mercoledì 19 Novembre 2025
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Napoli: un altro uomo è morto dopo essere stato colpito con il taser dalla polizia

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È morto in ambulanza, ancora prima di raggiungere l’ospedale, l’uomo colpito dal taser a Napoli dai carabinieri intervenuti nella sua abitazione dopo la segnalazione di una lite in famiglia. Tutto ha avuto luogo ieri, a Napoli, in quartiere Brancaccio: gli agenti avrebbero impiegato l’arma a impulsi elettrici per calmare il 35enne, in evidente stato di agitazione, per poi affidarlo ai sanitari del 118. A nulla, tuttavia, è servita la corsa in ospedale: l’uomo è morto durante il tragitto. Sul caso è stata aperta un’inchiesta e sul corpo dell’uomo sarà disposta l’autopsia, per determinare le cause del decesso. La morte dell’uomo, la quinta sospetta da taser nel giro di quattro mesi, accende ulteriormente il dibattito sull’impiego dell’arma a impulsi elettrici, che per il ministro Piantedosi rappresenta l’alternativa più sicura all’arma da fuoco.

«Ogni volta che si verificano questi tragici casi è stata esclusa la riconducibilità all’utilizzo del taser, che è sempre l’alternativa all’arma da fuoco», ha commentato il ministro Matteo Piantedosi ai microfoni del programma Cinque Minuti di Bruno Vespa. Eppure, il numero di decessi che seguono l’utilizzo dell’arma a impulsi elettrici è sempre più elevato. Solamente nelle ultime settimane sono state almeno tre le persone morte dopo essere state colpite dal taser: il caso più recente è quello di Claudio Citro, 41 anni, morto a Reggio Emilia il 15 settembre; prima di lui la stessa sorte era toccata a Gianpaolo Demartis, 57 anni, anche lui morto durante il trasporto in ambulanza, a Olbia, dopo essere stato fermato in stato di agitazione e sotto effetto di droghe, e ad Elton Bani, 41 anni, morto a Manesseno, nell’entroterra genovese, dopo essere stato colpito dal taser per tre volte. Poche settimane prima era toccato a Riccardo Zappone, 30 anni, deceduto il 3 giugno in ospedale a Pescara poco dopo l’arresto. Cinque morti in quattro mesi, tutte avvenute con dinamiche molto simili: soggetti in forte stato di agitazione, e quindi verosimilmente con attività cardiaca alterata, di età diverse, deceduti dopo aver ricevuto la scarica elettrica. In molti casi le indagini sono ancora aperte: secondo quanto è stato fino ad ora reso noto, ad esempio, nel caso di Gianpaolo Demartis il consulente della procura di Tempio Pausania, Salvatore Lorenzoni, avrebbe escluso il taser come causa del decesso, ipotizzando invece una morte dovuta al consumo di droghe, ma per avere dei risultati certi è necessario attendere l’esame tossicologico, che dovrebbe arrivare a fine ottobre.

Introdotto in Italia in via sperimentale dal primo governo Conte, con un decreto legge firmato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, l’uso dell’arma è stato approvato definitivamente nel 2020 in 12 città con popolazione superiore ai 100 mila abitanti. A partire dal 14 marzo 2022, l’arma è stata data definitivamente in dotazione agli agenti di 18 città italiane: secondo l’allora ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, questo «costituisce un passo importante per ridurre i rischi per l’incolumità del personale di polizia impegnato nelle attività di prevenzione e controllo del territorio». E quest’anno, con l’approvazione di un emendamento (fortemente voluto dalla Lega) al decreto Milleproroghe, è stata autorizzata l’estensione dell’utilizzo del taser in forma sperimentale a tutti i Comuni con meno di 20 mila abitanti.

Secono il presidente del gruppo GIEC (Gruppo di Intervento Emergenze Cardiologiche, che già nel 2018 segnalava il rischio di morte collegato all’impiego dell’arma a impulsi elettrici), Maurizio Santomauro, in una lettera inviata al ministro Piantedosi e citata dai media, sarebbe necessario, «alla luce delle evidenze scientifiche», evidenziare «l’esistenza di un potenziale rischio di arresto cardiaco correlato all’uso della pistola elettrica taser che potrebbe generare un’aritmia letale (la fibrillazione ventricolare) e provocare un decesso non voluto da parte di chi la usa», motivo per il quale gli agenti delle Forze dell’Ordine dovrebbero essere quantomeno «periodicamente addestrati e certificati nelle procedure di rianimazione cardio-polmonare di base e di defibrillazione». «La distribuzione di defibrillatori alle pattuglie di polizia e carabinieri che controllano il territorio è già abbastanza estesa», ha tuttavia commentato il ministro.

