giovedì 4 Dicembre 2025
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Procura Ue: rilasciati Mogherini, Sannino e Zegretti

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Dopo gli interrogatori della polizia federale delle Fiandre occidentali, sono stati rilasciati nella notte Federica Mogherini, Stefano Sannino e Cesare Zegretti, coinvolti nel presunto scandalo sui fondi per giovani diplomatici Ue. Le accuse, che riguardano frode negli appalti, corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale, restano in piedi. La Procura europea ha spiegato che la scarcerazione è avvenuta perché i tre “non sono ritenuti a rischio di fuga” e che “sono stati formalmente informati delle accuse a loro carico”. 

Russia-USA, 5 ore di colloqui: “d’accordo solo in parte” ma si continua a trattare

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È durato cinque ore l’incontro che ha visto sedere allo stesso tavolo l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff, insieme all’uomo d’affari e genero di Trump Jared Kushner, e il presidente russo Vladimir Putin, per discutere di una soluzione pacifica al conflitto russo-ucraino. Secondo quanto emerso a incontro concluso, non sono stati raggiunti nuovi accordi e non è stato messo in programma un futuro incontro tra Putin e il suo omologo statunitense Donald Trump. Non sarebbe stato discusso in dettaglio nemmeno il contenuto dei piani di pace elaborati dagli Stati Uniti e consegnati a Mosca nelle scorse settimane. Tuttavia, le parti hanno definito lo scambio «costruttivo» e si sono impegnate per condurre nuovi colloqui.

Secondo quanto riferito dal funzionario russo Yuri Ushakov, citato dalla Tass, l’incontro tra Witkoff e Putin è stato «costruttivo» e «significativo» e sono state discusse «approfonditamente le prospettive di un ulteriore lavoro congiunto per raggiungere una soluzione pacifica a lungo termine». Sul tavolo vi erano le proposte consegnate dagli Stati Uniti a Mosca (quattro documenti, riferisce Ushakov, consegnati dopo la proposta di pace in 28 punti), ma nessun punto è stato discusso nelle sue «formulazioni specifiche», quanto piuttosto nella sua «essenza stessa». Ushakov non ha rivelato il contenuto di tali documenti, ma ha detto che riguardano tutti possibili soluzioni di pace. Per la Russia, alcune idee americane sono accettabili, altre non sono adeguate. Ad essere discusse in modo specifico, invece, sarebbero state le questioni territoriali, ma anche su queste non sono emersi ulteriori dettagli. Le parti avrebbero poi commentato le «azioni distruttive» messe in campo da parte europea. Insieme a Jared Kushner, poi, si sarebbero discusse le «enormi prospettive di futura collaborazione economica» tra i due Paesi. Secondo quanto riferito dalla TASS, Witkoff e Kushner non hanno in programma di passare dall’Ucraina, ma rientreranno direttamente negli USA.

Il piano di pace in 28 punti (ancora «in evoluzione», secondo quanto riferito dalla Casa Bianca) è stato presentato dagli Stati Uniti nelle scorse settimane e ha fatto storcere il naso tanto a Zelensky quanto all’UE – tagliata fuori dalle trattative. Al suo interno vi sarebbero infatti alcune clausole che Kiev e gli alleati giudicano assurde e inaccettabili, come la cessione del Donbass. Tra i punti, vi sarebbero anche la non integrazione futura dell’Ucraina nella NATO e l’impegno, da parte di quest’ultima, a non schierare truppe nel Paese, il riconoscimento di Crimea, Lugansk e Donetsk come regioni russe, anche da parte degli USA, e una parziale smilitarizzazione dell’Ucraina. Il NYT riferisce che, proprio a causa delle critiche da parte di Kiev e UE, il contenuto del piano è stato leggermente rivisto.

