giovedì 25 Dicembre 2025
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Antitrust, multa da 255 milioni a Ryanair: “Abuso di posizione dominante”

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L’Antitrust ha inflitto a Ryanair una sanzione di oltre 255 milioni di euro per abuso di posizione dominante nel mercato dei voli nazionali ed europei da e per l’Italia. Al centro del provvedimento, che riguarda il periodo tra aprile 2023 e aprile 2025, la strategia adottata dal vettore per ostacolare le agenzie di viaggio online e fisiche nella vendita di biglietti combinati con voli di altre compagnie o con servizi turistici e assicurativi. Secondo l’Autorità, la compagnia ha raggiunto una quota di mercato del 38-40%, tale da garantirle un potere significativo e un’azione indipendente da concorrenti e consumatori.

L’UE rinnova le sanzioni contro la Russia nonostante il disgelo tra Mosca e Parigi

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Via libera del Consiglio UE al rinnovo semestrale delle sanzioni economiche nei confronti della Russia, con l’approvazione di un pacchetto che comprende un ampio spettro di restrizioni settoriali. Il 2025 dell’Unione europea finisce così com’era cominciato: con l’obiettivo di aumentare la pressione sulla Russia, mentre sullo sfondo si consuma il paradosso europeo, ancorato a un doppio binario: da un lato l’inasprimento delle misure restrittive, dall’altro l’apertura cauta – quasi simbolica – a un possibile dialogo diplomatico tra Mosca e Parigi.

L’approvazione del Consiglio dell’Unione europea proroga fino al 31 luglio 2026 l’impianto sanzionatorio contro la Federazione Russa, in attesa di un ulteriore pacchetto di misure atteso entro il 24 febbraio, anniversario dell’Operazione Speciale. Il perimetro resta ampio e ormai ben rodato: divieto di importazione del petrolio russo via mare, esclusione di diversi istituti di credito dal circuito Swift, restrizioni tecnologiche e finanziarie, oltre al blocco delle licenze di trasmissione per numerosi media considerati organici al Cremlino e accusati di “disinformazione”. Secondo la Commissione, la linea non è destinata a cambiare finché continueranno gli attacchi russi contro i civili. Mentre Bruxelles ribadisce la necessità di “una pace giusta e duratura”, affida al presidente francese Emmanuel Macron il ruolo di esploratore diplomatico nei confronti dell’omologo russo Vladimir Putin, che si è detto pronto al dialogo. Nonostante i segnali di fumo tra Parigi e Mosca, nell’ultimo briefing con la stampa prima delle feste di fine anno, i portavoce della Commissione hanno ribadito la posizione di Bruxelles: «Restiamo in coordinamento con i singoli Paesi membri sui loro eventuali contatti bilaterali e accogliamo gli sforzi per la pace».

A incrinare il fronte interno dell’UE resta la posizione dell’Ungheria. Il premier Viktor Orbán ha attaccato duramente Bruxelles, sostenendo che le sanzioni abbiano colpito più l’Europa che la Russia, tra prezzi energetici elevati e perdita di competitività industriale: «Bruxelles aveva promesso che le sanzioni avrebbero schiacciato la Russia. Invece, hanno schiacciato l’Europa. I prezzi dell’energia sono esplosi, la competitività è crollata e l’Europa sta perdendo terreno. Questo è il prezzo delle cattive decisioni. Servono negoziati, non escalation», ha commentato con un video su X. Una critica che intercetta il malcontento di ampie fasce dell’opinione pubblica europea, ma che non ha modificato l’orientamento della Commissione. Palazzo Berlaymont continua a considerare la leva economica uno strumento imprescindibile di pressione geopolitica, nonostante i costi sociali e politici sempre più evidenti. La freddezza europea è alimentata anche dal fallimento dei recenti contatti informali e dall’assenza di segnali concreti sul cessate il fuoco. Intanto, lunedì il vice ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, ha avanzato la disponibilità della Russia a sottoscrivere un accordo giuridicamente vincolante in cui Mosca si impegna a non attaccare l’Unione europea e la NATO, dopo che il Presidente ucraino Volodymir Zelensky ha avanzato la proposta della rinuncia, da parte di Kiev, all’adesione all’Alleanza Atlantica, in cambio di garanzie di sicurezza “simil articolo 5” del Trattato del Nord Atlantico.

