I giovani medici tirocinanti dello Stato indiano del Bengala Occidentale hanno ripreso le proteste, chiedendo che la magistratura del Paese faccia di più per aumentare la sicurezza del personale sanitario. I medici del Fronte dei Giovani Medici del Bengala Occidentale, sindacato che raccoglie circa 7.000 lavoratori, avevano precedentemente sospeso parzialmente le mobilitazioni per far fronte alle alluvioni che stavano colpendo il Paese. L’ultima sentenza della Corte Suprema, tuttavia, è stata giudicata inadeguata dai giovani dottori, i quali hanno risposto rilanciando l’ipotesi di sciopero nel caso in cui «non dovessimo vedere azioni chiare» da parte dell’esecutivo.
Israele ha iniziato l’operazione di terra in Libano
Dopo giorni di attesa, Israele ha iniziato la propria operazione via terra in Libano. I combattimenti sono cominciati attorno a mezzanotte di giovedì 31 settembre, dopo ore di intensi bombardamenti reciproci nelle aree di confine. Qualche ora prima, attorno alle 23:00, il gabinetto di guerra israeliano aveva approvato l’operazione e l’avvio di una campagna «limitata» nel tempo e nelle risorse. Contrariamente a quanto riportato dalla quasi totalità dei giornali, non è ancora noto se le forze israeliane siano riuscite a penetrare il confine e a entrare in territorio libanese. Gli Stati Uniti, dapprima incerti circa una possibile operazione terrestre in Libano, sembrano avere approvato lo schema israeliano, appoggiando il piano di «smantellamento dell’infrastruttura di attacco» di Hezbollah. Giusto qualche ora prima della comunicazione dell’esercito israeliano, dopo tutto, gli stessi USA hanno annunciato l’invio di ulteriori truppe in Medioriente (è il quarto annuncio simile nell’arco di una decina di giorni), mentre nel frattempo si sono intensificati gli attacchi anche in Siria e a Gaza.
Le voci sull’eventuale operazione terrestre in Libano giravano ormai da giorni, e più che di se, pareva ormai una questione di quando essa sarebbe stata lanciata. Le prime indiscrezioni sull’invasione sono uscite attorno alle 20:30 di ieri, lunedì 30 settembre, per poi venire smentite qualche ora dopo tanto dalle fonti libanesi quanto da quelle israeliane. L’operazione effettiva sembra ruotare attorno alle aree di confine di Metulla, Misgav Am e Kfar Giladi, situate nell’area nordorientale del territorio israeliano, che poco prima delle 20:00 sono state dichiarate aree militari chiuse ai civili. A partire dalle 18:30 circa, Israele ha iniziato a bersagliare ripetutamente con colpi di artiglieria la località libanese di confine di Wazzani, e la città di Khiyam, a qualche chilometro dalla cosiddetta blue line (la “linea blu”, il confine tra Libano e Israele). L’offensiva vera e propria è iniziata qualche ora dopo, a mezzanotte, annunciata dalle stesse Forze di Difesa Israeliane (IDF): l’operazione, dicono le stesse IDF, è stata meticolosamente studiata, e le unità stanno operando «secondo un piano metodico stabilito dallo Stato Maggiore Generale e dal Comando Nord, per il quale i soldati dell’IDF si sono addestrati e preparati negli ultimi mesi». A confermare la lunga preparazione del piano d’assalto arriva il nome stesso dell’operazione, “Frecce del nord”, lo stesso dato agli intensi bombardamenti di lunedì 23 settembre.