Poche ore prima dei colloqui, Putin aveva incontrato i giornalisti e aveva sottolineato che Mosca non intende entrare in guerra con l’Europa, «come già detto centinaia di volte». Tuttavia, se l’Europa dovesse dichiarare guerra, la Russia risponderebbe subito. Giusto poche ore prima, il presidente del comitato militare NATO Giuseppe Cavo Dragone, la più alta carica prevista dal Patto Atlantico, aveva dichiarato alla stampa che l’Alleanza sta valutando «attacchi preventivi» contro la Russia, spiegando che potrebbero essere considerati una «azione difensiva» a fronte della cosiddetta «minaccia ibrida» proveniente dalla Russia. Secondo Dragone, la NATO sarebbe troppo passiva nella presunta ricezione di attacchi informatici e di sabotaggio, e per tale motivo dovrebbe assumere un atteggiamento «proattivo» e «aggressivo».

Secondo Putin, dunque, l’Europa, non ha un programma di pace, ma è «dalla parte della guerra» e si è per questo «esclusa da sola» dai colloqui di pace. «Sono stati loro stessi a ostacolare i colloqui di pace e stanno ostacolando il presidente Trump», cercando di «imporre all’Ucraina richieste assolutamente inaccettabili per la Russia, e ne sono consapevoli». Il presidente ha poi commentato che le autorità di Kiev si comportano «come se vivessero su un altro pianeta», senza consapevolezza della situazione attuale, economica e sul campo.

La Gran Bretagna vieterà nuove esplorazioni di petrolio e gas

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Con la pubblicazione del North Sea Future Plan, il governo britannico ha annunciato che non verranno più rilasciate licenze per avviare nuove attività di ricerca ed estrazione di combustibili fossili. Una scelta che lo rende il primo grande produttore mondiale, e il primo Paese del G7, a chiudere definitivamente la porta a nuove concessioni per petrolio e gas.
La decisione non cancella l’esistenza dell’industria fossile britannica, ma ne limita l’espansione. I progetti già in corso o collegati a giacimenti esistenti (i cosiddetti “tie-back”) potranno proseguire, a condizione che non comportino...

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Tunisia, arrestato leader dell’opposizione

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La polizia tunisina ha arrestato Ayachi Hammami, noto esponente dell’opposizione. Hammami è stato arrestato nella sua abitazione ed è accusato di cospirazione contro la sicurezza dello Stato; dovrà scontare una pena detentiva di cinque anni. La sua condanna è arrivata la scorsa settimana, quando una corte d’appello si è espressa su diversi casi riguardanti vertici dell’opposizione al presidente Saied, accusati di avere tentato di rovesciarlo. L’opposizione ha sempre rigettato le accuse, sostenuta da gruppi di diritti umani che accusano Saied di portare avanti politiche di repressione del dissenso.

Guerre e genocidi arricchiscono l’industria bellica mondiale: record di profitti nel 2024

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Nel 2024, cento tra le più grandi aziende produttrici di armi al mondo hanno raggiunto un giro d’affari senza precedenti: 679 miliardi di dollari, con un aumento del 5,9% rispetto all’anno precedente. A trainare questo balzo sono state rispettivamente la guerra in Ucraina e a Gaza, oltre alla corsa al riarmo che ha coinvolto diversi Paesi. È quanto emerge da rapporto curato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), che dimostra come massacri, guerre e genocidi non siano solo teatro di tragedie umanitarie, ma anche enormi opportunità economiche per l’industria bellica.

Secondo il rapporto pubblicato dal SIPRI, la maggior parte dell’incremento dei profitti è dovuto alle aziende con sede in Europa e negli Stati Uniti, ma si sono registrati aumenti in tutto il mondo, fatta eccezione per Asia e Oceania, dove i problemi nel settore bellico cinese hanno portato a un leggero calo. Il rialzo è stato particolarmente pronunciato per le imprese europee, che hanno beneficiato dell’accelerazione della spesa militare legata al conflitto in Ucraina e alla crescente militarizzazione in chiave antirussa: i ricavi aggregati del Vecchio Continente sono saliti del 13% per 23 delle 26 aziende europee, raggiungendo i 151 miliardi di dollari. Le due aziende russe presenti nella lista del SIPRI, Rostec e United Shipbuilding Corporation, hanno visto i ricavi derivanti dal settore degli armamenti aumentare del 23%, raggiungendo un totale di 31,2 miliardi di dollari, nonostante le sanzioni che hanno causato una carenza di componenti. Anche gli Stati Uniti restano protagonisti del mercato globale: le aziende americane – pur con problemi di ritardi e sforamenti di budget su programmi complessi, come gli F-35 – continuano a dominare le esportazioni e mantengono una quota molto significativa del fatturato mondiale. Trenta delle 39 aziende statunitensi nella top 100 – tra cui Lockheed Martin, Northrop Grumman e General Dynamics – hanno registrato aumenti: il loro fatturato complessivo è aumentato del 3,8%, raggiungendo i 334 miliardi di dollari. Con ricavi derivanti dalle armi pari a 31,0 miliardi di dollari nel 2024, figuravano nella Top 100 nove aziende con sede in Medio Oriente: il numero più alto mai registrato per la regione nella classifica annuale. Le tre società israeliane nella classifica hanno registrato un aumento marcato delle vendite, con un incremento del 16%, raggiungendo i 16,2 miliardi di dollari. Tale incremento è riconducibile sia alle operazioni militari di Israele nella Striscia di Gaza sia all’elevata domanda globale per sistemi militari israeliani, come veicoli aerei avanzati senza pilota (UAV) e di capacità di contrasto ai droni.

