Il maltempo di queste ore sta provocando danni e disagi in Liguria. A Genova, nell’area portuale, una tromba d’aria ha causato la caduta di alcuni container. A pochi chilometri, a Valpocevera, le intense precipitazioni (7,6mm di pioggia caduti in un’ora) hanno provocato l’esondazione del rio Fegino. Forti raffiche di vento hanno interessato la costa tra Voltri e Sestri, sradicando alberi e causando danni a diverse strutture. Nel frattempo, in Toscana, la Protezione civile ha emesso un’allerta gialla per rischio idrogeologico e temporali forti previsti nelle prossime ore.
USA: Trump riduce dazi su carne, pomodori, banane e caffè
Donald Trump ha annunciato una riduzione dei dazi su carne bovina, pomodori, banane, caffè e altri prodotti alimentari, con l’obiettivo di contenere i prezzi e rispondere al malcontento degli americani per il caro vita. L’ordine, retroattivo al 13 novembre, introduce esenzioni su beni che non possono essere prodotti negli Stati Uniti in quantità sufficienti a soddisfare la domanda interna, includendo anche noci, avocado e ananas. La misura, anticipata da vari funzionari, ha suscitato critiche online, dove molti hanno rilanciato l’espressione «Taco Trump», accusando l’ex presidente di tirarsi sempre indietro.
“Scavando”, una poesia di Seamus Heaney (1966)
Tra il mio pollice e l’indice
sta comoda la penna, salda come una rivoltella.
Sotto la finestra, un suono netto e graffiante
all’affondare della vanga nel terreno ghiaioso:
è mio padre che scava.
Guardo dabbasso finché la sua schiena piegata tra le aiuole
non si china e si rialza come vent’anni fa ritmicamente tra i solchi
di patate dove andava scavando.
Con lo stivale tozzo adagiato
sulla staffa,
il manico contro l’interno del ginocchio
sollevato con fermezza, sradicava alte cime
e affondava splendente la lama
per dissotterrare le patate novelle
che noi raccoglievamo amandone tra le mani la fresca durezza.
Il mio vecchio potrebbe impugnare una vanga presso Dio, proprio come il
suo vecchio.
Mio nonno estraeva più torba in un giorno di qualsiasi altro uomo,
sú, alla palude Toner.
Una volta gli portai del latte
in una bottiglia turata alla meglio con un pezzo di carta.
Si drizzò per bere, poi subito riprese
a lavorare intaccando e dividendo, mentre lanciandosi zolle alle spalle
andava sempre più a fondo
in cerca di buona torba. Scavando.
L’odore freddo dei solchi di patate,
il tonfo e lo schiaffo dell’umida torba,
i tagli netti di una lama tra radici vive si destano nella mia memoria.
Ma non ho una vanga per succedere a uomini come loro.
Tra il mio pollice e l’indice sta comoda la penna. Scaverò con
quella.
Una poesia sull’eredità. Una poesia che scava il passato come fosse un campo di patate, che va indietro negli anni grazie alla maestria del suo poeta. Un poeta che apparenta l’atto di scrivere al vangare il terreno e dunque indica le parole come prodotti della terra, come profondità da raggiungere con ritmica fatica.
Questa celebre ballata metaforica riprende una immagine antica, quella del nostro Indovinello veronese, breve testo di inizio del IX secolo, dove il lavoro di chi trascriveva i manoscritti veniva paragonato a quello dell’agricoltore che spingeva i buoi – le dita – arava i campi bianchi – la pagina – teneva l’aratro – la penna d’oca – e seminava il nero seme l’inchiostro.
Andare a fondo, scavare prende anche il significato della fertilità, dell’ atto di fecondare e fare crescere. Ma al di là della vanga che affonda nel tempo e se lo getta alle spalle, come le parole del poeta, prende la scena la penna-pistola, l’arma che penetra come una lama, per incidere divisioni nella curva del tempo, per tentare impossibili continuità.