Parallelamente, la scorsa settimana, l’UE ha rafforzato il fronte della cosiddetta “guerra ibrida”, varando un nuovo pacchetto di sanzioni contro 48 persone fisiche e 35 entità accusate di interferenze politiche e azioni destabilizzanti. Nel mirino sono finiti analisti, commentatori e strutture legate all’ecosistema informativo del Cremlino. Tra i nomi più rilevanti figura John Mark Dougan, ex vicesceriffo statunitense con doppia cittadinanza, accusato di operazioni digitali pro-Mosca e legami con il GRU, il servizio segreto militare di Mosca. Colpiti anche cinque esponenti del Valdai Club, il forum internazionale di esperti, accademici e analisti di politica estera fondato nel 2004, che si svolge ogni anno a Sochi, considerato uno strumento di “soft power” del Cremlino. La “disinformazione” viene equiparata a una minaccia militare, marcando una scelta politica chiara: per Bruxelles il conflitto con la Russia si combatte soprattutto sul piano economico e narrativo. E mentre accusa Mosca di destabilizzazione, l’Occidente alimenta un clima di allarme permanente, funzionale a giustificare riarmo, aumento delle spese militari e progressiva militarizzazione, riducendo il dibattito e soffocando il dissenso.

USA: nuovo raid contro imbarcazione nel Pacifico orientale

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Gli Stati Uniti hanno effettuato un nuovo raid contro un’imbarcazione sospettata di traffico di droga nel Pacifico orientale, causando una vittima. Dall’inizio di settembre la campagna militare lanciata da Washington contro il narcotraffico ha provocato almeno 105 morti in 29 attacchi. In parallelo, il presidente Donald Trump ha annunciato il rafforzamento della Marina USA con una nuova classe di navi da guerra, le “Trump-class battleships”. La prima unità, la USS Defiant, inserita nel progetto Golden Fleet, è dotata di missili ipersonici e sistemi avanzati. Le operazioni si collocano in un clima di crescenti tensioni con il Venezuela, tra attacchi alla “flotta ombra” e blocco del greggio, segnando una linea sempre più muscolare nel Pacifico e nei Caraibi.

Moda e sfruttamento: la società civile cancella lo scudo penale per le aziende

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Il disegno di legge su piccole e medie imprese (PMI), fermo all’esame della Camera, aveva attirato non poche critiche a causa di un emendamento all'articolo 30. Quest’ultimo metteva al riparo le aziende dalle responsabilità per i casi di sfruttamento e caporalato lungo la propria filiera produttiva. Una previsione relativa soprattutto al mondo della moda, travolto negli ultimi mesi dal lavoro condotto dalla Procura di Milano per richiamare i grandi marchi alle proprie responsabilità lungo la catena di appalti e subappalti. Le polemiche provenienti dalla società civile, strettasi intorno alla c...

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Auto sulla folla a est di Amsterdam: 9 feriti

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Un auto è piombata sulla folla a Nunspeet, località a est di Amsterdam, causando almeno nove feriti di cui tre gravi. L’automobile ha investito i pedoni in fila durante una parata locale, e sul luogo sono arrivati i soccorsi con elicotteri per trasportare i feriti più gravi. Non sono chiare le dinamiche dell’incidente; secondo le prime dichiarazioni uscite sui media, la polizia starebbe escludendo l’ipotesi di un gesto intenzionale.

Cina: dazi sui prodotti caseari UE

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A partire da domani la Cina imporrà dazi dal 21,9% al 42,7% sui prodotti lattiero caseari dell’Unione Europea. Lo ha annunciato il ministro del Commercio cinese, che ha spiegato che la misura sarà temporanea e avrà lo scopo di compensare le perdite del settore in Cina. «I prodotti lattiero-caseari importati provenienti dall’UE ricevono sussidi», ha detto il ministro. «L’industria lattiero-casearia nazionale cinese ha subito danni sostanziali ed esiste un nesso causale tra i sussidi e il danno», ha aggiunto.

La Catalogna sfida la speculazione immobiliare: approvato il regolamento degli affitti brevi

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BARCELLONA – Il Parlamento della Catalogna approva una nuova misura per contrastare la speculazione immobiliare e regolare il prezzo dei canoni d’affitto. Giovedì 18 dicembre, grazie al voto favorevole del Partito Socialista Catalano (PSC), Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), il partito dei Comuns e la CUP, il Parlamento ha dato il via libera ad una legge finalizzata alla regolazione degli affitti stagionali e delle camere. Questa nuova misura, che ha ricevuto i voti contrari del Partito Popolare Catalano (PPC), VOX e in parte degli indipendentisti conservatori di JuntsxCatalunya, ha come obiettivo la risoluzione del vuoto legislativo che permetteva a queste modalità d’affitto di schivare i limiti imposti dalla legge sui prezzi dei canoni d’affitto.

