sabato 26 Aprile 2025
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Telefonata Trump-Putin: la Russia accetta il cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina

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Si è conclusa da poco, dopo oltre due ore di colloquio, l’attesa telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin, incentrata in particolare sul conflitto tra Russia e Ucraina. Il primo resoconto su quanto convenuto arriva da un comunicato rilasciato dal Cremlino, che ha reso noto come il presidente russo abbia accettato la proposta di Trump affinché le parti in conflitto si astengano reciprocamente dagli attacchi alle infrastrutture energetiche per 30 giorni, impartendo immediatamente il comando corrispondente al suo esercito. Contestualmente è uscita con una nota anche la Casa Bianca, che ha confermato che i due leader hanno concordato che il percorso verso una pace permanente proseguirà con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero e un cessate il fuoco completo.

Nel comunicato diramato dal governo russo si legge che «Vladimir Putin ha espresso gratitudine a Donald Trump» per il suo desiderio di «contribuire al raggiungimento del nobile obiettivo di porre fine alle ostilità e alle perdite umane», sottolineando che, «dopo aver confermato il suo impegno fondamentale per una risoluzione pacifica del conflitto, il presidente russo ha dichiarato la sua disponibilità a collaborare con i suoi partner americani per esplorare a fondo le possibili modalità per raggiungere una soluzione che sia globale, sostenibile e a lungo termine». Tenendo conto, puntualizza la nota, «dell’assoluta necessità di eliminare le cause profonde della crisi, gli interessi legittimi della Russia nel campo della sicurezza». Durante la telefonata, spiega ancora il Cremlino, «è stato sottolineato che la condizione fondamentale per impedire l’escalation del conflitto e lavorare alla sua risoluzione attraverso mezzi politici e diplomatici dovrebbe essere la cessazione completa degli aiuti militari stranieri e la fornitura di informazioni di intelligence a Kiev», rilevando «i gravi rischi legati all’incapacità di negoziare» del governo ucraino, che ha «ripetutamente sabotato e violato gli accordi raggiunti». Putin ha inoltre riferito che domani avrà luogo uno scambio di prigionieri con la controparte ucraina, «175 per 175 persone», e che «verranno trasferiti 23 militari ucraini gravemente feriti, attualmente ricoverati presso strutture mediche russe». Inoltre, Putin e Trump hanno convenuto che bisognerà intraprendere sforzi congiunti per «stabilizzare» la situazione in Medio Oriente e nella regione del Mar Rosso.

«Oggi, il Presidente Trump e il Presidente Putin hanno parlato della necessità di pace e di un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina – si legge nel comunicato diffuso da Washington –. Entrambi i leader hanno concordato che questo conflitto deve concludersi con una pace duratura». Oltre a dare atto dell’accordo raggiunto sul cessate il fuoco e sulle tappe funzionali a una pace duratura, la nota si spiega che «i leader hanno parlato ampiamente del Medio Oriente come di una regione di potenziale cooperazione per prevenire futuri conflitti», discutendo inoltre della «necessità di fermare la proliferazione di armi strategiche e si impegneranno con altri per garantire la più ampia applicazione possibile» e condividendo l’opinione che «l’Iran non dovrebbe mai essere in grado di distruggere Israele». Il comunicato si chiude attestando che Trump e Putin hanno concordato che «un futuro con un rapporto bilaterale migliorato tra Stati Uniti e Russia ha un enorme potenziale positivo», includendo «enormi accordi economici e stabilità geopolitica quando la pace sarà raggiunta».

[di Stefano Baudino]

Ecuador: emergenza ambientale per una grave fuoriuscita di petrolio

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In Ecuador una fuoriuscita di petrolio sta causando un vero e proprio disastro ambientale che ha già colpito diverse riserve naturali e un tratto del fiume principale della provincia, causando anche il blocco di diverse linee di distribuzione di acqua potabile. L’incidente è avvenuto nel settore El Vergel-El Mirador del cantone di Quinindé, nella provincia di Esmeraldas, e sarebbe stato causato da una frana che avrebbe danneggiato gli oleodotti della società statale Petroecuador. Il sindaco di Esmeraldas, Vicko Villacís, ha affermato che la perdita ha causato «danni senza precedenti». Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza ambientale, mentre alcuni abitanti tentano di contenere i danni con mezzi di fortuna. Il governo, invece, ha annunciato misure straordinarie per gestire la crisi e avviare la bonifica della zona.

