mercoledì 19 Novembre 2025
Home Blog Pagina 53

Quanto dura l’acqua in bottiglia? La verità sulla scadenza e i possibili pericoli

0

Avete mai fatto caso alla data di scadenza riportata sulle bottiglie di plastica dell’acqua minerale? La dicitura che compare è di norma la seguente: «TMC giorno/mese/anno», ad es. «TMC 04/09/26». La sigla TMC sta per Termine Minimo di Conservazione ed è la data fino alla quale un prodotto alimentare mantiene intatte le sue proprietà specifiche (gusto, consistenza, ecc.) se conservato in modo adeguato. La sigla TMC sta ad indicare «da consumarsi preferibilmente entro» e si differenzia da un’altra dicitura sui prodotti alimentari che identifica invece una scadenza netta con un termine perentorio, entro il quale l’alimento va assolutamente consumato pena una modifica non solo delle caratteristiche di gusto, colore e consistenza, ma anche di salubrità dal punto di vista microbiologico, divenendo dunque soggetto a crescita di muffe e batteri. Se leggiamo «scade il…» allora si tratta di un alimento fresco e facilmente deperibile, come latte, yogurt, uova, ecc. In questi casi bisogna essere più rigorosi nel rispettare fedelmente la data di scadenza. Ma non va sottovalutato neppure il Termine Minimo di Conservazione.

La scadenza non riguarda l’acqua 

L’acqua in bottiglia è una scelta pratica e comune per molti, tuttavia pochi consumatori si interrogano sulla durata di conservazione dell’acqua in bottiglie di plastica. La scadenza indicata sulle bottiglie di acqua non riguarda tanto l’acqua stessa quanto il contenitore. L’acqua pura, se non è addizionata di aromi o altre sostanze, non ha nessuna scadenza, in quanto non contiene componenti organici che possano decomporsi. Tuttavia, il contenitore in cui è conservata, se è di plastica, può influire sulla sua qualità nel tempo. In sostanza l’acqua scade a causa della deperibilità del contenitore utilizzato. In base al materiale utilizzato per conservare e trasportare l’acqua, dopo un certo periodo di tempo, la bottiglia può rovinarsi e contaminare il contenuto mettendo a rischio la salute delle persone. 

La scadenza dell’acqua in bottiglia di plastica dipende dal tipo di polimero con cui è stato realizzato il contenitore, solitamente il PET (polietilene tereftalato). In ogni caso, generalmente, l’acqua minerale nelle bottiglie di plastica scade entro 1 o 2 anni. Si tratta di un tempo abbastanza lungo, ma bisogna considerare il momento in cui la bottiglia è stata fabbricata e quello in cui è avvenuto l’imbottigliamento dell’acqua di sorgente. Pertanto, è consigliabile consumare l’acqua alcuni mesi prima della effettiva data di scadenza presente sulla confezione, a scopo precauzionale e preventivo. Troverete una scadenza anche nelle bottiglie di acqua minerale in vetro, ma in questo caso possiamo anche ignorare questa data, dal momento che il vetro è dotato di inerzia chimica, quindi rimane inalterato nel tempo, non rilascia sostanze ed è impermeabile ai gas e ai microrganismi. 

Le bottiglie di plastica possono rilasciare nel tempo delle sostanze chimiche tossiche nell’acqua, come antimonio o ftalati, specialmente se esposte a calore o luce solare diretta. Questo determina ovviamente un’alterazione del gusto e della sicurezza dell’acqua. Altro elemento da considerare è la tenuta del tappo: un tappo che non sigilla perfettamente può permettere l’ingresso di aria e contaminanti, compromettendo la purezza dell’acqua. Infine anche l’acqua conservata in ambienti molto caldi e umidi può subire alterazioni nel sapore e nella qualità.

Quanto dura l’acqua in bottiglia aperta?

Non esiste una precisa scadenza dell’acqua in bottiglia aperta: quella riportata dal produttore si riferisce solo al contenitore. In genere, dopo l’apertura della bottiglia in plastica o in vetro abbiamo tutti l’abitudine di berne il contenuto nel giro di poche ore, ma nel caso in cui invece la bottiglia d’acqua rimanga aperta per alcuni giorni, occorre prestare molta attenzione poiché potrebbe essere intervenuta a questo punto una contaminazione da numerose sostanze potenzialmente dannose per la salute, come batteri, polveri o altro. La cosa più prudente che si possa fare in questi casi è gettarla via e non consumarla.

