domenica 9 Marzo 2025
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Una comunità di pescatori messicani ha piantato quasi due milioni di mangrovie

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Dopo vari tentativi ed errori, una comunità di pescatori messicani ha trovato la chiave per riforestare un ecosistema di mangrovie nel villaggio di El Delgadito all'interno della Riserva della Biosfera di El Vizcaíno, una delle più grandi aree protette del Paese. Negli anni, i pescatori locali hanno in particolare condotto una serie di esperimenti per trovare il metodo migliore per riforestare le foreste di mangrovie in declino nell'area, per poi scegliere una tecnica di semina diretta che riproduce i modelli naturali. Ad oggi sono state messe a dimora con successo quasi 2 milioni di mangrovie...

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Mantova, animalisti protestano contro l’azienda Levoni

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A Mantova cinque attivisti di Ribellione Animale sono stati portati in caserma dopo aver lanciato del letame sulla teca che custodisce il quadro “Donna sdraiata che legge” di Pablo Picasso, in mostra a Palazzo Te. Un atto di protesta contro la presenza dell’azienda Levoni, produttrice di salumi, tra i soci della Fondazione Palazzo Te. “Fuori Levoni dalla cultura”, recitava lo striscione esposto dagli attivisti.

L’ultimo regalo di Biden a Israele: 8 miliardi in armi per continuare il massacro

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Mancano pochi giorni all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca e l’attuale presidente Joe Biden si sta affrettando a sbrigare le ultime questioni, adducendo cambi di rotta da parte dei repubblicani. Così è stato giustificato l’ultimo pacchetto di armi varato per Kiev e il contestuale via libera a lanciare missili statunitensi sul suolo russo. Poi Biden ci ha preso gusto e ha graziato il figlio Hunter, in attesa di due processi. L’ultimo regalo del suo mandato dovrebbe andare all’alleato israeliano, che per il genocidio in atto a Gaza potrà contare su nuove armi fornite da Washington. Secondo quanto rivelato da Axios, infatti, l’amministrazione Biden avrebbe notificato informalmente al Congresso l’accordo per la vendita di un pacchetto di equipaggiamenti militari dal valore di 8 miliardi di dollari.

La linea dell’amministrazione statunitense nei confronti di Israele nell’ultimo anno è stata piuttosto chiara e ha visto timidi richiami verbali puntualmente smentiti dai fatti. Prima i veti alle risoluzioni per il cessate il fuoco in sede ONU, nel Consiglio di Sicurezza, poi le vendite di armi, in barba al diritto internazionale. Secondo l’ultimo rapporto Costs of War della Brown University di Providence, Washington avrebbe fornito a Israele circa 18 miliardi di dollari in armi dall’inizio del massacro all’ottobre scorso. Se a questa cifra si sommano i quasi 5 miliardi spesi dal governo statunitense per le proprie operazioni nella regione si arriva a un totale di oltre 22 miliardi di dollari. Il conto potrebbe aggiornarsi presto con il pacchetto che in queste ore sta animando i palazzi del potere americani. Secondo Axios, che cita fonti informate, la vendita riguarderebbe munizioni per caccia ed elicotteri da combattimento, missili aria-aria Aim 120C-8 Amraam e missili Hellfire Agm-114, a cui si aggiungono vari modelli di bombe, da quelle di piccolo diametro alle testate da 500 libbre.

Il colpo di coda dell’amministrazione Biden sarebbe la ciliegina sulla torta di un anno di collaborazione massima con Israele, privo di sanzioni commerciali o di pressioni diplomatiche, che non ha visto freni né a seguito del processo condotto dalla Corte Internazionale di Giustizia né in risposta ai mandati di arresto spiccati dalla Corte Penale Internazionale (che gli USA non riconoscono) verso il premier-criminale di guerra Benjamin Netanyahu e il suo braccio destro Yoav Gallant, ex ministro della Difesa. Nemmeno le proteste partecipate delle università e di migliaia di studenti e professori ha scalfito la linea dell’amministrazione Biden, che si appresta a fare un ultimo regalo a Israele. La scelta non trova giustificazione in un cambio di rotta politico operato da Trump, dal momento che il Tycoon ha una salda posizione sionista, è il presidente che ha spostato l’ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, affermando che è quest’ultima la capitale dello Stato ebraico.