Il poeta canta, intona con strumenti musicali echi della memoria, gesti di una infanzia segreta, ne svela le radici, mostra come l’atto di scavare porti alla scoperta, a riportare al presente, al gesto di scrivere quei tiepidi frutti del passato.
Il passato raffigurato dalla torba, dai sedimenti del tempo che fertilizzano il domani, che custodiscono la macerazione sia di quei frutti sia di ogni possibile divenire.
Kashmir, esplosione di un deposito di esplosivi: 9 morti
Nove persone sono morte e 32 sono rimaste ferite nell’esplosione accidentale di un deposito di esplosivi confiscati all’interno della stazione di polizia di Nowgam, nel Kashmir amministrato dall’India. Il materiale, sequestrato pochi giorni prima a Faridabad e inviato per l’esame forense, è detonato durante le operazioni di manipolazione nella tarda serata di ieri. L’incidente arriva a breve distanza dall’esplosione di un’auto a Delhi, definita dal governo un atto terroristico. Il capo della polizia regionale, Nalin Prabhat, ha parlato di un episodio «molto sfortunato» avvenuto mentre gli agenti stavano gestendo gli ordigni.
Venezuela, nuovo attacco USA in mare: cresce la tensione militare tra i due Paesi
Il Comando Meridionale degli Stati Uniti ha diffuso un nuovo video nel quale riferisce dell’uccisione di quattro persone nell’ambito di un nuovo bombardamento contro un’imbarcazione venzuelana. Secondo il governo, l’imbarcazione era coinvolta nel traffico di stupefacenti, ma come per i precedenti attacchi non sono stati forniti dettagli sul nome delle organizzazioni coinvolte o sul quantitativo di droga trasportato. L’attacco, autorizzato dal Segretario per la Guerra Pete Hegseth, è il ventesimo di questo genere dall’inizio delle aggressioni USA ed è avvenuto in acque internazionali. Salgono così a 80 i venezuelani uccisi nel corso delle cosiddette “operazioni antidroga” del governo statunitense. Nel frattempo, il presidente Trump ha dichiarato ai giornalisti di aver “più o meno” preso una decisione sul futuro delle operazioni militari con il Venezuela, ma di non poter fornire al momento ulteriori dettagli.
On Nov. 10, at the direction of Secretary of War Pete Hegseth, Joint Task Force Southern Spear conducted a lethal kinetic strike on a vessel operated by a Designated Terrorist Organization. Intelligence confirmed that the vessel was involved in illicit narcotics smuggling,… pic.twitter.com/eptSZvVF6x
— U.S. Southern Command (@Southcom) November 14, 2025
Giovedì 13 novembre scorso, Hegseth ha annunciato di aver dato il via, su ordine del presidente Trump, all’operazione Southern Spear. Guidata dalla Joint Task Force Southern Spear e dal Comando Meridionale, la missione “difende la nostra Patria, allontana i narcoterroristi dal nostro emisfero e protegge la nostra Patria dalla droga che sta uccidendo il nostro popolo” ha riferito Hegseth, aggiungendo che “l’emisfero occidentale è il vicinato dell’America e noi lo proteggeremo”. Nello stesso giorno, il Venezuela ha lanciato un’esercitazione militare che ha coinvolto 200 mila soldati in tutto il territorio nazionale. Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa Vadimir Padrino López, che ha precisato come tale dispiegamento non sottrarrà risorse «all’impegno quotidiano del Comando Operativo Strategico, che combatte con ogni mezzo tutte le altre minacce». Nell’annunciare l’operazione, Padrino López non ha fatto diretto riferimento agli Stati Uniti, ma questa giunge nel momento di massima tensione tra i due Paesi. In precedenza, gli USA avevano annunciato il dispiegamento delle unità del Gerald Ross Ford Carrier Strike Group (il quale comprende la USS Gerald Ross Ford, la portaerei più grande al mondo) e di un B-52, i quali operano “come forza congiunta multidisciplinare a supporto della missione SOUTHCOM degli Stati Uniti, delle operazioni dirette dal Dipartimento della Guerra e delle priorità del Presidente per contrastare il traffico illecito di droga e proteggere la patria”.