A livello nazionale, nel 2024 le due aziende italiane presenti nella Top 100 del SIPRI – Leonardo e Fincantieri – hanno totalizzato ricavi d’armi per 16,8 miliardi di dollari, registrando un incremento complessivo del 9,1% rispetto all’anno precedente. A incarnare in modo emblematico il legame tra conflitti internazionali e profitti dell’industria bellica è proprio Leonardo, partecipata dallo Stato italiano: con 13,8 miliardi di dollari di ricavi militari nel 2024 – pari a un aumento del 10% su base annua – l’azienda si colloca al dodicesimo posto mondiale e si conferma la seconda maggiore impresa europea della difesa dopo BAE Systems. Nel marzo 2025, in concomitanza con le dichiarazioni di alcuni leader europei sull’urgenza di un massiccio riarmo del continente, il titolo di Leonardo aveva registrato un balzo in borsa di circa il 16%. È un dato che non sorprende e che possiamo leggere oggi alla luce del rapporto del SIPRI: guerre e crisi internazionali sono diventate carburante per un’industria che trova nel caos geopolitico la sua ragion d’essere. Per Leonardo, come per molte altre aziende del comparto, ogni conflitto rappresenta una domanda crescente di sistemi d’arma, aerei, mezzi corazzati, munizioni. Se l’industria bellica prospera con la guerra, l’ipotesi di pace risulta un grande deterrente per i suoi guadagni. Lo dimostra quanto accaduto nell’agosto 2025: l’annuncio di un possibile accordo di pace in Ucraina ha spinto al ribasso i titoli di molte aziende europee della difesa, tra cui la stessa Leonardo, che ha perso oltre l’8% del proprio valore in poche ore. Questo calo riflette la preoccupazione degli investitori: una pace stabile significa riduzione delle commesse e, di conseguenza, minori profitti per le società di armamenti. In questo contesto, la pace non è solo un obiettivo umanitario, ma potrebbe essere – economicamente – il peggior nemico di chi fa profitti con le armi.

Trump concede la grazia all’ex presidente honduregno

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha concesso la grazia a Juan Orlando Hernández, ex presidente dell’Honduras condannato l’anno scorso per narcotraffico e corruzione. Trump ha affermato che Orlando Hernández sarebbe stato ingiustamente perseguitato dalla precedente amministrazione Biden. Trump aveva già preannunciato che avrebbe concesso la grazia al proprio ex omologo; l’annuncio era arrivato in pieno periodo elettorale per l’Honduras, in una chiamata alle urne in cui Trump si è schierato apertamente a favore del Partito Nazionale dell’Honduras, il medesimo partito di Orlando Hernández, di stampo conservatore. I risultati provvisori danno il partito dell’ex presidente leggermente avanti sui rivali liberali.