Consigli per una conservazione sicura

Alla luce delle informazioni che abbiamo a disposizione, possiamo dunque elencare ora alcuni consigli pratici di utilità nella conservazione e uso dell’acqua in bottiglia.

  1. Conservare le bottiglie di plastica in un luogo fresco, asciutto e al riparo dalla luce solare diretta per evitare la degradazione del materiale.
  1. Evitare l’eccesso di calore: non lasciare le bottiglie in auto o in ambienti caldi, poiché le alte temperature accelerano il rilascio di sostanze chimiche.
  1. Controllare la data di scadenza: sebbene l’acqua non scada, è consigliabile consumarla entro la data indicata per avere la garanzia di massima qualità e sicurezza.
  1. Utilizzo di bottiglie riutilizzabili: è possibile anche prendere in considerazione il travaso e l’uso di bottiglie riutilizzabili in materiali come vetro o acciaio inossidabile, che non rilasciano sostanze nocive e riducono l’impatto ambientale. 

Da ultimo, ma forse il consiglio più importante di tutti: è bene non utilizzare le bottiglie in modo improprio rispetto a quello per cui sono destinate, ovvero per contenere liquidi riscaldati (es. latte) o per conservare alimenti acidi a forte potere estraente come il succo di pomodoro, di arancia e di limone. In questi casi il risultato sarebbe un vero e proprio disastro, con la presenza di ingenti quantitativi di ftalati e microplastiche all’interno dell’alimento.

Haiti, UNICEF: raddoppia il numero di bimbi sfollati causa violenze

0

Secondo un nuovo rapporto dell’UNICEF, il numero di bambini sfollati ad Haiti è quasi raddoppiato, raggiungendo quota 680.000, a causa dell’escalation di violenze e del controllo delle gang, che dominano fino al 90% di Port-au-Prince. L’agenzia avverte che i minori sono sempre più esposti a fame, violenza e reclutamento armato. In totale, 6 milioni di haitiani, di cui 3,3 milioni di bambini, necessitano di aiuti umanitari. Il numero di rifugi di emergenza è salito a 246 nei primi sei mesi dell’anno, ma oltre il 30% non offre protezione adeguata. «Senza un’azione decisa, il futuro di un’intera generazione è in gioco», avverte l’UNICEF.

Trump: Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo per la prima fase del cessate il fuoco

3

«Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambe approvato la prima fase del nostro Piano di Pace» annuncia il presidente statunitense Donald Trump sul proprio social Truth. La notizia è stata confermata anche da un comunicato diffuso dai media vicini ad Hamas, il quale invita «il presidente Trump, gli Stati garanti e tutte le parti arabe, islamiche e internazionali a garantire che Israele attui pienamente l’accordo senza evasioni o ritardi». Dopo l’annuncio, giunto a due anni esatti dall’inizio del genocidio nella Striscia e dopo almeno 70 mila morti tra la popolazione civile palestinese, a Gaza c’è stato un «segno collettivo di sollievo». Il gabinetto di Netanyahu si riunirà oggi per discutere dell’accordo e ratificarlo. Secondo le testimonianze provenienti da Gaza, anche dopo il raggiungimento di questo accordo l’esercito israeliano sta continuando ad attaccare i civili ininterrottamente.

