sabato 23 Novembre 2024
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Il CBD potrebbe costituire un’arma naturale contro una delle zanzare più letali al mondo

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Una recente ricerca ha rivelato che il cannabidiolo (CBD), una sostanza chimica presente nella pianta della Cannabis sativa, potrebbe diventare un efficace insetticida naturale, capace di uccidere le larve di zanzara in modo rapido e potente. Gli scienziati hanno studiato l’effetto del CBD principalmente sulla zanzara Aedes aegypti, nota per trasmettere malattie come dengue, Zika e febbre gialla. Un insetto quindi molto pericoloso per la salute pubblica, associato alla trasmissione di 54 virus e 2 specie di parassiti - in generale le zanzare sono considerate l’animale più letale al mondo. 
Il ...

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Emilia-Romagna, alluvionati protestano davanti al Palazzo della Regione

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Più di 600 persone si sono radunate stamattina sotto il palazzo della Regione dell’Emilia-Romagna, protestando contro la mala gestione dei danni prodotti dalle alluvioni che hanno colpito il territorio negli ultimi anni. I cittadini, scesi in piazza anche con trattori e cavalli, hanno chiesto alle autorità «sicurezza» e di smetterla «di scaricarsi la responsabilità a vicenda». Alcuni di loro hanno sversato davanti all’ingresso del palazzo della Regione decine di alberi portati via dai fiumi esondati. I manifestanti si sono anche appellati al governo nazionale, chiedendo l’immediata erogazione dei ristori e semplificazioni.

Israele avrebbe ucciso il leader di Hamas Yahya Sinwar

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Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha confermato la notizia diffusasi oggi nel pomeriggio secondo la quale l’esercito israeliano avrebbe ucciso il leader di Hamas, Yahya Sinwar. L’uccisione sarebbe avvenuta nel corso di un raid condotto a Gaza, durante il quale sarebbero stati anche uccisi quelli che Israele definisce altri due «terroristi». Sinwar era stato eletto guida politica di Hamas dopo che il precedente leader, Ismail Haniyeh, era stato assassinato dall’esercito israeliano nel corso di un attacco condotto in territorio iraniano. Hamas non ha ancora commentato l’accaduto ma, se la notizia venisse confermata, si tratterebbe del secondo leader del movimento che l’IDF ha ucciso nel giro di appena due mesi, al quale si aggiunge l’omicidio del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Sinwar sarebbe stato ucciso nella zona di Tal as-Sultan, un’area di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Le foto di quello che sembrerebbe essere il suo cadavere sono state diffuse nel pomeriggio da vari media e da canali israeliani. Queste mostrerebbero come, al momento dell’uccisione, il leader si trovasse in una zona di combattimento, con il proprio fucile in mano: un’immagine che contraddice quanto fino ad ora affermato dal governo israeliano, secondo il quale durante il conflitto Sinwar sarebbe rimasto nascosto nei corridoi sotterranei di Gaza nei quali erano reclusi gli ostaggi israeliani o nelle tende dei rifugiati. Subito dopo la sua (presunta) uccisione, il suo corpo è stato prelevato dai militari israeliani e portato a Gerusalemme per effettuare i test del DNA e accertarne l’identità.

Insieme alla conferma di Gantz è giunta in questi minuti anche quella dell’IDF stesso. Yahya Ibrahim Hassan Sinwar, noto come Abu Ibrahimha fatto parte del movimento di Hamas sin dalla sua creazione, affiancando lo stesso ideatore del movimento, Sheikh Ahmed Yassin. Fu ripetutamente incarcerato (la terza volta per ben 23 anni, dopo essere stato accusato di aver pianificato il rapimento e l’uccisione di due soldati israeliani), riuscendo comunque a ricoprire il ruolo di Alto Comandante dei Prigionieri di Hamas svariate volte. Nel 2011, quando venne rilasciato in seguito a uno scambio di ostaggi tra palestinesi e israeliani, divenne uno dei principali promotori della pratica di catturare ostaggi israeliani per organizzare scambi di prigionieri con lo Stato ebraico. Rientrato a Gaza, inizia subito ad assumere ruoli di comando, e nel 2017 viene eletto capo di Hamas nella Striscia, per venire riconfermato nel 2021. Dall’escalation del 7 ottobre, la sua posizione era ignota, tanto che si ipotizzava che vivesse nascosto nei tunnel sotto Gaza.