La causa dell’incidente è stata la rottura di un tratto dell’oleodotto transecuadoriano (SOTE) che, secondo i media locali, sarebbe dovuta a una frana che ha danneggiato l’infrastruttura nel chilometro 431 della condotta. Il petrolio si è poi riversato nel fiume Esmeraldas, alterandone il colore e penetrando nei pendii circostanti. Nelle aree più colpite, gli abitanti si sarebbero persino impegnati a costruire dighe improvvisate nel tentativo di arginare il flusso di greggio. Il sindaco Vicko Villacís, intanto, ha bloccato l’approvvigionamento cittadino per evitare contaminazioni, ma ciò ha causato una crisi idrica che ha comportato razionamenti e il conseguente utilizzo dei 35 milioni di litri di riserva per distribuirli alla popolazione locale. Nel frattempo, Petroecuador, la compagnia petrolifera statale, ha avviato interventi di emergenza, ma non ha ancora quantificato l’ammontare della fuoriuscita. In totale, il Ministero dell’Ambiente ha stimato che l’incidente ha colpito almeno 966 famiglie residenti in zona.

Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa Azin, ha dichiarato: «Convocherò il Comitato per le operazioni di emergenza a livello nazionale. Petroecuador deve assumersi le proprie responsabilità. A differenza del passato, questa volta risponderà delle sue azioni con l’obbligo di effettuare la bonifica a Esmeraldas. Per questo motivo verrà creato un fondo con due obiettivi: il risanamento ambientale e il risarcimento a tutte le famiglie colpite. Il Ministro dell’Ambiente si mobiliterà immediatamente per coordinare queste azioni». L’Agenzia nazionale per l’acqua, invece, ha pubblicato un comunicato che riassume le strategie messe in atto per contenere l’emergenza: è stata definita una tabella di marcia per ridurre al minimo l’impatto sulla fornitura di acqua potabile nei cantoni colpiti, sono stati monitorati quattro punti che potrebbero fungere da fonti alternative di raccolta dell’acqua, sono stati prelevati otto campioni di acque profonde all’interno della struttura di presa dell’impianto di trattamento di San Mateo – con il supporto di subacquei e laboratori accreditati – allo scopo di analizzare il rientro dell’acqua sulla spiaggia e il riavvio dell’impianto di trattamento e, infine, è stato elaborato un piano per individuare i luoghi in cui dare priorità alla distribuzione dell’acqua, tra cui ospedali, macelli, mercati, asili nido e istituti di aiuti umanitari.

Il disastro si aggiunge all’emergenza che era già in vigore in zona a causa delle piogge. Tuttavia, al momento, stando alle fonti locali, rimane un interrogativo tutt’altro che ignorabile: Petroecuador aveva già riportato una perdita nella stessa zona domenica 9 marzo, attraverso un comunicato che parlava di «perforazioni clandestine» come cause. Non è ancora noto se si tratti della stessa perdita che si è amplificata o di un altro evento simile in zona. Quello che è certo, per ora, è che sembra difficile pensare che la zona non necessiti di un’accurata manutenzione e bonifica per impedire il ripetersi di disastri simili.