Nel frattempo, secondo quanto riferito da vari media, a bordo del suo Air Force, Trump avrebbe dichiarato ai giornalisti di aver “più o meno” preso una decisione in merito al futuro delle operazioni militari in Venezuela, ma di non poter ancora riferire quale. In precedenza, Trump non aveva escluso la possibilità di condurre eventuali attacchi terrestri contro il Venezuela e ammesso che la sua amministrazione ha autorizzato operazioni segrete anche “letali” della CIA nel Paese. Nel corso di un’intervista televisiva, il presidente aveva anche lanciato un ultimatum a Maduro, dichiarando che i giorni della sua presidenza sono “contati”. Secondo quanto riferito da Reuters, che cita funzionari statunitensi anonimi, il Consiglio per la Sicurezza interna USA si sarebbe riunito in più occasioni durante la scorsa settimana, ma l’esito di questi incontri è al momento ignoto.
Gaza, inondazioni distruggono tende sfollati: il 93% è inutilizzabile
Le prime piogge invernali hanno trasformato i campi di sfollati di Gaza in distese di fango, facendo crollare migliaia di tende già logorate da due anni di guerra. Intere famiglie sono rimaste senza riparo, con materassi, coperte e pochi averi inzuppati. La pioggia ha invaso centinaia di tende, aggravando una situazione umanitaria già critica per fame, privazioni e continui attacchi israeliani. Secondo l’ufficio stampa del governo di Gaza, circa il 93% delle tende esistenti (circa 125.000 su 135.000) non è più utilizzabile. Gli sfollati vivono ammassati oltre la “linea gialla”, zona in cui è vietato il ritorno alle case distrutte.
Infrastrutture, energia e armi: l’UE cerca nuovi modi per finanziare l’Ucraina
Dopo che gli Stati Uniti hanno di fatto appaltato la guerra in Ucraina al Vecchio continente, la Commissione europea sta cercando nuove modalità economico-finanziarie per sostenere Kiev, proprio ora che l’ex Stato sovietico si trova in difficoltà sul campo di battaglia ed è travolto dallo scandalo di corruzione nel settore energetico che ha coinvolto diversi ministri di spicco del governo ucraino. In questo contesto problematico, l’esecutivo di Bruxelles sta sondando tutte le possibilità per garantire la resistenza ucraina, compresa quella di utilizzare gli asset russi congelati. Accanto a questa opzione, l’UE ha anche previsto un accordo con la società energetica ucraina Naftogaz per stanziare centinaia di milioni di euro che garantiranno l’approvvigionamento di gas naturale alla nazione in guerra, mentre i Paesi nordici si sono impegnati congiuntamente a stanziare un pacchetto di equipaggiamenti militari e munizioni per l’Ucraina del valore di 500 milioni di dollari, come stabilito dalla NATO.
L’idea di utilizzare le riserve russe congelate per sostenere militarmente e economicamente Kiev ha trovato ieri l’approvazione di tutti i ministri delle finanze dell’UE, perché si tratta di una mossa che permette di non aumentare il debito degli Stati europei e, al contempo, garantirebbe all’Ucraina fino a 140 miliardi di euro in due anni, coprendo il suo fabbisogno. Tuttavia, non si tratta di una soluzione immediata né facile da attuare in quanto potrebbe comportare problemi legali: la maggior parte dei beni russi congelati in Europa, infatti, si trovano sui conti del depositario titoli belga Euroclear e il Belgio teme di poter essere ritenuto responsabile qualora la Russia dovesse intentare e poi vincere una causa contro la società. Di conseguenza, il Belgio ha chiesto che i governi dell’UE si impegnino a reperire il denaro necessario per rimborsare Mosca entro tre giorni, nel caso in cui un tribunale decidesse che i beni vadano restituiti. Del resto, il Cremlino ha già fatto sapere che l’utilizzo di beni russi sarebbe un sequestro illegale di proprietà e ha affermato che avrebbe reagito, senza fornire ulteriori dettagli.
