Oggi, domenica 29 settembre, sono esplose delle proteste davanti alla base militare britannica RAF Akrotiri, situata sull’isola mediterranea di Cipro. Centinaia di manifestanti si sono riuniti fuori dalla struttura impugnando bandiere palestinesi e cipriote e intonando cori contro la presenza militare britannica sul territorio: «È una questione di indipendenza e sovranità di Cipro», ha detto uno dei dimostranti, riuniti sotto il motto «Via le basi della morte». Cipro, ex colonia britannica, ospita due basi militari del Regno Unito, la più grande delle quali risulta essere proprio RAF Akrotiri. Settimana scorsa, l’esercito di Londra ha inviato truppe aggiuntive sull’isola per sostenere l’eventuale evacuazione dei cittadini britannici in Libano.
Basilicata, sostanze cancerogene sversate in mare: 16 indagati per disastro ambientale
Un’importante indagine sta scuotendo la Basilicata. La Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza ha infatti messo sotto inchiesta 16 persone, tra cui manager e dipendenti di Sogin (società statale dedita allo smantellamento degli impianti nucleari e alla gestione di rifiuti radioattivi), dell’Azienda regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata e della Provincia di Matera, con l’accusa di avere intrapreso un’attività finalizzata al traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale e inquinamento ambientale. Le presunte condotte illecite sarebbero ruotate attorno alla gestione della ITREC, centrale nucleare in smantellamento di Rotondelle (Matera) gestita da Sogin, dove un’area di 600 metri è stata posta sotto sequestro nelle ultime ore per la rilevata presenza di uranio arricchito. I livelli di contaminazione, hanno precisato i carabinieri del NOE, «non rappresenterebbero» comunque un «pericolo immediato per i lavoratori, per l’ambiente e la popolazione».
Nello specifico, l’inchiesta condotta dai carabinieri ha appurato che alcuni dirigenti di Sogin, attraverso una serie di analisi da loro stessi effettuate, avrebbero appreso già nel 2014 di una grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente – sostanze pericolose e cancerogene – delle acque di falda sottostanti il loro impianto, comunicandolo però agli enti competenti soltanto un anno dopo, nel 2015. L’obiettivo, come sottolineato dal Procuratore Francesco Curcio, sarebbe stato quello di «evitare o ritardare costi aziendali» e «scongiurare il clamore e le conseguenze che, sul piano amministrativo, politico, d’immagine ed economico, la notizia avrebbe suscitato». In varie occasioni, i dirigenti avrebbero inoltre spento le pompe utilizzate per contenere la propagazione delle acque di falda contaminate per ridurre i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi, permettendo però l’estensione della contaminazione. Secondo la Procura, poi, Sogin avrebbe presentato dati falsi e documenti retrodatati alle autorità locali – cui i magistrati contestano di non aver eseguito adeguati controlli -, ottenendo così autorizzazioni per scaricare acque reflue radioattive entro certe quantità in mare, nonché acque piovane non trattate o derivanti dai suoi processi produttivi nel fiume Sinni. In seguito alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte della DDA di Potenza, Sogin ha pubblicato una nota in cui si è difesa sostenendo che «la contaminazione riscontrata presso il sito Enea-Sogin di Trisaia a partire dal 2015 non è stata generata dalle attività di smantellamento in corso presso il Sito di Trisaia Sogin» e che «non appena l’ha rilevata, ha immediatamente provveduto a denunciarla alle autorità competenti».