[di Roberto Demaio]

Rapporto: una patrimoniale europea del 3% sui super ricchi porterebbe 121 miliardi l’anno

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Una tassa del 3% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro potrebbe generare 15 miliardi in Italia e 121 miliardi a livello europeo. È quanto emerge dal rapporto dell’Osservatorio fiscale europeo, guidato dall’economista Gabriel Zucman. La misura, già discussa al G20, è stata ripresentata oggi all’annuale Tax Symposium di Bruxelles. Essa, secondo le stime, neutralizzerebbe l’attuale regressività fiscale, per cui i più ricchi pagano aliquote inferiori rispetto alla classe media. Oggi, fase in cui l’imposizione effettiva sui miliardari si attesta solo allo 0,2%, l’introduzione di questo patrimonio garantirebbe risorse per investimenti e servizi pubblici, senza aumentare il debito.

Nello specifico, il report suggerisce l’introduzione di un’imposta minima del 2% sulla ricchezza delle persone con un patrimonio superiore a 100 milioni di euro, o una tassa del 3% per chi possiede più di un miliardo di euro. Uno strumento che, secondo gli autori, potrebbe generare entrate significative senza impattare la crescita economica. La logica alla base della proposta è semplice: attualmente, i super-ricchi pagano aliquote fiscali effettive inferiori rispetto al resto della popolazione. Secondo l’EU Tax Observatory, i sistemi fiscali moderni non riescono infatti a tassare efficacemente questa fascia di contribuenti, permettendo loro di sfruttare scappatoie e paradisi fiscali. Durante la Seconda guerra mondiale, evidenzia il rapporto, Francia e Regno Unito introdussero tasse straordinarie sui ricchi per finanziare le spese belliche, e l’idea di una tassazione più equa su questa fascia di popolazione è ampiamente supportata dai cittadini europei: secondo un sondaggio Eurobarometro, il 67% si è espresso favorevolmente.

Una delle principali critiche alle imposte patrimoniali è la possibile mancanza di liquidità per i contribuenti colpiti. Tuttavia, il report evidenzia che un’imposta del 2% sulla ricchezza sarebbe inferiore al rendimento medio del capitale per i super-ricchi, stimato oltre il 7% annuo negli ultimi 40 anni, al netto dell’inflazione. Inoltre, la proposta include un meccanismo di compensazione: chi già paga imposte sul reddito elevate non dovrebbe versare ulteriori somme, garantendo così equità ed evitando doppia imposizione. La proposta ha già trovato spazio nel dibattito politico europeo. A febbraio 2025, l’Assemblea Nazionale francese ha approvato una tassa del 2% sui centi-milionari, e altri Stati membri potrebbero seguire l’esempio. La ricerca presenta inoltre una serie di simulazioni per calcolare il gettito fiscale nei diversi Paesi europei. Ad esempio, in Francia la tassa potrebbe generare fino a 34,8 miliardi di euro con un’aliquota del 3%, mentre in Germania si arriverebbe a 30,4 miliardi di euro. In Italia, il gettito stimato sarebbe di 15 miliardi con un’imposta del 3% e 8,3 miliardi con un’aliquota del 2%.

Ma come potrebbe concretamente impattare l’introduzione di una tassa del 3% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro in Italia e in Europa? Tali risorse potrebbero essere destinate a numerosi investimenti pubblici strategici. A livello europeo, oltre che per il potenziamento delle infrastrutture di trasporto e la promozione della sostenibilità – settori per i quali la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha stanziato oltre 15 miliardi – i 121 miliardi recuperati dalla tassa sui patrimoni dei super-ricchi coprirebbero interamente la quota del contributo offerti dai fondi strutturali e di investimento europei (SIE) per il miglioramento della ricerca e innovazione, alla competitività delle piccole e medie imprese e allo sviluppo del mercato unico digitale. Nel nostro Paese, per esempio, contribuendo all’ammodernamento e alla digitalizzazione delle infrastrutture elettriche nei prossimi 10 anni, stimato da Terna in 23 miliardi, così come ad investimenti nelle energie rinnovabili per il settore ferroviario, dopo che Ferrovie dello Stato ha annunciato un piano di 1,3 miliardi di euro destinato a coprire il 19% del fabbisogno energetico del settore ferroviario entro il 2029. Altro capitolo potrebbe essere quello del welfare studentesco: basti pensare che il PNRR prevede 1,91 miliardi di euro per triplicare i posti disponibili per gli studenti fuori sede e aumentare importo e platea di riferimento delle borse di studio.

