domenica 14 Dicembre 2025
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Lituania: stato di emergenza per presunto contrabbando bielorusso

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La Lituania ha dichiarato lo stato di emergenza per fare fronte ai presunti sconfinamenti di palloni aerostatici dalla Bielorussia. Il Paese dispiegherà i militari al confine con Minsk, e aumenterà i controlli in entrata. La Lituania accusa la Bielorussia di permettere lo sconfinamento di palloni aerostatici simili a quelli utilizzati per le rilevazioni meteorologiche, sostenendo che trasportino sigarette da contrabbando. La dichiarazione dello stato di emergenza è solo l’ultima misura presa dalla Lituania nell’ambito di tale faccenda; Vilnius aveva già chiuso i confini accusando il presidente bielorusso Lukashenko di portare avanti una forma di guerra ibrida contro il Paese. Minsk ha sempre rigettato le accuse.

L’Europa prova a blindare Zelensky: patto con Regno Unito, Germania e Francia

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In seguito alla formazione di un vero e proprio asse USA-Russia per porre fine alla guerra in Ucraina, l’Europa – esclusa dalla stesura del piano di pace – prova a blindare Zelensky nel tentativo di strappare condizioni più favorevoli per l’ex Stato sovietico, in particolare per quanto attiene la questione della cessione dei territori. A tal fine, si è svolto ieri a Londra un incontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il primo ministro britannico Keir Starmer, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Friedrich Merz. Dal vertice, in cui è stato rivisto il piano di pace USA, è emerso un rinnovato patto finalizzato a sostenere l’Ucraina in sede di trattative: in particolare, i capi europei hanno sottolineato la necessità di nette garanzie di sicurezza per Kiev e la contrarietà alla cessione di territori.

Il primo ministro inglese ha affermato che la spinta per la pace è in una «fase critica» e ha posto l’accento sulla necessità di «un cessate il fuoco giusto e duraturo». Il cancelliere tedesco, invece, si è detto «scettico» su alcuni dettagli contenuti nei documenti pubblicati dagli Stati Uniti. «Dobbiamo parlarne. Ecco perché siamo qui» ha affermato, aggiungendo che «I prossimi giorni potrebbero essere decisivi per tutti noi». Da parte sua, il capo dell’Eliseo, Macron, ha asserito che la riunione di ieri «ha permesso di proseguire il lavoro comune sul piano americano al fine di completarlo con i contributi europei, in stretta collaborazione con l’Ucraina».

In questo contesto, a emergere sono soprattutto le divergenze di posizione tra USA e UE, specialmente per quanto riguarda la cessione dei territori ucraini, che costituisce l’argomento più spinoso, ma anche quello decisivo, per le trattative e la fine del conflitto. Attualmente, Mosca controlla l’80% del territorio del Donbass, dopo che la controffensiva ucraina non è riuscita a riconquistare i territori occupati. Mentre i Paesi europei difendono il diritto di Kiev alla sua integrità territoriale, il presidente statunitense Donald Trump critica l’approccio del Vecchio continente che, secondo lui, «va nella direzione sbagliata». A conferma della distanza tra USA e UE, il capo della Casa Bianca ha pubblicato sul suo social Truth un articolo del New York Post dal titolo “Gli europei impotenti non possono che infuriarsi perché Trump li esclude giustamente dall’accordo con l’Ucraina”.

Trump si è detto anche scontento dell’atteggiamento di Zelensky in quanto il capo ucraino «non ha ancora letto la proposta», dopo che sabato i negoziatori statunitensi e ucraini hanno concluso tre giorni di colloqui volti a cercare di ridurre le divergenze. Da parte sua, il presidente ucraino ha ribadito l’impossibilità di cedere territori: «Secondo la legge, non ne abbiamo il diritto. Secondo la legge ucraina, la nostra costituzione, il diritto internazionale e, a dire il vero, non abbiamo nemmeno un diritto morale». Tuttavia, la difficile situazione sul campo e il ridotto numero di soldati ucraini a disposizione non garantiscono a Kiev forza sufficiente né sul piano militare né su quello diplomatico che, in questo caso, è strettamente legato al primo.

