domenica 9 Novembre 2025
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Sciopero dei bancari in Tunisia: bloccate le transazioni

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Oggi, lunedì 3 novembre, i dipendenti di banca tunisini hanno lanciato uno sciopero di due giorni. Durante lo sciopero, i bancari hanno interrotto l’erogazione dei servizi di transazione, bloccato gli sportelli di prelievo e disertato dal lavoro. Lo sciopero, spiega il sindacato UGTT, che ha organizzato la protesta, mira a chiedere un aumento salariale, in un contesto di difficoltà economica per i cittadini del Paese; il costo della vita, ha spiegato il sindacato, sta aumentando troppo velocemente, e gli stipendi non starebbero aumentando di pari passo.

Dal 7 ottobre Israele ha condotto quasi 40 mila attacchi in Cisgiordania

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In questi ultimi due anni di genocidio, mentre Israele bombardava a tappeto la Striscia di Gaza, le violazioni del diritto internazionale in Cisgiordania da parte dello Stato ebraico non si sono mai arrestate; secondo un ultimo rapporto della Commissione per la Colonizzazione e la Resistenza (CWRC), dal 7 ottobre 2023, Israele ha condotto 38.359 attacchi e aggressioni nei confronti della popolazione palestinese cisgiordana; questi non contano le centinaia di incendi e migliaia di strutture demolite che hanno portato allo sfollamento di intere comunità. Le aggressioni si collocano all’interno di un progetto coloniale che, «approfittando delle circostanze belliche», punta a «rimodellare sistematicamente la geografia palestinese». In soli due anni Israele ha eretto 243 nuove barriere militari, legalizzato un totale di 46 entità coloniali, istituito 114 avamposti, creato 25 zone cuscinetto, e sequestrato 5.500 ettari ai palestinesi, con l’obiettivo di «trasformare la presenza militare dell’occupazione in una presenza civile permanente».

Il rapporto della CRWC è uscito lo scorso 5 ottobre e non tiene conto delle ultime violazioni dei coloni e dell’esercito israeliano in Cisgiordania; va a tal proposito rimarcato che a ottobre è iniziata la tradizionale raccolta delle olive, su cui il CRWC ha redatto un ulteriore documento: dall’inizio della stagione di raccolta, nella prima settimana di ottobre, Israele ha condotto 259 attacchi contro la popolazione palestinese. Dal 7 ottobre 2023 al 5 ottobre 2025, invece, le aggressioni sono state 38.359: il Governatorato in cui sono stati condotti più attacchi è Hebron, con 6.451 violazioni; seguono Ramallah con 5.684 e Gerusalemme con 4.915. Delle quasi 40.000 aggressioni, 7.154 sono state effettuate da coloni: in cima a questa lista figurano Nablus con 1.688 violazioni ed Hebron con 1.504. Agli attacchi si devono aggiungere anche gli incendi: dal 7 ottobre, Israele e i coloni hanno appiccato 767 incendi, di cui 221 su proprietà dei cittadini e 546 su campi e terreni agricoli; la maggior parte dei roghi – 244 – sono stati appiccati a Ramallah. Gli incendi hanno causato lo sfollamento di 33 comunità beduine, composte da 455 famiglie e un totale di 3.853 persone; hanno inoltre distrutto o danneggiato 48.728 alberi, di cui 37.237 ulivi.

Secondo il CRWC le violazioni e aggressioni israeliane vanno inquadrate alla luce del progetto coloniale di Tel Aviv. «Il governo israeliano sta sfruttando la guerra e il genocidio in corso contro il nostro popolo nella Striscia di Gaza e in tutti i territori palestinesi per imporre nuove realtà sul territorio e frammentare la geografia palestinese», si legge nel rapporto. L’obiettivo è «annettere il territorio, cancellare l’identità palestinese e privare il popolo palestinese dei suoi diritti fondamentali». A tal proposito, il rapporto si sofferma proprio su tutte quelle iniziative del governo israeliano volte – da una parte – a limitare la presenza palestinese in Cisgiordania e – dall’altra – a consolidare quella israeliana. Sul primo versante, negli ultimi due anni, Israele ha portato avanti 1.014 operazioni di demolizione che hanno coinvolto un totale di 3.679 strutture, la maggior parte delle quali a Gerusalemme(880), a Hebron (529) e a Tulkarem (464).