[di Stefano Baudino]

Bosnia, ancora mandati d’arresto per capi della Repubblica Srpska

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La Corte statale bosniaca ha emesso un mandato di arresto nazionale per il presidente della Republika Srpska, l’entità del Paese a maggioranza serba, Milorad Dodik. Emanati mandati anche per Radovan Višković e Nenad Stevandić, rispettivamente primo ministro e presidente dell’Assemblea Nazionale della Republika Srpska. La decisione della Corte arriva dopo l’emissione di mandati d’arresto da parte della Procura generale del Paese, rilasciati il 12 marzo, dopo che i tre non si sono presentati a delle convocazioni per un interrogatorio. Ora qualsiasi agente di polizia nel Paese che li incontri sarebbe tenuto ad arrestarli immediatamente. I tre sono accusati di aver “attaccato l’ordine costituzionale”.

Il libro bianco della Difesa Europea definisce la Russia «minaccia esistenziale»

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La Russia è la minaccia principale per l’Europa, seguita dalla Cina. Questo il messaggio centrale del libro bianco sul futuro della difesa europea, documento strategico approvato dalla Commissione UE che delinea un’Europa in stato di allerta permanente. La Russia, «minaccia esistenziale» per la sicurezza stessa dell’Unione, si avvale poi dell’appoggio di altri Paesi quali «la Bielorussia, la Cina, la Corea del Nord e l’Iran», i quali costituiscono, di riflesso, pericoli altrettanto seri per l’Unione. Pechino, in particolare, è accusata di alterare gli equilibri nell’Indo-Pacifico, sfruttando strumenti economici e informatici, mettendo così in atto una politica estera pericolosa per Bruxelles. Il quadro delineato dall’Unione appare così giustificare pienamente la corsa al riarmo e le politiche belliciste europee, nelle quali Bruxelles sta spendendo tutte le sue risorse.

La difesa dell’Ucraina contro «una minaccia esistenziale per la sicurezza europea» diventa così un obiettivo a breve termine di primaria importanza per l’Unione, che esorta i suoi Stati a rimanere «fermamente» dalla parte di Kiev. La Russia rappresenta infatti, al momento, «la minaccia diretta e indiretta più significativa per l’UE e la sua sicurezza, nonché per la sicurezza dei Paesi candidati e dei partner dell’UE». Una eventuale svolta nel conflitto con l’Ucraina, scrive il documento, «dipende quasi interamente dagli europei», motivo per il quale all’Ucraina servono più armi «prima della fine dei negoziati». L’ombra è quella di una plausibile (secondo Bruxelles) volontà di conquista della Russia, che potrebbe muoversi «contro altri Paesi, compresi eventualmente Stati membri dell’UE». Per questo motivo gli Stati membri sono invitati a «revocare tutte le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari nel territorio russo». Allo stesso tempo, tuttavia, si invitano gli Stati a «individuare una soluzione pacifica alla guerra», basata «sul pieno rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità nazionale dell’Ucraina».

Proprio «dati i suoi precedenti [della Russia, ndr] di invadere i suoi vicini e le sue attuali politiche espansionistiche, il bisogno di una deterrenza da un’aggressione armata russa rimarrà anche dopo un giusto e duraturo accordo di pace con l’Ucraina». La minaccia russa, insomma, è presente e costante per l’Europa, che si arrivi o meno a una pace con l’Ucraina. In questo contesto, la Cina, oltre a rappresentare un rischio in quanto alleata della Russia, sta «erodendo l’ordine internazionale» perseguendo politiche estere «assertive e ostili in ambito economico e di concorrenza» e costituendo quindi una minaccia per gli interessi europei. In questo contesto, Pechino sta anche «investendo somme ingenti nelle sue forze armate». A completare il quadro vi è poi l’instabilità del Medio Oriente, che minaccia i confini dell’Europa meridionale.