[di Salvatore Toscano]

Siria, scontri tra curdi e filoturchi: almeno 100 morti

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Negli ultimi due giorni sono morti oltre cento combattenti negli scontri nel nord della Siria tra curdi e l’Esercito Nazionale Siriano (SNA), sostenuto dalla Turchia. Ad affermarlo è l’Osservatorio siriano per i diritti umani. I combattimenti si registrano in diversi villaggi intorno alla città di Manbij, catturata dai filoturchi durante l’avanzata che ha portato alla caduta di Assad. In una dichiarazione, le forze curde hanno affermato di aver respinto «tutti gli attacchi dei mercenari turchi supportati da droni e aerei turchi».

La Sardegna ha dichiarato inammissibile il referendum popolare contro la speculazione eolica

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La Regione Sardegna ha respinto il referendum di iniziativa popolare riguardo all’installazione di impianti di energia rinnovabile sul territorio e in mare. Il quesito, depositato lo scorso settembre, aveva raccolto 19.221 firme e chiedeva ai cittadini di esprimersi riguardo alla modificazione del paesaggio sardo mediante l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Secondo l’Ufficio regionale per il referendum, la domanda non risultava conforme alle competenze dell’istituzione regionale, perché la transizione energetica è un argomento di interesse nazionale e non può essere regolata su scala locale. L’avvocato Michele Pala ha annunciato che i promotori valuteranno se presentare un ricorso al Tar, sottolineando che il problema sollevato dal quesito non si limita alla sola installazione di impianti energetici, ma si estende anche al rispetto della democrazia e della libertà di espressione.

Il referendum riguardo all’installazione di impianti di energia rinnovabile sul territorio e in mare era stato depositato lo scorso 11 settembre presso la Corte d’Appello di Cagliari e presso la Regione. Protagonisti dell’iniziativa erano l’avvocato Michele Pala, promotore responsabile, e il medico di Arzachena Pietro Satta, referente per la Gallura. Il quesito recitava: «Volete voi che il paesaggio sardo, terrestre e marino, sia modificato con l’installazione sul terreno e in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?». A bloccarne la richiesta, lo scorso 19 dicembre, è stato l’Ufficio per il referendum istituito in seno alla presidenza della Regione, composto da quattro magistrati tutti «nominati dalla stessa presidente della Regione», secondo quanto denunciato dai promotori. L’Ufficio ritiene che «la richiesta deve essere considerata illegittima, in quanto la materia su cui verte non può costituire oggetto di referendum consultivo perché, pur non essendo tale tipo di referendum vincolante e non concorrendo a formare la volontà degli organi che lo indicono, esula del tutto dal campo degli atti che potrebbero essere compiuti in futuro dalla Regione». Secondo l’Ufficio, insomma, non essendo la transizione energetica un argomento di competenza della Regione, il parere dei cittadini, oltre a non essere vincolante, è superfluo. «Non si tratta più di un problema di pale eoliche o di pannelli fotovoltaici, qui c’è un problema di democrazia e di libertà», ha dichiarato l’avvocato Pala all’agenzia di stampa ANSA. «Il referendum consultivo, così come avvenuto con quello sul nucleare, avrebbe dato a tutti i sardi la possibilità di esprimersi». Il promotore dell’iniziativa ha inoltre annunciato la possibilità di fare ricorso al Tar contro la bocciatura.