Parallelamente, lo Stato ebraico ha eretto 243 nuove barriere e posti di blocco militari nella regione, portando il totale delle strutture di tale genere a 916. Tel Aviv ha sequestrato 5.500 ettari di terra ai palestinesi, e ha avanzato 355 piani regolatori per costruire 37.415 edifici e unità coloniali che interessano altri 3.800 ettari palestinesi; la maggior parte dei piani (148) ha interessato il Governatorato di Gerusalemme, che si trova inoltre al centro del piano di insediamento E1, progetto con l’obiettivo dichiarato di spaccare in due la Cisgiordania. Israele ha inoltre creato 25 nuove zone cuscinetto, legalizzato 11 colonie già esistenti e 13 quartieri coloniali, ha autorizzato la costruzione di altre 22 colonie e ha istituito 114 nuovi avamposti, di cui 30 a Ramallah, 25 a Hebron e 18 a Nablus. Ha anche potenziato gli insediamenti già esistenti, approvando la costruzione di infrastrutture per 68 colonie. Visti in termini generali, i dati forniti dal CRWC mostrano come negli ultimi due anni, Israele ha aumentato le iniziative volte a confiscare e distruggere proprietà ai palestinesi, costruire avamposti coloniali e militarizzare la Cisgiordania, accelerando al contempo il processo di approvazione formale per tali operazioni.

OpenAI-Amazon: accordo da 33 miliardi

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I colossi della tecnologia OpenAI (azienda proprietaria della chatbot ChatGPT) e Amazon hanno firmato un accordo da 33 miliardi di dollari. Di preciso Amazon Web Service (AWS), la divisione della multinazionale che fornisce servizi informatici di cloud, ha concesso a OpenAI di accedere ai servizi del gruppo per sette anni. L’accordo ha effetto immediato.

Neo Robot: l’assistente domestico che promette libertà ma vende sorveglianza

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L’immaginario della fantascienza utopistica è popolato da mondi in cui robot e androidi si fanno carico dei mestieri più usuranti e umili, così che i loro padroni umani possano condurre vite più serene. Negli ultimi anni, diverse aziende sembrano intenzionate a tradurre questo ideale in realtà, annunciando la produzione di assistenti meccanici umanoidi destinati a entrare, entro pochi anni, tanto nelle fabbriche quanto nelle abitazioni private. Questo destino si dimostra però più vicino di quanto non sia lecito pensare: nei giorni scorsi l’azienda 1X ha presentato alla stampa il Neo Robot, un automa già in prevendita che, secondo le promesse, potrà essere utilizzato dai normali cittadini entro il 2026. Tuttavia, dietro l’apparente sogno virtuoso si celano molte ombre che, invece di essere limate, rischieranno di diventare le fondamenta della tecnologia di domani.

Il Neo Robot ha iniziato a far parlare di sé nel settore a partire dall’ultima settimana di ottobre, ovvero da quando Joanna Stern del Wall Street Journal ha pubblicato un approfondimento dedicato al prodotto, corredandolo con un’intervista al CEO di 1X, Bernt Bornich. Visto che l’azienda promette una macchina capace di accogliere gli ospiti alla porta, pulire casa usando scope e detergenti, piegare la biancheria e molto altro, la testata ha ben pensato di verificare la veridicità di tali ambizioni trascorrendo del tempo con l’automa. Nonostante il tono positivo – è un po’ promozionale – del servizio, il responso finale evidenzia tutti i limiti di uno strumento che funziona poco e male.

