti da tempo condizioni lavorative sempre più critiche, senza che le rivendicazioni sulla tutela delle patenti professionali, il miglioramento delle retribuzioni e maggiori investimenti in sicurezza e formazione trovino risposte concrete. La recente modifica del Codice della strada, voluta dal ministro Matteo Salvini, ha aggiunto nuove difficoltà: l’introduzione della «sospensione breve» della patente colpisce lavoratori spesso penalizzati da carenze infrastrutturali e organizzative del settore, aumentando il rischio di sanzioni sproporzionate. Ad esempio, il mancato rispetto delle ore di guida e riposo è spesso una conseguenza di una logistica inefficiente, di tempi di attesa lunghi ai terminal o della mancanza di aree di sosta adeguate. La sospensione della patente, anche per un periodo relativamente breve, significa impossibilità di lavorare, con conseguenze dirette sulla retribuzione, ma la protesta nasce anche per evitare un impatto negativo sulla catena logistica, che potrebbe subire rallentamenti con conseguenze per tutta l’economia.
Lo sciopero potrebbe avere ripercussioni significative sulla distribuzione delle merci, poiché una larga fetta di chi protesta proviene dal comparto alimentare, con il rischio di problemi nei rifornimenti di supermercati e negozi. «È stata inviata una prima richiesta di incontro al Ministero dei Trasporti ed al Ministero sul Lavoro, senza alcun riscontro sino ad ora: di conseguenza i lavoratori hanno deciso di entrare in sciopero, con un’articolazione in base all’adesione territoriale», si legge nel comunicato dell’USB, in cui viene confermato che «lo sciopero sarà ad oltranza» e verrà mantenuto «sino all’arrivo di una convocazione da parte dei Ministeri competenti per discutere delle problematiche dell’autotrasporto».
Il malcontento nel settore dei trasporti non si limita agli autotrasportatori. Anche il trasporto pubblico locale è in agitazione: le sigle sindacali di categoria (Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna) hanno dichiarato fallito il primo tentativo di mediazione con il governo e si preparano a nuove forme di protesta. Domani è infatti in programma una conferenza stampa in cui i sindacati del trasporto pubblico locale delineeranno le tempistiche per la proclamazione di un nuovo sciopero nel trasporto pubblico locale. «Abbiamo confermato la piena validità delle intese contrattuali sottoscritte senza ulteriori verifiche e condizioni e chiesto di procedere al pagamento di quanto previsto dall’intesa preliminare dell’11 dicembre scorso riconfermato il verbale di incontro siglato presso il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti il 18 dicembre scorso – hanno scritto i sindacati in un comunicato –. Il perdurare del mancato rispetto delle intese comporterà l’avvio di una fase di conflitto, in un contesto di mobilitazione generale, che sta già coinvolgendo l’intero Paese a fronte di eventi di rilevanza nazionale».
[di Stefano Baudino]