Festeggiano i sindacati attivi nella lotta per il diritto alla casa, che celebrano l’approvazione parlamentare come un «primo passo per porre fine alla truffa degli affitti stagionali e dei coliving». Soddisfazione anche dalle istituzioni politiche coinvolte. «Abbiamo reso realtà la Legge delle misure urgenti in materia di diritto all’abitare […] Non permetteremo che sia possibile fare affari con le case» ha affermato il presidente della Generalitat de Catalunya, Salvador Illa.

Gli affitti stagionali rientrano nell’ambito «ad uso ricreativo, turistico e vacanziero» e sono di conseguenza soggetti a specifiche normative, tra le quali il numero massimo di appartamenti turistici e i limiti sulle aree ad alta domanda abitativa, definite “tese”.

Quindi, secondo quanto stabilito dalla nuova legge, gli affitti stagionali non potranno essere applicati a casi «professionali, di studio o per impossibilità di risiedere nella propria casa abituale». Questa specificazione impedisce alle persone proprietarie di immobili di schivare le norme già presenti per i canoni d’affitto “normali”, che prevedono l’obbligo di presentare limiti di garanzia, depositi cauzionali legali, regolamentazioni sul prezzo e sulle spese e aggiornamenti del canone d’affitto secondo criteri trasparenti.

Per quanto riguarda l’affitto delle camere, invece, il prezzo per ognuna non potrà superare il limite imposto sul prezzo di ogni casa situata nei territori ad alta domanda. Con questa norma la somma del prezzo delle camere non può superare il valore di mercato dell’intero appartamento ed è vietata l’applicazione di contratti d’affitto divisi per stanze.

A questo si aggiunge una normativa che prevede la creazione di un registro di “grandi proprietari”, gestito dalla Agencia d’Habitatge de Catalunya (AHC), all’interno del quale saranno iscritte tutte le entità fisiche e giuridiche che possiedono più di cinque appartamenti. In caso di infrazioni, sono previste multe che partono dal valore di 90.000 euro. Inoltre, viene fondata una commissione finalizzata alla valutazione legale dei contratti d’affitto oltre che un corpo di ispettori che controlli l’adempimento della normativa. 

Infine, il Parlamento catalano approva la proroga automatica delle licenze per gli appartamenti che rientrano nei canoni di protezione ufficiale nelle aree tese, destina fondi all’Institut Català del Sòl (Incasòl) per costruire alloggi sociali e aumenta le percentuali di riserva per l’edilizia popolare nei quartieri di nuova costruzione.

Nonostante il Consejo de Garantías Estatutarias de Cataluña abbia approvato la nuova normativa quasi per intero, il parlamento catalano aspetta di ottenere l’approvazione del Tribunale Costituzionale spagnolo. Questo organo già nel 2022 decretò illegali alcune parti di un pacchetto di misure simili approvate nel 2020, motivando la propria attuazione facendo riferimento al fatto che alcune competenze incluse nella normativa spettassero al governo centrale. Le associazioni di categoria immobiliare, con l’aiuto del Partito Popolare, hanno già promesso di fare ricorso al suddetto organo statale, spostando così l’attenzione mediatica dalla necessità sociale della normativa verso equilibri di potere e propaganda politica.

L’approvazione di questo pacchetto di misure mette in evidenza la gravità di un fenomeno che sta assumendo caratteristiche sempre più drammatiche. Nel corso degli ultimi mesi, più volte una gran parte della popolazione in Catalogna e in Spagna ha mostrato il proprio dissenso contro una speculazione che rende sempre più difficile trovare una casa e poterla abitare a lungo. Migliaia di persone hanno partecipato a varie manifestazioni per protestare contro i danni sferzati dalla turistificazione delle città e contro un mercato immobiliare che arricchisce grandi proprietari e crea disuguaglianze sempre più marcate all’interno della società. Mesi di lotta hanno obbligato le istituzioni politiche a rispondere concretamente alle necessità di una popolazione strozzata da un mercato insostenibile; in Catalogna e in Spagna questo è solo l’inizio.