Ma non è tutto. Dopo una serie di prelievi di terreno da cumuli stoccati in attesa di smaltimento (circa 1500 metri cubi), infatti, i carabinieri del nucleo per la tutela ambientale hanno sequestrato un’area di 600 metri quadri all’interno dell’impianto. Nel corso dei controlli su uno dei lotti, sono infatti emerse rilevanti anomalie. Le analisi, condotte da Sogin e dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare (Isin) sotto la supervisione della Procura di Matera, hanno rilevato la presenza di uranio arricchito U234-U235, non correlato ai radionuclidi uranio-torio già in deposito presso il sito. Questo centro, operativo tra il 1969 e il 1987, aveva infatti accolto elementi di combustibile irraggiato proveniente dagli Stati Uniti. Il provvedimento, emesso dalla Procura della Repubblica di Matera, riguarda «rifiuti convenzionali (terre e rocce da scavo) presso impianti esterni al sito nucleare e provenienti verosimilmente dalle attività di scavo effettuate per la realizzazione di alcuni manufatti, rientranti nell’attività di decommissioning». Secondo i carabinieri, il livello di contaminazione non costituirebbe un rischio immediato per la salute, ma l’area sottoposta a sequestro verrà comunque messa in sicurezza.
[di Stefano Baudino]
Nepal, frane e alluvioni: oltre 100 morti
Dopo due giorni di intense precipitazioni che hanno portato a una serie di frane e inondazioni, il Nepal ha iniziato a fornire un primo bilancio delle vittime, che per ora è arrivato a 100 morti e 67 dispersi. L’area maggiormente colpita dalle piogge è la valle di Kathmandu, dove 37 persone hanno perso la vita e le attività hanno subito una decisa battuta d’arresto. A causa dei danni, oggi, domenica 29 settembre, le autorità nepalesi hanno annunciato la chiusura delle scuole per tre giorni.
Il governo inventa il servizio civile agricolo: 500 euro per “servire la patria” lavorando nei campi
Il servizio civile agricolo sta per diventare realtà. Nei prossimi mesi, sarà infatti avviata la sperimentazione di un progetto – frutto di un protocollo d’intesa firmato lo scorso novembre dai ministri dell’Agricoltura e dello Sport – che coinvolgerà un migliaio di giovani tra i 18 e i 28 anni, i quali saranno impiegati presso enti no profit che operano nel settore agricolo. L’iniziativa, presentata in pompa magna dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, ha però già attirato innumerevoli critiche da parte di partiti, sigle sindacali e associazioni. Il timore è infatti che si tratti dell’ennesimo esempio di sfruttamento di manodopera a basso costo, con la previsione di un rimborso di soli 500 euro al mese, pari a circa 3 euro all’ora. Una remunerazione addirittura inferiore rispetto a quella dei già sottopagati braccianti immigrati risucchiati dalle spire del caporalato.
«Per la prima volta i giovani potranno servire la Patria con una attività di valore agricolo: sarà un anno a spese dello Stato, che vuole valorizzare questa attività», ha dichiarato con enfasi il ministro Lollobrigida nella cornice del G7 apertosi a Siracusa. «Il servizio civile – ha aggiunto il ministro – permette a molti ragazzi di fare esperienza in tanti mondi, in agricoltura mancava questo tipo di propulsione e noi l’abbiamo voluta codificare, creando un asset specifico che permetterà ai giovani di svolgere attività in progetti che verranno disciplinati dal ministero delle Politiche giovanili al quale abbiamo conferito delle risorse». Nello specifico, tra il 2 ottobre e il 28 novembre 2024, gli enti di Servizio civile universale potranno proporre i propri progetti in diversi settori legati all’agricoltura e alle aree rurali, includendo attività di supporto e terapie destinate a persone con disabilità o altre categorie vulnerabili. Sulla base di quanto previsto dallo specifico protocollo d’intesa, potranno offrire servizi a bambini e giovani, sia educativi che ricreativi, oppure promuovere iniziative per la diffusione, valorizzazione e protezione dei prodotti agricoli e alimentari italiani. Inoltre, ci sarà spazio per progetti volti alla sensibilizzazione su corretti stili alimentari, con l’obiettivo di prevenire i disturbi legati al cibo, ridurre lo spreco alimentare e potenziare l’economia circolare. Particolare attenzione sarà riservata alla valorizzazione delle risorse agricole e al riconoscimento del ruolo multifunzionale delle imprese agricole. Potranno poi essere promosse attività per lo sviluppo del coworking in ambito rurale, programmi di educazione ambientale e alimentare, nonché azioni a difesa della biodiversità animale e della salvaguardia del territorio, soprattutto quello forestale. Solo in seguito verrà pubblicato il bando di partecipazione diretto ai giovani interessati, che sarà visibile sui portali del dipartimento e del MASAF.
