Almeno 116 migranti sarebbero morti nel naufragio di un’imbarcazione partita dalla Libia la sera del 18 dicembre, secondo la ONG Sea-Watch. L’unico sopravvissuto sarebbe stato tratto in salvo da un pescatore tunisino, dopo che l’imbarcazione sarebbe andata in avaria e sarebbe affondata poco dopo la partenza, in condizioni meteorologiche critiche con venti forti. La Sea-Watch e il network Alarm Phone avevano lanciato l’allarme per l’imbarcazione con circa 117 persone a bordo, di cui non si avevano più notizie dopo il distacco dai porti libici. Proseguono le operazioni di ricerca.
A 15 anni da Fukushima il Giappone riaprirà la centrale nucleare più potente al mondo
Il 22 dicembre 2025 resterà una data spartiacque nella storia energetica del Giappone. Con un voto di fiducia cruciale, l’assemblea della prefettura di Niigata ha rimosso l’ultimo ostacolo politico alla riapertura della centrale di Kashiwazaki-Kariwa, l’impianto nucleare più potente del pianeta. Il gestore dell’impianto è Tokyo Electric Power Company (TEPCO), lo stesso operatore della centrale di Fukushima, colpita da terremoto e maremoto nel 2011 e i cui scarti radioattivi sono stati sversati da TEPCO, su autorizzazione del governo nipponico, nell’Oceano Pacifico. Kashiwazaki-Kariwa, colosso da 8,2 gigawatt, si appresta a riaccendere i propri reattori dopo quindici anni.
Questa decisione non è un evento isolato, ma il culmine di una metamorfosi strategica che vede il Sol Levante abbandonare la prudenza post-disastro per abbracciare nuovamente l’atomo come pilastro della propria sicurezza nazionale e della transizione ecologica. Tuttavia, il ritorno all’operatività di Kashiwazaki-Kariwa riapre ferite mai del tutto rimarginate e solleva interrogativi critici sulla capacità di TEPCO di garantire una sicurezza infallibile in una delle aree più sismiche del mondo. La centrale di Kashiwazaki-Kariwa è un gigante addormentato dal 2011. E non fu il solo. A seguito del disastro di Fukushima, l’intero parco nucleare giapponese fu messo a revisione. Decine di reattori sono stati disattivati, alcuni definitivamente, altri in attesa di lavori drastici. Per TEPCO, il percorso di riabilitazione è stato costellato di ostacoli non solo tecnici, ma anche etici.
Nel 2021, l’Autorità di Regolamentazione Nucleare (NRA) aveva imposto un divieto operativo all’impianto a causa di gravissime falle nella sicurezza antiterrorismo, tra cui l’uso improprio di tesserini identificativi e il malfunzionamento dei sistemi di monitoraggio degli accessi. Solo dopo anni di riforme interne e la revoca del ban nel tardo 2023, la società ha potuto compire le procedure finali di riavvio. La priorità è ora fissata sul reattore n. 6, con l’obiettivo di riportarlo in rete entro il 20 gennaio 2026. Mentre TEPCO lotta per recuperare credibilità, la Kansai Electric Power (KEPCO) ha già tracciato una rotta ancora più ambiziosa. Nel corso del 2025, KEPCO ha annunciato l’intenzione di costruire un nuovo reattore di “prossima generazione” presso il sito di Mihama, nella prefettura di Fukui. Si tratta del primo progetto di costruzione di un reattore ex novo dal 2011, un segnale inequivocabile del cambio di paradigma nel Paese.
Questo dinamismo è alimentato dal Settimo Piano Strategico per l’Energia approvato dal governo giapponese nel febbraio 2025. Il documento ha ufficialmente rimosso l’obiettivo di ridurre il più possibile la dipendenza dal nucleare, sostituendolo con la direttiva di massimizzarne l’uso. Entro il 2040, il Giappone punta a far sì che il nucleare copra il 20% del mix elettrico nazionale per sostenere la crescente domanda derivante dai data center e dalle industrie legate all’intelligenza artificiale.
