È morto in ambulanza, ancora prima di raggiungere l’ospedale, l’uomo colpito dal taser a Napoli dai carabinieri intervenuti nella sua abitazione dopo la segnalazione di una lite in famiglia. Tutto ha avuto luogo ieri, a Napoli, in quartiere Brancaccio: gli agenti avrebbero impiegato l’arma a impulsi elettrici per calmare il 35enne, in evidente stato di agitazione, per poi affidarlo ai sanitari del 118. A nulla, tuttavia, è servita la corsa in ospedale: l’uomo è morto durante il tragitto. Sul caso è stata aperta un’inchiesta e sul corpo dell’uomo sarà disposta l’autopsia, per determinare le cause del decesso. La morte dell’uomo, la quinta sospetta da taser nel giro di quattro mesi, accende ulteriormente il dibattito sull’impiego dell’arma a impulsi elettrici, che per il ministro Piantedosi rappresenta l’alternativa più sicura all’arma da fuoco.
«Ogni volta che si verificano questi tragici casi è stata esclusa la riconducibilità all’utilizzo del taser, che è sempre l’alternativa all’arma da fuoco», ha commentato il ministro Matteo Piantedosi ai microfoni del programma Cinque Minuti di Bruno Vespa. Eppure, il numero di decessi che seguono l’utilizzo dell’arma a impulsi elettrici è sempre più elevato. Solamente nelle ultime settimane sono state almeno tre le persone morte dopo essere state colpite dal taser: il caso più recente è quello di Claudio Citro, 41 anni, morto a Reggio Emilia il 15 settembre; prima di lui la stessa sorte era toccata a Gianpaolo Demartis, 57 anni, anche lui morto durante il trasporto in ambulanza, a Olbia, dopo essere stato fermato in stato di agitazione e sotto effetto di droghe, e ad Elton Bani, 41 anni, morto a Manesseno, nell’entroterra genovese, dopo essere stato colpito dal taser per tre volte. Poche settimane prima era toccato a Riccardo Zappone, 30 anni, deceduto il 3 giugno in ospedale a Pescara poco dopo l’arresto. Cinque morti in quattro mesi, tutte avvenute con dinamiche molto simili: soggetti in forte stato di agitazione, e quindi verosimilmente con attività cardiaca alterata, di età diverse, deceduti dopo aver ricevuto la scarica elettrica. In molti casi le indagini sono ancora aperte: secondo quanto è stato fino ad ora reso noto, ad esempio, nel caso di Gianpaolo Demartis il consulente della procura di Tempio Pausania, Salvatore Lorenzoni, avrebbe escluso il taser come causa del decesso, ipotizzando invece una morte dovuta al consumo di droghe, ma per avere dei risultati certi è necessario attendere l’esame tossicologico, che dovrebbe arrivare a fine ottobre.
Introdotto in Italia in via sperimentale dal primo governo Conte, con un decreto legge firmato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, l’uso dell’arma è stato approvato definitivamente nel 2020 in 12 città con popolazione superiore ai 100 mila abitanti. A partire dal 14 marzo 2022, l’arma è stata data definitivamente in dotazione agli agenti di 18 città italiane: secondo l’allora ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, questo «costituisce un passo importante per ridurre i rischi per l’incolumità del personale di polizia impegnato nelle attività di prevenzione e controllo del territorio». E quest’anno, con l’approvazione di un emendamento (fortemente voluto dalla Lega) al decreto Milleproroghe, è stata autorizzata l’estensione dell’utilizzo del taser in forma sperimentale a tutti i Comuni con meno di 20 mila abitanti.
Secono il presidente del gruppo GIEC (Gruppo di Intervento Emergenze Cardiologiche, che già nel 2018 segnalava il rischio di morte collegato all’impiego dell’arma a impulsi elettrici), Maurizio Santomauro, in una lettera inviata al ministro Piantedosi e citata dai media, sarebbe necessario, «alla luce delle evidenze scientifiche», evidenziare «l’esistenza di un potenziale rischio di arresto cardiaco correlato all’uso della pistola elettrica taser che potrebbe generare un’aritmia letale (la fibrillazione ventricolare) e provocare un decesso non voluto da parte di chi la usa», motivo per il quale gli agenti delle Forze dell’Ordine dovrebbero essere quantomeno «periodicamente addestrati e certificati nelle procedure di rianimazione cardio-polmonare di base e di defibrillazione». «La distribuzione di defibrillatori alle pattuglie di polizia e carabinieri che controllano il territorio è già abbastanza estesa», ha tuttavia commentato il ministro.








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