Durante la dimostrazione, Neo Robot si è limitato a spostare oggetti di piccole dimensioni e, cosa più interessante, a caricare una lavastoviglie. Nonostante sia lecito pensare che l’azienda abbia imbastito l’esperienza per mostrare i punti forti del suo prodotto, tutte le azioni sono state compiute con estrema lentezza e una certa goffaggine. Resta comunque innegabile che un simile passo rappresenti un traguardo tecnico interessante — se solo non fosse fondato su un grande equivoco. L’androide, infatti, non è autonomo, bensì viene “assistito”, se non addirittura teleoperato, da un tecnico munito di visore per la realtà virtuale. Sebbene l’azienda assicuri che in futuro un’intelligenza artificiale potrà autogestirsi “nella maggior parte dei casi”, il sistema prevederà comunque la possibilità per gli utenti di prenotare fasce orarie in cui un operatore umano potrà connettersi da remoto per eseguire compiti complessi.

Al “modico” prezzo di 20.000 dollari, l’acquirente potrà dunque dotarsi di uno strumento che registra costantemente tutto ciò che viene custodito tra le mura di casa, offrendo in cambio la possibilità — non proprio rassicurante — di essere osservato nella propria intimità da uno sconosciuto privo di volto. “Se compri questo prodotto, significa che accetti questa forma di contratto sociale”, ha dichiarato senza girarci attono Bornich. “Se non abbiamo i dati, non possiamo migliorare il prodotto.” 1X assicura inoltre che, sul modello degli assistenti vocali come Alexa, “nessun dipendente dell’azienda può ascoltare o visionare i dati raccolti” dai Neo Robot. La storia recente ci ricorda che Alexa registrava conversazioni anche non sollecitate, condividendole poi con aziende esterne, spesso all’insaputa degli utenti.

Al di là dell’incubo di dover sacrificare la privacy in nome di un’ipotetica comodità, il Neo Robot evidenzia con chiarezza le insidie dell’“aiwashing”: la pratica di presentare come autonomi prodotti che dipendono in realtà da un intervento umano costante. Anche i robot Optimus di Tesla, per esempio, sono tuttora controllati da uno staff umano, mentre i robotaxi dell’azienda vengono “assistiti” da tecnici pronti a intervenire in qualsiasi momento. Tornando indietro nel tempo, è noto che i presunti negozi automatici di Amazon Go fossero in realtà supportati da operatori indiani e che molti sistemi di intelligenza artificiale oggi in voga siano stati perfezionati grazie al lavoro sottopagato di subappaltatori in Paesi come Venezuela, Kenya e Uganda.

Il rischio, dunque, è che, incapaci di mantenere le promesse di efficienza, le aziende dell’IA si trasformino in realtà ibride in cui i modelli vengono “assistiti” da esseri umani reclutati nelle aree più vulnerabili del pianeta. Una forma di esternalizzazione invisibile dei lavori a basso valore, che consentirebbe alle imprese di ridurre costi e tutele, trasferendo i lavori di fatica a chi ha meno diritti. Non a caso, la parola “robot” deriva dal termine ceco robota, traducibile come “corvée”: prestazioni di lavoro gratuito dovute dai servi ai propri signori feudali. Un concetto preoccupantemente vicino a quello di schiavitù.

Sfratti veloci se non paghi due mesi di affitto: la proposta di Fratelli d’Italia

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Dopo due mensilità d’affitto non pagate potrebbe scattare lo sfratto “rapido”. È quanto propone Fratelli d’Italia con un disegno di legge che introduce una procedura amministrativa alternativa a quella giudiziaria: se l’inquilino non salda entro 15 giorni, un’Autorità per l’esecuzione degli sfratti potrà emettere il titolo di sgombero in una settimana, con esecuzione entro 30 giorni e intervento dei servizi sociali solo nei casi più gravi. In parallelo, la Lega punta a rafforzare il dl Sicurezza contro le occupazioni abusive, prevedendo sgomberi immediati anche per immobili non abitati e pene fino a sette anni. Due iniziative diverse ma complementari, che esaltano la tutela della proprietà privata a discapito della protezione sociale, in un Paese dove le famiglie in affitto sono sempre più vulnerabili e gli sfratti in costante crescita.