A partire dal lancio delle operazioni di mezzanotte, gli attacchi si sono concentrati sull’asse che collega le località libanesi di confine di Kfarkila e Tal al-Nahas, e in generale lungo l’area orientale della linea blu. Le IDF hanno dichiarato di avere schierato la novantottesima divisione, coadiuvata da una brigata, paracadutisti e veicoli corazzati della settima divisione; in totale le forze coinvolte contano qualche decina di migliaia di soldati, ma non è ancora chiaro quanti ne stiano effettivamente impiegando. Il portavoce delle IDF per i media arabi, Avichay Adraee, ha recitato la solita formula, accusando Hezbollah di usare i civili come scudo umano. Fino alle 2:40, i movimenti libanesi hanno smentito ripetutamente che Israele sarebbe riuscito a sfondare la linea di difesa, e le stesse IDF non hanno rilasciato alcun annuncio a riguardo. In risposta all’operazione terrestre, Hezbollah ha attaccato le città israeliane di confine di Metulla e Avivim. Attorno alle 10:00, inoltre, l’organizzazione libanese ha scagliato un massiccio attacco missilistico su Tel Aviv. Nel frattempo l’aviazione israeliana ha continuato a bersagliare Beirut e a colpire tanto la Striscia di Gaza quanto la Siria, perseguendo la campagna su più fronti che va ormai avanti da giorni.
Dopo un iniziale momento di apparente titubanza, gli Stati Uniti sembrano avere dato il proprio beneplacito a Israele perché proceda con le proprie operazioni terrestri. «Vogliamo che si raggiunga una soluzione diplomatica», ha detto ieri il portavoce del Dipartimento di Stato degli USA Matthew Miller, e «la pressione militare, qualche volta può permettere la diplomazia»: una diplomazia fatta di bombe, e soldati schierati, insomma, ma soprattutto permessa dalla sempre più massiccia presenza degli stessi USA sul territorio. Proprio ieri, come già precedentemente annunciato, la vice portavoce del Pentagono Sabrina Singh ha comunicato che il Paese avrebbe inviato «qualche migliaio» di truppe aggiuntive in Medioriente, assieme ad aerei F-16, F-15e, A-10, e F-22, e personale associato. Negli ultimi giorni, gli Stati Uniti hanno inviato altre navi, e armamenti nella regione. La sempre più fitta presenza statunitense sembrerebbe servire come deterrente all’Iran, per permettere a Israele di continuare a prendere di mira i propri nemici scongiurando una possibile risposta di Teheran, che dopo l’uccisione del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah e del capo di Hamas, Ismail Haniye non ha ancora reagito. I media iraniani, per ora, si stanno limitando a riportare le notizie, e le autorità sembrano non avere ancora rilasciato alcun comunicato.
[di Dario Lucisano]
Attacco aereo in Nigeria: almeno 24 morti
Oggi, lunedì 30 settembre, l’aviazione nigeriana ha annunciato un attacco aereo vicino alla città di Giwa, nello Stato di Kaduna, lanciato martedì 27 settembre. Questo raid ha causato almeno 24 morti, molti dei quali civili, e mirava a colpire un gruppo di milizie armate presenti nella zona. Secondo quanto riportano diversi testimoni all’agenzia di stampa Reuters, tuttavia, sarebbe stata colpita una moschea anziché un obiettivo militare. Questo ultimo attacco si inserisce sulla scia di una lunga serie di offensive dell’esercito nigeriano rivolte contro i gruppi islamisti locali, e non sarebbe la prima volta che i civili finiscono coinvolti.
Le aziende di pesticidi e OGM hanno creato un social per identificare chi li critica
Un’inchiesta ha messo in luce un complesso sistema di monitoraggio e attacco nei confronti dei critici del settore agrochimico e delle biotecnologie, gestito da aziende con legami profondi con i business dei pesticidi e degli OGM. Queste aziende avrebbero creato una sorta di “social network privato”, una piattaforma esclusiva su cui raccogliere e condividere informazioni su figure pubbliche, accademici e attivisti che si oppongono o criticano il loro operato. Tra i bersagli figurano anche esponenti delle Nazioni Unite. Il servizio sarebbe gestito da v-Fluence, una società specializzata in raccolta di informazioni e gestione della comunicazione di crisi. L’azienda, fondata da Jay Byrne, ex dirigente di Monsanto, figura di spicco nel settore agrochimico, fornisce strumenti per monitorare e rispondere alle critiche rivolte all’industria. Le indagini rivelano inoltre che parte del finanziamento di queste operazioni potrebbe provenire dal governo degli Stati Uniti.