La decisione della prefettura di Niigata non è stata priva di tensioni. Lunedì scorso, mentre i legislatori votavano, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti agli uffici governativi con cartelli che ricordavano l’incubo di Fukushima. Per molti residenti, la sfiducia nei confronti di TEPCO rimane un dogma insuperabile. La preoccupazione principale riguarda i piani di evacuazione: l’area di Kashiwazaki è stata colpita in passato da forti terremoti (come quello del 2007) e la vulnerabilità delle infrastrutture stradali resta un punto critico.
Non si è trattato solo di una manifestazione di dissenso, ma del riflesso di una nazione profondamente spaccata tra le necessità economiche imposte da Tokyo e una memoria collettiva ancora segnata dal trauma di Fukushima. Le proteste che hanno accompagnato il “sì” della prefettura non sono nate dal nulla. Rappresentano il culmine di mesi di mobilitazione silenziosa, assemblee cittadine e battaglie legali. Il cuore del dissenso risiede in una domanda fondamentale che ha risuonato più volte nei megafoni dei manifestanti: TEPCO è davvero qualificata per gestire l’impianto più potente del mondo?.
Il Governatore di Niigata, Hideyo Hanazumi, ha giustificato il proprio appoggio alla riapertura citando la necessità di stabilizzare i prezzi dell’energia, schizzati alle stelle a causa della dipendenza dalle importazioni di gas naturale e carbone, e la promessa del governo centrale di finanziare nuove vie di fuga d’emergenza. Tuttavia, ha ammesso apertamente che «esiste ancora un’ansia profonda tra i cittadini che non può essere ignorata».
Inoltre, la scelta di puntare su impianti che hanno ormai superato i 40 anni di vita (con estensioni fino a 60 anni approvate recentemente per altri reattori) solleva dubbi sull’invecchiamento dei materiali in un contesto di rischio geologico permanente. Il Giappone si trova in un vicolo cieco: per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 e mantenere la competitività industriale, il nucleare appare come l’unica soluzione immediata, ma il prezzo sociale di questa scelta potrebbe essere un’ulteriore erosione della fiducia verso le istituzioni.
Camorra: arrestato Ciro Andolfi, tra i 100 uomini più pericolosi
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli hanno arrestato Ciro Andolfi, 49 anni, ricercato dal 2022 e inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi del Ministero dell’Interno. Andolfi, ritenuto esponente del clan di camorra “Andolfi-Cuccaro” e destinatario di un ordine di carcerazione per oltre 8 anni per i reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso e corruzione, è stato trovato in un nascondiglio in muratura ricavato in un appartamento nel quartiere Barra di Napoli durante una perquisizione. Il provvedimento è stato eseguito su mandato della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Napoli e segna il 22º arresto di un latitante nell’anno.
Israele non ammette critiche: censurati tutti i media che “minano la sicurezza nazionale”
Il Parlamento israeliano ha approvato lunedì in via definitiva la proroga di un disegno di legge che consente alle autorità del Paese di chiudere i media stranieri qualora questi ultimi siano accusati di minare la sicurezza dello Stato. La legge, promossa dal parlamentare Ariel Kallner del Likud, rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2027 e rappresenta l’estensione di una misura approvata il primo aprile 2024 durante la campagna militare israeliana a Gaza. Il provvedimento appena emanato include diversi emendamenti tesi a eliminare il controllo giudiziario e, a differenza della legge approvata nel 2024, potrà essere applicata anche se Israele non si trova in stato di emergenza, rappresentando una vera e propria forma di censura. La legge, in particolare, prende di mira il media qatariota Al Jazeera, accusato da Israele di essere uno strumento di propaganda della causa palestinese e anche di aver partecipato attivamente al massacro del 7 ottobre. Tutte accuse smentite perentoriamente dall’emittente qatariota che ha parlato di «accuse diffamatorie» e di una soppressione della libertà di stampa che «contraddice il diritto internazionale e umanitario». Sia il sito web che il canale televisivo Al Jazeera restano vietati per legge in Israele.