La proposta di legge depositata al Senato, a prima firma del senatore Paolo Marcheschi (FdI), prevede una procedura speciale in cinque articoli con l’istituzione di un nuovo ente: l’Autorità per l’esecuzione degli sfratti, collegata al Ministero della Giustizia. In sintesi: dopo il mancato pagamento di due mensilità consecutive l’inquilino ha 15 giorni per saldare. Se non lo fa, il proprietario può rivolgersi all’Autorità, che entro sette giorni emette il titolo esecutivo di rilascio, senza passare per il tribunale. Lo sfratto dovrà essere eseguito entro 30 giorni, prorogabili fino a 90 giorni, nei casi di particolare fragilità sociale o su richiesta dei servizi sociali. Il disegno di legge prevede comunque alcune tutele: per chi ha ISEE inferiore a 12.000 euro, in caso di morosità dovuta a licenziamento, malattia grave o separazione, è previsto un rinvio della procedura e accesso a un “Fondo nazionale per l’emergenza abitativa”. Il testo mira a ridurre i contenziosi civili – uno degli argomenti-chiave della maggioranza – e a contrastare le locazioni “mordi e fuggi”.

La Lega, in parallelo, annuncia che presenterà a breve un pacchetto di norme “sgomberi-veloci” che valorizzi non solo le prime case occupate, ma tutti gli altri immobili privati. La proposta del Carroccio si inserisce in coerenza con la linea seguita dal governo nella materia della sicurezza abitativa: nel Decreto‑legge 11 aprile 2025, n.48, noto come “dl Sicurezza”, è stato introdotto il delitto di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” (art. 634-bis c.p.), punito con reclusione da 2 a 7 anni. L’obiettivo dichiarato è dare maggior tutela ai proprietari privati vittime di occupazioni, prevedendo una procedura accelerata: il Pubblico Ministero può disporre lo sgombero “lampo” della casa occupata, spesso in meno di 30 giorni. In altre parole, mentre si rafforzano le misure penali per contrastare l’occupazione abusiva, si accelera anche la via amministrativa-giudiziaria per lo sgombero degli inquilini morosi.

La proposta di introdurre sfratti rapidi si inserisce in un quadro sociale già segnato da precarietà e rischia di trasformare la povertà abitativa in una nuova emergenza strutturale. Il contesto sociale in cui tutto ciò si muove è reso ancora più critico dai dati: secondo l’Istat nel 2024 le famiglie in povertà assoluta erano oltre 2,2 milioni, pari all’8,4% delle famiglie residenti. Tra queste, 1.049.000 famiglie in affitto vivevano in povertà assoluta, quasi la metà del totale. Quanto agli sfratti per morosità, nel 2024 sono state emesse 40.158 sentenze (di cui 30.041 per morosità), con richieste di esecuzione pari a 81.054 (+9,8% rispetto al 2023). Negli ultimi anni, gli sfratti sono aumentati del 218%, mentre il caro-affitti assorbe fino al 44% del salario medio degli operai. Il mercato immobiliare è fuori controllo, con canoni insostenibili e salari fermi, e lo Stato ha ridotto drasticamente i fondi per il sostegno all’affitto. In questo contesto, velocizzare gli sgomberi rischia di aggravare le disuguaglianze e colpire famiglie già fragili, trasformando la casa da diritto sociale a bene di mercato. Liberare rapidamente gli immobili non significa risolvere il problema della morosità, ma solo spostarlo, senza offrire alternative reali a chi è in difficoltà e perde l’abitazione. Senza un piano strutturale di edilizia pubblica e sostegni concreti, il rischio è quello di un Paese dove abitare diventa un privilegio, non un diritto.