«Questo significa che TUTTI gli ostaggi saranno liberati molto presto e che Israele ritirerà le proprie truppe su di una linea concordata come primi passi di una Forte, Duratura e Perenne Pace», riporta il messaggio di Trump. «Tutte le parti saranno trattate equamente! Questo è un GRANDE Giorno per il Mondo Arabo e Musulmano, per Israele, tutte le Nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America, e vogliamo ringraziare i mediatori da Qatar, Egitto e Turchia, che hanno lavorato con noi per realizzare questo Evento Storico e Senza Precedenti [maiuscole originali, ndr]». In un comunicato, Hamas dichiara che l’accordo, raggiunto dai mediatori riuniti a Sharm el-Sheikh intorno alla mezzanotte italiana, prevede di «porre fine alla guerra su Gaza; garantire il ritiro delle forze di occupazione israeliane; consentire l’accesso degli aiuti umanitari; attuare uno scambio di prigionieri». «Questo è un successo diplomatico e una vittoria nazionale e morale per lo Stato di Israele», dichiara il primo ministro israeliano Netanyahu. Il suo ufficio ha fatto sapere che lui e Trump hanno «avuto una conversazione molto emozionante e calorosa», nel corso della quale si sono congratulati a vicenda per lo «storico accordo» raggiunto. Media israeliani riferiscono che Trump dovrebbe recarsi in Israele questo fine settimana e che Netanyahu gli avrebbe chiesto di tenere un discorso alla Knesset. Dopo la diffusione della notizia, Hamas ha annunciato di aver inviato una lista di prigionieri palestinesi che dovrebbero essere liberati, in base a quanto previsto dagli accordi. Il movimento ha dichiarato di stare aspettando l’approvazione finale della lista dei nomi prima di renderla pubblica. Nel frattempo, l’IDF ha «avviato i preparativi operativi in vista dell’attuazione dell’accordo», preparandosi dunque a ritirarsi da parte della Striscia.

I punti chiave del piano di Trump e Netanyahu per Gaza sono gli stessi riproposti nel corso degli scorsi mesi: cessate il fuoco e riapertura dei corridoi umanitari in cambio del rientro immediato di tutti gli ostaggi, della smilitarizzazione completa della Striscia e dell’istituzione di un corpo di monitoraggio esterno – presieduto da Trump con l’appoggio di Tony Blair, che dovrebbero supervisionare la fase di ricostruzione e disarmo. Successivamente, il controllo politico della Striscia potrà essere assunto da un «gruppo palestinese pacifico». Il piano (che non prevede alcuna soluzione per la questione Cisgiordania) mira dunque a svuotare Gaza di ogni reale forma di rappresentanza, piegandola al controllo politico e militare esterno. La prima fase del piano prevede la cessazione immediata delle ostilità e fornisce ad Hamas e a tutte le altre firme palestinesi 72 ore per rilasciare tutti gli ostaggi. Al contempo, Israele dovrebbe cessare tutti gli attacchi, riaprire i corridoi umanitari, garantendo la distribuzione degli aiuti a organi terzi quali ONU e Mezzaluna Rossa, e permettere la riabilitazione di infrastrutture idriche ed elettriche, oltre alla riapertura di ospedali e panifici. In questa prima fase, l’esercito israeliano si ritirerebbe «moderatamente» entro un perimetro interno a Gaza, che rimarrebbe in piedi fino a data da destinarsi. Dopo la consegna degli ostaggi, Israele rilascerebbe 250 ergastolani e altri 1.700 prigionieri incarcerati dopo il 7 ottobre; a questi si aggiungerebbero i corpi di 15 gazawi per ogni ostaggio israeliano deceduto.

La notizia dell’accordo ha suscitato reazioni positive da parte di vari politici e istituzioni internazionali, dal segretario ONU Antonio Guterres al ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che ha dichiarato che l’Italia, che «è sempre stata dalla parte del piano statunitense, è pronta a fare la sua parte per consolidare il cessate il fuoco, per fare arrivare nuovi aiuti umanitari e perpartecipare alla ricostruzione di Gaza». Anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas si è detto soddisfatto, così come il premier inglese Starmer e altre personalità. Tuttavia, in maniera del tutto simile a quanto accaduto a gennaio, Israele non sembra aver smesso di bombardare la Striscia anche dopo il raggiungimento dell’accordo, mentre in Cisgiordania, solamente questa mattina, almeno 9 persone sono state arrestate dalle forze di occupazione.

In Europa salta la maggioranza sul Chat Control: voto rinviato a data da definire

1

Il voto sul regolamento europeo noto come “Chat Control”, che prevedeva la scansione preventiva delle comunicazioni private per individuare materiale pedopornografico, è stato rinviato dopo che i 27 Stati membri non sono riusciti a raggiungere un accordo. La mancanza di una maggioranza qualificata ha costretto il Consiglio UE a rimandare la decisione, originariamente prevista per il 14 ottobre, a data da definire. Il progetto resta in discussione a livello tecnico, ma l’iter legislativo subisce un forte contraccolpo. Tra i motivi del rinvio c’è il mancato sostegno della Germania, che ha esplicitamente preso posizione contro il progetto, facendo venir meno la maggioranza qualificata necessaria. Le trattative riprenderanno a livello tecnico senza una nuova data fissata.