L’iniziativa promossa dall’esecutivo Meloni ha però sollevato numerose critiche da parte di varie realtà politiche, associative e sindacali, le quali evidenziano che i partecipanti riceverebbero un compenso ridotto rispetto ai salari minimi previsti dai contratti collettivi di lavoro nel settore agricolo, alimentando così un potenziale sfruttamento della manodopera giovanile. Si teme, inoltre, che il progetto – definito dal Movimento 5 Stelle una vera e propria «legalizzazione del caporalato» – possa essere utilizzato per sostituire lavoratori agricoli regolari con giovani in servizio civile, che costano molto meno alle aziende. A intervenire è stata anche la FLAI CGIL, che ha affermato come l’iniziativa del governo non intervenga a livello strutturale su un settore in estrema difficoltà come quello agricolo, producendo anzi l’ennesima platea di giovani sottopagati. «Lavorare non è servire la patria, è avere “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, come sancisce l’articolo 36 della nostra Costituzione», ha dichiarato Davide Fiatti, della segreteria nazionale del sindacato. Occorre inoltre ricordare che il lavoro agricolo è uno dei settori che registra ogni anno il più alto tasso di incidenti sul lavoro. Un rischio che, con l’impiego di giovani inesperti e inseriti in questo tipo di attività senza un’adeguata formazione e protezione, non potrà che aumentare.
[di Stefano Baudino]
A Roma e Milano manifestazioni per la Palestina e Libano
A Milano e nella Capitale si sono svolte manifestazioni in solidarietà alla Palestina e in risposta ai recenti eventi in Libano. A Milano, la consueta manifestazione è iniziata con un minuto di silenzio, richiesto dagli organizzatori in memoria del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. A Roma, invece, è stato organizzato un sit-in in Piazza della Rotonda dagli studenti del movimento Cambiare Rotta, insieme agli attivisti di Osa e Potere al Popolo, i quali hanno srotolato un grande striscione con la scritta: «Fermare subito i bombardamenti in Libano». Diversi attivisti hanno anche sottolineato l’importanza della data del 5 ottobre, quando è previsto un corteo nazionale attualmente vietato dalla questura.
Cos’è la Matematica e perché due più due non fa sempre quattro
Che cos’è la Matematica? Nonostante i vari tentativi di rispondere questa domanda si susseguano da millenni, spesso si sente definirla nel classico “2+2 fa 4”, mentre qualcun altro potrebbe affermare che la matematica sia solo algebra, analisi o geometria. Tuttavia, la Matematica non si riduce affatto all’affermazione ‘2+2 fa 4’, ma consiste piuttosto nel porsi in un ‘ambiente’ e stabilire delle ‘regole’ con cui operare. Tutti conoscono il detto “la Matematica non è un’opinione” ma ciò, al contrario da quanto fissato ormai da troppo tempo nell’immaginario collettivo, non implica che, in un certo senso, i risultati delle operazioni non siano opinabili: infatti, basta pensare che ogni branca della Matematica si basa su assiomi e concetti primitivi, ed è anche per questo che, filosoficamente, risulta impossibile dare spiegazione di tutto, visto che si procederebbe dimostrando all’infinito e non si avrebbe mai argomentato davvero. Ne consegue che fa parte dei limiti umani, quindi, stabilire un punto di partenza. Che questo poi si evolva nell’affermare che il successivo di un numero naturale sia un numero naturale o nel concetto della parola “mamma” poco importa. C’è sempre un inizio, un’origine inspiegabile e indimostrabile da cui si proviene e da cui si procede. Applicare ciò alla Matematica (e quindi a tutto ciò che deriva da essa), pertanto, significa riconoscere l’unica cosa che sappiamo veramente è che se ci trova in determinate circostanze, se assumiamo come veri alcuni assiomi essenziali, allora si hanno determinate conseguenze, come il fatto che due più due fa quattro. È quindi l’implicazione, il passaggio e la dimostrazione la verità. Questo è ciò che non è opinabile, non la tesi basata su punti di partenza infinitamente discutibili.
