La Corte Penale Internazionale ha condannato un vertice di milizia per i crimini commessi nella regione sudanese del Darfur. A essere processato è stato Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, leader del movimento Janjawid che oltre vent’anni fa ha supportato l’esercito contro i gruppi ribelli del Darfur. Abd-Al-Rahman è stato trovato colpevole di 27 capi d’imputazione per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui stupro, omicidio e persecuzione; la sua condanna verrà determinata in seguito alle prossime udienze. Abd-Al-Rahman è il primo leader di milizia a venire condannato per i crimini commessi in Sudan, per i quali ci sono ancora diversi processi attivi.
Regno Unito, stretta sui cortei con il pretesto dell’antisemitismo: 440 arresti a Londra
In seguito alle proteste pro-Palestina che nelle ultime settimane hanno mobilitato migliaia di persone a Londra e in altre città del Regno Unito, arriva l’ennesima stretta repressiva del governo britannico sulle manifestazioni di piazza. Secondo il governo, infatti, le recenti proteste avrebbero ingenerato «molto timore» nella comunità ebraica, spingendolo così a intervenire. In una nota ufficiale del Ministero dell’Interno si legge che le nuove misure — che saranno introdotte «il prima possibile» — daranno alla polizia maggiori poteri per porre condizioni o vietare del tutto proteste «ripetute e di vasta portata», valutandone «l’impatto cumulativo» sulle aree locali. Intanto, a Londra, durante una veglia a Trafalgar Square contro la messa al bando di Palestine Action – organizzazione che promuove il boicottaggio di Israele e per questo dichiarata “terroristica” dall’esecutivo Starmer, in una decisione senza precedenti – la polizia ha arrestato 442 persone.
Nel comunicato, il ministero dell’Interno ha spiegato che «alle forze di polizia saranno concessi nuovi poteri per porre condizioni alle proteste ripetute», con la possibilità di ordinare agli organizzatori di spostare o cancellare eventi se questi causano «ripetuti disordini» o turbano la vita dei residenti. Chiunque violi tali condizioni rischierà «l’arresto e il procedimento penale». La decisione arriva all’indomani dell’attacco alla sinagoga di Manchester, in cui un cittadino britannico di origine siriana ha accoltellato alcune persone (due delle quali sono decedute), ma segue in realtà una raffica di episodi che hanno visto la polizia intervenire per arrestare manifestanti pro-pal in situazioni del tutto pacifiche. Le misure saranno introdotte modificando le sezioni 12 e 14 del Public Order Act del 1986, così da consentire alla polizia di intervenire in base all’impatto cumulativo delle manifestazioni ricorrenti. Il governo valuterà anche la possibilità di estendere il potere di divieto totale e di includere le nuove disposizioni nel disegno di legge su criminalità e polizia, attualmente in discussione in Parlamento. Tra le misure già previste dal disegno di legge figurano il divieto di uso di fuochi d’artificio e maschere durante le proteste, nonché la criminalizzazione della scalata a monumenti commemorativi di guerra. Il comunicato precisa inoltre che tutte le forze di polizia in Inghilterra e Galles stanno collaborando con il Community Security Trust per rafforzare la sicurezza di oltre 500 sinagoghe e sedi della comunità ebraica.
La ministra dell’Interno Shabana Mahmood ha sottolineato che «il diritto di protestare è una libertà fondamentale nel nostro Paese», tuttavia «questa libertà deve essere bilanciata con la libertà dei propri vicini di vivere la propria vita senza paura». La ministra ha aggiunto che «proteste di vasta portata e ripetute possono lasciare che alcune parti del nostro Paese, in particolare le comunità religiose, si sentano insicure, intimidite e spaventate all’idea di lasciare le proprie case». Tale sentimento, ha spiegato, «è stato particolarmente evidente in relazione alla notevole paura all’interno della comunità ebraica, che mi è stata espressa in numerose occasioni in questi ultimi giorni difficili». Mahmood ha quindi definito le nuove disposizioni «un passo importante per garantire la tutela del diritto di protestare e, al contempo, assicurare che tutti si sentano al sicuro in questo Paese». Le nuove misure sono state annunciate dopo una maxi-operazione di polizia a Londra, dove 442 persone sono state arrestate durante una manifestazione a Trafalgar Square organizzata contro la messa al bando di Palestine Action, gruppo dichiarato fuorilegge dal governo di Keir Starmer lo scorso luglio. Gli agenti hanno iniziato a fermare i manifestanti durante una veglia silenziosa, dopo che alcuni avevano esposto messaggi di solidarietà con l’organizzazione.