La proposta legislativa è stata presentata originariamente dalla Commissione europea nel 2022 con l’obiettivo di «prevenire e combattere gli abusi sessuali sui minori online», prevedendo tra l’altro che i fornitori di servizi di messaggistica, come ad esempio WhatsApp, Telegram e Signal, potessero effettuare uno screening preventivo dei contenuti privati (audio, foto, video) alla ricerca di segnali di abusi o scambi illegali. Il Parlamento europeo aveva già modificato la proposta originaria, eliminando il controllo “indiscriminato” su tutte le chat e orientandosi verso interventi “mirati” su gruppi o individui sospetti. Tuttavia, i 27 Stati membri non sono riusciti a convergere su un testo condiviso. Dopo i tentativi falliti sotto la presidenza polacca, l’ultimo tentativo della presidenza danese del Consiglio prevedeva alcune garanzie (solo rilevamento di foto/video, classificazione del rischio, rispetto della crittografia), ma non è bastato a comporre la mediazione.

Nel frattempo, si erano moltiplicate le proteste da parte di attivisti per i diritti digitali e da parte delle imprese tecnologiche, che hanno denunciato la violazione della privacy e l’uso strumentale di un’emergenza morale per giustificare una sorveglianza di massa preventiva. Quaranta organizzazioni per i diritti digitali e civili avevano scritto alla Commissione Europea chiedendo di abbandonare il progetto, mentre la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è espressa contro qualsiasi intervento che possa indebolire o addirittura aggirare la crittografia. Con la scusa della sicurezza, si scardinano le fondamenta della privacy e dei diritti civili e si legalizza un meccanismo che ribalta il principio di presunzione d’innocenza: tutti sono potenziali sospetti, tutti devono essere scansionati. È una logica da panopticon digitale, che nulla ha a che fare con la tutela dei minori, quanto semmai con la normalizzazione di una tecno-sorveglianza preventiva e totalizzante. Con Berlino che ufficialmente ha detto “no”, la mancanza di una maggioranza in Consiglio è diventata incontrovertibile. Stefanie Hubig, ministra federale della giustizia e della tutela dei consumatori della Germania, ha spiegato che «il monitoraggio ingiustificato delle chat deve essere un tabù in uno Stato di diritto» e ha ribadito che la comunicazione privata non può essere sottoposta a sospetti generalizzati. Con l’uscita della Germania dal fronte favorevole, si continuerà a lavorare “a livello tecnico”, ossia senza la firma politica necessaria per far avanzare il regolamento nell’immediato.

Il rinvio del voto del regolamento Chat Control apre scenari differenti. Da una parte, il fatto che non sia stata approvata una legge così invasiva per la privacy dei cittadini viene salutato come una vittoria dai sostenitori dei diritti digitali. Contribuisce, inoltre, a mettere in evidenza le difficoltà della governance europea sulle tecnologie e la protezione dei dati, specie quando si scontrano esigenze di sicurezza e meccanismi di sorveglianza preventiva. Dall’altra, rimane forte la pressione politica e mediatica per trovare una risposta concreta alla diffusione del materiale pedopornografico online: l’assenza di consenso su un testo legislativo comune blocca l’azione coordinata a livello europeo e rischia di lasciare vuoti normativi nei vari Stati membri. Un altro aspetto da considerare è che, pur modificato, il progetto restava controverso dal punto di vista tecnico e giuridico: la possibilità di analizzare preventivamente le comunicazioni private si scontra, infatti, con i limiti imposti dalla crittografia, con i rischi legati alla gestione dei dati e con il principio di proporzionalità rispetto alla tutela della privacy. Il Parlamento europeo ha proposto alcune alternative, come l’obbligo per le app di integrare sistemi di sicurezza già nella fase di progettazione (“security by design”), la rimozione più rapida dei contenuti illegali e misure di prevenzione attiva, che però non risultano ancora pienamente integrati nella proposta del Consiglio. In questo contesto, il rinvio non è necessariamente la fine del percorso legislativo: i lavori potranno riprendere se e quando si troverà un nuovo compromesso tra Stati membri, Commissione e Parlamento. Per ora, l’Europa ha fermato l’idea di una scansione preventiva di massa delle chat private: resta da vedere quando e come il meccanismo sarà rilanciato e, soprattutto, in quale forma.