UE, al via le discussioni per le mozioni di sfiducia contro von der Leyen

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A Strasburgo si apre oggi il dibattito sulle due mozioni di censura presentate contro Ursula von der Leyen, che saranno poi sottoposte al voto giovedì. Le iniziative, promosse dai gruppi The Left (sinistra) e Patrioti per l’Europa (destra), giungono poco dopo un primo tentativo fallito e riflettono le crescenti tensioni sull’operato della Commissione europea. I promotori criticano gli accordi commerciali ritenuti troppo favorevoli agli Stati Uniti, l’intesa UE-Mercosur e la presunta mancanza di trasparenza e incisività nelle politiche migratorie, sociali e climatiche. Von der Leyen parteciperà al dibattito ma non al voto, che richiederà una maggioranza qualificata di 480 voti su 719. Pur mancando l’appoggio dei principali schieramenti – Popolari, Socialisti e Liberali voteranno contro – le mozioni rappresentano un banco di prova politico per la presidente e segnalano un crescente fermento per la mancata trasparenza delle sue politiche.

Per la prima volta i detenuti senza dimora potranno scontare la pena fuori dal carcere

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In Italia, per la prima volta, i detenuti senza fissa dimora potranno accedere alle misure alternative alla detenzione. Lo stabilisce un decreto del ministero della Giustizia entrato in vigore nei giorni scorsi, che introduce un meccanismo pensato per superare una delle più evidenti disuguaglianze del sistema penitenziario: l’impossibilità di scontare una pena lieve fuori dal carcere solo perché non si ha un’abitazione stabile dove farlo. Il provvedimento è di particolare rilievo in quanto i numeri confermano che le misure alternative alla detenzione (servizi sociali, semilibertà e detenzione ...

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I membri della Global Sumud Flotilla raccontano violazioni e umiliazioni subite da Israele

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Umiliati, insultati, costretti a fare foto con la bandiera israeliana; ma anche picchiati, rinchiusi in massa in celle da tre metri, privati di cibo e di acqua. Sono questi alcuni dei trattamenti che in questi giorni Israele avrebbe inflitto agli attivisti incarcerati della Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria che prova a rompere l’assedio israeliano su Gaza. A lanciare la denuncia sono gli stessi organi di comunicazione di GSF e il gruppo umanitario di assistenza giuridica Adalah, i cui avvocati stanno rappresentando gli attivisti. In una conferenza stampa, una rappresentante di Adalah ha spiegato che Israele avrebbe negato ai legali del gruppo di parlare con gli attivisti per giorni, non avvisandoli neanche dei processi in corso, negando alle persone incarcerate anche il diritto al giusto processo. L’annuncio di Adalah segue le notizie diffuse dai media internazionali tra cui spicca quella riguardante Greta Thunberg, che sarebbe stata colpita e costretta a baciare la bandiera israeliana.

La conferenza stampa della Global Sumud Flotilla si è tenuta oggi, lunedì 6 ottobre, con la partecipazione di Lubna Tuma, avvocatessa di Adalah. Tuma ha spiegato che le violazioni israeliane sarebbero iniziate sin da dopo le intercettazioni degli attivisti in mare e che sarebbero continuate a ogni passaggio di consegna delle persone arrestate. Dopo essere stati catturati dalla marina, gli attivisti sono stati consegnati prima alle forze di polizia e poi alle autorità per l’immigrazione; queste hanno poi consegnato gli attivisti alle autorità detentive che infine li hanno affidati al tribunale. Un lungo iter formale di gestione delle persone incarcerate che, ha spiegato Tuma, non avrebbe mai coinvolto adeguatamente i rappresentanti legali di Adalah. Per i primi tre giorni, le forze israeliane avrebbero negato agli attivisti di vedere i propri avvocati, di consultarsi con essi, e anche di contattarli. Successivamente, la situazione non è migliorata: in alcuni casi i legali Adalah avrebbero dovuto attendere ore per vedere i propri assistiti o per parlare con le autorità israeliane, e in altri sarebbero stati avvisati dei processi solo mentre erano in corso.