Nonostante Haniye non potesse certamente dirsi moderato, Yahya Sinwar era da molti considerato un politico molto più radicale del proprio defunto predecessore. Egli era infatti ritenuto essere la mente dietro ai fatti del 7 ottobre, ipotesi appoggiata dai più anche per via della sua visione politica sulla gestione degli ostaggi. Sono particolarmente note le sue frasi cruente contro la presenza dello Stato ebraico in Palestina e anche la sua storica opposizione alla cosiddetta “soluzione dei due Stati”. Considerati tutti questi elementi, la sua l’elezione a capo di Hamas sembrava configurarsi come una conferma, da parte del movimento, delle proprie intenzioni a continuare per la via della resistenza. Come comunicato dallo stesso ufficio stampa di Hamas, la decisione di porre al vertice del gruppo una personalità rigida come Yahya Sinwar si configurava come un deciso «messaggio al nemico che siamo entrati in una nuova fase della lotta».

[di Valeria Casolaro]

UK, annunciate sanzioni contro navi petrolifere russe

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Il Regno Unito ha annunciato nuove sanzioni contro 18 petroliere e 4 navi che trasportano gas naturale liquefatto (GNL), in quella che si configura come la più ampia misura di sanzioni contro la cosiddetta “flotta fantasma” russa. È stata sanzionata anche la compagnia di produzione di gas liquido Rusgazdobycha. Il Regno Unito accusa le navi di aggirare le restrizioni sui combustibili russi, e di essere affiliate a Sovcomflot, la compagnia russa più importante nel trasporto marittimo di idrocarburi.

Desio: annullata la multa all’apicoltore per lo striscione contro il genocidio a Gaza

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Dopo due giorni dalla compilazione del verbale, il comando dei carabinieri ha deciso di fare marcia indietro e di ritirare la sanzione a Marco Borella. L’Indipendente era stato uno dei primi giornali a diffondere la surreale notizia: Borella, proprietario di Api e Nanni Apicoltura, azienda di allevamento d’api con sede a Caslino d’Erba, in provincia di Como, era stato multato a Desio per avere esposto uno striscione con su scritto “stop al genocidio”. La notizia ha immediatamente fatto alzare un gran numero di voci di solidarietà nei confronti dell’apicoltore, tanto da arrivare anche in Senato, e da costringere le autorità ad annullare la multa. A dare l’aggiornamento è stato lo stesso Borella, che ha ringraziato tutti per il sostegno. «Portiamo avanti con determinazione il messaggio nei territori in cui viviamo», ha scritto l’apicoltore, riprendendo poi la stessa dicitura dell’incriminato lenzuolo: «Stop bombing Gaza! Stop genocide!».

La notizia dell’annullamento della multa a Marco Borella è arrivata nella serata di ieri, a due giorni dalla redazione del verbale di contestazione. Sin dalla sua diffusione, l’accaduto aveva causato parecchio scalpore, innescando una forte ondata di solidarietà verso l’apicoltore e di contestazioni verso i carabinieri coinvolti nella vicenda. In poche ore, la questione è stata tema di una interrogazione parlamentare, avanzata dai senatori Celestino Magni e Giuseppe De Cristofaro, di Alleanza Verdi-Sinistra. «È opportuna una netta presa di distanza da parte delle istituzioni competenti con riguardo a episodi, come quello accaduto a Desio, di palesi abusi di potere da parte delle forze dell’ordine», hanno scritto i senatori, poiché situazioni come questa risultano «in violazione dei diritti fondamentali costituzionali, come di certo è quello di manifestare liberamente il proprio pensiero politico». Anche l’interrogazione di AVS, insomma, sottolinea la natura fortemente repressiva dell’intervento dei carabinieri.