La popolazione sarda lotta da anni per la tutela del patrimonio paesaggistico e naturale dell’isola contro l’“invasione” di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Lo scorso ottobre, i cittadini si sono mobilitati per presentare oltre 210.000 firme raccolte a favore della legge di iniziativa popolare “Pratobello” che, contrariamente alla legge “aree idonee”, approvata dalla Regione, bloccherebbe in maniera definitiva gli impianti non ancora autorizzati o completati e consegnerebbe nelle mani della Regione la gestione di questi progetti. Malgrado la consegna delle firme, la legge è stata momentaneamente accantonata, ma le proteste non si sono fermate. Parallelamente, sono continuate anche le contestazioni contro gli espropri per il Tyrrhenian Link, il lungo cavo che collegherà la Sardegna alla penisola per trasportare l’energia elettrica prodotta dall’eolico sull’isola: il 20 novembre, il presidio di Selargius, la cosiddetta “rivolta degli ulivi”, è stato sgomberato per fare spazio alle ruspe di Terna, l’azienda incaricata di effettuare i lavori per la messa in funzione del Tyrrhenian Link, ma i cittadini hanno annunciato nuove mobilitazioni.

[di Dario Lucisano]

USA, si conclude la visita lampo di Meloni a Trump

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È durato poche ore il viaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni negli Stati Uniti, presso il quartier generale del presidente eletto Donald Trump. Tra i dossier sul tavolo dell’incontro avvenuto a Mar-a-Lago, in Florida, c’è la liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, attualmente detenuta in Iran. Si tratta di una delle prime visite di un leader straniero alla residenza di Trump dopo la sua elezione.

Spionaggio degli utenti attraverso Siri: Apple paga 95 milioni di dollari

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apple hong kong

Apple ha accettato di pagare 95 milioni di dollari per risolvere una class action che l’accusa di spiare illecitamente i propri clienti. Al centro delle contestazioni c’è Siri, l’assistente vocale dell’azienda, la quale, secondo le denunce, avrebbe intercettato in modo illegittimo le conversazioni private degli utenti, inviandone le registrazioni a realtà esterne. In sostanza, gli strumenti Apple sono accusati di fare ciò che molti temono e che le Big Tech negano con forza: ascoltare tutto, a propria discrezione.

Secondo quanto anticipato da Reuters, la bozza dell’accordo è stata depositata il 31 dicembre presso il tribunale federale di Oakland, California, ed è ora in attesa dell’approvazione definitiva da parte del giudice distrettuale Jeffrey White, il quale dovrà definirne bontà e proporzionalità. L’intesa prevede che i cittadini statunitensi possano richiedere un risarcimento fino a 20 dollari per ciascun dispositivo Apple in loro possesso e in cui sia stato attivato l’assistente vocale, per un massimo di cinque dispositivi a persona. Per accedere al risarcimento, gli utenti dovranno dunque dichiarare sotto giuramento di aver attivato Siri accidentalmente, ovvero di essere stati al centro di registrazioni che avrebbero dovuto rimanere confidenziali e che invece sono finite a portata di sconosciuti. 

Anche ammesso che 20 dollari possano rappresentare un valore adeguato per compensare la privacy e la fiducia tradite, appare improbabile che gli utenti riescano effettivamente a ricevere una simile somma. Il risarcimento è teoricamente destinato a tutti i possessori di iPhone, iPad, Apple Watch, MacBook, iMac, HomePod, iPod touch e Apple TV immessi sul mercato tra il 17 settembre 2014 e il 31 dicembre 2024: qualora i proprietari di questi dispositivi decidessero di richiedere in massa il riscatto, è prevedibile che l’importo effettivamente erogato a ciascun utente finirà con l’essere di gran lunga inferiore al massimale indicato nei documenti ufficiali. Inoltre, il patteggiamento stabilito esclude qualsiasi ammissione di colpa da parte dell’azienda, lasciando le accuse allo stato di semplici asserzioni, senza riconoscere alcuna responsabilità concreta alla Big Tech.