La privazione dei più fondamentali diritti giuridici è solo una delle tante violazioni israeliane denunciate da Adalah. Non appena sbarcati, molti attivisti avrebbero chiesto di avere accesso a cure mediche perché affetti da disturbi o malattie croniche, ma Israele avrebbe negato le visite sanitarie a tutti gli arrestati. Una volta arrivati, alcuni attivisti sarebbero poi stati costretti a stare chinati sotto il sole con ginocchia, gomiti e fronte a terra per ore, o di stare genuflessi, bendati e ammanettati con le mani dietro la schiena per oltre cinque ore. Tra i vari passaggi alle autorità israeliane, gli attivisti sarebbero stati presi a insulti, derisioni, umiliazioni verbali, particolarmente duri nel caso di donne e persone arabe; alle persone di religione islamica sarebbero inoltre stato vietato pregare e alle donne musulmane sarebbe stato imposto di togliere il velo.

Alcuni, tra cui Greta Thunberg, sarebbero stati oggetto di ulteriori forme di umiliazione, costretti a posare in foto con la bandiera israeliana. Secondo delle rivelazioni del Guardian, proveniente da fonti diplomatiche dell’ambasciata svedese, la stessa Thunberg sarebbe stata avvolta attorno alla bandiera israeliana, e sarebbe stata costretta a baciarla. Versioni analoghe sono supportate da altri attivisti, tra cui il giornalista italiano Lorenzo Agostino. Gli attivisti avrebbero denunciato ad Adalah di essere stati privati di accesso ai bagni, cibo e acqua, di essere stati costretti a dormire sul pavimento in condizioni igieniche precarie, e di essere stati stipati in gruppi da dieci o quindici persone all’interno di celle da tre metri. Alcuni di essi riportano di percosse e violenze fisiche, come calci in testa. Viste le violazioni riportate, alcuni degli attivisti rimasti nelle prigioni israeliane hanno deciso di avviare uno sciopero della fame – e alcuni anche dell’acqua – in solidarietà con gli altri detenuti.

La Global Sumud Flotilla è una iniziativa umanitaria lanciata con lo scopo di rompere l’assedio marittimo israeliano su Gaza. La missione è stata lanciata all’inizio dello scorso settembre e ha mobilitato oltre 40 navi e centinaia di attivisti provenienti da 44 Paesi del mondo. Una volta raggiunta la Grecia la flotta ha navigato verso la costa gazawi, venendo tuttavia fermata dalla marina israeliana in acque internazionali prima che potesse raggiungere il territorio palestinese.

La Cina ha deciso di ridurre la collaborazione con le aziende tecnologiche europee

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La Repubblica Popolare Cinese sta riducendo sensibilmente le forniture tecnologiche provenienti dall’Europa, almeno per quanto riguarda le apparecchiature di telecomunicazione. Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa estera, nel mirino delle nuove restrizioni ci sarebbero in particolare la finlandese Nokia e la svedese Ericsson, aziende finite di fatto al centro del fuoco incrociato di una guerra commerciale e considerate da Pechino come un potenziale rischio per la sicurezza nazionale. La mossa appare come una risposta speculare alle decisioni prese nel 2020 da diversi Paesi europei, i quali bandirono le tecnologie 5G dei colossi cinesi Huawei e ZTE. All’epoca, la misura fu per l’appunto giustificata con la necessità di tutelare la sicurezza nazionale, tuttavia la decisione cadde fatalmente in concomitanza con le forti pressioni esercitate da Washington, impegnata in una guerra commerciale e tecnologica con Pechino. Oggi, con l’acuirsi delle tensioni politiche ed economiche, non sorprende che – come riportato dal Financial Times – Pechino si stia attrezzando per alleggerire i suoi legami con le industrie occidentali, imponendo loro un più stringente – e opaco – processo revisionale da parte della Cyberspace Administration of China (CAC). 

Secondo quando riportato dalla testata, i criteri di valutazione correntemente adottati dalla CAC non vengono resi pubblici né spiegati ai fornitori, lasciando le imprese in una condizione di incertezza riguardo alle motivazioni e alle tempistiche delle decisioni. 

