sabato 23 Novembre 2024
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Zuppe e altri cibi pronti: come proteggersi dal rischio del botulino?

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È di questi giorni la notizia di un’anziana signora di Roma deceduta poco dopo aver mangiato una zuppa pronta acquistata al supermercato, presumibilmente per un tipo di intossicazione alimentare chiamata botulismo e causata dal batterio Clostridium botulinum (comunemente detto botulino), le cui tossine sono considerate estremamente tossiche e velenose per l’uomo. Tanto che sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità si legge letteralmente che «grazie alla loro altissima letalità queste tossine possono essere utilizzate come armi biologiche e agenti di bioterrorismo». Questa tossinfezione provoca in particolare una forma di malattia che determina una paralisi neurologica. Ad oggi non si può ancora stabilire con certezza la causa di morte della signora di Roma, ma gli indizi sono diversi: la ASL ha ritrovato tracce di botulino nei resti della zuppa consumata e inoltre anche la figlia è finita al pronto soccorso dopo averla assaggiata. In ogni caso, il fatto ci dà l’occasione per parlare di un fattore di consapevolezza necessario per i consumatori: in quali cibi può svilupparsi il botulino, e quali accortezze usare per difendersi dai rischi? 

Indicazioni errate sulle modalità di consumo

Intanto va detto che la sicurezza di non ritrovare in zuppe, vellutate o minestroni pronti la tossina del botulino si può avere soltanto in due condizioni. Il primo è il rispetto in maniera accurata della catena del freddo a temperature inferiori ai 6°C, ma si tratta di una catena che si svolge in gran parte all’interno del circuito della distribuzione, quindi il consumatore non può avere la certezza che sia rispettata, nonostante sia prevista a norma di legge. L’altra condizione è la cottura dell’alimento a temperature superiori agli 80°C per almeno 10 minuti. Parliamo di cottura e non semplice riscaldamento. Le tossine del batterio Clostridium botulinum muoiono dopo la bollitura del prodotto, come conferma anche il Ministero della Salute italiano in questo documento ufficiale del 2012. 

A questo punto però bisogna constatare che sulle confezioni di queste zuppe pronte non troviamo mai l’indicazione di bollire o cuocere il prodotto, che anzi vengono dichiarate pronte per il consumo. Questi prodotti vengono anche pastorizzati dai produttori, prima di essere messi in commercio, pertanto si ritiene che possano essere semplicemente scaldati in pentola o al microonde e poi consumati, come si evince anche dalle indicazioni sulle confezioni, le quali riportano come modalità di consumo quella di «versare la zuppa in pentola e scaldare a fuoco lento per alcuni minuti».

Ciò non significa che le zuppe pronte siano alimenti esenti dal rischio di contaminazione, infatti il batterio può sempre svilupparsi anche successivamente al processo di produzione e messa in commercio, per svariati motivi come il mancato rispetto della catena del freddo da parte di distributori o consumatori, o un difetto di chiusura e sigillatura della confezione. Non si tratta infatti del primo caso noto di botulino nelle zuppe pronte, si veda per esempio il ritiro dal commercio per presenza della tossina avvenuto in Italia a maggio 2024. Nonostante i processi di produzione industriali, ritenuti generalmente affidabili per eliminare tutti i rischi microbiologici legati agli alimenti, va detto che assistiamo periodicamente a cibi industriali contaminati da batteri, non solo botulino ma anche listeria ed altri. Non esiste dunque la sicurezza microbiologica al 100% nei cibi che acquistiamo. Sarà sicuramente necessario per il futuro un adeguamento delle indicazioni sulle confezioni di questi prodotti, da parte delle aziende produttrici, nel senso di una chiara indicazione di cottura e bollitura del prodotto con un minutaggio preciso di esposizione al calore, anziché l’indicazione insufficiente e vaga di «scaldare il prodotto». E proprio a tal fine lo stesso Ministero della Salute ha diffuso una nuova raccomandazione ufficiale a tutta l’industria alimentare in data 30 Ottobre 2024, in cui suggerisce di inserire sulle confezioni dei prodotti a rischio la dicitura esplicita «far bollire il prodotto per almeno 5 minuti».