Infatti, due più due non fa sempre quattro, visto che se al posto del classico “ambiente” dei numeri naturali ci si sposta in altri campi numerici di fatto non è così. Si consideri per esempio l’insieme additivo (o più precisamente, il gruppo) formato solo dai possibili resti di un qualsiasi numero naturale diviso per quattro. Gli elementi saranno proprio quattro: la classe zero (comprendente tutti i numeri divisibili per quattro), la classe uno (che corrisponde al resto fornito da numeri come 5, 9, 13…), la classe due (il resto fornito da numeri quali 6, 10, 14…) e la classe tre (il resto fornito dai numeri come 7, 11, 15 e così via se divisi per 4). Ponendoci in questo ambiente quindi, ci si trova in un insieme finito composto dalle classi 0,1,2,3 e si nota proprio che alcune operazioni forniscono risultati diversi da ciò che ci si aspetterebbe nei numeri naturali. Classe due più classe due infatti fa zero e non quattro, visto che un numero che diviso per quattro dà resto due sommato ad un suo simile diventa un numero divisibile per quattro, ovvero un numero appartenente alla classe dei “resti zero”. Analogamente, è verificabile che in questo insieme 3 + 2 fa 1, 3 + 3 fa 2 e così via.
Ma qual è allora il senso di studiare la Matematica? Perché si dovrebbe riflettere e ragionare riguardo a tesi dipendenti da vincoli prefissati? È evidente che la risposta la fornisce la Scienza, intesa come studio della realtà attraverso l’utilizzo di metodi empirici. Studiare ciò che (supponiamo) ci circonda attraverso la tecnica creata dall’uomo e scoprire che il reale percepito risponde a leggi ed implicazioni matematiche ha un’importanza fondamentale: che senso avrebbe dedicare un’intera vita allo studio di assiomi che, alla fine, restano opinabili e non incontrovertibili? In questo modo, si potrebbe aver trascorso l’intera esistenza studiando solo una o poche possibilità di come può essere strutturata la realtà a noi percepibile. Potremmo aver appreso per millenni le implicazioni derivate da soltanto una tra le infinite combinazioni (si pensi per esempio ai diversi tipi di geometrie o di logiche) di assiomi accettabili come punto di partenza: potremmo quindi aver esaminato solo un caso sull’infinito dei possibili, e il tutto senza la garanzia di averci azzeccato per davvero. Attraverso la Scienza, invece, scopriamo che la percezione di ciò che ci circonda è prova delle conseguenze di tali assiomi e che questi, quindi, sembrano piuttosto accettabili come principi veri a priori. Come disse Leopold Kronecher: «Dio creò i numeri naturali, tutto il resto è opera dell’uomo», e attraverso il metodo scientifico si scopre che ciò che ci circonda “tende” proprio alla Matematica, la quale è intesa come precisione ma allo stesso tempo fondata su assiomi e concetti primitivi – quindi difficilmente definibili a priori – come numero naturale, insieme, punto, piano e retta. Tutto questo, quindi, trova un senso grazie alla Scienza, la quale costituisce la prova che, probabilmente, siamo nella giusta direzione.
E quindi? Dov’è la Matematica intorno a noi? Se essa non consiste solo nel fare calcoli e dimostrazioni, dove possiamo trovarla nella quotidianità? Ebbene, si potrebbe affermare che anche quando spieghiamo un concetto aiutandoci con similitudini stiamo facendo Matematica. Fare un paragone può essere visto come fare un morfismo visto che nelle similitudini, proprio come nei morfismi matematici, c’è un’idea di trasformazione o collegamento tra due entità che conserva qualcosa di essenziale o significativo. Si potrebbe addirittura iperbolicamente affermare che, per certi versi, i nostri genitori rappresentano il nostro sistema di riferimento, ma si potrebbe ragionare persino su qualcosa di più popolare: che cos’è la Musica? Essa non è forse la purezza della Matematica che si fa concreta? Non è per questo che la amiamo tutti così indistintamente ed istintivamente? Si pensi al fatto che una canzone con la ritmica formata da un battito ogni secondo per un minuto molto probabilmente non sarà la vostra canzone preferita. Per quale motivo? Perché in essa non percepite la creatività.