La «minaccia esistenziale» per l’Europa delle ipotetiche mire espansionistiche della Russia funge quindi da intero motore per il supporto alle politiche bellicistiche e di riarmo dell’Unione. Solamente una settimana fa, infatti, il Parlamento europeo ha dato il via libera al piano ReArm Europe, che prevede l’investimento di 800 miliardi di euro nella difesa – ovvero nel mercato della guerra. Nelle scorse ore, inoltre, l’Alto Rappresentante dell’UE Kaja Kallas ha proposto lo stanziamento di 40 miliardi aggiuntivi per armare Kiev, che tuttavia sembra non aver trovato il favore dei Paesi UE.

[di Valeria Casolaro]

Siria e Libano, concordato il cessate il fuoco dopo gli scontri

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Il ministro della Difesa libanese Michel Menassa e il suo omologo siriano Murhaf Abu Qasra hanno concordato un cessate il fuoco, hanno affermato i ministeri della Difesa libanese e siriano in dichiarazioni rilasciate oggi, mentre gli scontri transfrontalieri degli ultimi due giorni hanno causato in tutto 10 morti. I ministri hanno inoltre concordato di proseguire i contatti tra le direzioni dei servizi segreti dell’esercito per impedire un ulteriore deterioramento della situazione al confine, punto critico nei tre mesi trascorsi da quando i ribelli islamici hanno rovesciato il regime siriano di Bashar al-Assad, installato le proprie istituzioni e il proprio esercito.

L’assegno di inclusione del governo Meloni ha lasciato senza supporto 850 mila famiglia povere

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Il passaggio dal reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione (Adi) ha penalizzato 850 mila famiglie tra le più povere d’Italia. A certificarlo è l’Istat nel rapporto 2024 sulla redistribuzione del reddito, che ha evidenziato come le politiche del governo Meloni abbiano penalizzato principalmente le fasce economicamente più in difficoltà della popolazione, contribuendo a un aumento delle diseguaglianze. Le famiglie che percepiscono il nuovo sostegno, introdotto dal governo Meloni, hanno perso in media 2.600 euro annui: tre quarti di esse sono state escluse dal beneficio, il restante quarto è stato svantaggiato dal nuovo metodo di calcolo.

L’Adi è stato pensato per supportare le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con criteri più stringenti rispetto al Reddito di cittadinanza. Tuttavia, la misura ha lasciato scoperta una larga fetta della popolazione precedentemente beneficiaria del Rdc, aggravando la situazione economica di molti nuclei familiari già fragili. La riduzione del supporto economico ha colpito in modo particolare le famiglie con minori, quelle in affitto e i nuclei in cui è presente almeno un componente con disabilità, sebbene alcune di queste ultime abbiano potuto beneficiare di un aumento dell’importo ricevuto. Nello specifico, 620mila famiglie hanno perso completamente il diritto a qualsiasi forma di sostegno economico, mentre le restanti 230mila hanno continuato a ricevere un aiuto, seppur inferiore a quello precedente.

L’impatto della riforma non si è limitato alle famiglie direttamente coinvolte: il rapporto dell’Istat evidenzia che le misure economiche varate dal governo hanno reso più diseguale la distribuzione del reddito in Italia. L’indice di Gini, che misura il livello di diseguaglianza (dove 0 indica una perfetta equità), è passato dal 30,25% al 30,40%. Questo incremento, seppur modesto, segnala un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti. Oltre all’Adi, il governo ha introdotto il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), destinato agli “occupabili” che si impegnano in percorsi di inserimento lavorativo. Tuttavia, questa misura non ha compensato la perdita del Reddito di cittadinanza: solo una famiglia su dieci tra quelle escluse dall’Adi potrebbe avere un componente avente diritto al Sfl. Inoltre, i dati mostrano che nel 2024 solo circa 100mila persone sono riuscite ad accedere effettivamente al Sfl, a dimostrazione della sua scarsa efficacia.

