I primi progetti finanziari del Piano Mattei di affari con il continente africano costeranno all’Italia un totale di oltre 600 milioni di euro. Il dato viene fornito dall’ANSA, dopo che l’agenzia ha preso visione della relazione sullo stato di attuazione del Piano dopo i primi sei mesi di attivitĂ della Struttura di missione. Il documento prevede 22 schede di progetti, tra cui lo sviluppo della nuova connessione ferroviaria tra l’Angola e la regione mineraria del rame in Zambia, per la quale l’Italia spenderĂ 320 milioni di euro, e il progetto da 71 milioni in Kenya per l’ampliamento della produzione di olio vegetale per biocarburanti avanzati, portato avanti da Eni Kenya.
I missili russi lasciano al buio l’Ucraina, mentre le diplomazie scaldano i motori
Nella notte tra sabato 16 e domenica 17 novembre, la Russia ha lanciato un massiccio attacco aereo sulle infrastrutture energetiche ucraine, infliggendo danni alla rete elettrica del Paese e causando blackout in diverse aree intorno a Kiev. Le fonti ucraine parlano di sette morti e 140 missili di vario tipo, piĂą di 900 bombe aeree guidate e oltre 600 droni d’attacco, anche se sembra ancora difficile comprendere la reale entitĂ dei danni. La Russia non si è espressa sui numeri forniti da Kiev, ma ha confermato l’avvenuto attacco sulle linee energetiche ucraine, annunciando di aver inflitto danni alle infrastrutture degli aeroporti militari, agli impianti di produzione di gas e di energia utilizzati per il funzionamento delle imprese di difesa ucraine, a un deposito di droni e a truppe e attrezzature militari di Kiev in piĂą di 100 localitĂ . Mosca sembra, insomma, intensificare gli attacchi sull’Ucraina, mentre intanto si inizia a risistemare lo scacchiere della diplomazia: il cancelliere tedesco Scholz ha sentito Putin per la prima volta da dicembre del 2022, mentre Zelensky prova ad assicurarsi il supporto di Trump.
Le fonti russe sono state piĂą parche nel fornire informazioni riguardo ai siti energetici colpiti, e si sono limitate a comunicare il numero di aree prese di mira e i mezzi utilizzati. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa governativa TASS, citando il ministro della Difesa russo, «Questa mattina le Forze Armate della Federazione Russa hanno attaccato ampiamente le strutture critiche delle infrastrutture energetiche che garantiscono il funzionamento del complesso militare e industriale dell’Ucraina e delle imprese che producono prodotti militari, con sistemi di attacco ad alta precisione», colpendo tutti gli obiettivi. PiĂą esaustive, al contrario, le informazioni relative al campo di battaglia vero e proprio. Sempre secondo la TASS, nelle ultime 24 ore, l’Ucraina avrebbe oltre un migliaio di perso soldati, e decine di carri armati, veicoli corazzati, sistemi di artiglieria, depositi di armi ed equipaggiamento militare in tutti i fronti aperti, e la Russia avrebbe guadagnato terreno nelle regioni di Dnipro e del Donetsk.
Nel frattempo, la guerra procede anche sul versante della diplomazia. Scholz ha deciso di telefonare a Putin per la prima volta dal dicembre del 2022. Il contenuto della conversazione è noto solo in parte: Scholz ha chiesto a Putin di ritirare le proprie truppe dall’Ucraina e di aprire i canali per un dialogo, ribadendo il proprio sostegno a Kiev. La telefonata, per quanto simbolica e dal contenuto a suo modo prevedibile, potrebbe rappresentare un segnale importante per il proseguimento dei colloqui di negoziato, poichĂ© riapre un dialogo fermo da anni. Essa, comunque, va letta in prospettiva con la recente vittoria di Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, che, viste le dichiarazioni del tycoon e le richieste che l’Europa si assuma piĂą responsabilitĂ , potrebbe avere delle ripercussioni sullo svolgimento della guerra; Zelensky, dal canto suo, ha criticato la scelta di Scholz di chiamare Putin, sostenendo che la telefonata abbia «aperto il vaso di Pandora». Allo stesso tempo, il presidente ucraino prova a tenere aperti i canali con gli Stati Uniti, nella speranza che Trump non gli faccia mancare il sostegno che ha avuto sotto l’uscente amministrazione Biden; dopo la vittoria del tycoon Zelensky si è congratulato caldamente con Trump e ha dichiarato che, con lui al governo, la via per una pace si avvicina.