Natale, pacchi e fregature: come tutelarsi negli acquisti online

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Natale. Tempo di regali. Tempo di pacchi. Ordini online una biciletta e ti arriva a casa una pentola a pressione. O ti arriva la bici, ma senza una ruota. Oppure non ti arriva proprio niente: l’ordine cade nel vuoto ma l’addebito sul conto corrente è puntuale come la festa più attesa dell’anno. In tutti questi casi, chi acquista nel mercato digitale è tutelato dal decreto legislativo n. 206 del 2005, più noto come codice del consumo. Perché le tutele siano garantite è però necessario che il privato acquisti come semplice cittadino, ossia appunto come consumatore, e non nell’esercizio di una professione o di un’attività d’impresa. Viceversa, il venditore deve essere un professionista o un imprenditore.

Quando arriva il pacco sbagliato o il bene è danneggiato

Quando il bene consegnato è difforme da quello ordinato, il consumatore ha diritto a ottenere:

  • la riparazione o la sostituzione del bene a spese del venditore;
  • la riduzione proporzionale del prezzo, calcolata come minor valore rispetto a quello che il bene avrebbe avuto se fosse stato conforme;
  • la risoluzione del contratto, che comporta la restituzione della merce e il rimborso del prezzo pagato.

Il difetto di conformità deve essere presente al momento della consegna del bene e manifestarsi entro i successivi due anni. Se il difetto si manifesta entro un anno, il consumatore è esonerato dal fornire la relativa prova.

Quando il pacco non arriva

Se il contratto non prevede termini diversi, a norma dell’art. 61 cod. cons. il venditore è obbligato a consegnare il bene entro 30 giorni dall’ordine. Qualora il bene non sia consegnato nei termini (legali o pattuiti dalle parti), il consumatore può intimare al venditore la consegna entro un congruo termine supplementare di tempo. Se anche questo secondo termine passa senza che avvenga la consegna, il consumatore può comunicare al venditore la risoluzione del contratto, che comporta la restituzione del prezzo pagato, e può agire per il risarcimento di eventuali danni subiti a causa dell’inadempimento della controparte.

Quello che forse non sai

Il codice del consumo offre una tutela rafforzata al consumatore che stipuli con un professionista o con un imprenditore un contratto a distanza o comunque al di fuori dei locali commerciali, come avviene tipicamente nelle compravendite online, tanto sul sito del venditore, quanto sulle piattaforme di appoggio come Amazon o Ebay.

In tutti questi casi il consumatore ha un diritto di recesso per ripensamento entro 14 giorni dalla consegna della merce. Non serve alcuna motivazione, basta la semplice richiesta del consumatore e può dunque essere esercitato anche nei casi già esaminati di difformità o vizi del bene consegnato.

I consigli dell’avvocato

Il consiglio principale è quello di leggere attentamente i termini e le condizioni generali di contratto prima di procedere ad acquisti online. È poi opportuno tenere traccia di tutte le comunicazioni ricevute e inviate, nonché utilizzare i canali legali di comunicazione, come la pec o la raccomandata, specie se si tratta di comunicazioni con cui si manifesta la volontà di recedere, di risolvere il contratto o di diffidare la controparte all’adempimento. E, ovviamente, si ricorda che acquistare presso esercizi commerciali di prossimità solleva l’acquirente da tutti i rischi visti finora.

India-Nuova Zelanda, accordo commerciale

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India e Nuova Zelanda hanno annunciato di aver raggiunto un accordo di libero scambio; l’accordo arriva dopo negoziati durati nove mesi e mira ad abbassare i dazi e ad allentare i vincoli normativi sul commercio tra i due Paesi. Verrà ratificato nel primo trimestre del 2026. Esso di preciso, prevede un azzeramento dei dazi da parte della Nuova Zelanda su tutti i prodotti indiani in entrata; Wellington, invece, otterrebbe concessioni doganali per circa il 70% dei prodotti, che gradualmente verrebbero applicate al 95% delle esportazioni neozelandesi. L’accordo segue un analogo patto siglato tra India e Oman, e arriva in un contesto in cui Nuova Dehli sta provando a diversificare il proprio commercio.

La Russia starebbe sviluppando un’arma per distruggere Starlink

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La rete Starlink sta svolgendo un ruolo cruciale nelle comunicazioni e nella trasmissione dei dati militari utilizzati dall’esercito ucraino nella sua resistenza all’invasione russa. Non sorprende quindi che i servizi di intelligence di due Paesi della NATO sospettino che Mosca stia lavorando a un’arma capace di mettere fuori uso l’intera costellazione satellitare dell’azienda statunitense rilasciando in orbita centinaia di migliaia di detriti ad alta densità.