Uno degli effetti più contestati della riforma è il taglio drastico delle risorse destinate al contrasto della povertà. Secondo la Cgil, nel 2024 sono stati erogati 2 miliardi di euro in meno rispetto al 2023 per le misure di sostegno alla povertà e 3,3 miliardi in meno rispetto al 2022, quando il Reddito di cittadinanza operava a pieno regime. Il risparmio complessivo per le casse dello Stato è stato di circa 2,5 miliardi di euro rispetto a quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2024. Questi tagli non sono stati accompagnati da un aumento significativo dell’occupazione, come spesso affermato dal governo. L’Istat ha infatti confermato che in Italia ci sono ancora 5,7 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta.

L’Assegno di Inclusione (ADI) è stato introdotto dall’esecutivo italiano a partire dal 1° gennaio 2024 in sostituzione del Reddito di Cittadinanza (RDC), abolito l’anno precedente. La misura è stata voluta dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni per riformare il sistema di sostegno ai cittadini in difficoltà economica, distinguendo tra “non occupabili” e “occupabili”. L’ADI è rivolto esclusivamente ai nuclei familiari con almeno un membro in condizioni di fragilità, come minori, disabili o over 60. L’obiettivo dichiarato dal governo era quello di incentivare l’inserimento lavorativo e a ridurre la spesa pubblica. Tuttavia, già a dicembre 2023 la Banca d’Italia aveva stimato che la nuova misura sarebbe stata meno efficace nel contrasto alla povertà e alla disuguaglianza, dal momento che “nel passaggio dall’RdC all’AdI risultano maggiori sia l’incidenza della povertà assoluta (di 0,8 punti) sia l’indice di Gini (di 0,4 punti)”, e lo stesso allarme era stato successivamente lanciato dalla Commissione Europea. I dati Istat, oggi, lo hanno confermato.

[di Stefano Baudino]

Congo, l’M23 si ritira dai colloqui di pace per le sanzioni UE

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I ribelli dell’M23 sostenuti dal Ruanda si sono ritirati dai colloqui di pace con il governo della Repubblica Democratica del Congo. Il portavoce del movimento, Lawrence Kanyuka, ha scritto su X che «certe istituzioni internazionali stanno deliberatamente lavorando per sabotare gli sforzi di pace nella Repubblica Democratica del Congo e rendere impossibili i colloqui tanto attesi», riferendosi alle sanzioni imposte dall’UE al capo del movimento ribelle e a militari e funzionari ruandesi. I negoziati si sarebbero dovuti tenere oggi a Luanda, capitale dell’Angola.

La Terra dei Fuochi non è più sola

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Un grido da anni attraversa la Terra dei Fuochi, muove le labbra dei suoi abitanti che denunciano, resistono e chiedono giustizia: «stop al biocidio!». Il termine «biocidio», diventato oggi di uso comune, nasce proprio da questa vicenda e dal basso, dalla riflessione interna ai movimenti che da tempo si oppongono alla devastazione ambientale. A Scampia, quartiere dell’area nord di Napoli, si parla di «biocidio» per indicare la distruzione sistematica della vita umana e dell’ambiente causata dallo smaltimento illecito di rifiuti tossici. Proprio in questo quartiere si è riunita lo scorso febbra...

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UE aumenta sostegno ai siriani: stanziati 2,5 miliardi in aiuti

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La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato un piano da 2,5 miliardi di euro di aiuti supplementari per sostenere i siriani nei prossimi due anni, sia nel Paese che nei territori in cui molti di essi sono fuggiti. L’annuncio è avvenuto durante una conferenza dei donatori. Si prevede che anche i Paesi UE dichiarino impegni finanziari aggiuntivi. Il governo tedesco ha già reso noto che metterà a bilancio 300 milioni di euro in aiuti. Il sostegno europeo alle autorità de facto, guidate dall’ex comandante di al-Qaeda Ahmed al-Sharaa, arriva nonostante l’esplosione di violenze negli ultimi giorni nelle regioni costiere nord-occidentali della Siria.