Il contrasto tra le due sponde dell’oceano riflette la nuova Strategia di Sicurezza nazionale USA, in cui Washington di fatto decreta una svolta epocale negli equilibri dell’ordine internazionale, prendendo le distanze dal Vecchio continente sul quale incomberebbe il rischio della «scomparsa della civiltà» e dichiarando che gli USA non intendono più limitare l’influenza di tutte le grandi e medie potenze del mondo. Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina e l’approccio europeo, il documento sottolinea che la Casa Bianca “si trova in contrasto con i funzionari europei che nutrono aspettative irrealistiche sulla guerra, appoggiati da governi di minoranza instabili, molti dei quali calpestano i principi fondamentali della democrazia per reprimere l’opposizione”.

Oggi l’Ucraina dovrebbe condividere con gli Stati Uniti il piano di pace in 20 punti rivisto in seguito all’incontro di ieri a Londra con i capi europei. Lo stesso Zelensky ha fatto sapere che non c’è ancora un accordo sulla questione della cessione dei territori. Sempre oggi Zelensky ha incontrato Papa Leone XIV, mentre è previsto alle 15 un incontro tra il capo ucraino e Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. La premier italiana ha ribadito che il governo italiano è «fermamente» al fianco dell’Ucraina, ma tale posizione mal si concilia con la sua vicinanza all’amministrazione Trump. Le pressioni per fare accettare la pace a Kiev da parte dell’amministrazione statunitense arrivano in un momento estremamente critico per la nazione in guerra con la Russia: le truppe russe, infatti, stanno avanzando a est e le città ucraine subiscono ore di interruzioni di corrente a causa dei crescenti attacchi russi alla rete energetica e ad altre infrastrutture cruciali. Il tutto avviene mentre l’Ue non è più in grado di garantire un reale supporto finanziario e militare.

 

 

“Cortina di cemento”: il nuovo numero del Mensile de L’Indipendente

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È da oggi disponibile sul nostro sito il nuovo numero del mensile de L’Indipendente, la rivista rilegata e da conservare al cui interno troverete 80 pagine di contenuti esclusivi, tra inchieste e approfondimenti riguardanti ambiente, diritti, consumo critico e molto altro. Notizie che non troverete altrove, perchè noi non ospitiamo pubblicità e non siamo dunque influenzabili da poteri politici e interessi economici, come accade per la maggior parte degli altri mezzi di informazione. Questo mese, la nostra inchiesta di copertina riguarda le Olimpiadi invernali di Cortina 2026: lungi dal mantenere la promessa di essere un evento «a costo zero», si stanno rivelando dispendiose al punto da necessitare di finanziamenti da parte del governo. Come se non bastasse, molte delle opere – il cui impatto ambientale è altissimo tra consumo di acqua, disboscamento e la presenza dei milioni di visitatori previsti – sono molto probabilmente destinate all’abbandono subito dopo la fine dei Giochi.

Il mensile de L’Indipendente ha come sottotitolo i tre pilastri che ne definiscono la cifra giornalistica: inchieste, consumo critico, beni comuni. Ogni parola è stata scelta con cura, racchiudendo ciò che vogliamo fare e che, a differenza di altri media, possiamo fare, perché non abbiamo padroni, padrini o sponsor da compiacere. Esse rappresentano i tre punti cardinali rappresentano il nostro impegno per il giornalismo che crediamo necessario: inchieste (per svelare i lati nascosti della politica e dell’economia), consumo critico (per vivere meglio, certo, ma anche per promuovere scelte consapevoli capaci di colpire gli interessi privilegiati) e beni comuni (perché la nostra missione è quella di leggere la realtà nell’interesse dei cittadini e non delle élite oligarchiche che controllano i media dominanti). Al suo interno ci saranno poi, naturalmente, approfondimenti sull’attualità e sui temi che caratterizzano da sempre la nostra agenda: esteri, geopolitica, ambiente, diritti sociali.