La misura si inserisce in un contesto internazionale già segnato da diffidenze sull’origine e sull’affidabilità dei componenti 5G, oltre che dalla crescente politicizzazione delle scelte infrastrutturali nel settore delle telecomunicazioni. È l’ennesima conferma di come, in un mondo in cui anche tra alleati lo spionaggio digitale è una realtà quotidiana, nessun Paese ritenga più prudente fondare le proprie infrastrutture critiche su tecnologie provenienti da Stati che manifestano interessi divergenti. La decisione cinese di limitare l’accesso ai fornitori europei reitera come la sicurezza tecnologica sia divenuta una vera e propria leva strategica, tanto industriale quanto geopolitica. Le nuove revisioni di sicurezza e gli obblighi informativi imposti da Pechino costringeranno infatti i fornitori europei a investire risorse significative in compliance, tracciabilità dei componenti e certificazioni di sicurezza — processi complessi che possono tradursi in ritardi, modifiche contrattuali o, nei casi più estremi, nell’esclusione da gare e appalti strategici. Un panorama che, di fatto, spinge verso la localizzazione delle produzioni e che la Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina ha definito una “minaccia esistenziale” per le imprese europee.

Detto ciò, i rischi legati ai rapporti tecnologici tra Stati restano concreti, soprattutto in un contesto di interdipendenza in cui ogni azienda distribuisce prodotti a “doppio uso”, impiegabili sia in contesti civili, che militari. Gli USA stanno in questo periodo obbligando Bytedance a svendere TikTok a imprenditori statunitensi vicini al governo, così da poter mettere mano sui suoi algoritmi. Parallelamente, molte aziende cinesi continuano a produrre sistemi di videosorveglianza che mostrano la tendenza di inviare flussi di dati verso i loro server in Asia. Tuttavia, lo stesso governo cinese si affida a tecnologie americane per alimentare i propri apparati di sorveglianza e controllo. Nel frattempo, anche Nokia ed Ericsson mantengono legami stretti con le forze armate europee e statunitensi — un elemento che, agli occhi di Pechino, potrebbe rafforzare l’idea di un potenziale rischio per la propria sicurezza interna.

Elezioni Calabria: vince il centrodestra

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Sono terminati gli spogli per le elezioni regionali in Calabria. Il candidato di centrodestra e presidente uscente Roberto Occhiuto ha vinto con il 61,58% delle preferenze, battendo il candidato di centrosinistra Pasquale Tridico, che si è fermato al 37,81%. L’affluenza si è attestata al 43,13% contro il 44,36% delle scorse regionali. La provincia dove si è votato di meno è quella di Vibo Valentia che ha raggiunto il 38,89%.

Canapa contro l’inquinamento: una risorsa naturale per rigenerare il pianeta

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In un periodo storico in cui consumiamo più risorse di quelle che potremmo permetterci, continuando a scaricare sui chi verrà dopo di noi la responsabilità di un cambiamento nelle nostre pratiche quotidiane, e inquiniamo l’ambiente con prodotti difficili da smaltire aumentando a dismisura i livelli di CO2, la canapa può essere un alleato da non sottovalutare per favorire un reale cambio di paradigma. Parliamo di una pianta che si può integrare perfettamente nelle pratiche di economia circolare per creare modelli sostenibili di sviluppo economico, ma soprattutto di un vegetale che può diventare...

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Sudan: condannato un capo di milizia dalla Corte Penale Internazionale

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La Corte Penale Internazionale ha condannato un vertice di milizia per i crimini commessi nella regione sudanese del Darfur. A essere processato è stato Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, leader del movimento Janjawid che oltre vent’anni fa ha supportato l’esercito contro i gruppi ribelli del Darfur. Abd-Al-Rahman è stato trovato colpevole di 27 capi d’imputazione per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, tra cui stupro, omicidio e persecuzione; la sua condanna verrà determinata in seguito alle prossime udienze. Abd-Al-Rahman è il primo leader di milizia a venire condannato per i crimini commessi in Sudan, per i quali ci sono ancora diversi processi attivi.

Regno Unito, stretta sui cortei con il pretesto dell’antisemitismo: 440 arresti a Londra

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In seguito alle proteste pro-Palestina che nelle ultime settimane hanno mobilitato migliaia di persone a Londra e in altre città del Regno Unito, arriva l’ennesima stretta repressiva del governo britannico sulle manifestazioni di piazza. Secondo il governo, infatti, le recenti proteste avrebbero ingenerato «molto timore» nella comunità ebraica, spingendolo così a intervenire. In una nota ufficiale del Ministero dell’Interno si legge che le nuove misure — che saranno introdotte «il prima possibile» — daranno alla polizia maggiori poteri per porre condizioni o vietare del tutto proteste «ripetute e di vasta portata», valutandone «l’impatto cumulativo» sulle aree locali. Intanto, a Londra, durante una veglia a Trafalgar Square contro la messa al bando di Palestine Action – organizzazione che promuove il boicottaggio di Israele e per questo dichiarata “terroristica” dall’esecutivo Starmer, in una decisione senza precedenti – la polizia ha arrestato 442 persone.