Francia: fine trattative, Lecornu lascia, Macron nominerà nuovo premier

0

Il premier dimissionario Sébastien Lecornu, in un discorso televisivo in cui ha confermato che rimarrà primo ministro ad interim per il disbrigo degli affari correnti, ha ammesso di non essere riuscito a raggiungere un accordo per la formazione di un nuovo esecutivo. «La mia missione è terminata», ha dichiarato, aggiungendo che Emmanuel Macron dovrebbe nominare un nuovo primo ministro entro 48 ore. Lecornu ha sottolineato che la maggioranza all’Assemblea Nazionale non desidera lo scioglimento del Parlamento e che ci sono «gruppi pronti ad accordarsi su un bilancio comune». L’ostacolo principale rimane la riforma delle pensioni, su cui manca un compromesso in Aula. Nel frattempo, il leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon è tornato a chiedere elezioni presidenziali anticipate.

Le comunità filippine si autodifendono dalle estrazioni minerarie piantando alberi

0
foresta

Nel sud delle Filippine, tra le montagne della provincia di South Cotabato, comunità indigene e contadini stanno piantando alberi per difendere le proprie terre. Una forma di resistenza contro le attività minerarie che, dal 2022, stanno distruggendo paesaggi, compromettendo la salute pubblica e minacciando l’identità di interi villaggi. L’iniziativa si chiama Balik Lasang, che in lingua locale significa “ritorno alla foresta”, e coinvolge sei ettari di territorio nel villaggio montano di Ned, nel comune di Lake Sebu. A guidarla è l'associazione indigena Tamasco, con il sostegno di organizzazio...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Sparatorie in Giamaica: imposto il coprifuoco

0

Le autorità giamaicane hanno imposto il coprifuoco in seguito a due recenti sparatorie in cui cinque persone sono state uccise e altre 10 ferite. La più recente sparatoria è avvenuta ieri sera, nella capitale Kingston. La precedente si è invece verificata domenica nella città di Linstead. Le forze di polizia e i funzionari governativi attribuiscono le sparatorie alle bande armate locali, e le inseriscono in un contesto di incremento delle violenze tra gang. Secondo le statistiche ufficiali, nel corso di quest’anno nel Paese sarebbero state uccise 522 persone, con un calo del 41% rispetto all’anno scorso.

La scoperta di un enorme porto egizio sommerso potrebbe far luce sul mistero di Cleopatra

0

La recente scoperta di un antico porto nascosto sotto le acque del Mediterraneo potrebbe essere la chiave per risolvere uno dei più grandi misteri della storia: il luogo della sepoltura di Cleopatra. Lo annuncia ufficialmente il Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, dopo che il team guidato dall’archeologa Kathleen Martínez ha individuato, a pochi chilometri dalla costa di Taposiris Magna, imponenti strutture artificiali sommerse. Si tratterebbe di resti di un porto che suggeriscono come il tempio di Iside, già considerato un importante centro religioso, fosse in realtà anche un nodo commerciale e marittimo di grande rilevanza: «Questo rende il tempio davvero importante», commenta Martínez, sottolineando che il sito «rispondeva a tutte le condizioni per essere scelto per la sepoltura di Cleopatra con Marco Antonio» e aggiungendo che la scoperta segue vent’anni di ricerche ostinate in cui l’archeologa ha cercato indizi ignorati da molti archeologi, convinta che il corpo della regina non sia mai stato deposto ad Alessandria ma proprio a Taposiris Magna.