Questi sono solamente alcuni dei contenuti che potrete ritrovare nel nuovo numero:

  • l’esercito di disertori in Russia e Ucraina – a quasi quattro anni dall’inizio della guerra, sono centinaia di migliaia i russi e gli ucraini di qualunque età che si stanno rifiutando di morire sul campo di battaglia, sfidando i propri governi, i quali sono invece decisi a punire chi si rifiuta di combattere;
  • biotecnologie, il nuovo fronte di battaglia USA-Cina – secondo un nuovo rapporto del Senato USA, gli Stati Uniti considerano la biologia come il prossimo campo di battaglia con la Cina, tra super-soldati, armamenti all’avanguardia e un complesso militare-industriale che vuole dominare la convergenza tra IA e biotecnologia;
  • la cannabis e il percorso dell’Europa verso la legalizzazione – mentre l’Italia resta impantanata nella guerra normativa, l’Europa sta sperimentando nuove strade per la legalizzazione della cannabis, riportando il dibattito al centro della scena;
  • Messico, dove la Coca-Cola si è fatta Stato – la Coca-Cola è diventata in Messico bevanda simbolo di rituali, dipendenze e contraddizioni sociali, mentre continua a prosperare sulla pelle delle comunità indigene e sulle acque del Chiapas, ad un costo altissimo per le popolazioni in termini di diritti e salute.

Il nuovo numero del mensile de L’Indipendente è acquistabile (in formato cartaceo o digitale) sul nostro shop online, ed è disponibile anche tramite il nuovo abbonamento esclusivo alla rivista, con il quale potreste ricevere la versione cartacea a casa ogni mese per un anno al prezzo di 90 euro, spese di spedizione incluse. Per consultare le modalità dell’abbonamento ed, eventualmente, sottoscriverlo potete cliccare qui: lindipendente.online/abbonamenti.

In Portogallo è stato annunciato il primo sciopero generale dopo 12 anni

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I lavoratori portoghesi hanno annunciato il primo sciopero generale degli ultimi 12 anni. A proclamare la mobilitazione, che si svolgerà il prossimo 11 dicembre, sono stati i principali sindacati del Paese, per contestare le nuove norme in tema di politiche di lavoro proposte dal governo di Luís Montenegro. Tra le proposte, quella di limitare le agevolazioni orarie che le donne possono richiedere durante il periodo di allattamento, la riduzione del congedo per lutto in caso di interruzione di gravidanza, e norme che – secondo i sindacati – faciliterebbero i licenziamenti e renderebbero più precari i contratti di lavoro. Lo sciopero interesserà tutti i settori pubblici, dal trasporto locale a quello nazionale, per arrivare agli ospedali.

Da settimane i lavoratori portoghesi protestano contro la nuova riforma del governo Montenegro, che prevede l’aumento del numero di ore lavorative senza un conseguente aumento di stipendio, facilita i licenziamenti e limita congedi parentali e permessi per allattamento e lutto gestazionale. Ad essere colpiti sarebbero cinque milioni di lavoratori in tutto il Portogallo, dei quali 1,4 milioni (il 54% dei giovani) hanno già contratti precari. Secondo i sindacati, inoltre, il pacchetto di misure incide anche «sulle forme e sui meccanismi di organizzazione e protezione collettiva dei lavoratori, sia indebolendo ulteriormente il diritto alla contrattazione collettiva, sia snaturando il diritto di sciopero, sia introducendo maggiori vincoli all’esercizio della libertà sindacale». Per questo motivo, la Confederazione Generale e l’Unione Generale dei lavoratori portoghesi (CGPT e UGT) hanno convocato un grande sciopero generale di 24 ore per questo giovedì, il primo dal 2013.

A fronte del malcontento, il governo sembra comunque intenzionato a tirare dritto per la sua strada. «Non è quando siamo in difficoltà che dobbiamo improvvisare riforme che trasformano le nostre strutture» ha dichiarato il primo ministro Luís Montenegro, secondo il quale la riforma permetterà di portare il salario minimo da 920 a 1500 euro egli stipendi medi da 1500 a «2000-2500 euro». Secondo i sindacati, si tratta di dichiarazioni «disperate», che non riflettono la realtà del cambiamento, «disperazione che prosegue» quando il ministro, in successive dichiarazioni, «rivede i numeri e parla di 1600 euro per il salario minimo e di 3000 euro per quello medio». Dichiarazioni che, per i sindacati, «rivelano un enorme distacco e mancanza di rispetto nei confronti della vita di milioni di lavoratori che già oggi, con le regole che il governo vuole inasprire, si trovano in difficoltà per accedere o pagare un alloggio, comprare cibo, pagare le bollette».