I decessi da smog sono in calo in tutta Europa

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Nonostante la stragrande maggioranza degli europei che vivono in aree urbane respiri ancora aria inquinata, i decessi prematuri attribuibili allo smog nel Vecchio Continente mostrano un trend positivo e in netta diminuzione. Le ultime stime relative al 2023 rivelano che, nell’Unione Europea, ha avuto luogo un miglioramento significativo, con una riduzione del 57% dei decessi prematuri legati al PM2,5 tra il 2005 e il 2023, segnando il raggiungimento di un obiettivo chiave delle politiche comunitarie. I dati emergono dall’aggiornamento 2025 delle stime sul «carico ambientale delle malattie», un concetto che quantifica gli impatti sulla salute attribuibili a fattori di rischio come l’inquinamento dell’aria.

Il calo più marcato riguarda proprio il particolato fine. L’indicatore dell’Agenzia Europea dell’Ambiente sui decessi prematuri dovuti al PM2,5, infatti, registra che «l’obiettivo del piano d’azione per l’inquinamento zero è stato raggiunto per il 2023». Tale obiettivo prevedeva infatti la riduzione di almeno il 55% dei decessi prematuri attribuibili all’inquinamento atmosferico nell’UE rispetto al 2005. Questo risultato è frutto di politiche mirate che hanno portato a una «forte diminuzione dell’esposizione della popolazione all’inquinante, con la concentrazione ponderata per la popolazione che è scesa da 11,4 µg/m³ nel 2022 a 10,2 µg/m³ nel 2023». Le emissioni di particolato fine sono calate del 38% tra il 2005 e il 2023, soprattutto nei settori della produzione di energia, del riscaldamento residenziale e dei trasporti stradali.

C’è però ancora molto da fare. Secondo le stime dell’AEA, infatti, ridurre l’inquinamento atmosferico ai livelli indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe potuto prevenire 182.000 decessi attribuibili all’esposizione al particolato fine (PM2,5), 63.000 all’esposizione all’ozono (O3) e 34.000 all’esposizione al biossido di azoto (NO2). Nonostante il quadro generale in miglioramento, permangono peraltro forti disparità geografiche, con i Paesi dell’Europa orientale e sudorientale che continuano a subire gli impatti sanitari più significativi a causa dei livelli di inquinamento più elevati. Per il PM2,5 gli impatti relativi maggiori si registrano in Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina e Albania, mentre nell’UE-27 i tassi più alti spettano a Bulgaria, Grecia e Romania. All’estremo opposto, i valori minimi si osservano in Islanda, Finlandia, Svezia, Estonia e Norvegia. Un andamento simile, con le aree meridionali e balcaniche più colpite, caratterizza anche la distribuzione degli impatti da biossido di azoto e ozono.

A ogni modo, nel 2023 l’Italia è stata il primo Paese in UE per i decessi causati dall’esposizione al PM2,5 (43.083 vittime), prima di Polonia (25.268) e Germania (21.640). Il nostro Paese rappresenta la maglia nera anche per i decessi attribuibili al biossido di azoto (9.064), mentre è secondo solo alla Germania per quelli causati dall’ozono (11.230). La situazione risulta molto critica in particolare nell’area della Pianura Padana. L’ultimo allarme è arrivato a novembre dal Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS), il servizio del programma europeo dedicato al monitoraggio della qualità dell’aria e dell’atmosfera a livello globale. Secondo i dati diramati, nella giornata del 12 novembre si sono registrate concentrazioni elevate di particolato fine (PM2.5) fino a 5 volte superiori al limite giornaliero raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, pari a 15 µg/m³. Va ricordato che la normativa italiana prevede limiti giornalieri e annuali per il PM10 (valore limite annuale di 40 µg/m³, valore limite giornaliero di 50 µg/m³, con un massimo di 35 superamenti all’anno) e solo annuali per il più pericoloso PM2.5, con un valore limite annuale di 25 µg/m³.

Espone la bandiera palestinese a un evento sportivo: 200 euro di multa

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Una multa di circa duecento euro è stata notificata a Luca Paladini, consigliere regionale della Lombardia, per aver esposto per pochi secondi la bandiera palestinese in occasione di una partita di basket. L’episodio, avvenuto la sera del 20 novembre al Forum di Assago nella cornice della sfida di Eurolega tra Olimpia Milano e Hapoel Tel Aviv, ha portato Paladini a ricevere una chiamata dal commissariato di polizia di zona per il ritiro della sanzione, motivata con la violazione del regolamento interno dell’impianto. Il consigliere, che ha difeso a spada tratta il proprio gesto, definendolo pacifico e non violento, ha annunciato il possibile inizio di una battaglia legale.