[di Dario Lucisano]
Cina, aggressione di massa di uno studente munito di coltello: 8 morti
Un ex studente cinese ha compiuto un’aggressione di massa armato di coltello presso l’Istituto d’Arte di Wuxi, situato nell’omonima cittĂ , nella provincia orientale dello Jiangsu. Il sospettato, un uomo di 21 anni, ha ucciso 8 persone e ne ha ferite altre 17; secondo quanto riporta la polizia, è stato arrestato sul posto e ha confessato. L’attentato all’Istituto di Wuxi è il secondo nell’ultima settimana e segue un attacco compiuto da un uomo di 62 anni, che ha travolto 35 persone con la propria automobile. In entrambi i casi, comunica la polizia, i sospettati hanno agito con violenza contro i passanti dopo aver subito una perdita economica.
Venezuela, liberati 107 prigionieri per le proteste anti-governative
Il Venezuela ha annunciato il rilascio di 225 persone arrestate per le proteste antigovernative tenutesi a luglio, in cui i manifestanti accusavano il presidente rieletto Nicolás Maduro di brogli. Di queste, secondo il direttore del gruppo umanitario Foro Penal, Alfredo Romero, ne sono state liberate almeno 107. Secondo Foro Penal, sarebbero almeno 1.800 le persone arrestate dopo le elezioni del 28 luglio, che hanno mantenuto al potere il presidente Nicolás Maduro. In seguito alla sua rielezione sono scoppiate una serie di proteste in cui lo si accusava di avere manipolato i risultati. Maduro è entrato in carica nel 2013 e inizierà il suo prossimo mandato di sei anni a gennaio.
L’ipocrita boicottaggio di giornali maistream e celebritĂ contro il social X
Negli ultimi giorni, media, giornalisti, politici e celebritĂ di tutto il mondo stanno abbandonando la piattaforma social X, ex Twitter, di proprietĂ di Elon Musk. Il grande esodo è stato inaugurato dal noto quotidiano britannico The Guardian, con un editoriale in cui spiega le proprie motivazioni: “X è una piattaforma mediatica tossica e il suo proprietario, Elon Musk, è stato in grado di utilizzare la sua influenza per modellare il discorso politico”. Tra chi lo accusa di silenziare le opinioni a lui scomode, chi di fare da megafono a posizioni illiberali, e chi sostiene che la piattaforma sia diventata una piazza sregolata densa di discorsi d’odio, in tanti hanno deciso di lasciare il social nel nome della libertĂ di parola e della democrazia. A guadagnarci sono i maggiori competitor di X, tra cui Threads, recente piattaforma di Meta, di Mark Zuckerberg. Mascherata da operazione di boicottaggio volta a ristabilire la giustizia, l’iniziativa contro Musk sembrerebbe avere intenti di natura politica, portati avanti da giornali che, esattamente come X, fanno gli interessi propri e di un’Ă©lite dominante, rappresentando, semplicemente l’altra faccia della medaglia.
L’editoriale del Guardian è stato pubblicato venerdì 13 novembre, a poche ore dall’annuncio ufficiale rilasciato da Donald Trump con cui il futuro presidente ha nominato Musk vertice del neonato Dipartimento di Efficienza Governativa. “Riteniamo che i vantaggi di essere su X siano ora superati dagli aspetti negativi e che le risorse potrebbero essere utilizzate meglio per promuovere il nostro giornalismo altrove”, inizia il comunicato del quotidiano britannico. Il Guardian motiva la propria scelta schierandosi apertamente contro “i contenuti, spesso inquietanti, promossi o presenti sulla piattaforma”, tra cui si annoverano “teorie del complotto di estrema destra ed episodi di razzismo”. All’abbandono del giornale londinese sono seguiti a ruota analoghi annunci dal quotidiano spagnolo La Vanguardia, dall’attrice premio Oscar Jamie Lee Curtis, o dal giornalista Don Lemon; in Italia, l’iniziativa è stata portata avanti dall’Eurodeputato del PD Sandro Ruotolo, da musicisti come Piero PelĂą, e dal Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Vittorio di Trapani, che ha definito Musk «uno dei protagonisti del tentativo in atto di trasformare le democrazie occidentali in democrazie illiberali».