Per il Portogallo si tratta del primo sciopero generale dal 2013, quando la Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) impose misure di austerità eccezionali che prevedevano, tra le altre cose, tagli agli stipendi, alle pensioni e ai servizi pubblici, accompagnate da disoccupazione ed estrema precarietà e che furono accolte con manifestazioni e scioperi di ampia portata.

Corruzione negli appalti NATO: mandato d’arresto per un italiano legato a Israele

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La Procura federale belga ha emesso un mandato di arresto internazionale per corruzione e associazione a delinquere su un consulente e imprenditore italiano sessantenne, Eliau Eluasvili, sospettato di aver agito per conto della più grande azienda israeliana di tecnologia militare e difesa, Elbit Systems, in alcuni importanti contratti finiti sotto inchiesta stipulati con la NATO Support and Procurement Agency (NSPA). L’Agenzia di supporto e approvvigionamento della NATO è da tempo al centro di un vasto scandalo di corruzione, con personale attuale ed ex funzionari sotto inchiesta in Belgio e Lussemburgo.

L’indagine, coordinata dalla procura federale belga con la collaborazione di altre giurisdizioni europee, ha preso di mira una serie di appalti assegnati da NSPA a Elbit Systems che, oltre a essere un fornitore chiave in numerosi programmi NATO, è il più grande produttore di armi di Israele, con un fatturato di quasi 7 miliardi di dollari nel 2024. Con sede a Haifa, realizza droni, munizioni, sistemi per carri armati e altre tecnologie militari, collocandosi al 25° posto tra le cento maggiori aziende della difesa globale secondo il recente rapporto dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). Negli ultimi dieci anni, ha fornito alla NATO equipaggiamenti per decine di milioni di euro – dalle munizioni ai visori notturni, fino ai sistemi antimissile per l’aviazione – ma il valore reale dei contratti potrebbe essere più elevato, poiché molti accordi e importi restano coperti da riservatezza. Contattata sulle accuse, l’azienda nega qualsiasi responsabilità, tuttavia, l’intreccio tra relazioni personali di lunga data, consulenze esterne e contratti multimilionari restituisce l’immagine di un sistema in cui il confine tra lobbying lecito e scambio di influenze diventa labile, affidato a reti opache costruite nel tempo. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Eliau Eluasvili avrebbe operato come intermediario, corrompendo dirigenti e funzionari dell’agenzia attraverso società di consulenza di sua proprietà o controllo, con l’obiettivo di assicurare a Elbit incarichi per forniture militari. Il 31 luglio 2025 la NSPA – su basi investigative trasversali – ha sospeso Elbit da tutte le gare d’appalto in corso e ne ha congelato i contratti attivi.

Secondo i documenti acquisiti da testate investigative come Follow The Money (Ftm) e da media partner in Belgio e Paesi Bassi, le tangenti pagate, riferite a più contratti, potrebbero valere somme nell’ordine di milioni di euro. Diversi sospettati sono stati arrestati a maggio durante raid della polizia in sette Paesi, tra cui Belgio e Stati Uniti, segno che il sospetto sistema corruttivo era ramificato a livello internazionale. L’indagine ruota anche attorno a una rete di ex funzionari NSPA diventati consulenti, accusati di aver sfruttato la loro posizione per facilitare appalti a favore di specifiche aziende. Fra loro figura il belga Guy Moeraert, ex dirigente NSPA assegnato al programma munizioni, agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico dopo sei mesi di carcere, con accuse che vanno dalla corruzione al riciclaggio. Sotto indagine anche l’imprenditore turco Ismail Terlemez, ex agente NSPA e attuale amministratore delegato di Arca Defense: coinvolto in passato in un’inchiesta dell’FBI su una fornitura di TNT per l’esercito statunitense, è stato arrestato a Bruxelles il 13 maggio e poi rilasciato a luglio, dopo il ritiro delle accuse da parte del Dipartimento di Giustizia USA. Eluasvili, invece, è ancora latitante e si suppone che abbia cambiato identità.