I documenti che svelano il fatto sono stati diffusi da Lighthouse Reports, un’importante organizzazione di giornalismo collaborativo con sede in Belgio, che ha condotto e pubblicato un’inchiesta nella quale riferisce che i più grandi produttori di pesticidi e portatori d’interesse del settore chimico hanno profilato centinaia tra i più noti e importanti critici di un settore che a livello globale vale 78 miliardi di dollari. Sul portale Bonus Eventus, erano contenuti i loro profili, completi di indirizzi di residenza e numeri di telefono. Nella lista dei “cattivi” sono presenti circa 3.000 organizzazioni e 500 tra accademici, scienziati, esperti di diritti umani delle Nazioni Unite, ambientalisti, giornalisti, politici e funzionari pubblici. Solo 1.000 privilegiati possono accedere. Nell’elenco dei membri della rete dell’industria agrochimica vi sono i dirigenti di alcune delle più grandi aziende di pesticidi al mondo, insieme a funzionari governativi di diversi paesi.
L’inchiesta è nata da una soffiata su un tentativo di sabotaggio nei confronti di una conferenza scientifica tenutasi a Nairobi, in Kenya, che presentava soluzioni sostenibili per i pesticidi. Le richieste in base al Freedom of Information Act (FOIA) hanno rivelato un’ampia corrispondenza tra funzionari pubblici statunitensi, una ONG keniota, un dirigente del settore pesticidi e la società v-Fluence su come sovvertire l’evento. Un mix di analisi delle tracce di denaro e ricerche sui registri della spesa pubblica ha portato alla luce contratti stipulati tra v-Fluence e la United States Agency for International Development (USAID). Tra il 2013 e il 2019 circa, l’Agenzia statunitense ha incanalato oltre 400.000 dollari alla società privata per servizi tra cui il “monitoraggio rafforzato” dei critici degli “approcci agricoli moderni” e per costruire Bonus Eventus, il social network con profilazione dei critici.
Bonus Eventus, lanciato nel 2014, è nato da un’idea di Jay Byrne, ex dirigente delle comunicazioni dell’azienda agrochimica Monsanto – acquistata dalla tedesca Bayer nel 2016 – e della sua società di gestione della reputazione, v-Fluence. L’inchiesta fa notare come dai documenti del tribunale si sappia che entrambi sono attualmente citati in giudizio negli Stati Uniti, insieme al produttore di pesticidi Syngenta, per aver presumibilmente soppresso informazioni per oltre 20 anni sui rischi per la salute associati a un erbicida, il Paraquat.
[di Michele Manfrin]
Carcere per chi guarda le partite di calcio pirata: il governo approva il ddl
Le commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno dato l’ok a due emendamenti riformulati di Forza Italia e Fratelli d’Italia al Dl Omnibus contro la pirateria tv anche per gli eventi sportivi. Con il primo si estende anche ai «fornitori di servizi Vpn e quelli di Dns pubblicamente disponibili» l’obbligo di bloccare l’accesso ai contenuti diffusi in maniera abusiva. Il secondo obbliga invece i prestatori di servizi di accesso alla rete che «vengono a conoscenza» di condotte penalmente rilevanti di effettuare nell’immediato una segnalazione all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria. L’omissione è punita «con la reclusione fino ad un anno».
Uno studio avanza una nuova teoria sull’origine della Luna
I quintali di materiale di campioni lunari riportati sulla Terra dalle missioni Apollo degli anni ’70 e la loro somiglianza con le rocce terrestri potrebbero non bastare a confermare l’accreditata teoria secondo cui l’origine del satellite avrebbe avuto luogo dopo una collisione: la Luna potrebbe essere stata catturata durante un incontro ravvicinato tra la giovane Terra ed un sistema binario composto dal satellite ed un altro corpo roccioso, il quale sarebbe stato poi spazzato via dalla gravità terrestre. È quanto propongono due ricercatori della Pennsylvania State University in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica The Planetary Science Journal. Secondo gli autori Darren M. Williams e Michael E. Zugger, la nuova teoria spiegherebbe meglio alcune caratteristiche del satellite che sarebbero provate in maniera più grossolana dalla teoria classica, e il tutto sarebbe confermato anche da analogie con altri satelliti del sistema solare. «Nessuno sa come si è formata la luna. Negli ultimi quattro decenni, abbiamo avuto una sola possibilità su come ci è arrivata. Ora, ne abbiamo due. Questo apre un tesoro di nuove domande e opportunità per ulteriori studi», ha commentato Williams.