Quali cibi possono essere contaminati

Potenzialmente a rischio non sono solo le zuppe. È importante sapere quali siano i cibi potenzialmente a rischio di essere contaminati da questa particolare tossina. Il Clostridium botulinum può contaminare gli alimenti se le sue spore trovano le condizioni per la germinazione e lo sviluppo vegetativo. In altre parole, la conditio sine qua non che permette alle spore di botulino di svilupparsi nel cibo è l’assenza di ossigeno: ne consegue che gli alimenti freschi, come ad esempio insalata, pane, verdure e frutta, non sono a rischio botulismo.

Non sono a rischio i prodotti surgelati, per via della catena del freddo, anche se fossero appunto zuppe o vellutate o minestroni. Nel prodotto surgelato la catena del freddo è rispettata di norma scrupolosamente da produttori e supermercati e questo non permette lo sviluppo della tossina botulinica.

Inoltre il batterio non è in grado di produrre le tossine nei cibi che sono prodotti o conservati in ambiente acido o in presenza di elevate concentrazioni di sale e di zuccheri.  Sono ritenute sicure le conserve di alimenti acidi, come passata di pomodoro e sott’aceti, gli alimenti con alte concentrazioni di zucchero come marmellate e confetture, o con alte concentrazioni di sale come le conserve in salamoia (olive, peperoni, carciofi) e il pesce sott’olio e affumicato (tonno, sardine, sgombro in scatola, salmone affumicato.

I salumi e gli insaccati sono un caso che merita attenzione. Alcuni di essi, come ad esempio il prosciutto crudo, sono cibi che per via della stagionatura rimangono in condizioni di ph inferiore a 4.6 e dunque è impossibile che si possa sviluppare il batterio responsabile del botulino. Per altri salumi come la mortadella o il prosciutto cotto, invece, la possibilità che si possa sviluppare la tossina esiste e i produttori inseriscono dei conservanti che lo impediscono, come i nitriti e nitrati (i quali però sono nocivi per la salute, come abbiamo spiegato in questo articolo).

Vegetali di “prima gamma evoluta”

Un’altra categoria di alimenti a rischio sono tutte quelle verdure fresche da consumare crude o cotte, pronte in vaschetta che troviamo nei supermercati, tipo le carote o broccoli già tagliati a rondelle o julienne. Questi vegetali tagliati e mondati, chiamati tecnicamente verdure di “prima gamma evoluta”, devono essere lavati prima del consumo, mentre i consumatori a volte non lo fanno perché li confondono con i prodotti di IV gamma, cioè le insalate in busta. Non a caso è uscita un’altra nuova circolare del Ministero della Salute in data 4 Novembre 2024, che invita tutte le associazioni di consumatori a sensibilizzare gli utenti sull’importanza di lavare accuratamente le verdure da consumare crude sotto acqua corrente.

[di Gianpaolo Usai]

Elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria: crolla l’affluenza

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Mentre iniziano gli spogli, il primo dato certo delle elezioni regionali svoltesi in Emilia-Romagna e Umbria è un nuovo tracollo dell’affluenza alle urne. In Emilia-Romagna, oltre la metà degli aventi diritto non si è recata a votare, con l’affluenza ferma al 47,42%, in calo di oltre 20 punti rispetto al 67,67% del 2020. Leggermente meglio in Umbria, dove i dati (non ancora definitivi) indicano un’affluenza appena superiore al 52%, contro il 64,69% di cinque anni fa. Per quanto riguarda gli exit-poll, in Emilia-Romagna il candidato di centro-sinistra è dato saldamente in vantaggio, mentre in Umbria si prevede un testa a testa.

Antiobiotico-resistenza: Italia maglia nera in Europa

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Ogni anno, in tutta Europa si verificano almeno 670mila infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, che provocano oltre 35mila decessi. Un terzo di essi, circa 12mila, avviene in Italia. Come negli scorsi anni, il nostro Paese risulta dunque al primo posto della classifica UE dell’antibiotico-resistenza, come attesta il report del Centro Europeo per il controllo delle malattie pubblicato oggi, in occasione della Giornata europea per la lotta all’antibiotico-resistenza. Gli esperti avvertono che, se il trend non sarà interrotto, nel 2050 essa sarà la prima causa di morte in Italia, superando le malattie cardiovascolari e i tumori.

