Quasi duecento missili balistici lanciati verso le città israeliane in meno di un’ora. La preannunciata vendetta dell’Iran contro Israele è arrivata e ancora non è possibile fare stime accurate sugli effetti sul terreno, né tantomeno sulle conseguenze che avrà nelle prossime ore su un Medio Oriente che appare inesorabilmente avviato verso una guerra di vasta scala. Le sirene hanno cominciato a suonare in tutta Israele alle 18:30 ora italiana, con i cittadini che si sono ammassati nei rifugi. Molti missili sarebbero stati intercettati, ma non tutti. Le autorità israeliane affermano che ancora non si sa se ci sono vittime, e per ora il quotidiano israeliano Haaretz parla di almeno due feriti a Tel Aviv. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa iraniana Tasnim, la base dell’aeronautica israeliana di Nevatim sarebbe stata «completamente distrutta». Al momento, è impossibile verificare l’informazione, che, se confermata, rappresenterebbe un colpo militare di notevole portata, poiché si tratta della principale base operativa per i caccia F-35 dell’esercito israeliano.
Gli attacchi sono proseguiti per una mezz’ora buona e alle 19:10 le Guardie della Rivoluzione iraniane li hanno dichiarati conclusi, affermando che sono stati una risposta all’uccisione del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e del leader di Hamas, Ismail Haniyeh. Aggiungendo che se Israele reagirà ci sarà un’ulteriore risposta «più schiacciante e rovinosa». La palla torna quindi nel campo di Tel Aviv, che al momento non sembra voler accogliere il consiglio, con proclami bellicosi che promettono di far precipitare ancora di più il Medio Oriente nella spirale di guerra cominciata con il massacro di oltre quarantamila palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, e proseguita con l’attacco al Libano. E mentre i cittadini israeliani uscivano dai rifugi e lo spazio aereo veniva riaperto, il primo a parlare è stato il portavoce dell’esercito israeliano, affermando che «Israele è pronta a reagire e lo farà in modo tempestivo».
A soffiare sul fuoco sembrano anche gli Stati Uniti. Già pochi minuti prima degli attacchi – che l’intelligence statunitense aveva captato e definito come imminenti – il Dipartimento della Difesa statunitense aveva rilasciato una nota ammonitrice nei confronti di Teheran, specificando che il segretario della Difesa USA, Lloyd J. Austin III, aveva parlato con il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, «delle gravi conseguenze per l’Iran nel caso in cui quest’ultimo decidesse di lanciare un attacco militare diretto contro Israele», precisando che «gli Stati Uniti sono ben posizionati per difendere il personale, gli alleati e i partner di fronte alle minacce dell’Iran».
La tensione in Israele è alta anche sul fronte interno, dove, circa un’ora prima dell’attacco iraniano, si è verificato un attentato nella città di Giaffa. Due uomini hanno aperto il fuoco nei pressi di una stazione della metropolitana di superficie, provocando almeno sei morti e dieci feriti.
Come di consueto, a predicare calma rimane il segretario generale dell’ONU, António Guterres, che ha nuovamente condannato l’escalation del conflitto, chiedendo un immediato «cessate il fuoco». Ma nessuna tra le orecchie che contano sembra interessata a prestare attenzione all’appello.
[di Andrea Legni]