Marco Borella è stato multato lunedì 14 ottobre mentre si trovava al mercato settimanale di Desio, dove aveva allestito il proprio banchetto del miele. La multa, pari a 430 euro, è stata elevata da due carabinieri, i quali hanno dapprima ordinato all’apicoltore di rimuovere lo striscione, considerato, secondo loro, una forma di “propaganda politica non autorizzata”. Gli agenti hanno dunque mostrato a Borella il testo del comma 4-bis dell’articolo 23 del Codice della Strada, minacciando il sequestro del banco e sanzioni penali più severe in caso di rifiuto. Borella, però, si è rifiutato, e all’arrivo di un superiore sarebbe stato multato non più in riferimento al comma 4-bis, ma ai commi 1 e 11 del medesimo articolo 23 del Codice della Strada. «In sostanza», spiega l’interrogazione parlamentare, «nel verbale sarebbero contestate più violazioni del codice della strada relative all’articolo 23, il quale impone il divieto di collocare insegne, cartelli, manifesti», o qualsiasi altro genere di oggetto che possa «ingenerare confusione con la segnaletica stradale», complicarne la comprensione o ridurne la visibilità. Insomma, Borella sarebbe stato multato perché il suo striscione, posto sul banchetto, ostruiva la vista degli utenti della strada.

[di Dario Lucisano]

In molti ospedali di tutta Italia torna la mascherina obbligatoria

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L’avvicinarsi dell’inverno e l’aumento della circolazione dei virus respiratori sembrano aver già messo in allerta i direttori di alcuni ospedali italiani, i quali hanno deciso di reintrodurre l’obbligo della mascherina per l’ingresso alla struttura o per accedere a determinati reparti sensibili. È la scelta che, secondo quanto riferito da Federsanità alla stampa, è stata fatta in queste settimane dall’ospedale di Brescia e in «molte altre regioni del Paese», motivata con il rialzo dei casi Covid nella zona. Si tratta di un provvedimento in accordo con l’ultima circolare Covid di luglio, la quale rimuoveva l’obbligo nazionale di indossare mascherine degradandolo ad eventuale provvedimento a discrezione dei singoli direttori. La decisione è stata commentata positivamente anche da alcuni esperti come Massimo Andreoni e Fabrizio Pregliasco, mentre l’infettivologo Matteo Bassetti ha criticato il provvedimento sostenendo che gli ospedali non dovrebbero rimanere vincolati a misure anti-Covid.

Secondo l’ultima circolare diramata dal Ministero della Salute il 1° luglio 2024, anche nei reparti ospedalieri in cui sono presenti pazienti fragili non è più obbligatorio indossare le mascherine chirurgiche. D’altra parte però, si passa da un obbligo generalizzato ad una raccomandazione a discrezione dei singoli direttori sanitari, i quali sono chiamati a «valutare le opportunità di disporre l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei diversi contesti della propria struttura», considerando la «diffusione dei virus a trasmissione aerea», le «caratteristiche degli ambienti (ad esempio della ventilazione)» e la «tipologia di pazienti, lavoratori o visitatori che li frequentano».

Tale opportunità, nelle ultime settimane, è stata adottata dal direttore dell’ospedale di Brescia e da molte altre strutture di diverse regioni del Paese che, visto il rialzo dei contagi, hanno deciso di ripristinare l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione Ffp2 per utenti, visitatori, accompagnatori e caregiver in tutti i reparti. «È una cosa giusta entrare in ospedale, dove ci sono soggetti fragili, e mantenere una ridotta circolazione di virus a trasmissione respiratoria. Quindi sono d’accordo con le strutture che scelgono di reintrodurre in vista dell’inverno l’uso della mascherina per i visitatori e l’igiene delle mani», ha commentato Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, Società italiana malattie infettive e tropicali. D’accordo anche il virologo Fabrizio Pregliasco, che ha commentato così: «Con il Covid dovremo convivere, avremo continuamente fasi di salita e di discesa e adesso siamo in una fase di salita. In funzione dell’andamento delle infezioni in un determinato contesto geografico, in strutture particolari come sono gli ospedali, è giusto che siano i direttori sanitari ad assumersi la responsabilità di profilare delle misure di protezione» anti-contagio come è accaduto agli Spedali Civili di Brescia. «Meglio un approccio di buon senso, che sarebbe assurdo stigmatizzare». Di opinione completamente diversa invece l’infettivologo Matteo Bassetti, che ha dichiarato: «È assurdo. Gli ospedali non possono essere prigionieri di queste misure anti-Covid o dei tamponi che ancora vengono chiesti per il trasferimento dei pazienti o per fare gli esami e le visite. Prendiamo spunto dal caso di Brescia, ma ci sono retaggi dell’impianto di misure anti-Covid – aggiunge – ci sono una serie di centri in Italia che applicano queste norme».