Biden e Xi: l’ultimo incontro porta all’accordo su IA e armi nucleari

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Si è svolto sabato scorso l’ultimo incontro tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e quello cinese Xi Jinping, prima dell’imminente insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Durante il colloquio, tenutosi a Lima, in Perù, nell’ambito del forum sulla cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC), i due Capi di Stato hanno concordato non solo sulla necessità di mantenere stabili e collaborative le relazioni tra le due potenze, ma hanno anche raggiunto un accordo su intelligenza artificiale e armi nucleari. Nello specifico, i due presidenti hanno stabilito di evitare di dare all’intelligenza artificiale (IA) il controllo dei sistemi di armi atomiche, impegnando entrambi i Paesi a garantire che ci sia sempre «un controllo umano sulla decisione di usare armi nucleari». Lo ha riferito ai giornalisti il ​​consigliere per la sicurezza nazionale americano Jake Sullivan in una conferenza stampa dopo l’incontro. Quest’ultimo aveva come obiettivo, tra gli altri, quello di garantire che la collaborazione tra le due nazioni, pur tra alti e bassi, prosegua anche con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, in quanto il presidente eletto ha promesso una politica dura verso la Cina, nominando alcuni falchi anticinesi in ruoli chiave. Nonostante ciò, Xi Jinping ha dichiarato a Biden di voler continuare a avere relazioni stabili con gli USA: «L’obiettivo della Cina di una relazione Cina-USA stabile, sana e sostenibile rimane invariato», ha dichiarato, aggiungendo che «la Cina è pronta a lavorare con la nuova amministrazione statunitense per mantenere la comunicazione, espandere la cooperazione e gestire le differenze».

L’accordo sull’uso dell’IA segna una svolta tra le due nazioni sulle questioni di sicurezza nucleare, dopo che si sono registrati scarsi progressi sul tema negli scorsi anni a causa delle tensioni tra Washington e Pechino. Il Dragone, ad esempio, a luglio aveva annullato una riunione sulla questione, in segno di protesta contro una vendita di armi a Taiwan da parte degli Stati Uniti, mentre i colloqui sulle armi nucleari risultano da tempo arenati. «I due capi hanno affermato la necessità di mantenere il controllo umano sulla decisione di usare armi nucleari», ha affermato la Casa Bianca in una dichiarazione, aggiungendo che gli stessi «hanno anche sottolineato la necessità di considerare attentamente i potenziali rischi e sviluppare la tecnologia IA in campo militare in modo prudente e responsabile». I primi colloqui bilaterali formali sull’IA tra i due Paesi si erano svolti lo scorso maggio a Ginevra, ma non avevano toccato l’argomento del processo decisionale sulle armi nucleari. Nonostante l’accordo raggiunto durante l’ultimo colloquio tra Biden e Xi, non sono previsti negoziati formali sul controllo degli armamenti nucleari nell’immediato futuro.

Lo scorso anno il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha stimato che Pechino possiede 500 testate nucleari operative e che probabilmente ne introdurrà più di 1.000 entro il 2030. Ciò avvicinerà il Dragone alle 1.770 e 1.710 testate operative dispiegate rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Russia. Inoltre, la potenza asiatica ha modernizzato il suo programma nucleare, avviando la produzione del suo sottomarino lanciamissili balistici di nuova generazione: la dotazione di armi nucleari nei domini di terra, aria e mare conferisce alla Cina la cosiddetta “triade nucleare” di cui non tutti gli Stati in possesso di armi atomiche dispongono. Il Dragone non ha formalmente dettagliato il suo arsenale, ma la sua rapida accelerazione in tale ambito preoccupa Washington che ha spesso demonizzato le iniziative in tal senso di Pechino. Tuttavia, la nazione asiatica mantiene ufficialmente una politica di non primo utilizzo e di mantenimento di una deterrenza nucleare moderna che è minima, al contrario della potenza a stelle e strisce. Washington, infatti, nel 2022 ha stravolto la sua dottrina sulle armi nucleari attraverso il documento “2022 National Defense Strategy of The United States”, dove si stabilisce, tra le altre cose, la possibilità di utilizzare ordigni nucleari per primi, ignorando quindi la regola del “no first use”. Dal canto suo, invece, la Cina si attiene a tale politica, esortando anche le altre potenze a fare lo stesso.