«Mi ha appena chiamato il commissariato di polizia della mia zona, qui a Milano. Devo andare a ritirare la notifica di una multa di poco inferiore ai 200 euro» per «aver esposto per 10 secondi la bandiera della Palestina al Forum, in occasione della partita di pallacanestro Olimpia Milano Hapoel Tel Aviv» ha scritto Paladini, consigliere eletto con Patto Civico, sui propri social network. L’importo della sanzione si aggirerebbe specificamente tra i 180 e i 200 euro. La motivazione formale della multa, come riportato nel post dallo stesso Paladini, risiederebbe nella violazione del regolamento d’uso del Forum (esposizione non autorizzata). Il consigliere ha raccontato quanto accaduto: «Una volta dentro il Forum, quando è stata presentata in campo la squadra israeliana, ho esposto per 10 secondi e in maniera pacifica la bandiera. Un gesto non violento fatto in silenzio. Un agente in borghese si è avvicinato, mi ha chiesto i documenti e di evitare di mostrare la bandiera. Io, a quel punto, me la sono messa tipo sciarpa».

La vicenda personale di Paladini si è svolta in una serata caratterizzata da tensioni. Prima del fischio d’inizio, infatti, all’esterno della struttura un presidio di una cinquantina di attivisti pro Palestina aveva dato vita a una protesta con striscioni, fumogeni e cori contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e Giorgia Meloni. Il consigliere regionale, però, non era collegato a quel gruppo. Sorpreso e indignato, Luca Paladini ha dichiarato: «Sono letteralmente annichilito e ovviamente la cosa, per quanto mi riguarda, non finisce qui». Il consigliere ha quindi annunciato di valutare le prossime mosse, incluso un possibile ricorso legale. «Ora vedrò come muovermi e valuterò anche se intervenire con gli avvocati» ha concluso, sottolineando la sua intenzione di contestare una sanzione ritenuta sproporzionata rispetto a un gesto simbolico e silenzioso.

Si tratta ormai dell’ennesimo caso che vede la bandiera palestinese come una sorta di bersaglio che viene automaticamente sanzionato nel momento in cui viene esposta in occasione di eventi pubblici. Era già accaduto a fine luglio, quando allo stadio Sinigaglia di Como, durante la partita Ajax-Celtic, valida per la Como-Cup 2025, due tifosi italiani avevano sventolato una bandiera palestinese verso il settore dell’Ajax. I due, un uomo e una donna, sono stati identificati insieme ad altri 3 soggetti – due scozzesi e un uomo con cittadinanza marocchina residente a Besana in Brianza – che si sono uniti a quella che la Questura ha definito una «azione provocatoria». Tutti sono stati condotti in Questura e denunciati per l’articolo 604 bis del codice penale, che punisce la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. A maggio, poco prima del passaggio del Giro d’Italia a Putignano, piccolo comune in provincia di Bari, una famiglia aveva ricevuto la visita di un poliziotto in borghese, che ha chiesto loro di rimuovere la bandiera palestinese appesa al proprio balcone per una «questione di ordine pubblico». A fine febbraio, dopo una manifestazione contro il DDL 1660, a Terni un giovane militante del partito Potere al Popolo è stato fermato, identificato e perquisito dopo che è stata trovata in suo possesso una bandiera della Palestina. Dopo che il giovane è stato condotto negli uffici della PolFer perchè gli fosse ispezionato lo zaino, è stato anche denunciato per resistenza a pubblico ufficiale.

Pakistan, imboscata a un convoglio governativo: 4 morti

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Un gruppo armato ha teso una imboscata a un veicolo su cui viaggiava un funzionario governativo pakistano, uccidendo quattro persone. Il funzionario, Shah Wali, operava nella città di Miranshah ed è stato ucciso assieme alle sue due guardie e a un passante. L’attacco è avvenuto nel distretto di Bannu, nella provincia nordoccidentale di Khyber Pakhtunkhwa, e non è ancora stato reclamato da nessun gruppo. Il Pakistan è da tempo teatro di violenti scontri con gruppi islamisti nell’area nordoccidentale del Paese. Tra i più attivi figura Tehrik-e-Taliban Pakistan, gruppo separatista che Islamabad accusa di essere indirettamente sostenuto dall’Afghanistan. Kabul ha sempre rigettato le accuse.