Nello specifico, l’opzione si chiama «Prestito per le riparazioni» e prevede la sostituzione da parte dell’UE del denaro russo sui conti Euroclear con obbligazioni AAA a cedola zero emesse dalla Commissione europea. Il denaro sarebbe quindi trasferito a Kiev che dovrebbe rimborsalo solo nel caso, piuttosto improbabile, in cui ricevesse le riparazioni di guerra dalla Russia. «La proposta della Commissione è l’opzione migliore e più realistica e dovrebbe essere trattata con la massima priorità», ha dichiarato il ministro dell’Economia danese Stephanie Lose, a cui ha fatto eco il ministro delle finanze finlandese Riikka Purra, secondo il quale «È l’unica opzione che ha una potenza di fuoco sufficiente e che limita la pressione sui nostri bilanci nazionali».
Sul piano delle attrezzature militari e delle risorse energetiche, invece, sono previste altre due iniziative, tra cui quella denominata PURL (Prioritised Ukraine Requirements List) dell’Alleanza atlantica. Quest’ultima è stata lanciata lo scorso luglio dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, e dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo le critiche dell’amministrazione statunitense secondo cui i Paesi europei non si starebbero assumendo abbastanza responsabilità per garantire la sicurezza dell’Ucraina. Il pacchetto dell’iniziativa prevede munizioni e equipaggiamenti militari per un valore di 500 milioni di dollari, ma la cosa più significativa è che l’attrezzatura – fornita da Danimarca, Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia e Svezia – proverrà dagli Stati Uniti, i quali dopo avere affidato la questione ucraina al Vecchio continente, guadagneranno anche dalla vendita di armi.
Sul fronte energetico, invece, le principali banche di sviluppo europee e la società energetica ucraina Naftogaz hanno firmato giovedì un accordo per stanziare centinaia di milioni di euro al fine di garantire l’approvvigionamento di gas naturale all’Ucraina e la possibilità di costruire infrastrutture essenziali. La Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha fatto sapere che una sovvenzione dell’UE fornirebbe 127 milioni di euro di finanziamenti aggiuntivi a Naftogaz, oltre al prestito da 300 miliardi di euro annunciato il mese scorso. Altri 25 milioni di euro, invece, saranno destinati al miglioramento dei sistemi di trattamento delle acque potabili e delle acque reflue in Ucraina, mentre 50 milioni di euro sono stati erogati per sostenere un prestito per la ricostruzione di alloggi sociali. Il tutto avviene proprio mentre l’Ucraina sta affrontando un caso di corruzione di ampie proporzioni che riguarda proprio il settore energetico: si tratta di un presunto schema di corruzione da cento milioni di dollari per controllare gli appalti presso l’agenzia nucleare Energoatom e altre imprese statali. Le accuse di tangenti nel settore energetico avvengono proprio in un periodo in cui la popolazione deve affrontare quotidianamente interruzioni di corrente a causa dei massicci attacchi russi alle infrastrutture e l’accaduto potrebbe allontanare i donatori che hanno fornito assistenza al settore energetico ucraino in difficoltà.
Le mosse dell’UE per sostenere Kiev mostrano come gli USA abbiano definitivamente addossato la questione ucraina all’Europa, ridotta ad appendice di Washington e costretta a accollarsi le spese per la difesa dell’Ucraina proprio mentre la sua economia mostra chiari segnali di cedimento. Nel frattempo, la potenza d’oltreoceano vende armi e gas al Vecchio continente che deve inventarsi sempre nuovi modi per finanziare Kiev senza gravare sui già precari bilanci nazionali.