Durante l’incontro avvenuto sabato scorso, entrambi i presidenti hanno concordato sul fatto che le buone relazioni tra USA e Cina sono fondamentali non solo per le due nazioni, ma per tutto il mondo. Negli ultimi quattro anni, le due amministrazioni hanno ripristinato il dialogo e la cooperazione Cina-USA, attraverso il riavvio o l’istituzione di più di venti meccanismi di comunicazione, ottenendo risultati positivi in diversi settori. Nonostante ciò, la guerra economico-commerciale tra le due nazioni prosegue, poiché Joe Biden ha portato avanti la stessa politica protezionistica avviata da Trump. Tuttavia, non è mai venuto meno il dialogo. Il presidente cinese ha sottolineato quindi che vale la pena rivedere le esperienze degli ultimi quattro anni e trarne ispirazione, mentre Biden ha affermato che la relazione tra Stati Uniti e Cina è la più importante al mondo, non solo per i due popoli, ma anche per il futuro del mondo. Un chiaro messaggio alla futura amministrazione Trump che pone seri interrogativi sul rapporto futuro tra le due potenze, dal momento che il presidente eletto ha promesso di adottare un approccio poco conciliante nei rapporti con Pechino.

[di Giorgia Audiello]

Francia, proteste degli agricoltori contro il trattato UE-Mercosur

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Nel fine settimana sono iniziate le preannunciate proteste degli agricoltori in Francia, che si sono mobilitati in tutto il Paese bloccando le infrastrutture e appiccando fuochi per le strade. Le proteste hanno raggiunto più di cento località in tutta la Francia: durante la notte, decine di trattori sono stati parcheggiati sulla strada nazionale 118, a sud di Parigi, bloccando la viabilità fino alla mattina; analoghe proteste hanno raggiunto, tra le tante città, Strasburgo, Lione, e Grenoble. Gli agricoltori si stanno mobilitando contro l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Mercosur (il mercato comune dell’America meridionale che comprende Brasile, Uruguay, Paraguay, Argentina e Bolivia), denunciandone la concorrenza sleale.

Un nuovo rapporto del Pentagono ha rivelato centinaia di avvistamenti UFO

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Contiene centinaia di casi di palloni, uccelli e satelliti identificati erroneamente, ma anche avvistamenti di fenomeni aerei non identificati (UFO) che sfidano qualsiasi tipo di spiegazione razionale e racconti riguardanti personale militare “seguito” o “pedinato” da veicoli volanti sconosciuti: è il contenuto dell’ultimo rapporto sui fenomeni anomali non identificati (UAP) pubblicato dal Pentagono e contenente l’intera documentazione riguardante il periodo compreso tra il 1° maggio 2023 e il 1° giugno dell’anno corrente. Nonostante il dossier rifletta un crescente interesse pubblico per l’argomento, non sembrerebbe destinato a risolvere nessun dibattito riguardante l’esistenza della vita aliena sulla Terra: «È importante sottolineare che, fino ad oggi, l’All-domain Anomaly Resolution Office (AARO) non ha scoperto alcuna prova di esseri, attività o tecnologia extraterrestri. Nessuno dei casi risolti da AARO ha evidenziato capacità avanzate o tecnologie rivoluzionarie», sottolineano infatti gli autori del rapporto.

Gli “oggetti volanti non identificati”, o UFO, sono un argomento che da decenni suscita fascino e speculazione sia per il pubblico che per i governi di tutto il mondo. Negli ultimi anni, con lo scopo di adottare un approccio più rigoroso e scientifico verso la comprensione di questi eventi misteriosi, il termine ufficiale si è evoluto in “fenomeni anomali non identificati” o UAP. Tali sforzi sono culminati nel 2022 ovvero quando, in risposta alla crescente pressione pubblica e a inquietanti segnalazioni da parte di piloti militari, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha deciso di istituire l’All-domain Anomaly Resolution Office (AARO) per analizzare e risolvere i casi legati agli UAP.