Frodi a Bruxelles: polizia al Collegio d’Europa, arrestata l’ex ministra Mogherini

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L’ex Alta Rappresentante UE per gli Affari Esteri e ministra degli Esteri italiana sotto il governo Renzi, Federica Mogherini, è in stato di fermo. A dare la notizia sono i quotidiani belgi, che comunicano che l’arresto sarebbe scattato all’alba di oggi, martedì 2 novembre, su richiesta dell’Ufficio della procura europea (EPPO). Mogherini, oggi rettrice del Collegio d’Europa, sarebbe accusata di frode nell’aggiudicazione di appalti pubblici, corruzione e conflitto di interessi. L’indagine riguarda sospetti di favoritismo e possibile concorrenza sleale nell’assegnazione da parte del Servizio diplomatico dell’UE (SEAE) al Collegio d’Europa di un programma di formazione di nove mesi per futuri diplomatici europei. Nell’ambito della medesima indagine sarebbero stati arrestati anche un dirigente del Collegio d’Europa e l’ex Segretario generale del SEAE nonché diplomatico italiano, Stefano Sannino.

La notizia dell’arresto di Mogherini è stata fornita dai quotidiani Echo e Le Soir citando fonti della procura europea; la stessa procura ha confermato l’arresto di tre sospettati nell’ambito di una indagine riguardante «una presunta frode relativa alla formazione finanziata dall’UE per giovani diplomatici», affermando anche di avere chiesto – e ottenuto – la revoca dell’immunità per «diversi» indagati. La procura non ha fornito i nomi delle persone arrestate. Secondo le informazioni ufficiali fornite dall’EPPO, stamattina la polizia federale ha effettuato perquisizioni in diversi edifici del Collegio d’Europa di Bruges, presso il SEAE a Bruxelles, e presso le abitazioni dei sospettati. L’indagine è supportata anche dall’Ufficio comunitario anti-frode e dal giudice istruttore belga della provincia delle Fiandre Occidentali, dove si trova la città di Bruges.

I presunti reati risalgono al periodo 2021-2022. Il programma al centro dell’indagine è stato assegnato dal SEAE al Collegio d’Europa dopo una procedura di gara. Secondo le indagini, il Collegio «e/o i suoi rappresentanti» avrebbero ricevuto in anticipo informazioni sui criteri di selezione della gara e avrebbero ottenuto l’esecuzione del progetto prima ancora della pubblicazione del bando SEAE. Questo, sintetizza la procura, costituirebbe una violazione dell’articolo 169 del Regolamento Finanziario relativo alla concorrenza leale e implicherebbe la condivisione indebita di informazioni riservate relative all’appalto con uno dei candidati della gara. Si parla dunque di «frode negli appalti, corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale».

Secondo i quotidiani belgi, Federica Mogherini si troverebbe ora sotto custodia cautelare; anche Sannino si troverebbe in stato di fermo in attesa di essere interrogato, mentre del terzo sospettato si sa solo che ricopre un ruolo di spicco nel Collegio d’Europa. Mogherini è stata ministra degli Affari Esteri sotto il governo Renzi da febbraio del 2014 all’autunno dello stesso anno, periodo in cui è stata “promossa” al rango di Alta Commissaria per gli Esteri e Vicepresidente della Commissione Europea; ha ricoperto tale incarico per cinque anni, e da settembre 2020 è rettrice del Collegio d’Europa. Sannino, invece, è un diplomatico con esperienza decennale: tra il 2013 e il 2016 è stato Rappresentante permanente dell’Italia presso l’UE e subito dopo ha ricoperto l’incarico di Ambasciatore italiano in Spagna. Quest’ultimo mandato è scaduto nel maggio del 2020, e a gennaio del 2021 Sannino è stato nominato Segretario generale del SEAE, ruolo che ricoperto fino alla fine del 2024.