La teoria più accreditata sulla formazione della Luna, nota come “teoria dell’impatto gigante”, suggerisce che circa 4,5 miliardi di anni fa un corpo celeste delle dimensioni di Marte collise con la giovane Terra, generando una quantità enorme di detriti che si sarebbero poi aggregati per formare il satellite. Tale ipotesi è stata poi rafforzata dalle analisi effettuate sulle rocce lunari raccolte dalle missioni Apollo condotte a partire dagli anni ’70, le quali hanno evidenziato somiglianze significative tra la geologia della Luna e quella terrestre. Tuttavia, tali prove non sarebbero sufficienti secondo due ricercatori della Pennsylvania State University, che hanno dichiarato: «La conferenza di Kona ha impostato la narrazione per 40 anni. Ma le domande persistevano ancora. Ad esempio, una luna che si forma da una collisione planetaria, prendendo forma come detriti che si agglutinano in un anello, dovrebbe orbitare sopra l’equatore del pianeta. La luna della Terra orbita su un piano diverso. La luna è più allineata con il sole che con l’equatore terrestre».
Secondo i due autori, quindi, è possibile che la Luna appartenesse ad un sistema binario con un altro oggetto roccioso e che sia stata poi strappata via dalla sua orbita dopo un passaggio relativamente vicino alla Terra. Secondo gli scienziati poi, tale ipotesi sarebbe supportata da quanto sta accadendo altrove nel sistema solare, visto che per quanto riguarda Tritone, la più grande delle lune di Nettuno, l’ipotesi dominante è che sia stato trascinato in orbita dalla fascia di Kuiper, dove si pensa che uno su 10 oggetti sia binario. Inoltre, i ricercatori hanno spiegato come la teoria spiegherebbe persino il fatto che la Luna si stia allontanando dalla Terra: inizialmente l’orbita era ellittica e la sua forma era influenzata dalle maree estreme generate dall’interazione gravitazionale con la Terra. Il fatto poi che queste maree si sarebbero generate in ritardo rispetto alla posizione della Luna stessa avrebbe creato un effetto di “slancio” che avrebbe accelerato l’orbita lunare, comportando il cambiamento verso una forma più circolare e l’allontanamento dalla Terra. «La luna è ormai così lontana che sia il sole che la Terra competono per la sua attenzione. Entrambi la stanno attirando», ha commentato Williams, dopo aver spiegato che la teoria è stata anche confermata dai calcoli matematici effettuati dai due ricercatori.
[di Roberto Demaio]
Nell’Argentina ultraliberista di Milei il tasso di povertà ha toccato il 52,9%
Oltre la metà delle 29,6 milioni di persone appartenenti alle famiglie argentine vive attualmente in condizioni di insufficienza economica. L’agenzia statistica nazionale Indec ha riportato che il tasso di povertà nei primi sei mesi del 2024 ha raggiunto il 52,9%, in aumento rispetto al 41,7% della seconda metà del 2023. Le politiche ultraliberiste introdotte dal nuovo presidente Javier Milei hanno accentuato le difficoltà economiche della popolazione. Dalla sua entrata in carica a dicembre, Milei ha tagliato sussidi per trasporti, carburanti ed energia e ha licenziato migliaia di dipendenti pubblici, con l’obiettivo di ridurre l’inflazione e diminuire la spesa pubblica attraverso i tagli. Tuttavia, la ricetta sta provocando un disastro sociale e non sta nemmeno raggiungendo l’obiettivo di abbassare l’inflazione che, anzi, ad agosto ha superato il 230%, collocandosi tra i tassi più alti al mondo.