Secondo il rapporto appena pubblicato dal Pentagono, in collaborazione con l’Office of the Director of National Intelligence (ODNI) e altre agenzie governative, sono state ricevute un totale di 1.652 segnalazioni fino ad oggi, di cui ben 757 emerse tra maggio 2023 e giugno dell’anno corrente (contenenti però anche 272 episodi relativi a date precedenti che non erano ancora stati denunciati). Tra tutti i nuovi casi segnalati, 49 sono stati risolti concludendo che si trattava di oggetti comuni come palloncini (70% dei casi), uccelli (8% delle segnalazioni) o droni, 243 sono in attesa di essere inseriti nella stessa categoria tramite la revisione finale che è ancora in arrivo, mentre 444 segnalazioni sono state archiviate a causa della mancanza di dati e prove che avrebbero consentito agli investigatori di determinarne l’origine. Tuttavia, i restanti 21 casi risultano non ancora plausibilmente spiegati e, secondo il documento, richiedono analisi e dati aggiuntivi. Il direttore dell’AARO Jon Kosloski ha commentato dichiarando che alcuni tra questi erano «casi interessanti» non spiegabili né da lui, né dalla sua «formazione in fisica e ingegneria» e dalla sua esperienza «nella comunità di intelligence»: «non capisco, e non conosco nessun altro che li capisca», ha aggiunto. Infine, nonostante il documento avverta che non esistono ancora ad oggi indicazioni o conferme che attribuiscano tali attività ad «avversari stranieri», sono stati riportati due casi di problemi di sicurezza durante il volo e tre rapporti in cui i piloti sarebbero stati «inseguiti da oggetti anomali non identificati».

[di Roberto Demaio]

Biden avrebbe concesso all’Ucraina il via libera a colpire in territorio russo

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All’indomani di uno dei più ampi attacchi russi alle infrastrutture energetiche ucraine, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, avrebbe autorizzato Kiev a utilizzare i missili a lungo raggio ATACMS per colpire il territorio russo. A dare la notizia sono i maggiori quotidiani e media degli USA, ma si attende ancora la conferma ufficiale. Rimangono ancora ignote le modalità con cui Kiev potrebbe utilizzare le armi a lunga gittata, ma molti la descrivono come una scelta limitata solo alla regione del Kursk, e motivata dal recente accordo di difesa bilaterale siglato tra Russia e Corea del Nord. Il tempismo di Biden, tuttavia, sembrerebbe essere significativo: il via libera all’Ucraina per l’impiego dei missili ATACMS sul territorio russo era in discussione da mesi, e Biden aveva sempre assunto una posizione contraria. La decisione arriverebbe proprio alla scadenza del suo mandato, nel periodo di transizione per l’insediamento di Trump, che ha più volte suggerito di non voler continuare a sostenere la difesa ucraina.

La notizia dell’autorizzazione all’impiego di missili ATACMS in territorio russo, che sarebbe stata rilasciata all’Ucraina, ha iniziato ad apparire su tutti i principali canali mediatici statunitensi nella notte tra ieri e oggi, 18 novembre. Malgrado non poggi su una fonte ufficiale, si attende ormai solo la conferma di Biden, che dovrebbe arrivare con i dovuti chiarimenti sulle modalità di utilizzo delle armi a lunga gittata. La notizia è apparsa inizialmente sul New York Times, che ha citato due anonimi funzionari statunitensi. Questi avrebbero precisato al quotidiano che «è probabile che le armi vengano inizialmente impiegate contro le truppe russe e nordcoreane in difesa delle forze ucraine nella regione di Kursk, nella Russia occidentale». Alla richiesta di maggiori informazioni da parte dell’agenzia di stampa Reuters, la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato si sono rifiutati di commentare. In generale, tutto il panorama mediatico statunitense sta riportando la notizia come certa, scrivendo che, almeno per un primo momento, le autorizzazioni si limiterebbero al Kursk, e che la scelta sarebbe motivata dai recenti accordi tra Russia e Corea del Nord.