Le motivazioni dietro questo esodo di massa, seppur variegate, confluiscono in un’unica generale ragione di fondo, secondo cui Elon Musk sfrutterebbe X per fare propaganda, portando avanti i propri interessi e mancando di tutelare la democrazia. Il boicottaggio di X, insomma, svela il grande segreto di Pulcinella: una piattaforma privata fa gli interessi di un privato, e un plurimiliardario oligarca non opera a difesa della democrazia. In tal senso, l’iniziativa sembrerebbe sfociare in un’operazione di natura strettamente politica, “casualmente” scoppiata proprio quando Musk ha iniziato ad avvicinarsi a Trump. Effettivamente, malgrado gli innumerevoli processi, le condanne, le multe e le analoghe controversie, le piattaforme legate a Meta di Mark Zuckerberg non hanno vissuto una simile ondata di sdegno e tentativi di boicottaggio. Eppure, anche su Facebook, Instagram e Threads si leggono commenti razzisti, dilagano episodi di antisemitismo e di inneggiamento al nazismo, e vengono censurati contenuti in base all’opinione espressa (specialmente quando si tratta della denuncia del genocidio in Palestina).
Lo stesso si può dire delle altre grandi realtĂ dei social. Spotify censura periodicamente canzoni e contenuti in cui si fa esplicito riferimento alla resistenza palestinese, tra cui canzoni popolari antecedenti al 7 ottobre (è il caso di Dammi Falastini, di Mohamed Assaf, o dell’italiana Rossa Palestina). TikTok lascia circolare come se niente fosse video di soldati israeliani che umiliano, degradano e torturano la popolazione araba (ne abbiamo riportato una lista nel 39esimo Monthly Report: Palestina, un anno dopo). Da anni, i palestinesi denunciano la violazione dei propri diritti digitali da parte di Youtube. Per quale motivo X andrebbe boicottata e tutto il resto del diversificato panorama dei social media no? Una possibile risposta si può trovare guardando alcuni dei promotori di quella che sembrerebbe una falsa operazione di boicottaggio verso la piattaforma di Musk: il Guardian è un quotidiano schierato, da sempre, con le Ă©lite liberali del Regno Unito. La Vanguardia ha mutato faccia piĂą di una volta, ma oggi è portatrice di posizioni liberali e moderate volte a mantenere lo status quo. Anche alcune delle celebritĂ che hanno abbandonato la piattaforma, come Curtis, si sono dichiaratamente schierate politicamente contro Trump, facendo campagna attiva per Harris.
Il Giappone parteciperĂ alle esercitazioni militari tra USA e Australia
I ministri della Difesa di Australia, Giappone e Stati Uniti si sono incontrati a Darwin, in Australia, per discutere di cooperazione militare, tecnologia e industria della difesa. In seguito al vertice trilaterale, il ministro della Difesa australiano, Richard Marles, ha annunciato che, a partire dal 2025, il Giappone parteciperĂ alle esercitazioni militari congiunte USA-Australia delle brigate anfibie. Al termine degli incontri, i Paesi hanno annunciato che aumenteranno le capacitĂ di dispiegamento reciproco di risorse aeree, tra cui aerei da combattimento, e che, in generale, amplieranno la cooperazione trilaterale nell’ambito della difesa.
Alla COP29 il gas dell’Azerbaigian diventa magicamente molto piĂą “green” di quello russo
La COP29 (la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in corso in questi giorni a Baku, in Azerbaigian) sta diventando il palcoscenico perfetto per l’Unione Europea per ridefinire i combustibili fossili azeri «sostenibili» e «a basse emissioni». In questo modo, mentre da un lato proclama pubblicamente la propria graduale riduzione della dipendenza dai combustibili fossili, dall’altro l’UE guida l’espansione del gas azero, al fine di garantire la sicurezza energetica interna dopo il taglio agli approvvigionamenti di gas russo – poco importa se con risorse che provengono da un Paese dove sono in corso gravi violazioni dei diritti umani.