Repubblica Ceca: firmato accordo di governo

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Il partito ceco Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO) ha firmato un accordo di coalizione per formare un governo. ANO è guidato dal miliardario Andrej Babis, e ha vinto le elezioni a ottobre. Si è alleato con Libertà e Democrazia Diretta (SPD), partito considerato di estrema destra che predica l’uscita della Cechia dall’Unione Europea e dalla NATO, e con il partito degli Automobilisti, criticato per le sue posizioni scettiche nei confronti del cambiamento climatico. I tre partiti insieme hanno 108 seggi su 200 nella Camera bassa del parlamento.

Terapia forestale: il bosco come medicina

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terapia forestale

Al posto delle pillole, una bella passeggiata. Camminare fa bene, e farlo nei boschi anche di più, tanto che, se tutto andrà come dovrebbe, tra qualche tempo in Italia un medico potrà prescrivere una “terapia forestale” ai propri pazienti. La dottoressa Tania Re, antropologa, psicoterapeuta e socia fondatrice della cattedra UNESCO Salute, Antropologia, Biosfera e Sistemi di cura presso l’Università di Genova, insieme al CNR (Consiglio Nazionale della Ricerca) e al CAI (Club Alpino Italiano) sta seguendo il progetto che sta portando questa forma di benessere in diverse Regioni italiane con delle sessioni sperimentali pratiche, ideate per raccogliere i dati che saranno necessari a validare questa terapia innovativa, e farla rientrare nei LEA, i livelli essenziali di assistenza che il nostro servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti cittadini che ne possano avere bisogno.

«Con il CNR e il supporto del CAI abbiamo condotto la più grande campagna sperimentale di terapia forestale al mondo, coinvolgendo più di 3mila persone in tutta Italia in 70 siti diversi, dal Friuli Venezia Giulia fino alla Sicilia», sottolinea Francesco Meneguzzo, primo ricercatore dell’Istituto di Bioeconomia del CNR, di cui è primo ricercatore. «In questo momento è in corso una sperimentazione in Regione Toscana, a Cecina, con le donne affette da fibromialgia, con un protocollo che viene applicato, mentre un’altra è stata ad esempio condotta in Abruzzo sulle donne affette da carcinoma mammario», racconta la dottoressa Re che spiega: «Sul tema c’è anche un nostro studio scientifico, per ora in fase di pre-stampa, dal quale si evince che la presenza di un operatore sanitario che guida il gruppo, offre benefici per la salute mentale a breve termine significativamente maggiori rispetto a un’equivalente immersione nella foresta».

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato i benefici delle foreste sulla salute, sia in termini preventivi che curativi, facendo riferimento nella maggior parte dei casi alla frequentazione libera o a passeggiate in questi ambienti, che prendono il nome di “immersione forestale”. Il “bagno di foresta” (forest bathing, dal giapponese Shinrin-Yoku) rappresenta un’evoluzione di questa pratica e consiste in brevi passeggiate o attività rilassanti organizzate. La “terapia forestale” è una forma ancora più strutturata, che prevede percorsi guidati con tappe specifiche dedicate a pratiche come camminata consapevole, meditazione, respirazione, yoga o attività manuali, spesso integrata con approcci psicoterapeutici e sviluppata attraverso programmi continuativi, che garantiscono i maggiori benefici per la salute.