A proposito di dispositivi di protezione però, la sensazione è che la scelta di reintrodurre indistintamente l’obbligo ad indossare la mascherina all’interno degli ospedali non risulti completamente concorde con le evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni: già più di un anno fa L’Indipendente riportava che secondo uno degli studi comparati più ampi e rigorosi pubblicato per Cochrane – un’organizzazione no profit britannica considerata il punto di riferimento per eccellenza della revisione dei dati sanitari e degli studi scientifici – non vi sarebbe alcuna evidenza scientifica sul fatto che indossare le mascherine riduca la trasmissione delle malattie virali. Altre ricerche, poi, confermerebbero che persino le regole imposte ai bambini sono di dubbia solidità scientifica: una revisione sistematica sottoposta a revisione paritaria e pubblicata sul British Medical Journal ha analizzato oltre 22 studi da una selezione di 600 concludendo che solo 6 sembravano suggerire una protezione ma con un alto tasso di rischio di bias, concludendo che “l’efficacia dell’obbligo di indossare mascherine nei bambini non è ancora stata dimostrata con prove di alta qualità”. Infine, risulta impossibile ignorare il fatto che il provvedimento arriva proprio in seguito alle ammissioni di Fauci fatte nei mesi scorsi: l’immunologo ha infatti confermato che le misure che imponevano il distanziamento e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale non erano supportate da alcun criterio scientifico davanti alla sottocommissione sulla pandemia da coronavirus della Camera statunitense.

[di Roberto Demaio]

In Italia la gestazione per altri è diventata un “reato universale”

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L’aula del Senato ha approvato in via definitiva la modifica della normativa sulla maternità surrogata. Nello specifico, il ddl – passato con 84 sì, 58 no e nessun astenuto – introduce il divieto di praticare la maternità surrogata non solo in Italia, dove è già illegale da vent’anni, ma anche all’estero, in quei Paesi in cui è invece consentita. La gestazione per altri, argomento molto divisivo sul piano etico e politico non solo a livello generale, ma anche all’interno della stessa comunità femminista e di quella omosessuale, è infatti diventata “reato universale”. Un concetto considerato da molti giuristi impreciso da un punto di vista tecnico, che apre a un gigantesco punto interrogativo in relazione ai concreti effetti che la nuova formulazione potrà produrre.

La gestazione per altri (GPA) è una tecnica di procreazione assistita in cui una persona porta avanti una gravidanza per conto di individui che, per condizione o motivazioni di tipo medico, non sono in grado di concepire figli. Nello specifico, la nuova legge Varchi (dal nome della prima firmataria di FDI) sulla maternità surrogata non fa che modificare l’articolo 12 della legge n° 40 del 2004, che già inquadra come illegale la pratica. Al comma 6 sono state infatti aggiunte le seguenti parole: «Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». Il reato delineato dalla legge, che già prevede per i responsabili la reclusione da 3 mesi a 2 anni e multe da 600mila euro a 1 milione di euro, riguarderà insomma anche i genitori italiani che si recheranno all’estero per ricorrere alla maternità surrogata. In base alla nuova normativa, questi ultimi potrebbero dunque essere messi sotto indagine e potenzialmente portati a processo. L’eventuale condanna, dal momento che la pena (che non è stata inasprita) risulta ancora bassa per un ingresso in carcere – specie considerando il fatto che molte delle persone eventualmente colpite, essendo incensurate, potrebbero beneficiare della sospensione condizionale della pena – potrebbe più verosimilmente sfociare in una multa.