Nel comunicato, il ministero dell’Interno ha spiegato che «alle forze di polizia saranno concessi nuovi poteri per porre condizioni alle proteste ripetute», con la possibilità di ordinare agli organizzatori di spostare o cancellare eventi se questi causano «ripetuti disordini» o turbano la vita dei residenti. Chiunque violi tali condizioni rischierà «l’arresto e il procedimento penale». La decisione arriva all’indomani dell’attacco alla sinagoga di Manchester, in cui un cittadino britannico di origine siriana ha accoltellato alcune persone (due delle quali sono decedute), ma segue in realtà una raffica di episodi che hanno visto la polizia intervenire per arrestare manifestanti pro-pal in situazioni del tutto pacifiche. Le misure saranno introdotte modificando le sezioni 12 e 14 del Public Order Act del 1986, così da consentire alla polizia di intervenire in base all’impatto cumulativo delle manifestazioni ricorrenti. Il governo valuterà anche la possibilità di estendere il potere di divieto totale e di includere le nuove disposizioni nel disegno di legge su criminalità e polizia, attualmente in discussione in Parlamento. Tra le misure già previste dal disegno di legge figurano il divieto di uso di fuochi d’artificio e maschere durante le proteste, nonché la criminalizzazione della scalata a monumenti commemorativi di guerra. Il comunicato precisa inoltre che tutte le forze di polizia in Inghilterra e Galles stanno collaborando con il Community Security Trust per rafforzare la sicurezza di oltre 500 sinagoghe e sedi della comunità ebraica.

La ministra dell’Interno Shabana Mahmood ha sottolineato che «il diritto di protestare è una libertà fondamentale nel nostro Paese», tuttavia «questa libertà deve essere bilanciata con la libertà dei propri vicini di vivere la propria vita senza paura». La ministra ha aggiunto che «proteste di vasta portata e ripetute possono lasciare che alcune parti del nostro Paese, in particolare le comunità religiose, si sentano insicure, intimidite e spaventate all’idea di lasciare le proprie case». Tale sentimento, ha spiegato, «è stato particolarmente evidente in relazione alla notevole paura all’interno della comunità ebraica, che mi è stata espressa in numerose occasioni in questi ultimi giorni difficili». Mahmood ha quindi definito le nuove disposizioni «un passo importante per garantire la tutela del diritto di protestare e, al contempo, assicurare che tutti si sentano al sicuro in questo Paese». Le nuove misure sono state annunciate dopo una maxi-operazione di polizia a Londra, dove 442 persone sono state arrestate durante una manifestazione a Trafalgar Square organizzata contro la messa al bando di Palestine Action, gruppo dichiarato fuorilegge dal governo di Keir Starmer lo scorso luglio. Gli agenti hanno iniziato a fermare i manifestanti durante una veglia silenziosa, dopo che alcuni avevano esposto messaggi di solidarietà con l’organizzazione.

A luglio, il governo laburista di Keir Starmer, su iniziativa dell’allora ministra degli Interni Yvette Cooper, ha vietato Palestine Action ai sensi del Terrorism Act. Secondo il governo britannico, il gruppo avrebbe causato «danni per milioni di sterline che compromettono la sicurezza nazionale». La sua proscrizione come organizzazione terroristica rende reato qualsiasi forma di sostegno pubblico, punibile con fino a 14 anni di carcere.  La decisione è seguita all’irruzione di alcuni attivisti in una base della Royal Air Force (RAF), dove hanno danneggiato due aerei cisterna imbrattandoli di vernice rossa, in segno di protesta contro il sostegno militare del Regno Unito a Israele. Nelle settimane seguenti, si sono succeduti centinaia di arresti. Palestine Action, nato nel 2020, ha spesso preso di mira aziende del settore difesa, tra cui Elbit Systems UK, accusata di legami diretti con l’esercito israeliano. Gli attivisti colpiscono anche aziende complici, come Leonardo, Thales, Teledyne e grandi gruppi finanziari come Barclays e JP Morgan, attraverso blocchi, occupazioni, sabotaggi e danneggiamenti. Le loro azioni hanno avuto un impatto concreto: diverse aziende hanno interrotto i rapporti con Elbit, fabbriche sono state chiuse o vendute, e importanti contratti – come il progetto Watchkeeper da 2,1 miliardi di sterline – sono stati cancellati.

