L’aula del Senato ha approvato in via definitiva la modifica della normativa sulla maternità surrogata. Nello specifico, il ddl – passato con 84 sì, 58 no e nessun astenuto – introduce il divieto di praticare la maternità surrogata non solo in Italia, dove è già illegale da vent’anni, ma anche all’estero, in quei Paesi in cui è invece consentita. La gestazione per altri, argomento molto divisivo sul piano etico e politico non solo a livello generale, ma anche all’interno della stessa comunità femminista e di quella omosessuale, è infatti diventata “reato universale”. Un concetto considerato da molti giuristi impreciso da un punto di vista tecnico, che apre a un gigantesco punto interrogativo in relazione ai concreti effetti che la nuova formulazione potrà produrre.
La gestazione per altri (GPA) è una tecnica di procreazione assistita in cui una persona porta avanti una gravidanza per conto di individui che, per condizione o motivazioni di tipo medico, non sono in grado di concepire figli. Nello specifico, la nuova legge Varchi (dal nome della prima firmataria di FDI) sulla maternità surrogata non fa che modificare l’articolo 12 della legge n° 40 del 2004, che già inquadra come illegale la pratica. Al comma 6 sono state infatti aggiunte le seguenti parole: «Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». Il reato delineato dalla legge, che già prevede per i responsabili la reclusione da 3 mesi a 2 anni e multe da 600mila euro a 1 milione di euro, riguarderà insomma anche i genitori italiani che si recheranno all’estero per ricorrere alla maternità surrogata. In base alla nuova normativa, questi ultimi potrebbero dunque essere messi sotto indagine e potenzialmente portati a processo. L’eventuale condanna, dal momento che la pena (che non è stata inasprita) risulta ancora bassa per un ingresso in carcere – specie considerando il fatto che molte delle persone eventualmente colpite, essendo incensurate, potrebbero beneficiare della sospensione condizionale della pena – potrebbe più verosimilmente sfociare in una multa.
A esprimere perplessità sul margine di applicazione delle nuove norme sono però molti giuristi, i quali sottolineano che non siano state rispettate le condizioni necessarie per tratteggiare un “reato universale”. Per configurare condotte punibili dai giudici nazionali o dalle organizzazioni internazionali sulla base della giurisdizione universale, infatti, si dovrebbe fare riferimento a crimini riconosciuti a livello internazionale – come genocidio, terrorismo e pedofilia -, a prescindere dal luogo in cui sono stati commessi. Una logica a cui sarebbe estranea la pratica della maternità surrogata, rispetto a cui manca peraltro il principio della “doppia incriminazione”, sulla base del quale, per poter punire un cittadino per una condotta messa in atto in un altro Stato, essa deve essere considerata reato anche in quel luogo. La maternità surrogata è infatti legale in decine di Paesi nel mondo ed è proprio questo il motivo per cui circa 250 coppie italiane ogni anno si recano fuori dai confini nazionali per ricorrervi. È stato poi evidenziato come a patire gli effetti più deleteri di eventuali punizioni possano essere proprio i bambini nati in seguito a maternità surrogata. Eppure, un principio giuridico centrale all’interno dell’ordinamento è proprio quello dell’“interesse superiore del minore”, che impone alle autorità o ai giudici di prendere sempre decisioni che garantiscano la crescita, la sicurezza e il benessere del bambino. Il che rende ancora più fumose le prospettive sulla concreta applicabilità della nuova legge.
Come ricordato, in Italia la pratica della GPA è già da tempo vietata. Al contrario, sono numerosi i Paesi che hanno reso legale la maternità surrogata, che possono essere divisi in due gruppi a seconda del grado di estensione del diritto. Olanda, Georgia, Ucraina, Albania, Bielorussia, Grecia, Polonia, Russia, Kazakistan e parte degli Stati Uniti prevedono la gestazione per altri sia in forma retribuita sia in forma altruistica (dunque senza un passaggio di denaro). La condizione della gratuità è, invece, fondamentale per accedere alla maternità surrogata in Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, India, Ungheria, Cipro, Israele e Australia, oltre che in diversi Stati USA. Alla clausola preliminare della natura – economica o volontaria – dell’accordo, si aggiungono poi limitazioni più o meno stringenti adottate dagli stessi ordinamenti nazionali.
[di Stefano Baudino]