L’indiscrezione è stata diffusa oggi, lunedì 22 dicembre, dall’agenzia di stampa The Associated Press, la quale sostiene di aver esaminato due rapporti di sicurezza secondo cui la Russia starebbe sviluppando un’arma a “zona d’effetto”, ovvero un sistema che, una volta dispiegato, rilascerebbe una fitta nube di micro‑proiettili difficili da individuare. Si tratterebbe di minuscoli pallini dal diametro di pochi millimetri, praticamente invisibili ai sistemi di rilevamento, ma comunque in grado di danneggiare le componenti più vulnerabili dei satelliti, in particolare i pannelli solari.

L’idea alla base del progetto sembrerebbe essere quella di sabotare le strumentazioni in orbita senza provocare danni catastrofici, nel tentativo di evitare la concretizzazione della cosiddetta Sindrome di Kessler, la teoria secondo cui la collisione tra grandi oggetti in orbita potrebbe generare uno sciame di detriti tale da innescare un effetto domino che finirebbe con il rendere inutilizzabile un’intera fascia orbitale. Nonostante queste presunte cautele, diversi accademici dubitano che la soluzione ipotizzata dalle intelligence sia realmente controllabile e, di conseguenza, che Mosca possa effettivamente adottare una strategia del genere. Una volta dispersi nello spazio, infatti, i detriti diventerebbero impossibili da gestire e metterebbero a rischio anche le operazioni spaziali della stessa Russia, nonché quelle del suo potente alleato, la Cina.

Per meglio comprendere le potenziali conseguenze di una simile strategia bellica, basti ricordare che appena lo scorso novembre tre taikonauti cinesi sono rimasti isolati nella stazione spaziale Tiangong dopo che la loro capsula di trasporto era stata danneggiata da quelli che l’Agenzia spaziale cinese (CMSA) ha definito minuscoli detriti orbitali. Le insidie poste da queste schegge vaganti – rifiuti spaziali generati in larga parte dall’attività umana – sono dunque già oggi concrete e richiedono sempre la massima attenzione. Nelle interpretazioni più estreme, un’arma di questo tipo potrebbe quindi assumere la funzione di un sistema di deterrenza capace, almeno in teoria, di attuare piani d’azione assimilabili alla distruzione di massa, rendendo inaccessibile per decenni una porzione significativa dell’ecosistema satellitare, impedendo gran parte delle attività spaziali.

Le fonti che hanno fornito l’informazione hanno chiesto di rimanere anonime e non hanno chiarito a che punto sia lo sviluppo di questa ipotetica arma, un dettaglio ritenuto troppo sensibile per essere divulgato. Da parte sua, Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, non ha commentato quanto riportato da AP. Vale però la pena ricordare che la Russia dispone già di sistemi missilistici anti‑satellitari capaci di distruggere obiettivi in orbita e, di conseguenza, di generare pericolose nubi di detriti. Se accettiamo l’assunto che i pallini non siano pensati per distruggersi all’impatto, l’unico vantaggio tattico evidente offerto da questa nuova tecnologia sarebbe la possibilità di agire in maniera più discreta e difficilmente rilevabile.

Non è però detto che la segretezza sia un requisito indispensabile. Il quadro normativo internazionale sullo spazio è rimasto fermo agli anni Settanta, riflette le paure nucleari della Guerra Fredda, ma non contempla le complessità emerse nei decenni successivi. Non è affatto certo, pertanto, che la Russia possa essere ritenuta perseguibile qualora, nello smantellare i propri satelliti, finisse fatalmente e incidentalmente per compromettere in modo irreparabile l’accesso ai servizi satellitari globali. Quel che è evidente, tuttavia, è che un’azione del genere — indipendentemente dalla sua eventuale legittimità — attirerebbe su Mosca la ire delle principali potenze mondiali, tutte ormai legate alla nuova corsa allo spazio. Il rilascio incontrollato di detriti non rappresenta insomma un’opzione troppo verosimile, soprattutto perché, come evidenzia la Secure World Foundation nel suo ultimo report, si stima che il Cremlino disponga di strumenti cibernetici molto meno compromettenti con cui interferire strategicamente con le attività di Starlink.