L’Azerbaigian di Ilham Aliyev è uno dei produttori di energia fossile che potrebbe costituire un partner ideale per l’UE, dopo che questa ha deciso di sostituire le fonti fossili russe a basso costo con quelle di altri Paesi. Lo Stato ha infatti annunciato l’intenzione di aumentare la propria produzione fossile di un terzo nel prossimo decennio, anche grazie al bisogno crescente dei Paesi europei. Il Corporate Europe Observatory, organizzazione no-profit che monitora e documenta gli effetti del lobbismo aziendale all’interno dei principali organi dell’UE, ha illustrato come, almeno dal 2022, l’Unione abbia esercitato pressioni sull’Azerbaigian affinchè questo aderisse al Global Methane Pledge (GMP), il progetto lanciato alla COP26 nel 2021 al fine di ridurre le emissioni di metano – potente gas serra, che rappresenta il 70-90% del gas fossile. La stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, aveva incoraggiato il Paese ad aderire al GMP. Nello stesso anno, arrivò l’annuncio che sarebbe stata raddoppiata la capacitĂ del gasdotto Southern Gas Corridor (SGC), lungo 3.500 km, che da Baku arriva in Italia.
Quando Baku, nel dicembre 2023, è stata annunciata come sede della COP29, le cose si sono fatte piĂą urgenti. La nuova legislazione dell’UE in materia di emissioni di metano che stava per essere approvata, infatti, richiedeva a tutti i Paesi esportatori di avere regole simili a quelle dell’UE, motivo per il quale era necessario che l’Azerbaigian e la SOCAR (azienda statale azera) firmassero al piĂą presto. Alla fine del febbraio di quest’anno, la Commissione europea ha presentato una proposta concreta per attivitĂ congiunte da svolgere alla COP29, finalizzate a trovare un accordo favorevole per l’UE, così come per l’Azerbaijan, e al contempo cercare di salvaguardare la propria immagine in materia di sostenibilitĂ ambientale rispetto agli obiettivi climatici.
Pochi giorni dopo l’invio della proposta, la Commissione europea ha proseguito la sua campagna di lobbying durante la Conferenza annuale sull’attuazione dell’OGMP 2.0, tenutasi a Madrid con la supervisione di Repsol, colosso spagnolo del petrolio e del gas. Alla conferenza, che ha riunito i rappresentanti di oltre 125 produttori di petrolio e gas insieme alle autoritĂ di regolamentazione nazionali e regionali, erano presenti anche i rappresentanti dell’Azerbaijan, i quali hanno annunciato l’adesione al GMP subito dopo la conferenza. Con l’adesione dell’Azerbaigian e della SOCAR al GMP e all’OGMP 2.0, la prima parte del piano dell’UE era completata. La fase successiva fase sarebbe stata quella di rendere la COP29 il palcoscenico per mostrare al mondo il loro gas «a basse emissioni» col fine di giustificare l’espansione delle importazioni. E così sta avvenendo, con l’UE che racconta di come sta abbandonando i combustibili fossili mentre sostiene l’espansione della produzione di gas azero.
In questo contesto non può non essere menzionato il conflitto di lunga data in corso nella regione del Nagorno-Karabakh, contesa tra Azerbaigian e Armenia. Appena un anno fa, l’Azerbaigian ha portato a termine un’operazione militare (l’ultima di una lunghissima serie) che, secondo il governo armeno, ha assunto i tratti di una vera e propria pulizia etnica della popolazione, con decine di migliaia di armeni residenti nella regione costretti a fuggire dalle proprie case.
[di Michele Manfrin]
Sudafrica, minatori intrappolati: volontari e autoritĂ al lavoro per salvarli
In Sudafrica, a Stilfontein, migliaia di minatori entrati illegalmente potrebbero essere intrappolati in una miniera d’oro abbandonata profonda oltre due chilometri e attualmente in condizioni troppo deboli per uscire. Lo raccontano i reporter di Al Jazeera presenti sul posto, aggiungendo che dopo la chiusura del pozzo d’ingresso da parte delle autoritĂ , che intendevano fermare l’attivitĂ illegale, il governo ha cambiato approccio, avviando un piano di salvataggio con esperti. Al fianco dei soccorritori, decine di volontari si sono fatti avanti per aiutare a salvare i lavoratori, mentre la comunitĂ locale è in protesta accusando le autoritĂ di non aver agito tempestivamente.