Parte del paesaggio sommerso scoperto dagli archeologi. Credit: National Geographic

Cleopatra VII, ultima sovrana della dinastia tolemaica, governò tra il 51 e il 30 a.C. ed è ricordata tanto per le sue capacità politiche quanto per le relazioni con Giulio Cesare e Marco Antonio. Gli storici antichi, soprattutto romani, ne hanno tramandato un’immagine distorta, spesso ridotta a quella di “seduttrice pericolosa”, ma fonti archeologiche e documentarie moderne ne restituirebbero invece il profilo di una donna colta, filosofa, esperta di medicina e scienze naturali. Tradizionalmente, gli studiosi avevano ipotizzato che la sua tomba fosse situata ad Alessandria, vicino al palazzo reale. Tuttavia, questa zona è stata devastata nei secoli da terremoti e da uno tsunami nel 365 d.C., che hanno sommerso gran parte del quartiere storico. Martínez, invece, ha adottato un approccio diverso: ha considerato Cleopatra come una figura che orchestrava attentamente i propri gesti pubblici e privati, e ha scelto di indagare nei templi legati al culto di Iside, la dea con cui la regina si identificava. Così, dal 2005, ha concentrato le ricerche a Taposiris Magna, circa 48 chilometri a ovest di Alessandria, dove già erano stati rinvenuti un lungo tunnel sotterraneo e centinaia di reperti tolemaici. Le nuove indagini, però, si sono spinte in mare aperto, con il supporto di sonar e rilievi subacquei realizzati insieme all’esploratore Bob Ballard, noto per la scoperta del Titanic.

Alcune anfore rivenute nel sito. Credit: National Geographic

In particolare, le operazioni hanno portato a risultati impressionanti: i subacquei hanno individuato grandi costruzioni disposte in file, colonne, blocchi di pietra alti oltre sei metri, numerose ancore e anfore, ovvero recipienti usati nell’antichità per il trasporto delle merci. Una struttura in particolare, soprannominata “Salam 5”, mostra basi in basalto simili a quelle delle statue del tempio, mentre un altro complesso con tre pilastri è stato battezzato “le Tre Sorelle”. In aggiunta, sono state trovate sacche di pietra, antichi strumenti da pesca e un pavimento levigato, elementi che confermano l’esistenza di un porto attivo all’epoca di Cleopatra. «Abbiamo iniziato a vedere delle strutture», ha raccontato Ballard, «una serie di costruzioni colossali ricoperte di sedimenti… le prove suggeriscono che potrebbe trattarsi di un porto collegato a Taposiris Magna». Martínez, inoltre, collega questa scoperta ai ritrovamenti precedenti, come il tunnel sommerso e le migliaia di oggetti rinvenuti nel tempio, affermando che il porto «era attivo durante il periodo di Cleopatra e prima, all’inizio della dinastia». Per lei, la possibilità che il corpo della regina e di Marco Antonio siano stati nascosti qui resta aperta: «Nessuno può dirmi che Cleopatra non si trovi a Taposiris Magna», insiste, aggiungendo che «per dirlo bisogna scavare l’intera area e non trovarla». Intanto, gli scavi continueranno sia sulla terraferma sia sott’acqua, seguendo la mappa tracciata da Ballard che individua sei miglia di strutture chiave. «Non mi fermerò», ha concluso Martínez. «Per me è solo questione di tempo».

Gasparri ha presentato una proposta di legge che criminalizza le critiche a Israele

10

Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha presentato un disegno di legge per adottare la definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA). Tale definizione fornisce diversi esempi di che cosa sia inquadrabile come «antisemitismo», tra cui rientrano anche le critiche allo Stato di Israele. Il DDL, oltre a inasprire le pene per i reati di propaganda e incitamento all’odio antisemita, prevede l’istituzione di corsi di formazione permanenti per militari, magistrati, forze di polizia e docenti. Inoltre, demanda al Ministero dell’Interno e della Giustizia la creazione di una “Guida pratica” per le forze dell’ordine, introducendo contestualmente obblighi di segnalazione e norme penali per chi viola la definizione dell’IHRA.