La vicenda crea forte imbarazzo nelle capitali europee e svela la doppia morale della corsa al riarmo: mentre si invocano trasparenza, sicurezza e valori comuni, emerge un sistema segnato da scandali legati al “malaffare della guerra“, capace di innescare frizioni politiche e diplomatiche e di incrinare la fiducia nelle procedure di appalto dell’Alleanza. L’indagine potrebbe avere un effetto domino su altri grandi appalti militari in Europa, spingendo i governi e l’Alleanza a una revisione complessiva dei meccanismi di controllo, con ricadute anche sul piano diplomatico, in un contesto di fragilità globale, dove il tema del riarmo è già al centro di tensioni internazionali.

BCE, nuovo stop a emendamento sull’oro di Bankitalia

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La Banca centrale europea ha respinto anche la versione aggiornata della proposta contenuta nella manovra di bilancio che mirava a dichiarare le riserve auree della Banca d’Italia “del popolo italiano”. Le modifiche presentate non bastano: secondo Francoforte manca ancora una spiegazione chiara della finalità della norma. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che presto fornirà “tutti i chiarimenti necessari” alla BCE, confidando che la questione si possa risolvere. Nel frattempo, l’emendamento resta sospeso e l’incertezza sulla sua approvazione pesa sul prosieguo dei lavori alla legge di bilancio.

Il Vaticano ha restituito decine di manufatti rubati ai popoli nativi del Canada

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indigeni canada

Oltre 60 manufatti culturali, sottratti più di un secolo fa alle popolazioni indigene del Canada e custoditi nei Musei Vaticani, sono tornati nel Paese di origine. Tra questi, un rarissimo kayak in pelle di foca degli Inuvialuit, oggi considerato una testimonianza unica di una tradizione quasi perduta. La restituzione è il risultato di anni di pressioni da parte delle comunità delle Prime Nazioni, Inuit e Métis, che da tempo chiedevano il rimpatrio dei reperti raccolti nel periodo coloniale. Per molti leader indigeni, si tratta di un atto di riparazione storica che restituisce alle comunità no...

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Protesta degli agricoltori greci: strade e confini bloccati

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Gli agricoltori greci hanno lanciato una ingente protesta per contestare l’aumento dei costi di produzione, i prezzi bassi loro concessi e i ritardi dei pagamenti nei sussidi statali. In occasione della protesta, migliaia di trattori si sono radunati in decine di località, portando avanti almeno 20 blocchi stradali; bloccate, oltre alle strade, anche i valichi di frontiera, e chiuso un aeroporto a Creta. Nella stessa Creta, sono esplosi violenti scontri con le forze dell’ordine che hanno lanciato gas lacrimogeni addosso ai manifestanti. La protesta di oggi segue le mobilitazione già lanciate a partire dalla fine di novembre, in occasione di cui centinaia di lavoratori hanno invaso le strade di tutto il Paese.

Brindisi, i turisti israeliani fanno come a casa: insulti e minacce di morte ai manifestanti

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A Brindisi alcuni croceristi israeliani sbarcati dalla nave Crown Iris hanno insultato, schernito e minacciato un gruppo di manifestanti pro-Palestina impegnati in un sit-in nel centro città dopo la manifestazione organizzata dal “Comitato contro il genocidio del Popolo Palestinese, contro il riarmo, per la pace”. La mobilitazione intendeva contestare la presenza della nave, di proprietà di una compagnia che collabora direttamente con l’esercito israeliano, e «impedire che criminali di guerra possano trascorrere le proprie vacanze qui in Puglia come se non vi fosse mai stato un genocidio». I filmati diffusi sui social mostrano i turisti israeliani rispondere ai manifestanti con gesti offensivi, sputi, minacce di strangolamento e frasi come «non scherzate con il popolo israeliano» e «vi ucciderò», prima che la polizia intervenisse per separare i due gruppi. Da quanto comunicano i rappresentanti del movimento Extinction Rebellion (XR) Puglia una ragazza è stata successivamente soccorsa da un’ambulanza.