A esprimere perplessità sul margine di applicazione delle nuove norme sono però molti giuristi, i quali sottolineano che non siano state rispettate le condizioni necessarie per tratteggiare un “reato universale”. Per configurare condotte punibili dai giudici nazionali o dalle organizzazioni internazionali sulla base della giurisdizione universale, infatti, si dovrebbe fare riferimento a crimini riconosciuti a livello internazionale – come genocidio, terrorismo e pedofilia -, a prescindere dal luogo in cui sono stati commessi. Una logica a cui sarebbe estranea la pratica della maternità surrogata, rispetto a cui manca peraltro il principio della “doppia incriminazione”, sulla base del quale, per poter punire un cittadino per una condotta messa in atto in un altro Stato, essa deve essere considerata reato anche in quel luogo. La maternità surrogata è infatti legale in decine di Paesi nel mondo ed è proprio questo il motivo per cui circa 250 coppie italiane ogni anno si recano fuori dai confini nazionali per ricorrervi. È stato poi evidenziato come a patire gli effetti più deleteri di eventuali punizioni possano essere proprio i bambini nati in seguito a maternità surrogata. Eppure, un principio giuridico centrale all’interno dell’ordinamento è proprio quello dell’“interesse superiore del minore”, che impone alle autorità o ai giudici di prendere sempre decisioni che garantiscano la crescita, la sicurezza e il benessere del bambino. Il che rende ancora più fumose le prospettive sulla concreta applicabilità della nuova legge.

Come ricordato, in Italia la pratica della GPA è già da tempo vietata. Al contrario, sono numerosi i Paesi che hanno reso legale la maternità surrogata, che possono essere divisi in due gruppi a seconda del grado di estensione del diritto. Olanda, Georgia, Ucraina, Albania, Bielorussia, Grecia, Polonia, Russia, Kazakistan e parte degli Stati Uniti prevedono la gestazione per altri sia in forma retribuita sia in forma altruistica (dunque senza un passaggio di denaro). La condizione della gratuità è, invece, fondamentale per accedere alla maternità surrogata in Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, India, Ungheria, Cipro, Israele e Australia, oltre che in diversi Stati USA. Alla clausola preliminare della natura – economica o volontaria – dell’accordo, si aggiungono poi limitazioni più o meno stringenti adottate dagli stessi ordinamenti nazionali.

[di Stefano Baudino]

Istat: 5,7 milioni di persone in povertà assoluta

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Nel 2023, risultano in condizione di povertà assoluta oltre 2,2mln di famiglie, ovvero l’8,4% di quelle residenti in Italia. Lo ha attestato l’Istat nel suo ultimo rapporto, spiegando che il valore si alza fino al 30,5% se si prendono in considerazione i nuclei con almeno uno straniero. In totale, gli individui in povertà assoluta sono quasi 5,7 mln, cioè il 9,7% dei residenti. I dati sono stabili rispetto a quelli emersi rispetto al 2022. L’Istat ha spiegato che a spingere la povertà assoluta è stata, tra gli altri fattori, anche la forte inflazione.

Perché Israele, in realtà, è il cinquantunesimo Stato occulto degli USA

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Israele è indispensabile per l’impero statunitense, gli USA sono indispensabili per la sicurezza e la sopravvivenza di Israele. Il conflitto in corso che Tel Aviv sta portando avanti in Medio Oriente, oltre al genocidio di Gaza, conferma l’alleanza indissolubile tra i due Paesi. Gli Stati Uniti sostengono in tutto e per tutto Israele, anche quando sembrano mediare e cercare una soluzione diplomatica. La presenza militare statunitense in Israele e nella regione mediorientale è stata palesemente accresciuta per difendere l’alleato sionista e nell’eventualità di una vasta guerra con l’Iran. Una v...

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Dl Repressione, continuano le proteste: al via mobilitazione nazionale

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Monta la settimana di proteste contro il Ddl 1660, culminata con la proclamazione di una giornata di mobilitazione nazionale che coinvolgerà diverse città, da Brescia a Roma e Milano. Oggi i portuali di Genova stanno scioperando bloccando il varco portuale San Benigno. La protesta nazionale – promossa da associazioni, movimenti per i diritti abitativi e sindacati di base – è stata fissata per sabato 19 ottobre. Il Ddl 1660 prevede una stretta repressiva con l’introduzione di nuove fattispecie di reato concepite per colpire ogni movimento che preoccupa il governo, dagli operai agli ecologisti, fino ai movimenti contro le grandi opere, la speculazione energetica e per il diritto alla casa.