Nel dettaglio, la legge stabilisce che il Ministro delle Comunicazioni ha il diritto, con il consenso del Primo Ministro e con l’approvazione del Governo o del Comitato ministeriale per la sicurezza nazionale (Gabinetto politico di sicurezza), di disporre che vengano adottate misure per limitare le trasmissioni e l’attività di un’emittente straniera, qualora, sulla base di un parere delle agenzie di sicurezza, si ritenga che il suo contenuto arrechi un danno reale alla sicurezza dello Stato. In questo caso, le autorità potranno prendere una serie di provvedimenti, tra cui l’interruzione delle trasmissioni, la chiusura di uffici in Israele, il sequestro di apparecchiature utilizzate per la trasmissione, la chiusura di un sito web o la limitazione dell’accesso allo stesso, nonché interventi tecnologici per impedire la ricezione di trasmissioni via satellite. La direttiva avrà una validità di novanta giorni, con la possibilità di prorogarla per ulteriori periodi fino a 90 giorni ciascuno.
Già nel maggio 2024, il governo aveva approvato la chiusura di Al Jazeera – l’unico media che raccontava la guerra a Gaza con propri corrispondenti sul campo – ordinando anche alle forze dell’ordine di fare irruzione presso la sede di Nazareth dell’emittente, così da confiscarne le apparecchiature e realizzarne la chiusura effettiva. Nonostante lo Stato ebraico giustifichi le sue decisioni con la motivazione della «sicurezza nazionale», il suo rapporto con la stampa è così ostile che le sue azioni legislative appaiono più un modo di silenziare chi racconta gli eventi in diretta che non un modo per tutelare la sicurezza nazionale. Non solo, infatti, Israele ha adottato una legge per chiudere i media stranieri, ma ha anche prorogato il divieto di accesso per i giornalisti internazionali alla Striscia di Gaza. Cosa che ha indotto la FPA (Foreign Press Association) – rappresentante di circa 400 testate – a presentare una petizione all’Alta corte di Gerusalemme per ottenere l’accesso indipendente dei media internazionali a Gaza. Ciò significa che il mondo non può avere notizie dirette e indipendenti di ciò che succede in Palestina, ma solo quelle filtrate e selezionate da Israele. Inoltre, secondo due importanti organizzazioni di giornalisti – la IFJ (International Federation of Journalists) e la RSF (Reporter Sans Frontières) – la metà dei giornalisti uccisi nel mondo nel 2025 è stata assassinata a Gaza da Israele.
Al Jazeera riporta che molti suoi collaboratori – e in alcuni casi anche le loro famiglie – sono stati ammazzati durante gli ultimi due anni durante l’assedio a Gaza: secondo le stime, sono oltre 200 i cronisti e gli inviati uccisi in Palestina in questo lasso di tempo. Tuttavia, la tendenza a sopprimere la libertà di stampa e a sopprimere fisicamente gli addetti alla comunicazione non è qualcosa di confinabile sono agli ultimi due anni, in seguito all’attacco palestinese del 7 ottobre: già nel 2017, infatti, Netanyahu aveva minacciato di chiudere la sede di Gerusalemme di Al Jazeera e un missile israeliano aveva distrutto l’edificio che ospitava gli studi dell’emittente a Gaza nel 2021. Mentre nel maggio 2022, era stata freddata a colpi d’arma da fuoco la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh da soldati israeliani nella Cisgiordania occupata.
Con l’ultima legge approvata lunedì sera dalla Knesset, il Parlamento di Israele, lo Stato ebraico conferma la sua tendenza alla censura dell’informazione, continuando a ostacolare la diffusione di ciò che accade realmente in Palestina e adottando misure che sono apertamente in contrasto con la definizione di Israele come «unica democrazia del Medio Oriente».
Belgio: intervento per genocidio contro Israele alla Corte Penale
Il Belgio ha depositato un intervento nella causa contro Israele per genocidio presso la cancelleria della Corte Penale Internazionale. La memoria è stata presenta ai sensi dell’articolo 63 della Corte, che permette agli Stati firmatari dello Statuto di Roma di intervenire nei procedimenti attivi per crimini perseguiti dalla Corte. Sudafrica e Israele sono stati invitati a depositare osservazioni sull’intervento di Bruxelles. L’intervento del Belgio si aggiunge a quelli di Colombia, Libia, Messico, Palestina, Spagna, Turchia, Cile, Maldive, Bolivia, Irlanda, Cuba. Belize, Brasile e isole Comore.