A luglio, il governo laburista di Keir Starmer, su iniziativa dell’allora ministra degli Interni Yvette Cooper, ha vietato Palestine Action ai sensi del Terrorism Act. Secondo il governo britannico, il gruppo avrebbe causato «danni per milioni di sterline che compromettono la sicurezza nazionale». La sua proscrizione come organizzazione terroristica rende reato qualsiasi forma di sostegno pubblico, punibile con fino a 14 anni di carcere. La decisione è seguita all’irruzione di alcuni attivisti in una base della Royal Air Force (RAF), dove hanno danneggiato due aerei cisterna imbrattandoli di vernice rossa, in segno di protesta contro il sostegno militare del Regno Unito a Israele. Nelle settimane seguenti, si sono succeduti centinaia di arresti. Palestine Action, nato nel 2020, ha spesso preso di mira aziende del settore difesa, tra cui Elbit Systems UK, accusata di legami diretti con l’esercito israeliano. Gli attivisti colpiscono anche aziende complici, come Leonardo, Thales, Teledyne e grandi gruppi finanziari come Barclays e JP Morgan, attraverso blocchi, occupazioni, sabotaggi e danneggiamenti. Le loro azioni hanno avuto un impatto concreto: diverse aziende hanno interrotto i rapporti con Elbit, fabbriche sono state chiuse o vendute, e importanti contratti – come il progetto Watchkeeper da 2,1 miliardi di sterline – sono stati cancellati.
“Italia d’azzardo”: il nuovo numero del mensile de L’Indipendente
È da oggi disponibile il nuovo numero del mensile de L’Indipendente, la rivista rilegata e da conservare, con oltre 80 pagine di contenuti esclusivi. Anche questo mese tornano inchieste e approfondimenti riguardanti consumo critico, ambiente, diritti, reportage e molto altro. Si tratta di notizie che non troverete altrove, perchè noi non ospitiamo pubblicità e non siamo dunque influenzabili da poteri politici e interessi economici, come accade per la maggior parte degli altri mezzi di informazione. Questo mese, la nostra inchiesta di copertina svela i retroscena del gioco d’azzardo, un business che nel nostro Paese vale ben 157 miliardi di euro ma che produce un paradosso fiscale che vede introiti statali minimi rispetto ai volumi di gioco e nel quale le mafie hanno individuato una fonte di guadagno sicura. I meccanismi per creare dipendenza, inoltre, sono studiati a tavolino, in modo che per i giocatori (anche giovanissimi) sia difficile liberarsi da questa schiavitù.
Il mensile de L’Indipendente ha come sottotitolo i tre pilastri che ne definiscono la cifra giornalistica: inchieste, consumo critico, beni comuni. Ogni parola è stata scelta con cura, racchiudendo ciò che vogliamo fare e che, a differenza di altri media, possiamo fare, perché non abbiamo padroni, padrini o sponsor da compiacere.
Questi tre punti cardinali rappresentano il nostro impegno per il giornalismo che crediamo necessario: inchieste (per svelare i lati nascosti della politica e dell’economia), consumo critico (per vivere meglio, certo, ma anche per promuovere scelte consapevoli capaci di colpire gli interessi privilegiati) e beni comuni (perché la nostra missione è quella di leggere la realtà nell’interesse dei cittadini e non delle élite oligarchiche che controllano i media dominanti). Al suo interno ci saranno poi, naturalmente, approfondimenti sull’attualità e sui temi che caratterizzano da sempre la nostra agenda: esteri, geopolitica, ambiente, diritti sociali.