Il disegno di legge, composto da quattro articoli, mira a «prevenire e reprimere le (crescenti) manifestazioni di antisemitismo», individuando nell’antisionismo una delle sue moderne manifestazioni. Il testo denuncia come, dopo il «terribile attacco terroristico del 7 ottobre 2023», i focolai di antisemitismo in Europa si siano «estesi e propagati sotto la veste di antisionismo, dell’odio contro lo Stato ebraico e del suo diritto a esistere e difendersi». L’articolo 1 del provvedimento sancisce l’adozione integrale della definizione operativa di antisemitismo approvata dall’IHRA, che descrive l’antisemitismo come «una specifica percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti, le cui manifestazioni, di natura verbale o fisica, sono dirette verso le persone ebree o non ebree, i loro beni, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto».

Il cuore della controversia si trova però nell’articolo 4, che modifica l’articolo 604-bis del codice penale, noto come “legge Mancino”, che punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico e chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione. Nella proposta di legge vengono infatti aggiunti due specifici commi: il primo prevede che la pena della reclusione da due a sei anni si applichi anche quando la propaganda o l’istigazione all’odio si fondino «in tutto o in parte sull’ostilità, sull’avversione, sulla denigrazione, sulla discriminazione, sulla lotta o sulla violenza contro gli ebrei, i loro beni e pertinenze, anche di carattere religioso o culturale, nonché sulla negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele o sulla sua distruzione»; il secondo introduce un’aggravante specifica: se l’offesa è commessa utilizzando «segni, simboli, oggetti, immagini o riproduzioni che esprimano, direttamente o indirettamente, pregiudizio, odio, avversione, ostilità, lotta, discriminazione o violenza contro gli ebrei, la negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, la pena è aumentata fino alla metà».

La proposta di legge istituisce anche un articolato sistema di formazione e controllo. All’art. 2 si legge che i ministeri della difesa, della giustizia, dell’interno, dell’istruzione e del merito e dell’università e della ricerca «promuovono corsi di formazione iniziale e progetti di formazione continua destinati ai militari, ai magistrati, al personale della carriera prefettizia, alle Forze di polizia, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado e ai docenti e ricercatori universitari» che siano «specificamente dedicati allo studio della cultura ebraica e israeliana e all’analisi di casi di antisemitismo», nonché, con riferimento specifico alle Forze di polizia, «alla formazione in materia di redazione dei verbali di denuncia di atti di antisemitismo». L’articolo 3, invece, introduce obblighi di prevenzione e segnalazione di «atti razzisti o antisemiti in ambito scolastico e universitario», prevedendo sanzioni specifiche per il personale che violi questi doveri.

La deriva che vede l’utilizzo del concetto di antisemitismo come potenziale arma politica per strumentalizzare il dissenso appare un fenomeno in grande espansione, non soltanto nel nostro Paese. Sulla base della medesima giustificazione, ad esempio, nel Regno Unito è arrivata l’ennesima stretta repressiva del governo britannico sulle manifestazioni di piazza, che fa seguito alle proteste pro-Palestina che nelle ultime settimane hanno mobilitato migliaia di persone a Londra e in altre città. Secondo il governo, infatti, le recenti proteste avrebbero ingenerato «molto timore» nella comunità ebraica, spingendolo così a intervenire. Lo scorso luglio, su iniziativa dell’allora ministra degli Interni Yvette Cooper, l’esecutivo britannico ha vietato Palestine Action – organizzazione che promuove il boicottaggio di Israele – ai sensi del Terrorism Act. La sua proscrizione come organizzazione terroristica rende reato qualsiasi forma di sostegno pubblico, punibile con fino a 14 anni di carcere. Nelle settimane seguenti, fino a pochi giorni fa, si sono succeduti centinaia di arresti.

Burkina Faso: 8 europei arrestati per spionaggio

0

Il governo militare del Burkina Faso ha annunciato di avere arrestato otto persone che lavorano per l’International ONG Safety Organisation, organizzazione non governativa con Sede nei Paesi Bassi. Le persone arrestate sono accusate di spionaggio e tradimento, accuse che l’ONG olandese ha respinto. Tra gli arrestati figurano un francese, un franco-senegalese, un ceco, un maliano e quattro cittadini burkinabé. Gli operatori erano stati precedentemente oggetto di una sospensione di tre mesi, ma, secondo il ministro della Sicurezza del Paese, avrebbero continuato a lavorare «clandestinamente», raccogliendo informazioni e dati sensibili «senza autorizzazione».