“Italia d’azzardo”: il nuovo numero del mensile de L’Indipendente

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È da oggi disponibile il nuovo numero del mensile de L’Indipendente, la rivista rilegata e da conservare, con oltre 80 pagine di contenuti esclusivi. Anche questo mese tornano inchieste e approfondimenti riguardanti consumo critico, ambiente, diritti, reportage e molto altro. Si tratta di notizie che non troverete altrove, perchè noi non ospitiamo pubblicità e non siamo dunque influenzabili da poteri politici e interessi economici, come accade per la maggior parte degli altri mezzi di informazione. Questo mese, la nostra inchiesta di copertina svela i retroscena del gioco d’azzardo, un business che nel nostro Paese vale ben 157 miliardi di euro ma che produce un paradosso fiscale che vede introiti statali minimi rispetto ai volumi di gioco e nel quale le mafie hanno individuato una fonte di guadagno sicura. I meccanismi per creare dipendenza, inoltre, sono studiati a tavolino, in modo che per i giocatori (anche giovanissimi) sia difficile liberarsi da questa schiavitù.

Il mensile de L’Indipendente ha come sottotitolo i tre pilastri che ne definiscono la cifra giornalistica: inchieste, consumo critico, beni comuni. Ogni parola è stata scelta con cura, racchiudendo ciò che vogliamo fare e che, a differenza di altri media, possiamo fare, perché non abbiamo padroni, padrini o sponsor da compiacere.

Questi tre punti cardinali rappresentano il nostro impegno per il giornalismo che crediamo necessario: inchieste (per svelare i lati nascosti della politica e dell’economia), consumo critico (per vivere meglio, certo, ma anche per promuovere scelte consapevoli capaci di colpire gli interessi privilegiati) e beni comuni (perché la nostra missione è quella di leggere la realtà nell’interesse dei cittadini e non delle élite oligarchiche che controllano i media dominanti). Al suo interno ci saranno poi, naturalmente, approfondimenti sull’attualità e sui temi che caratterizzano da sempre la nostra agenda: esteri, geopolitica, ambiente, diritti sociali.

Questi sono solamente alcuni dei contenuti che potrete ritrovare nel nuovo numero:

  • I paradisi fiscali nel cuore dell’Europa: non solo su isole lontane, ma anche nel cuore dell’occidente hanno sede paradisi fiscali dove vengono depositati i miliardi sottratti alla tassazione pubblica, un sistema che contribuisce a accentuare le diseguaglianze e indebolire la sovranità fiscale.
  • Le piante di canapa come risorsa per rigenerare il pianeta: pianta straordinaria dalle molteplici virtù, la canapa è impiegabile nei più diversi contesti, dalla bioedilizia alla produzione di energia, oltre a contribuire alla bonifica dei terreni contaminati da metalli pesanti e da altri pericolosi inquinanti, come gli PFAS.
  • La nuova norma italiana sull’IA: l’Italia ha approvato in via definitiva la legge sull’intelligenza artificiale la quale, se da un lato pone il nostro Paese in una posizione di avanguardia amministrativa, dall’altro presenta vuoti normativi che, secondo alcuni esperti, potrebbero garantire al governo ulteriori strumenti per sorvegliare i cittadini.
  • Latte crudo: un patrimonio da proteggere: nonostante la narrazione imprecisa e fuorviante messa in campo da alcuni mezzi di informazione, la produzione casearia a base di latte crudo rappresenta una eccellenza italiana e un settore fondamentale per l’economia del nostro Paese.

Il nuovo numero del mensile de L’Indipendente è acquistabile (in formato cartaceo o digitale) sul nostro shop online, ed è disponibile anche tramite il nuovo abbonamento esclusivo alla rivista, con il quale potreste ricevere la versione cartacea a casa ogni mese per un anno al prezzo di 90 euro, spese di spedizione incluse. Per consultare le modalità dell’abbonamento ed, eventualmente, sottoscriverlo potete cliccare qui: lindipendente.online/abbonamenti.