Questi sono solamente alcuni dei contenuti che potrete ritrovare nel nuovo numero:
- I paradisi fiscali nel cuore dell’Europa: non solo su isole lontane, ma anche nel cuore dell’occidente hanno sede paradisi fiscali dove vengono depositati i miliardi sottratti alla tassazione pubblica, un sistema che contribuisce a accentuare le diseguaglianze e indebolire la sovranità fiscale.
- Le piante di canapa come risorsa per rigenerare il pianeta: pianta straordinaria dalle molteplici virtù, la canapa è impiegabile nei più diversi contesti, dalla bioedilizia alla produzione di energia, oltre a contribuire alla bonifica dei terreni contaminati da metalli pesanti e da altri pericolosi inquinanti, come gli PFAS.
- La nuova norma italiana sull’IA: l’Italia ha approvato in via definitiva la legge sull’intelligenza artificiale la quale, se da un lato pone il nostro Paese in una posizione di avanguardia amministrativa, dall’altro presenta vuoti normativi che, secondo alcuni esperti, potrebbero garantire al governo ulteriori strumenti per sorvegliare i cittadini.
- Latte crudo: un patrimonio da proteggere: nonostante la narrazione imprecisa e fuorviante messa in campo da alcuni mezzi di informazione, la produzione casearia a base di latte crudo rappresenta una eccellenza italiana e un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese.
Il nuovo numero del mensile de L’Indipendente è acquistabile (in formato cartaceo o digitale) sul nostro shop online, ed è disponibile anche tramite il nuovo abbonamento esclusivo alla rivista, con il quale potreste ricevere la versione cartacea a casa ogni mese per un anno al prezzo di 90 euro, spese di spedizione incluse. Per consultare le modalità dell’abbonamento ed, eventualmente, sottoscriverlo potete cliccare qui: lindipendente.online/abbonamenti.
Russia-ucraina, raid incrociati: a Belgorod in 40mila senza luce
Nelle ultime ore, un attacco ucraino ha colpito la rete elettrica della regione russa di Belgorod, al confine con l’Ucraina, lasciando senza corrente circa 40.000 persone. Il governatore Vyacheslav Gladkov ha parlato di «danni significativi» in sette comuni, spiegando che 34.000 utenti hanno riavuto la luce, mentre 5.400 restano al buio. L’attacco, parte dell’escalation contro infrastrutture critiche, ha provocato una rappresaglia russa: un raid contro un impianto energetico nella regione ucraina di Chernihiv. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato la nuova ondata di bombardamenti, definendola parte di una strategia sistematica del Cremlino.
Troppo mercurio nel tonno: in Francia le scuole lo escludono dalle mense
Otto comuni francesi, tra cui Parigi e Lione, hanno temporaneamente vietato il tonno dai menù delle mense scolastiche per «impedire l’esposizione dei bambini al mercurio», un metallo neurotossico. La decisione, che coinvolge oltre 3,5 milioni di abitanti, arriva dopo l’allarme lanciato nell’ottobre 2024 dalle ONG Bloom e Foodwatch, che hanno fatto analizzare 148 scatolette di tonno da un laboratorio indipendente. Lo studio ha dimostrato che il 100% delle scatolette analizzate era contaminato da mercurio, sostanza classificata dall’OMS come una delle dieci «di maggiore preoccupazione per la salute pubblica».
A fronte dell’inazione del governo dopo la pubblicazione dello studio, le città firmatarie – Bègles, Grenoble, Lille, Lione, Montpellier, Mouans-Sartoux, Parigi e Rennes – hanno deciso di «non servire prodotti a base di tonno nei menù scolastici», agendo da «scudo sanitario» per tutelare i bambini. In un comunicato congiunto diffuso prima dell’inizio dell’anno scolastico, le amministrazioni hanno annunciato che la decisione non sarà ritirata fino a quando le norme sui tassi di mercurio non saranno ridotte. «Le prime vittime di questa norma, stabilita senza tenere conto della salute dei consumatori, sono i bambini, che possono superare molto rapidamente la dose settimanale tollerabile (TWI), cioè la quantità massima che può essere ingerita regolarmente nel corso della vita prima di essere esposti a un rischio per la salute», si legge all’interno della nota.