La manifestazione brindisina in sostegno al popolo palestinese si è tenuta lo scorso venerdì in occasione dell’arrivo della nave da crociera Crown Iris, di proprietà di Mano Cruise. Mano Cruise fa capo a Mano Maritime: «Nel decennio post Unione Sovietica, la compagnia ha collaborato col ministero dell’Immigrazione di Israele nella cosiddetta Operazione Exodus, il trasferimento in terra santa di ebrei russi, trasportando più di 140.000 migranti finiti, come gli altri, a colonizzare terre palestinesi», si legge in una nota a firma di Luca Debenedettis, diffusa dai media locali. «Inoltre, il suo armatore, Moshe Mano, è stato omaggiato dalla Marina Militare israeliana per l’assistenza ricevuta in svariate operazioni e anni di attività». Il presidio è iniziato attorno alle 8 presso il Seno di Levante, vicino alla banchina della vecchia stazione marittima, dove si sono riuniti all’incirca 30 manifestanti del Comitato; le forze dell’ordine hanno blindato l’area del porto, e i manifestanti hanno urlato slogan contro il genocidio e contro il governo Netanyahu. Dopo l’arrivo della nave, i manifestanti si sono mossi in corteo.

I primi accenni di tensione si sono sentiti sin dal presidio presso il varco portuale, dove i turisti israeliani a bordo della nave da crociera hanno preso a insulti i manifestanti radunatisi al porto. L’episodio che ha fatto più scalpore tuttavia è quello in centro a Brindisi. Dopo la manifestazione, un gruppo di manifestanti vestito con accessori che richiamavano il loro sostegno al popolo palestinese, e dotato di una bandiera della Palestina si è mosso verso il centro della città, e si è fermato in un bar. Nel vederli, i turisti hanno iniziato a provocarli verbalmente; alla richiesta di essere «lasciati in pace» proveniente dal gruppo di manifestanti, una turista è passata agli insulti e alle minacce: «Sei stupido come la mia c***o di scarpa», dice la donna, iniziando a scaldarsi sempre di più. «Sembri gay; sai cosa fanno loro ai gay? Gli tagliano il c***o [ndr. dal contesto del video sembra riferirsi ai palestinesi o ai gruppi di resistenza]», continua; «pezzo di m***a, ti ammazzo», dice poi sempre più concitata e solo dopo avere sputato addosso ai manifestanti. Trattenuta da un uomo che si trovava con lei, è poi entrata nel gazebo esterno del medesimo bar, sedendosi a un tavolo e insultando a gesti verso il gruppo. Da quanto comunica XR, i turisti avrebbero preso di mira un ragazzo minorenne e si sarebbero «scagliati fisicamente contro una ragazza successivamente soccorsa da un’ambulanza». Dopo l’accaduto, i turisti avrebbero poi «ripreso la loro vacanza in visita ad Alberobello».

Scontro Musk-Bruxelles dopo la multa a X: “l’UE come il Quarto Reich”

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La Commissione europea ha inflitto a X una multa di 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act (DSA). Non si tratta di una sanzione inattesa: Bruxelles aveva sollecitato l’azienda a conformarsi al nuovo pacchetto normativo, ben prima della sua piena entrata in vigore. Non avendo ricevuto un riscontro adeguato, l’UE ha avviato il procedimento formale il 18 dicembre 2023, ma la piattaforma non ha mai mostrato reale volontà di introdurre i cambiamenti richiesti, anzi ha accusato le istituzioni di voler imporre la censura. Nonostante simili premesse, oltreoceano la decisione viene descritta come un attacco diretto al proprietario dell’azienda, Elon Musk, e sta già alimentando tensioni di natura geopolitica.