Questa class action ha avuto origine da un’inchiesta del The Guardian risalente al 2019. Nel reportage, il giornalista Alex Hern era riuscito a entrare in contatto con alcuni operatori di aziende subappaltatrici di Apple, i quali hanno affermato di aver “ascoltato regolarmente informazioni mediche confidenziali, conversazioni legate allo spaccio di droga e registrazioni di coppie durante rapporti sessuali” in occasione del processo di controllo qualità di Siri. Siri e gli omologhi assistenti vocali prodotti dalla concorrenza dovrebbero attivarsi esclusivamente quando viene pronunciata la parola chiave che ne abilita i microfoni, tuttavia questi strumenti sono spesso accusati di essere eccessivamente sensibili a stimoli sonori casuali, come uno starnuto o il rumore di una zip che si chiude.

Secondo l’accordo depositato, Apple sarà tenuta a eliminare tutte le registrazioni effettuate da Siri precedenti all’ottobre 2019 e a creare una pagina web dedicata, volta a spiegare in modo più chiaro il funzionamento dell’opzione “Migliora Siri”, la funzione che consente all’azienda di salvare e far analizzare ad agenti esterni un estratto audio delle interazioni avvenute con l’assistente vocale. È importante sottolineare che tale pratica non è esclusiva di Apple: anche Google e Amazon si affidano a realtà subappaltatrici per analizzare l’efficacia dei reciproci assistenti vocali, una tendenza che solleva inevitabilmente interrogativi sulla proporzionalità tra il livello di invasione della privacy e i benefici ottenuti nel miglioramento del servizio.

[di Walter Ferri]

Gaza, ancora massacri: 65 morti in 24 ore, molti sono bimbi

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Secondo i servizi di emergenza di Gaza, sono almeno 65 le vittime degli attacchi israeliani che hanno colpito la Striscia nelle ultime 24 ore. Tra i raid verificatisi nella giornata di oggi, un pesante attacco ha ucciso 12 persone in un’abitazione a Gaza City. La gente accorsa ha setacciato le macerie alla ricerca di possibili sopravvissuti intrappolati sotto i detriti. I medici hanno riferito che tra le vittime ci sono diversi bimbi. «Sono per la maggior parte donne e bambini, sono tutti civili, nessuno di loro ha sparato missili o ha preso parte della resistenza», ha raccontato all’agenzia Reuters un vicino di casa.

I movimenti popolari spagnoli guidano le proteste per il diritto alla città

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Barcellona, Madrid, Valencia, Mallorca sono solo alcune delle città dove nell’ultimo anno si sono tenute proteste e manifestazioni contro la gestione da parte del governo del diritto all’abitare. Per quanto le contestazioni si siano incentrate su specifiche peculiarità nei differenti contesti cittadini, il filo rosso che accomuna i movimenti per la lotta alla casa è l’impossibilità di ottenere un’abitazione degna, come sancito dalla Costituzione. Il fenomeno della scarsa offerta abitativa sul mercato immobiliare è ormai capillare in ogni grande città spagnola e le ragioni sembrano ricondurre a...

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Corea del Sud, migliaia in protesta dopo fallito arresto di Yoon

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In seguito al fallito tentativo di arresto di ieri del deposto presidente della Corea del Sud Yoon Suk Yeol, accusato di “ribellione” per aver cercato di imporre la legge marziale lo scorso 3 dicembre, migliaia di sudcoreani stanno manifestando per le strade di Seul. I contestatori e i sostenitori di Yoon si sono riuniti separatamente in diverse zone: i primi chiedono il suo arresto, i secondi l’annullamento del suo licenziamento che ha ottenuto il semaforo verde dell’Assemblea nazionale. Ieri le autorità sudcoreane avevano presentato mandati per trattenere Yoon e perquisirne la residenza, ma il capo del servizio di sicurezza aveva negato loro l’ingresso.