Attualmente le norme europee stabiliscono limiti differenziati: il limite generale è di 0,5 mg/kg, quello per le piccole specie è abbassato a 0,3 mg/kg, mentre per i grandi predatori come il tonno è elevato a 1 mg/kg. Tuttavia, come spiega Gilles Pérole, vicesindaco di Mouans-Sartoux: «Ciò che sorprende è che il tonno abbia diritto a un’esenzione in termini di livelli di mercurio rispetto ad altri pesci. Vogliamo applicare il principio di precauzione». L’assenza del tonno dai menù «non potrà essere rivista senza che il limite massimo di mercurio autorizzato nel tonno venga abbassato al livello più restrittivo esistente per il pesce, ovvero 0,3 mg/kg», precisano le autorità. Una richiesta che si basa anche sui calcoli delle ONG, secondo cui la soglia di 1 mg/kg calcolata sul “prodotto fresco” equivale a circa 2,7 mg/kg nella lattina, poiché il mercurio si concentra con la disidratazione.
Dall’altra parte, la Federation of Preserved Food Industries ha reagito difendendo il settore: «Le aziende rispettano le normative vigenti e nessun prodotto immesso sul mercato supera la soglia regolamentare di 1 mg/kg». Secondo l’associazione di categoria, il protocollo utilizzato dallo studio di Bloom «non sembra essere conforme agli standard attuali, il che spiegherebbe tali discrepanze». I dati italiani emersi dallo stesso studio non sono confortanti: tra le 28 scatolette acquistate in Italia, cinque hanno superato il limite legale di 1 mg/kg, il numero più alto tra tutti i paesi monitorati. Un risultato che sembrerebbe confermare l’urgenza di interventi normativi a livello europeo per proteggere i consumatori più vulnerabili, in primis i bambini.
Premio Nobel per la Medicina 2025 a Brunkow, Ramsdell e Sakaguchi
Il Premio Nobel per la Medicina 2025 è stato assegnato a Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi per le loro scoperte fondamentali sulla tolleranza immunitaria periferica, il meccanismo che impedisce al sistema immunitario di attaccare i tessuti del proprio organismo. Questa “regola di ingaggio” immunitaria è cruciale per evitare le malattie autoimmuni e per permettere un funzionamento equilibrato del sistema difensivo umano. Sakaguchi trent’anni fa identificò un nuovo tipo di cellule immunitarie, le cellule T regolatorie, che proteggono l’organismo dalle malattie autoimmuni, superando la visione allora dominante che la tolleranza derivasse solo dall’eliminazione di cellule pericolose nel timo, l’organo dove maturano e si selezionano i linfociti T, fondamentali per la difesa dell’organismo. I vincitori riceveranno una medaglia d’oro e un premio in denaro, pari a circa un milione di euro complessivi. La cerimonia ufficiale di consegna dei Nobel si terrà a Stoccolma il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel.
USA, Casa Bianca annuncia i primi licenziamenti per lo shutdown
Il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato i primi licenziamenti di massa nei servizi federali a causa dello shutdown provocato dallo scontro al Congresso tra Repubblicani e Democratici sul bilancio federale. Trump ha attribuito ai Democratici la responsabilità delle perdite di posti di lavoro, sostenendo che i licenziamenti «sono già in corso». Il principale consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, ha avvertito che, se i negoziati non faranno progressi, i tagli proseguiranno, pur esprimendo la speranza di evitarli. L’annuncio è arrivato mentre Trump partecipava a un evento alla Casa Bianca.