Fare Musica, quindi, non è forse partizionare il tempo e il suo scorrere, per noi assoluto, in modo creativo e originale? Ascoltare Musica non è forse cogliere, attraverso colpi d’arte eccezionali, il modo in cui sono stati divisi quegli attimi dal compositore e dedicare una parte della propria vita alla percezione di quella creatività? Non si tratta forse della stessa creatività che risolve i problemi apparentemente più complessi, semplicemente addizionando e sottraendo la stessa quantità, scrivendo un “qualcosa” come “e^ln(qualcosa)” o, appunto, partizionando in modo creativo per raggiungere un certo scopo? In effetti, il piacere del matematico che osserva quanto sia facile risolvere problemi apparentemente difficili con la giusta creatività è simile a quello di chi ascolta la sua canzone preferita: non solo non si riesce a smettere di pensare a come l’autore sia riuscito a frammentare lo spazio in quel modo e con quelle note, ma ci si fissa inconsciamente proprio con quel modo di partizionare in modo divertente e originale qualcosa che ci spaventa costantemente, ovvero l’inesorabile scorrere del tempo.
Non è forse solo nella nostra mente il concetto di cerchio? Non è forse vero che possiamo spiegarlo e descriverlo, ma appena proviamo a disegnarlo esso si trasforma in imperfezione ed errore? Non siamo forse abituati a concepire la verità Matematica solo nell’astratto, confinata nella nostra mente? La Musica è il controesempio a tutto ciò: essa è creatività, Matematica e purezza che si fanno strada nel mondo imperfetto del concreto, rappresentando la perfezione nell’imperfezione. Per questo si dovrebbe amare la matematica non meno di quanto si ami già la musica: entrambe ci insegnano che la perfezione non si manifesta nell’assenza di difetti, ma nel tentativo di trascenderli.
[Tratto dal libro “Covid. Diamo i numeri?” di Roberto Demaio, Dottore in Matematica e redattore de L’Indipendente]
Sanità, in 30 anni quadruplicate le donazioni di organi
Negli ultimi 30 anni in Italia il tasso di donazione degli organi è quasi quadruplicato, passando da 7,9 donatori per milione di abitanti nel 1993 a 28,2 nel 2023. Lo riportano i dati presentati dall’Ospedale Bambino Gesù durante il convegno “Il dono della vita”. «Questa crescita si deve all’indiscusso sviluppo di una cultura del dono, sostenuta anche dalle preziose testimonianze di tanti familiari di donatori. L’istituzione del Centro Nazionale Trapianti (CNT) e della Rete ha raccolto e valorizzato nel tempo lo spirito di solidarietà che si andava rafforzando nella società civile, collocando l’Italia ai primi posti in Europa per donazioni e trapianti e salvando la vita a migliaia di pazienti», ha commentato il direttore del CNT, Giuseppe Feltrin.
Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è stato ucciso da Israele
Dopo ore di attesa, la conferma è arrivata: il leader del movimento di resistenza libanese Hezbollah è stato ucciso dai bombardamenti israeliani di ieri, venerdì 27 settembre. A darne conferma è la stessa organizzazione sciita, in un comunicato uscito attorno alle 13:30 di oggi, preannunciato dalle comunicazioni di Israele e Iran. «I criminali sionisti dovrebbero sapere che sono troppo insignificanti per infliggere gravi danni alle solide basi di Hezbollah in Libano. Tutte le forze di resistenza nella regione sono al fianco e sostengono Hezbollah», ha detto in un annuncio il Grande Ayatollah iraniano Ali Khamenei, assicurando a Israele che il ruolo del movimento sciita nel mondo arabo non cambierà. La morte di Nasrallah segue l’uccisione della maggior parte dei vertici di Hezbollah, e lascia l’organizzazione con un grande interrogativo riguardante il suo possibile successore. Intanto, i movimenti dell’asse iraniano stanno continuando a mandare messaggi di vicinanza al gruppo libanese, mentre il resto del mondo attende la risposta di Hezbollah e soprattutto dell’Iran.