Roma dovrà risarcire con 10.000 euro i cittadini esposti a smog e rumore
Il Comune di Roma dovrà risarcire con 10.000 euro a titolo di danno, anche morale, ciascun residente esposto a rumore prolungato e polveri sottili oltre i limiti di legge. È quanto ha stabilito la Cassazione, confermando la responsabilità dell’amministrazione della Capitale per le immissioni nocive generate dalla tangenziale che costeggia il Foro Italico, dove vivere con finestre chiuse era diventato la norma. I giudici hanno respinto il ricorso del Campidoglio e imposto non solo i risarcimenti, ma anche l’obbligo di intervenire con misure concrete per riportare l’area entro soglie accettabili, con l’installazione di barriere fonoassorbenti e l’imposizione del limite di velocità a 30 km/h nelle zone ad alto rischio, interventi che altre città europee applicano da anni, anche in assenza di contenziosi.
Si tratta di una sentenza destinata a lasciare il segno, che riguarda i residenti della zona del Foro Italico, adiacente alla tangenziale di Roma, che da anni segnalavano l’esposizione continua a traffico intenso, livelli di particolato fine fuori norma, aria irrespirabile e rumore persistente. Il tribunale di primo grado aveva riconosciuto un risarcimento modesto (circa 2.000 euro ciascuno) e aveva demandato ai singoli abitanti l’onere di installare a proprie spese finestre autoventilanti, trasformando un problema strutturale in una responsabilità privata. Una soluzione che spostava tutto il peso sugli abitanti, trattando l’esposizione prolungata a rumore e polveri come una conseguenza inevitabile del vivere accanto al traffico. In appello, la prospettiva è cambiata: si è stabilito che è responsabilità del Comune predisporre le misure di mitigazione. La decisione è stata integralmente confermata dalla Cassazione, che ha ritenuto legittime le barriere fonoassorbenti, la riduzione del limite di velocità a 30 km/h e il risarcimento di 10.000 euro per ogni residente, eredi compresi. Per la Suprema Corte, l’articolo 2058 del Codice civile (“neminem laedere”) e l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare) costituiscono le basi giuridiche su cui è fondata la condanna. L’amministrazione deve intervenire quando il suo operato – o la sua inerzia – genera danni e le finestre autoventilanti, presentate dal primo giudizio come soluzione “ragionevole”, si sono rivelate irrilevanti secondo la consulenza tecnica disposta dal tribunale, che avevano accertato che né le finestre “autoventilanti” né gli interventi minimi bastavano a contenere le polveri sottili e il frastuono generato dal traffico intenso, confermando la necessità di misure strutturali.
La portata della sentenza supera il perimetro della singola condanna e introduce un principio che potrebbe incidere su molti altri contesti urbani: quando le immissioni superano per anni soglie significative e l’amministrazione resta inerte, la tutela ambientale diventa tutela dei diritti fondamentali. La Cassazione chiarisce che non basta risarcire i cittadini, perché l’obbligo dell’ente pubblico non è solo patrimoniale ma operativo: occorre ridurre in modo effettivo rumore e inquinanti, riportando la situazione entro livelli accettabili. Il Comune, secondo questa impostazione, ha un vero e proprio obbligo di risultato, non solo di comportamento, e deve adottare misure idonee e verificabili di mitigazione. Resta da capire come e in quali tempi Roma Capitale darà seguito a quanto imposto. Barriere fonoassorbenti, limitazioni del traffico e monitoraggi continui richiedono programmazione, finanziamenti e controlli periodici. Anche il riconoscimento dei risarcimenti comporta un iter istruttorio accurato. Al di là degli adempimenti tecnici, il valore più ampio della sentenza sta nel cambio di prospettiva che suggerisce: traffico, smog e rumore non sono più costi inevitabili della vita in città, ma responsabilità precise e non differibili delle istituzioni. Per i residenti coinvolti, il ricorso alla giustizia si è rivelato uno strumento capace di incidere sulla realtà. Per il Comune, la decisione è un avvertimento chiaro: proteggere l’ambiente urbano significa garantire la qualità della vita e ignorare questo nesso non è più giuridicamente tollerabile.