Come spiega un libro pubblicato proprio da CNR sul tema, «i benefici sono prima di tutto psicologici (processi mentali, stress, ansia ed emozioni), riferiti ai processi cognitivi, alla vita sociale (abilità, interazioni, comportamenti e stili di vita) e al benessere spirituale. Sul lato fisiologico, effetti molto significativi sono stati osservati rispetto al miglioramento delle funzioni cardiovascolari e degli indici emodinamici, neuroendocrini, metabolici, immunitari, infiammatori e ossidativi». Meneguzzo sul tema aggiunge che: «Abbiamo trovato risultati importantissimi e originali, come gli effetti benefici degli oli essenziali delle piante sull’ansia e sull’asma infantile e adolescenziale». A livello di sistema possono invece tradursi in un nuovo approccio alla salute con un grande risparmio economico del sistema sanitario. Meneguzzo spiega infatti che: «Di recente abbiamo calcolato il valore economico preciso di questa terapia che sta tra 3500 e 9500 euro l’anno a persona per un programma di 25 sessioni l’anno. Questo significa che non solo è efficace, è anche molto economica e può essere adottata in modo vantaggioso dal Sistema Sanitario Nazionale e da quelli regionali». Nella pubblicazione del CNR spiegano i vari effetti positivi sulla salute: «Aiuta le difese immunitarie, riduce lo stress, diminuisce la pressione sanguigna, migliora lo stato d’animo e induce rilassamento. Trascorrere almeno 120 minuti alla settimana in natura, anche non consecutivamente, è stato associato con una probabilità significativamente maggiore di buona salute o di benessere, indipendentemente dalle caratteristiche dei soggetti, inclusi anziani e coloro che sono affetti da patologie croniche. In certi paesi asiatici quali Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Cina, le pratiche di bagno di foresta e terapia forestale sono da tempo particolarmente diffuse, godono di un ruolo riconosciuto nell’ambito della prevenzione medica e sono praticate per migliorare la salute fisica e mentale e come rimedio allo stress».

Gli effetti benefici della terapia forestale sono dovuti alla combinazione di attività rilassanti, esercizi leggeri e mirati, e alla naturale atmosfera terapeutica della foresta, perché le piante emanano molecole invisibili, che noi inaliamo senza accorgercene. Si tratta dei cosiddetti composti organici volatili (COV), tra i quali i principali sono i terpeni (come ad esempio il limonene, il pinene e il mircene), che possono avere un’azione antiossidante, antinfiammatoria e balsamica sulle vie respiratorie, oltre all’effetto benefico di alcuni di essi in termini di rilassamento psico-fisico, performance cognitiva e tono dell’umore.

Roma, crolla un pezzo della Torre dei Conti: 4 feriti, uno è grave

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È crollata una parte della Torre dei Conti, in ristrutturazione, a largo Corrado Ricci, nel cuore di Roma. Un operaio di 64 anni è stato estratto vivo dalle macerie e ricoverato in codice rosso per un trauma cranico, mentre altri tre lavoratori, con ferite lievi, hanno rifiutato il trasporto in ospedale. I tre erano al lavoro sulle impalcature e sono stati soccorsi dai vigili del fuoco con un’autoscala. L’area è stata isolata, il traffico chiuso e sono in corso le indagini dei carabinieri e dei tecnici della Asl per accertare le cause del cedimento.

Il governo rilancia le trivelle in tutta Italia: approvate 34 licenze

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A due anni dal blocco delle nuove esplorazioni, il governo ha approvato 34 licenze per la ricerca di petrolio e gas in Italia. Il via libera del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) applica la sentenza del TAR Lazio che aveva annullato il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Pitesai), riaprendo di fatto la strada alle attività esplorative. Le nuove concessioni riguardano sia la terraferma – Basilicata, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia e Campania – sia le aree marine dell’Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia. I principali gruppi energetici, tra cui Eni, Shell ed Energean, avevano intensificato la pressione sul governo per sbloccare i titoli minerari, evidenziando il potenziale estrattivo del territorio italiano.

La svolta arriva dopo che la moratoria del 2019 e il successivo Pitesai del 2022 avevano di fatto congelato nuovi progetti esplorativi. Con l’annullamento del Piano da parte del Tar la scorsa primavera, numerose aziende hanno presentato nuovamente richieste di autorizzazione, e il MASE ha proceduto ad assegnare le oltre trenta licenze dopo l’estate. Tra i principali beneficiari spiccano sia colossi nazionali come Eni che gruppi internazionali già radicati nel territorio.