Nelle ultime settimane, l’Iran ha evitato di rispondere militarmente a Israele, lasciando al momento passare senza conseguenze le continue provocazioni dello Stato ebraico: l’uccisione del capo di Hamas, Ismail Haniye, colpito proprio mentre si trovava nella capitale iraniana (il 31 luglio); l’attacco coordinato a centinaia di membri anche di alto rango di Hezbollah, colpiti attraverso l’esplosione dei cercapersone provocata da remoto (il 17 settembre); nonché l’uccisione mirata di numerosi quadri della stessa Hezbollah, e i bombardamenti a tappeto sul Libano. A questo punto, la geometria politica dei rapporti di forza tra Stati impone al governo di Teheran di rispondere, pena un’imponente perdita di reputazione sia verso la propria base che – soprattutto – la perdita del fattore di deterrenza verso i propri nemici, che potrebbero essere incoraggiati da una mancata risposta che equivarrebbe a una ammissione di debolezza. In queste ore, prima dell’annuncio, migliaia di cittadini iraniani si sono già radunati in piazza Palestina, nel centro della capitale Teheran, chiedendo vendetta contro Israele. In Libano, invece, l’esercito regolare della nazione si è posto a difesa dell’ambasciata statunitense per prevenire il prevedibile assalto popolare contro la rappresentanza del governo, considerato il protettore internazionale di Israele. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha affermato di essere in stato di “massima allerta”.
Hassan Nasrallah nacque nel 1960 a Beirut, da una famiglia proveniente dal villaggio di al-Bazūriyya, nei pressi di Tiro, città collocata in un’area del Paese a prevalenza sciita. Fino all’età di quindici anni, frequentò le scuole pubbliche della capitale, ma nel 1975, con lo scoppio della guerra civile in Libano, la famiglia tornò nel proprio villaggio di origine, dove Nasrallah terminò gli studi superiori. Nello stesso anno venne nominato ufficiale dell’organizzazione sciita Amal, e poco dopo riuscì a entrare nella scuola di insegnamento sciita di Najaf, in Iraq, una delle più importanti città sacre per l’Islam sciita. Nel 1978, a causa della repressione in atto contro le scuole religiose, fu costretto a tornare in Libano, dove continuò gli studi religiosi presso la scuola di Abbas al-Musawi. Negli anni che vanno dal suo ritorno in patria alla fondazione di Hezbollah, nel 1982, riprese a militare nel movimento Amal, per poi separarvisi ed entrare proprio tra le fila di Hezbollah. Nasrallah non fu l’unico ad abbandonare Amal: molti ufficiali, infatti, rimasero particolarmente insoddisfatti dalla risposta dei vertici dell’organizzazione all’invasione israeliana del 1982, e per questo si arruolarono nel neonato movimento sciita.
Hezbollah sorse proprio in risposta all’invasione del 1982, anche grazie al sostegno di un Iran da poco uscito dalla rivoluzione khomeinista del 1979. Lo stesso anno della sua fondazione, il movimento lanciò una insurrezione per cacciare le truppe di Tel Aviv dal Libano, e iniziò a colpire israeliani e alleati in giro per il mondo, dal Sudamerica all’Europa, oltre che, naturalmente, in Medioriente. Negli anni di leadership del primo vertice di Hezbollah, Subhi al-Tufayli, Nasrallah scalò rapidamente le gerarchie del movimento, ricoprendo il posto di ufficiale capo esecutivo di Hezbollah, ed entrando a far parte del Consiglio Consultivo del gruppo. Nel 1992 succedette al suo vecchio maestro Abbas al-Musawi come vertice del gruppo, e da allora radicò il movimento sempre più a fondo nella società libanese, trasformandolo nella maggiore milizia filo-iraniana sul territorio. Nel 2006, Nasrallash guidò Hezbollah nella guerra contro Israele, riuscendo a respingere le truppe dello Stato ebraico. Da allora, la sua figura si affermò ancora di più, ed Hezbollah aumentò la propria influenza nel mondo arabo, dopo avere dimostrato di essere capace di resistere all’esercito di Israele.