Le prime elezioni “democratiche” della nuova Siria escludono curdi e drusi: un dominio mascherato da voto
I membri dei collegi elettorali siriani si sono riuniti domenica per votare i nuovi legislatori, chiamando il Paese a celebrare quello che viene presentato come un nuovo capitolo: le prime elezioni parlamentari dopo la caduta di Bashshār al-Assad, destituito lo scorso dicembre, dopo 24 anni ininterrotti al potere. Quello che appare come un passaggio verso la “democrazia” è in realtà una messa in scena ben orchestrata, che ha già sancito l’esclusione sistematica delle donne e di due tra le comunità più significative del mosaico siriano: i curdi e i drusi. In nome della “sicurezza nazionale” e della “transizione controllata”, vaste aree territoriali non sono state incluse nel processo elettorale, mentre i quartieri e le province tradizionalmente curde (nord-est) e la zona di Suwayda (drusa) risultano privi di una partecipazione vera. Dietro questa esclusione selettiva non c’è solo un calcolo tattico, ma una scelta politica precisa: le modalità di costruzione del nuovo Parlamento sono state costruite per garantire il controllo dall’alto. Le commissioni locali, strettamente monitorate dal governo centrale, hanno assunto il potere di selezionare i due terzi dei deputati candidabili. Il terzo restante sarà nominato direttamente da Al-Sharaa e dai vertici che egli controlla, con un meccanismo che maschera la ratifica come scelta popolare. Questo Parlamento avrà un mandato di 30 mesi, durante i quali il governo dovrebbe preparare il terreno per un voto popolare nelle prossime elezioni. Analisti e osservatori parlano senza mezzi termini di “elezioni farsa”: una sceneggiatura che garantisce continuità del potere, neutralizzazione del dissenso e marginalizzazione delle minoranze.
La persecuzione di curdi e drusi non è un incidente, è un tratto distintivo della nuova fase siriana. La provincia di Suwayda, abitata principalmente da drusi, è da mesi teatro di violenti scontri e numerosi drusi sono stati arrestati, organizzazioni culturali chiuse, giornali locali soppressi. Nel nord-est, eserciti locali fedeli al regime hanno imposto requisiti di “lealtà” per la partecipazione politica e confiscato terre a famiglie che non si adeguavano alla nuova linea centrale. L’obiettivo è evidente: soffocare ogni aspirazione autonomista e cancellare qualsiasi identità che non si conformi alla narrazione ufficiale dello Stato. Chi è l’architetto di questa transizione controllata? Dietro il volto istituzionale del presidente ad interim, Ahmed al-Sharaa, si cela una storia controversa che l’Occidente volutamente ha rimosso. Al-Sharaa – noto anche con il nome politico Abu Mohammad al-Julani – ha un passato legato al jihadismo: inserito nella lista dei terroristi dagli Stati Uniti, è diventato leader del gruppo Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), derivato da al-Nusra, e ha guidato le forze ribelli nella caduta di Assad, ricoprendo ruoli chiave in conflitti con le forze statali, dove ha mantenuto relazioni complesse con ambienti jihadisti e operazioni militari nella regione. La sua nomina a presidente transitorio – formalizzata nella “Conferenza per la Vittoria della Rivoluzione Siriana” il 29 gennaio 2025 – fu accolta con un misto di stupore e scetticismo. Il suo primo atto è stato quello di abolire la Costituzione del 2012, convocare istituzioni fittizie e annunciare una transizione di cinque anni. Ciò che colpisce è il modo con cui è stato gradualmente riabilitato dalle potenze occidentali: di fatto, in pochi mesi il “terrorista ripulito” è diventato un interlocutore legittimo sulla scena internazionale, arrivando fino all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, dove ha incontrato Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Volodymyr Zelensky e ha concesso un’intervista all’importante Middle East Institute, al termine della quale ha avuto il suo secondo incontro con Donald Trump. Gli Stati Uniti, a febbraio, hanno sospeso le sanzioni contro Damasco, accogliendo con favore un’agenda di riforme economiche purché aderisse ai parametri del mercato mondiale. Da quel momento, le élite diplomatiche e molti governi europei hanno iniziato a parlare di “stabilizzazione” e “riconciliazione”. Proprio a New York, ha ottenuto la “benedizione” degli apparati strategici e finanziari americani interessati alla ricostruzione della Siria. Di fronte all’ONU, il 25 settembre 2025, il Capo di Stato siriano ha rivendicato il nuovo corso del Paese, con inviti alla pacificazione nazionale, il disconoscimento dell’era Assad e il richiamo alla resistenza del popolo siriano.