Il rapporto semestrale dell’Indec è stato reso noto giovedì 26 settembre. Esso prende in analisi la cosiddetta “Inchiesta Permanente sulle Famiglie”, che conta tutte le persone che rientrano in un nucleo familiare nel Paese sudamericano. Già dalla sintesi dei risultati, la situazione descritta dall’istituto appare particolarmente problematica: secondo l’Indec, il 42,5% delle famiglie (corrispondente a 4,3 milioni di famiglie), per un totale del 52,9% (15,7 milioni) delle persone oggetto di studio, vive al di sotto della soglia di povertà. “All’interno di questo gruppo”, si legge nel rapporto, “il 13,6% (1,4 milioni) delle famiglie si colloca al di sotto della soglia di indigenza (LI), che comprende il 18,1% delle persone (5,4 milioni)”. L’istituto definisce la linea di indigenza come quella soglia che “mira a stabilire se le famiglie dispongono di reddito sufficiente a coprire un paniere alimentare in grado di soddisfare una soglia minima di fabbisogno energetico e proteico”; questo significa che il 13,6% delle famiglie argentine non ha abbastanza entrate per seguire una corretta dieta alimentare. Rispetto alla seconda metà del 2023, l’incidenza della povertà ha registrato un aumento tanto sul lato delle famiglie quanto su quello dei singoli individui, crescendo rispettivamente di 10,7 e 11,2 punti percentuali. I casi di indigenza, invece, hanno evidenziato un incremento di 4,9 punti percentuali nelle famiglie e di 6,2 punti percentuali nelle persone. Infatti, nonostante un aumento del reddito delle famiglie pari all’87,8%, il prezzo del paniere di base è aumentato del 115,3%, mentre quello del paniere totale è cresciuto del 119,3%: “la differenza tra le entrate delle famiglie e il paniere”, insomma, è cresciuta notevolmente.
La “ricetta ultraliberista” del Presidente argentino Javier Milei, insomma, sta facendo acqua da tutte le parti. Interrogato sui dati relativi alla povertà, il Presidente ha commentato dicendo di essere un economista, ma di non potere «fare magie», accusando i precedenti esecutivi dell’attuale crisi finanziaria del Paese. Eppure, secondo il rapporto sul debito sociale strutturale della società argentina, redatto dall’Università Cattolica di Buenos Aires, nel primo trimestre del 2024 la povertà sarebbe aumentata in particolare dopo che il presidente Milei ha prestato giuramento, lo scorso dicembre. Da quando è al governo, Milei ha diminuito drasticamente la spesa pubblica, come annunciato nel cosiddetto “Patto di Maggio”, che, tra le altre cose, prevede un taglio della spesa pubblica fino ad arrivare al 25% del PIL, la riduzione della pressione fiscale, e incentivi al commercio, il tutto da portare avanti mediante una massiccia deregolamentazione e privatizzazione delle società statali e a partecipazione statale. Milei ha anche aumentato drasticamente la struttura repressiva del Paese, e ha approvato anche una riforma che stabilisce un anno di stato di emergenza pubblica in ambito amministrativo, economico, finanziario ed energetico, in modo da permettere all’esecutivo di disporre di poteri speciali in questi quattro ambiti.
[di Dario Lucisano]
Il Tg La7 distorce un sondaggio per far sembrare gli italiani favorevoli a colpire la Russia
In merito alle opinioni degli italiani sull’utilizzo delle armi inviate all’Ucraina, il TG di La 7 gioca con i numeri, dandone un’interpretazione esattamente opposta allo scenario che in realtà delineano. È quanto accaduto nel corso del telegiornale diretto da Enrico Mentana la sera del 23 settembre 2024, in cui sono stati analizzati i risultati di un sondaggio SWG sulla questione e, in misura ancora maggiore, con la successiva pubblicazione della notizia sul sito ufficiale del TG. In entrambi i casi, infatti, si è cercato di lasciare intendere che il 54% degli italiani sia favorevole all’utilizzo delle armi sul suolo russo. In realtà, tale risultanza a livello percentuale era circoscritta a un’indagine effettuata sul solo campione rappresentativo delle persone già favorevoli all’invio delle armi a Kiev, che rappresenta meno della metà (il 48%) del totale dei cittadini. Armonizzando i dati, infatti, si può constatare come gli italiani favorevoli all’utilizzo di armi sul suolo russo non siano affatto la maggioranza, bensì soltanto il 25,9%. Dato che, però, nelle slide non ha trovato spazio.