Negli anni che seguono il 2006, Hezbollah ha partecipato alla guerra civile siriana del 2011, e ha continuato gli scontri a bassa intensità con Israele. La situazione con lo Stato ebraico ha visto una rapida escalation in seguito agli eventi del 7 ottobre, dopo i quali gli attacchi reciproci sono intensificati fino ad arrivare ai bombardamenti israeliani sul Libano dello scorso 24 settembre. La morte di Nasrallah costringe Hezbollah a porsi un quesito a cui potrebbe essere complicato trovare risposta: chi gli succederà? Nel corso dell’ultimo anno, tra attacchi mirati e bombardamenti generalizzati, Israele ha infatti eliminato la maggior parte della catena di comando dell’organizzazione libanese, lasciando di fatto pochi papabili eredi al trono di Hezbollah. Proprio questa mattina, l’esercito israeliano ha condiviso un’immagine in cui mostra un virtuale schema piramidale dell’organizzazione, bollando in rosso i nomi dei vertici uccisi; tra le persone raffigurate, rimarrebbe solo Abu Ali Rida, comandante di una delle unità del fronte meridionale. Non si può sapere se Hezbollah sia davvero priva di persone da mettere al vertice, ma certamente riassestare la struttura dell’organizzazione non sarà facile, visto che Nasrallah comandava il movimento da oltre trent’anni.
[di Dario Lucisano]
Migranti, si ribalta barcone alle Canarie: almeno 9 morti e 50 dispersi
Almeno nove migranti sono morti al largo delle Canarie in seguito al ribaltamento del caicco su cui viaggiavano. Il bilancio potrebbe essere però molto più grave, poiché i soccorsi sono impegnati nella ricerca di una cinquantina di persone che risultano disperse in mare. I servizi di emergenza, citati dall’agenzia Efe, hanno reso noto che altre 27 persone che erano a bordo del barcone sono state salvate e trasferite al porto di La Restinga, a El Hierro. Due dei superstiti sono stati trasportati in elicottero in ospedale.
Il surreale discorso di Netanyahu dentro la “palude antisemita” dell’ONU
Trenta minuti di straordinaria follia. Potrebbe venire riassunto così il discorso che il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha tenuto ieri davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quando il Presidente dell’Assemblea ha chiamato Netanyahu sul palco, numerosi delegati si sono alzati dalle proprie sedie e hanno abbandonato l’aula, ma, noncurante delle partenze, Netanyahu ha iniziato il proprio discorso. Il contenuto è fitto di propaganda di guerra e veri e propri deliri volti a dipingere Israele come la vittima di una cospirazione mondiale intrisa di odio razziale contro gli ebrei. L’ONU è «una palude di bile antisemita», Teheran finanzia le proteste anti-israeliane, e il Medioriente è spezzato in due: da una parte, la «maledizione», che comprende un Iran che cospira contro il mondo, e un Libano corrotto da Hezbollah che «lancia i missili dalle cucine» dei propri concittadini. Dall’altra, la «benedizione», che include, tra gli altri, Arabia Saudita, Egitto, e Sudan, colorati in verde su una cartina in cui il territorio israeliano si estende “dal fiume fino al mare”, e la Palestina non esiste.