A orchestrare la legittimazione internazionale del nuovo leader troviamo Baihas Baghdadi, definito da molti “il banchiere di Allah”. Finanziere siriano naturalizzato spagnolo, fondatore della Baghdadi Capital, è stato lui a introdurre al-Sharaa nei circuiti della finanza globale e nei salotti diplomatici occidentali. Il suo debutto ufficiale è avvenuto proprio il 22 settembre 2025 al Concordia Summit di New York, evento parallelo all’Assemblea Generale dell’ONU, dove Baghdadi ha presentato il presidente siriano come l’uomo del “nuovo corso” e garante di stabilità per gli investitori stranieri. Da allora, i due si muovono come un binomio inscindibile: al-Sharaa come volto politico di una Siria “ripulita”, Baghdadi come suo ambasciatore economico. Accanto a loro, figure di primo piano della geopolitica e della finanza, come David Petraeus, ex capo della CIA e ora partner del fondo KKR, che non ha esitato a definire la Siria “un’opportunità strategica”. Il paradosso, che certifica il ribaltamento dell’immagine di al-Shaara è che proprio Petraeus, nel 2004, aveva ordinato il suo arresto in Iraq. Il messaggio è chiaro: il jihadista di ieri è diventato l’interlocutore gradito di oggi, purché si apra ai mercati. Il piano di riforme promosso da Al-Sharaa prevede, infatti, la privatizzazione massiccia di aziende strategiche, il taglio del pubblico impiego e la consegna del patrimonio statale a investitori stranieri. Oltre cento aziende pubbliche, nei comparti dell’energia, acciaio, cemento e infrastrutture, sono state messe sul mercato e un terzo dei dipendenti pubblici è stato licenziato o ricollocato in nuove strutture controllate dai privati. È un piano neoliberista che lavora sulla distruzione del vecchio modello centralizzato, trasformando lo Stato in un mediatore tra élite globali e residui istituzionali. Così, l’asse al-Sharaa-Baghdadi diventa il simbolo di un autoritarismo vestito da modernità: la Siria rinasce solo per essere venduta pezzo dopo pezzo. L’effetto pratico è la marginalizzazione delle popolazioni che non godono dei favori del nuovo potere. Le minoranze escluse e i territori non allineati sono destinati a restare zone extra-politiche, dove il controllo è imposto dall’alto. È un’operazione di ingegneria finanziaria che trasforma la ricostruzione in un colossale affare stimato in oltre un trilione di dollari. In questo contesto, le elezioni organizzate da Ahmed al-Sharaa rappresentano solo la facciata di un potere già consolidato che concentra nelle proprie mani ogni leva politica ed economica. E mentre l’Occidente applaude la “stabilizzazione” di un dominio mascherato da voto, un popolo stremato paga il prezzo della sua nuova sudditanza economica.
Il governo Meloni è stato denunciato alla CPI per complicità con il genocidio israeliano
Complicità con il governo di Israele nei crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio e mancanza di protezione alla Global Sumud Flotilla, la flotta civile intercettata e sequestrata illegalmente da Israele mentre portava aiuti umanitari a Gaza, in un atto «assimilabile alla pirateria»: queste le due azioni legali che il Gruppo Avvocati per la Palestina (GAP) ha presentato contro il governo italiano e Leonardo Spa, l’azienda produttrice di armi partecipata dallo Stato, di fronte alla Corte Penale Internazionale (CPI). La denuncia, che coinvolge la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nonchè il ministro degli Esteri Antonio Tajani, quello della Difesa Crosetto e l’AD di Leonardo Roberto Cingolani, accusa l’Italia di continuare la cooperazione militare con Israele e di aver sospeso solo parzialmente le esporazioni di armi. L’iniziativa, sostenuta da decine di avvocati, docenti universitari e parlamentari, nonchè da migliaia di cittadini italiani, contesta anche il blocco dei fondi all’UNRWA.