Nella prima slide mostrata nel corso del telegiornale si esaminava l’opinione degli italiani sul generale invio delle armi in Ucraina da parte del nostro Paese. Il 48% è risultato favorevole, il 34% si è detto contrario e il 18% ha affermato di non avere un’opinione in merito. Il conduttore Enrico Mentana è poi passato all’analisi della seconda slide, dicendo: «Tra coloro che sono favorevoli all’invio delle armi, qual è la loro posizione riguardo il colpire anche obiettivi militari in territorio russo?». A questo quesito, il 46% degli intervistati si è dichiarato contrario e il 54% favorevole, mostrando come il sotto-campione di coloro che sono d’accordo con l’invio delle armi a Kiev si trovi spaccato praticamente a metà sull’ipotesi del loro utilizzo per colpire obiettivi militari in Russia. Eppure, Mentana ha reagito manifestando grande stupore, affermando testualmente: «Questo è un esito netto. Sorprendente, ma netto». Insomma, seppure il preambolo di Mentana fosse corretto, appare assolutamente illogica la manifestazione di grande meraviglia conseguente alla messa in onda della seconda slide. I cui risultati, di «sorprendente» o «netto», non sembrano avere proprio nulla. Essa ha due possibili spiegazioni: o il conduttore di La 7 si è dimenticato di quanto detto un attimo prima, oppure – da persona altamente navigata dal punto di vista della gestione dei tempi televisivi – ha deliberatamente scelto di indurre in errore lo spettatore.
Ma non è finita qui. La portata dell’“inganno” appare ancora maggiore se osserviamo l’articolo pubblicato sul portale online del TG di La 7, in cui sono stati riportati i risultati dell’indagine. All’interno del pezzo, proprio al di sopra della slide che mostra i risultati del quesito posto ai cittadini in merito all’utilizzo delle armi sul suolo russo, si afferma infatti esplicitamente che «la maggioranza degli italiani (54%) ritiene che sia giusto utilizzare le armi inviate dal nostro Paese per colpire obiettivi militari in Russia». Che, come abbiamo visto, non è altro che una fake news.
Ricapitolando, secondo il sondaggio il 48% degli italiani si dice favorevole all’invio di armi in Ucraina e solo il 54% di quel 48% è d’accordo con il loro utilizzo in Russia. Dunque, complessivamente, i cittadini italiani favorevoli all’impiego delle armi in territorio russo sono il 25,9%, ovvero circa uno su quattro. Al contrario, il restante 46% tra i favorevoli all’invio delle armi a Kiev, ossia il 22,1% del totale, si dice contrario all’uso delle armi in Russia. Aggiungendo a tale schiera il 34% di coloro che si rivelano contrari all’invio delle armi in generale, possiamo constatare come il 56,1% degli italiani (la netta maggioranza) si dica contrario all’uso delle armi in territorio russo. Esattamente l’opposto di quanto fatto trapelare dal TG di La 7.
[di Stefano Baudino]
Portogallo: migliaia in piazza contro la speculazione immobiliare
Migliaia di persone sono scese in strada sabato, a Lisbona e in altre città del Portogallo, per protestare contro l’impennata degli affitti e dei prezzi delle abitazioni. I manifestanti portavano cartelli con slogan come “Volevo lasciare casa dei miei genitori, ma l’affitto me lo ha impedito” e intonavano cori come “le case sono fatte per vivere, non per speculare”. La crisi abitativa in Portogallo deriva da una cronica carenza di alloggi accessibili, aggravata dall’arrivo di investitori stranieri attratti da visti di residenza e agevolazioni fiscali. Il boom turistico ha poi fatto sì che tante abitazioni siano state indirizzate verso il mercato degli affitti brevi per turisti.