Visti i recenti bombardamenti israeliani in Libano, il discorso (di cui il Times of Israel ha fornito una trascrizione) di Netanyahu alle Nazioni Unite era particolarmente atteso. Mentre saliva sul palco annunciato dal nuovo Presidente dell’Assemblea, il politico camerunense Philémon Yang, in molti hanno deciso di abbandonare l’aula. Tra i tanti sedili vuoti, sono stati inquadrati quelli dei rappresentanti di Arabia Saudita, Iran e Kuwait; come riporta l’agenzia di stampa turca Anadolu, anche il delegato di Ankara si è rifiutato di ascoltare il discorso di Netanyahu. E così, di fronte a un’Assemblea presente per metà, il Primo Ministro israeliano ha iniziato a parlare. Sin dalle prime parole, Netanyahu ha portato avanti quella che ormai è la sua solita propaganda di guerra: «non volevo essere qui», ha detto, «ma dopo aver sentito le bugie e le calunnie verso il mio Paese, ho deciso di venire e mettere le cose in chiaro». Il discorso è ruotato tutto attorno a un parallelismo con le parole di Mosé: «Quando ho parlato qui l’anno scorso, ho detto che ci troviamo di fronte alla stessa scelta senza tempo che Mosè pose davanti al popolo di Israele migliaia di anni fa, mentre stavamo per entrare nella Terra Promessa. Mosè ci ha detto che le nostre azioni determineranno se lasceremo in eredità alle generazioni future una benedizione o una maledizione». “Benedizione” e “maledizione” sono così diventate le due parole chiave del delirio retorico di Netanyahu.
Il Primo Ministro israeliano ha continuato il discorso definendo l’Iran una minaccia per tutto il mondo con mire espansionistiche ben al di fuori del Medioriente, e sostenendo che il suo scopo sarebbe quello di «distruggere la civiltà». Il suo primo obiettivo, naturalmente, sarebbe Israele, stendardo della democrazia, e faro della lotta contro il terrorismo, che combattendo «su sette fronti», starebbe operando per il bene del mondo. Dopo avere minacciato l’Iran ricordando a Teheran la vasta portata dell’arsenale israeliano, Netanyahu ha tirato fuori una mappa del Medioriente dall’Egitto alla parte più occidentale dell’India, con alcuni Paesi colorati di un verde acceso (India, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Giordania, Egitto e Sudan) e una lunga freccia bidirezionale di colore rosso che, partendo proprio dall’India, arriva sul Mediterraneo: è la “benedizione”. Qui, «poseremo linee ferroviarie, condotte energetiche e cavi in fibra ottica», per «migliorare le condizioni di due miliardi di persone». Posata la mappa, Netanyahu ne ha tirata fuori una seconda, quella della “maledizione”, che ritrae Siria, Iraq, Libano e Iran in nero, e in cui Israele occupa tutta la Palestina; questa sarebbe la linea del terrorismo che minaccia il mondo intero: «cosa scegliete?».
Dopo avere mostrato le mappe, Netanyahu ha descritto le operazioni militari israeliane, sostenendo che esse siano tutte volte a prevenire i danni ai civili, e non a portare avanti un genocidio, combattendo, piuttosto, chi davvero avrebbe intenti genocidari. Hamas, infatti, «usa i civili come scudo», e «ruba loro il cibo» che Israele farebbe entrare nella Striscia per poi «rivenderlo a prezzi esorbitanti», in modo da finanziarsi. E come Hamas, Hezbollah, che scaglierebbe missili «non solo da avamposti militari», ma che occuperebbe «gli edifici, le scuole, gli ospedali, le case» dei libanesi, arrivando a usare addirittura le «cucine» e i «garage» come piattaforme di lancio balistico. Proprio la propaganda di gruppi come Hamas ed Hezbollah, dietro cui si celerebbe il grande burattinaio iraniano, spingerebbe la «vasta maggioranza dell’ONU» a «demonizzare lo Stato ebraico». Netanyahu procede così ad attaccare apertamente l’istituzione delle Nazioni Unite, definendola una «palude antisemita» da «drenare» affinché il mondo diventi giusto.
Ironicamente, mentre Netanyahu parlava e decantava le grandi gesta israeliane nel prevenire guerre e distruzione, l’esercito di Tel Aviv si stava preparando a scagliare uno dei più vasti attacchi su Beirut dell’ultimo anno, bersagliando più di 140 obiettivi in una sola notte e uccidendo il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. Dai bombardamenti di lunedì 24 settembre, in Libano sono state uccise più di 700 persone, molte delle quali civili. Israele sta continuando i bombardamenti a tappeto anche nella Striscia di Gaza, dove la conta degli uccisi è arrivata a 41.586 persone.
[di Dario Lucisano]