La denuncia del GAP intende fornire elementi aggiuntivi all’inchiesta della CPI sui crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati da Israele nella Striscia di Gaza, la quale ha già prodotto un mandato d’arresto internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della difesa Yoav Gallant (che l’Italia si è prontamente impegnata a non rispettare). Secondo quanto riporta il testo, infatti, «la denuncia si sofferma su alcune delle complicità internazionali, in particolare quelle del governo italiano, che hanno reso presumibilmente possibile la commissione di crimini di guerra e contro l’umanità dell’indagine sui quali questa Corte è da tempo incaricata, come pure l’attuazione del piano genocida sul quale è in corso il giudizio della Corte Internazionale di Giustizia». Allo stesso tempo, la denuncia «si inserisce nel caso di giurisdizione contenziosa promosso dal Sudafrica e in seguito da molteplici altri Stati di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia contro Israele, accusata di genocidio, dato che verte sulla complicità nello stesso da parte dell’Italia, che si concretizza nella fornitura di armamenti e in altri comportamenti volti ad agevolare la commissione dei crimini in questione».
Quanto messo in atto da Israele, denunciano gli avvocati del GAP, non sarebbe mai stato possibile senza la complicità da parte dell’Italia, che avrebbe fornito armamenti e altri strumenti per «agevolare» la commissione dei crimini dei quali Israele è accusato – dall’uccisione di oltre 60 mila civili, dei quali almeno un terzo bambini, nonchè delle morti per fame causate dalla carestia provocata da Israele stesso per via del blocco degli aiuti umanitari. «Sosteniamo che vi sia una presumibile complicità del governo italiano nei crimini israeliani menzionati e che la relativa responsabilità sorga presumibilmente in capo ai principali componenti del governo italiano e cioè il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri nonchè vicepremier Antonio Tajani e il ministro della Difesa Guido Crosetto», questi ultimi colpevoli in quanto «titolari del potere decisionale in ordine alla cooperazione militare e di sicurezza con Israele e all’autorizzazione delle forniture di armi». I rappresentanti del governo, sostengono gli avvocati del GAP, dovrebbero essere giudicati «senza che possano opporre alcuna immunità di natura personale e funzionale», dal momento che le violazioni sarebbero avvenute «nel più evidente dispregio delle norme interne e internazionali». Insieme ai rappresentanti del governo, poi, andrebbe indagata anche la responsabilità nei crimini di guerra di Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo Spa – la principale azienda di produzione di armamenti italiana.
Nonostante il governo italiano abbia ripetutamente negato di aver inviato armi a Tel Aviv, i container carichi di materiale bellico caricato dal nostro Paese sono a più riprese partiti dai porti italiani, anche dopo il 7 ottobre 2023. D’altronde, lo stesso sottosegretario Sili ha ammesso l’esistenza di tali operazioni (212 all’11 aprile 2024, per un totale di 4,3 milioni di euro), assicurando però che si trattava di licenze precedenti al 7 ottobre e che le armi inviate non avrebbero colpito i civili – senza fornire elementi a supporto di tali dichiarazioni. A supporto della propria denuncia, gli avvocati del GAP procedono a riassumere l’enorme mole di dati che costituirebbe prova della continua collaborazione militare dell’Italia con Israele (dalla vendita di cannoni utilizzati per bombardare Gaza dal mare all’assistenza tecnica fornita da Leonardo per l’assistenza tecnica da remoto, riparazione materiali e fornitura di ricambi per la flotta di velivoli M-346 impiegati per l’addestramento dell’aviazione israeliana, passando per la produzione della bomba GBU-39, «principale strumento del genocidio», e la presenza, segnalata dai portuali di tutta Italia, di container carichi di materiale bellico diretto verso Israele).
La denuncia, trasmessa in questi giorni al procuratore della Corte Penale Internazionale, è stata sottoscritta da personalità quali Stefania Ascari, Emanuele Dessì e Franco Russo (deputati), Pino Arlacchi (ex vicesegretario ONU), Luigi de Magistris e Domenico Gallo (magistrati), insieme a una lunga lista di avvocati e altre personalità note insieme a migliaia di cittadini. Essa allega un modulo (al fondo del documento) che può essere sottoscritto da chiunque, indipendentemente dalla propria professione, per sostenere simbolicamente la causa.