Caute, per ora, le reazioni dei principali attori in gioco. Nel corso del suo discorso serale, Zelensky ha dichiarato di aspettare l’annuncio ufficiale: «Gli attacchi non si lanciano con le parole. Queste cose non si annunciano. I missili parleranno da soli». I politici russi non si stanno esponendo direttamente, ma i media statali, come l’agenzia di stampa governativa TASS, stanno riportando la notizia descrivendola come una possibile escalation. Per ora non è arrivato alcun commento nemmeno da Trump, ma un suo collaboratore e consigliere di politica estera, Richard Grenell, si è mostrato critico nei confronti della presunta decisione: «Nessuno si aspettava che Joe Biden avrebbe intensificato la guerra in Ucraina durante il periodo di transizione. È come se stesse scatenando una guerra completamente nuova». Non si sono espressi, per ora, neanche i vari leader europei, ma il quotidiano francese Le Figaro scrive che anche Francia e Regno Unito concederanno l’impiego di armi a lunga gittata all’Ucraina per colpire il territorio russo.

La decisione di autorizzare l’Ucraina a colpire direttamente il territorio russo arriverebbe in un momento difficile per Kiev. Ieri, la Russia ha lanciato uno dei più ampi attacchi aerei degli ultimi mesi, lasciando il Paese al buio e infliggendo duri danni alle infrastrutture energetiche e militari ucraine. In generale, Mosca sembra intenzionata a intensificare la propria campagna militare per riguadagnare il terreno perso nella regione di Kursk e avanzare in quello conquistato. Il motivo per cui il tempismo di Biden risulterebbe tanto significativo, tuttavia, sarebbe un altro: la questione dell’eventuale impiego dei missili ATACMS sul territorio russo è stata al centro delle discussioni per mesi, ma Biden vi si è sempre opposto. L’utilizzo di missili a lungo raggio di fabbricazione nazionale su Mosca, infatti, è sempre stato visto come un coinvolgimento troppo diretto da parte di tutti gli alleati di Kiev. Biden, tuttavia, è a fine mandato, e Trump si insedierà tra meno di due mesi; se il tycoon terrà fede alle proprie dichiarazioni, è probabile che interrompa gradualmente la fornitura di armi e sostegno a Kiev. Malgrado i vari riferimenti al trattato con la Corea del Nord e le eventuali restrizioni nell’uso dei missili alla regione del Kursk, la presunta scelta di Biden sembrerebbe, insomma, essere rivolta a fornire un ultimo sostanziale aiuto all’Ucraina, prima che Trump chiuda i rubinetti.

[di Dario Lucisano]

”Eni complice del genocidio”: a Roma colpiti decine di negozi e auto della multinazionale

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“Stop al genocidio”, “Eni complice”, “Eni finanzia il genocidio”. Queste sono solo alcune delle scritte apparse la mattina di venerdì 15 novembre a Roma, nei pressi dei punti vendita e sulle macchine di proprietà di Eni S.p.A. Di fianco alle scritte è stato appeso un manifesto in cui gli anonimi attivisti per la Palestina spiegano le loro motivazioni: “Eni S.p.A. – società controllata dallo Stato italiano – effettuerà per conto di Israele l’esplorazione dei giacimenti di gas nel mare di Gaza”, scrivono gli attivisti, facendo riferimento alle concessioni rilasciate dal ministero dell’energia israeliano a Eni e ad altri colossi mondiali dell’energia, per esplorare ed estrarre gas dalle acque che rientrano nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) palestinese così come tracciata nella dichiarazione del 2019, e in conformità con le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, firmata dalla Palestina nel 2015. “L’appropriazione delle risorse naturali ed energetiche palestinesi, mentre l’aggressione su Gaza continua senza tregua”, continua il comunicato, “rende l’Italia attivamente complice nel genocidio in corso”. La segnalazione delle proprietà di Eni intende così smascherare il colosso energetico e chiedere che il Paese interrompa ogni relazione con lo Stato di Israele, così come fanno le analoghe azioni su Leonardo S.p.A.