La britannica Shell, presente dal 2002 in Basilicata nei due principali giacimenti onshore d’Europa, guarda con ottimismo al rilancio. João Santos Rosa, ceo di Shell Italia E&P, ha spiegato: «L’Italia ha un grande potenziale di risorse naturali, un sistema energetico maturo, un tessuto industriale competitivo e capitale umano qualificato. Oggi investiamo circa 500 milioni all’anno, ma saremo pronti a fare di più. Ma servono un’azione di governo ambiziosa e un quadro regolatorio chiaro e stabile». Shell detiene il 39% di Val d’Agri (operatore Eni al 61%) e il 25% di Tempa Rossa (operatore Total al 50% con Mitsui al 25%).

Anche la greca Energean punta a espandere le proprie attività. L’azienda, quotata a Londra e socia di Eni nel gas Argo e Cassiopea al largo di Gela, prevede di aprire «tre nuovi pozzi petroliferi per Vega di fronte a Pozzallo», come ha dichiarato il ceo Mathios Rigas, aggiungendo che «per Rospo stiamo ultimando le analisi per avviare 1 o 2 nuovi pozzi, già individuati ma da scavare. Potrebbero triplicare la produzione con le infrastrutture già esistenti». La società ha inoltre richiesto licenze esplorative nel Mar Ionio, al confine con le acque greche dove detiene già un permesso considerato promettente.

Sul fronte politico, il governo afferma di essere impegnato a valutare strumenti per trasformare la maggiore produzione nazionale in vantaggio competitivo per l’industria. Si ragiona su una «gas release» che concederebbe permessi più rapidi in cambio di un contingente di metano venduto a prezzi calmierati alle imprese energivore. Il bacino disponibile stimato è di circa 0,5 miliardi di metri cubi, a fronte di una produzione nazionale che si aggira sui 3 miliardi di m³ annui. La decisione è già al centro di un acceso dibattito. Da un lato il governo la giustifica come scelta strategica per aumentare l’autosufficienza energetica, dall’altro associazioni ambientaliste e scienziati mettono in guardia dai rischi legati all’ampliamento dell’estrazione di combustibili fossili, in contrasto con gli obiettivi di transizione ecologica. La comunità scientifica ricorda che la lotta al cambiamento climatico richiede una rapida transizione verso le rinnovabili e il blocco di nuovi progetti fossili, mentre l’esecutivo sostiene che lo sfruttamento di risorse nazionali – con regole chiare e tempi brevi – possa essere compatibile con la sicurezza energetica del paese.

Risulta pacifico che l’obiettivo di rilanciare le trivellazioni sia da sempre un tema molto caro alla maggioranza che regge il governo Meloni. Uno dei principali segnali è stato, nel dicembre dello scorso anno, il via libera della Camera dei Deputati alla fiducia al decreto Ambiente 2024, convertito definitivamente in legge, con 141 voti favorevoli e 81 contrari. Il provvedimento, che introduce alcune modifiche al Testo Unico sull’Ambiente del 2006, prevede, tra le varie novità, la controversa riduzione delle distanze di protezione dalle coste per le trivellazioni marine, da 12 a 9 miglia, sbloccando la corsia preferenziale per le valutazioni ambientali relative a progetti di «preminente interesse strategico nazionale».

Afghanistan, sisma causa almeno 20 morti e 320 feriti nel nord

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Almeno 20 morti e circa 320 feriti: questo il bilancio provvisorio del terremoto di magnitudo 6.3 che ieri sera ha colpito l’Afghanistan, a 28 km di profondità con epicentro vicino a Mazar-i-Sharif, secondo l’US Geological Survey. Il Ministero della Salute conferma le vittime; l’Afp segnala quattro decessi nella provincia di Balkh, dove l’ospedale provinciale ha già curato oltre cento persone. Nella vicina Samangan cinque morti e circa 140 feriti, comunica l’Autorità nazionale per la gestione dei disastri (NDMA), precisando che la maggior parte dei feriti è tornata a casa dopo le cure. Danni anche alla Moschea Blu, con pezzi del minareto caduti nel parco.