Il provvedimento, ufficializzato venerdì 5 dicembre, motiva la decisione richiamando tre elementi principali:

  • la cosiddetta “verifica” dei profili con “spunta blu”, legata al pagamento di un abbonamento e non a controlli effettivi da parte della piattaforma, viene ritenuta fuorviante;
  • l’assenza di un archivio trasparente degli inserzionisti che acquistano spazi pubblicitari;
  • gli ostacoli imposti ai ricercatori che intendono accedere ai dati pubblici del social.

Non viene invece fatta alcuna menzione alla gestione della moderazione, tema che era stato al centro di accese polemiche legate alle accuse di diffusione di contenuti di disinformazione. Una questione delicata che aveva portato a un’escalation, culminata nelle dichiarazioni di Musk secondo cui l’Europa gli avrebbe proposto un “accordo segreto e illegale” per “censurare silenziosamente” i contenuti degli utenti.

La reazione di Musk alla multa è stata immediata ed è stata trasmessa facendo leva sui suoi caratteristici canoni di pacatezza e diplomazia. Su X ha scritto: “L’UE andrebbe abolita per restituire la sovranità alle singole nazioni, così i governi potrebbero rappresentare meglio i propri cittadini”. Per rincarare la dose, ha accomunato l’Unione Europea al nazismo, supportando con un repost l’idea che Bruxelles sia ormai a capo di un “Quarto Reich”. A stretto giro è arrivata la replica di Radosław Sikorski, ministro degli Esteri polacco e già protagonista di scontri con Musk, il quale ha definito i discorsi antieuropei e sulla sovranità utili soltanto a chi “vuole trarre profitto diffondendo odio o a chi sogna di conquistare l’Europa”. Il politico ha poi invitato l’uomo a capo di X ad assecondare le sue fantasie esplorative spaziali e di trasferirsi su Marte, “dove non sono censurati i saluti nazisti”. 

Negli Stati Uniti, il Segretario di Stato Marco Rubio ha definito la multa un “attacco a tutti gli americani” perpetrato da governi esteri. Il Senatore Ted Cruz, figura di spicco del movimento MAGA, l’ha bollata come “abominevole”. Il Segretario al Commercio Howard Lutnick ha parlato di una minaccia alla libertà di espressione, mentre il Presidente della Commissione per le Comunicazioni Brendan Carr ha inquadrato la vicenda come una forma di sleale ostracismo nei confronti delle imprese statunitensi. Forte dell’appoggio sostenuto dalla classe politica, Musk ha dipinto la sanzione come un attacco mosso direttamente a lui, chiedendo all’Amministrazione una reazione equivalente. “Mi pare appropriato imporre la nostra risposta non solo all’UE, ma anche agli individui che hanno intrapreso questa azione contro di me”, ha scritto.

Fatalmente, a distanza di giorni da che l’UE ha reso nota la sua posizione, X ha accusato l’account pubblicitario della Commissione europea di aver sfruttato alcune scappatoie per aumentare la propria visibilità e lo ha quindi sospeso. Che le istituzioni europee siano elastiche nel rispettare i propri standard è cosa nota, tuttavia la mossa appare a tutti gli effetti come una ritorsione, tanto più che il responsabile del prodotto di X, Nikita Bier, ha citato direttamente l’annuncio della sanzione nel discutere il blocco del profilo.

Al di là dei dissapori tra la Commissione e la piattaforma social, l’annuncio segna in ogni caso un passaggio cruciale sul piano della politica internazionale. In un contesto in cui l’Amministrazione Trump rivendica un approccio protezionista a difesa delle proprie aziende, la sanzione rappresenta il primo effetto sanzionatorio del Digital Services Act, un precedente che certamente non passerà inosservato. Nell’attesa di un potenziale riscontro da parte del Governo USA, X ha ora 60 giorni lavorativi per esplicitare alla Commissione le misure correttive che intende implementare per risolvere le ambiguità relative alla “spunta blu” e 90 giorni lavorativi per esporre come voglia normalizzare la gestione dell’archivio pubblicitario e l’accesso ai dati pubblici. In assenza di una strategia valida, l’impresa rischia ulteriori penalità.