Le azioni di segnalazione dei punti vendita e delle macchine del servizio di car sharing di Eni a Roma sono state portate avanti nella notte tra giovedì e venerdì. Le scritte sono comparse sulle serrande dei negozi Eni Plenitude, sui negozi EniShop, e anche sui distributori automatici marchiati Eni. I manifesti spiegano chiaramente le motivazioni dietro alle azioni di segnalazione: “Il 29 ottobre 2023, quando tonnellate di bombe devastavano la Striscia di Gaza perseguendo l’intento genocidario sionista, il Ministro dell’Energia Katz annunciava che Eni S.p.A. era tra le sei compagnie vincitrici di un bando per l’esplorazione dei giacimenti di gas sulle coste del Mediterraneo”. Le concessioni oggetto di discussione sono state rilasciate dopo la quarta fase di offerte lanciata dal Ministero dell’Energia israeliano il 4 dicembre 2022, che concerneva un’area di 5.888 chilometri quadrati divisa in quattro zone, a loro volta divise in blocchi: la Zona E, costituita da tre blocchi per un totale di 1.127 chilometri quadrati; la Zona G, costituita da sei blocchi per un totale di 1.732 chilometri quadrati; la Zona H, costituita da cinque blocchi per un totale di 1.527 chilometri quadrati; e la Zona I. Il 29 ottobre sono state concesse sei licenze per la Zona G e altrettante per la zona I. Nello specifico, le Zone H ed E costituiscono ZEE palestinese rispettivamente per il 73,9% e per il 5,4% della loro area, mentre la Zona G risulta per il 62,2% palestinese.

“Alla base dei sistemi di colonialismo c’è, da sempre, l’espropriazione delle terre, l’occupazione e lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’occupante”, si legge nel manifesto; “Israele è uno Stato coloniale che ha fondato la sua forza e le infrastrutture sullo sfruttamento delle risorse energetiche e naturali della Palestina, oltre che sulla pulizia etnica della popolazione autoctona”. Per tale motivo, gli attivisti rivendicano la “rottura totale delle complicità italiane con il progetto coloniale sionista e con la violenza colonialista in tutto il mondo, di cui Eni S.p.A. è responsabile diretta”, chiedendo che Eni si ritiri dall’esplorazione dei giacimenti di gas nelle acque di Gaza e che l’Italia interrompa qualsiasi relazione con Israele.

Le azioni di giovedì notte si collocano all’interno di un ampio movimento di boicottaggio di tutte le realtà che collaborano in maniera diretta con lo Stato ebraico. In cima alla lista si trovano proprio Eni e Leonardo S.p.A., la cui sede torinese è stata occupata giusto qualche giorno fa. Lo scorso maggio, il movimento ha raggiunto anche decine di università, i cui studenti chiedevano l’interruzione di tutti gli accordi con le omologhe istituzioni israeliane. Il più recente successo è stato registrato dagli studenti dell’Università Statale di Milano, dopo che l’ateneo ha annunciato il congelamento di tutti i rapporti con le università israeliane. Gli studenti hanno poi rilanciato il movimento: «Ora vogliamo lo stesso in tutte le università italiane. Non è finita qui».

[di Dario Lucisano]

Massacri a Gaza, oltre 100 palestinesi morti in 24 ore

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Una raffica di violenti raid da parte dell’esercito israeliano ha colpito la Striscia di Gaza tra la giornata di sabato e quella di ieri, provocando in sole 24 ore la morte di oltre 100 palestinesi. A Beit Lahia, sita a nord di Jabalia, un bombardamento ha colpito un palazzo residenziale di più piani dove vivevano sei famiglie. Uccise oltre settanta persone, tra cui molte donne e bambini. Complessivamente, altri 30 palestinesi sono stati uccisi in bombardamenti avvenuti nelle città di Nuseirat, Bureij e Rafah.

Sclerosi multipla: scoperto il ruolo della mielina, nuove strade per le cure

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La mielina, la guaina protettiva dei nervi, non risulta solo fondamentale per la trasmissione rapida degli impulsi elettrici lungo i neuroni, ma è alla base di un meccanismo che può contrastare la sclerosi multipla: è quanto mostrato da un team di scienziati dell’Oregon Health & Science University, i quali hanno pubblicato i loro risultati in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. I ricercatori hanno studiato nuovi modelli di topi scoprendo che, nelle cavie cronicamente demielinizzate, il blocco di un percorso proteico ha impedito la...

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