Thailandia-Cambogia: via ai dialoghi per una tregua
Oggi, 24 dicembre, i funzionari militari di Thailandia e Cambogia hanno iniziato i colloqui per una ripresa del cessate il fuoco. I colloqui arrivano due giorni dopo un incontro avvenuto a Kuala Lumpur, capitale della Malesia, mediato dall’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico e da Trump. Il dialogo avviato oggi durerà tre giorni. L’incontro rappresenta il passo più significativo da quando sono riesplosi i combattimenti e arriva sullo sfondo di scontri non ancora terminati, che finora hanno portato alla morte di almeno 86 persone.
Liquirizia: come riconoscere quella buona (e scartare il marketing)
La liquirizia è una sostanza alimentare vittima di molti pregiudizi, che sono in genere frutto di scarsa o cattiva divulgazione e informazione. Si sente per esempio spesso dire che la liquirizia «aiuta a smettere di fumare», «fa alzare la pressione sanguigna», «macchia i denti», ma è veramente così? In realtà, la radice di liquirizia è un alimento ricco di proprietà salutari, ma i prodotti a base di questa sostanza disponibili in commercio che siano veramente validi sono molto pochi.
Proprietà nutritive e salutistiche

La liquirizia è una pianta originaria dell’area mediterranea e mediorientale, e il suo nome botanico (Glycyrrhiza glabra) significa “radice dolce”. Molti ricorderanno da piccoli le caramelle gommose di liquirizia a forma di bobine, da srotolare e mangiare. Altri la conosceranno per l’uso in liquori, tisane o decotti. Tutti questi prodotti si ottengono dalla lavorazione della radice di questa pianta, il cui principio attivo caratterizzante è chiamato glicirrizina.
La liquirizia ha soprattutto delle ottime proprietà a beneficio del tratto digestivo, quindi stomaco e intestino, in particolare offre un aiuto naturale ed efficace in caso di acidità di stomaco, reflusso, gastrite, ulcera gastrica o stitichezza. Questo perché si tratta di un ottimo lenitivo, cioè una sostanza che lenisce (calma) i tessuti nel caso vi sia infiammazione dello stomaco o dell’intestino come in caso di gastrite o colite.
L’emergenza dovuta al COVID-19 ha spinto diversi gruppi di ricerca ad analizzare quante più sostanze naturali possibili in grado di contrastare attivamente il virus, coadiuvando (e non sostituendo) le terapie farmacologiche con lo scopo di procurare un miglioramento delle condizioni senza portare all’insorgenza di ulteriori effetti collaterali sgraditi. Tra le molteplici sostanze testate, è stato dimostrato che la glicirrizina sia in grado di bloccare direttamente la replicazione del SARS-CoV-2 attraverso l’inibizione della relativa proteasi virale Mpro. Attraverso questi dati, pubblicati su un’importante rivista scientifica, i ricercatori ipotizzano che il consumo di prodotti contenenti glicirrizina, e quindi liquirizia nelle sue varie forme, possa portare un beneficio (anche se minimo, comunque non controindicato) ai pazienti affetti da COVID-19.
Prodotti di liquirizia in commercio

A questo punto però occorre comprendere bene che come tante altre sostanze in commercio, ciò che ha effetti terapeutici e salutari degni di nota è soltanto la liquirizia preparata con metodo erboristico o comunque anche industriale ma prodotta seguendo determinati criteri di qualità, come vederemo tra un attimo. Questo va detto affinché i nostri lettori captino subito il messaggio di base: persino al supermercato troverete decine di caramelle e prodotti che sono definiti sulla confezione come “alla liquirizia” o “a base di liquirizia”, ma la realtà è che si tratta quasi sempre di caramelle con il 90% di zucchero, contenenti anche grasso di palma, aromi e colorante (per sopperire alla scarsa presenza di vera liquirizia) e infine c’è pure qualche traccia di liquirizia. Ed è inutile ribadire che questi prodotti è meglio non acquistarli perché la loro efficacia dal punto di vista dei benefici sulla salute è certamente pari a zero, anzi si portano dietro gli svantaggi dell’assunzione di zuccheri, aromi e altri additivi come i coloranti.
Invece il discorso cambia quando ci troviamo di fronte – anche al supermercato e in alcune catene in particolare – a dei prodotti di reale qualità, dove l’unico ingrediente è la liquirizia. In questo caso tutti i principi attivi sono realmente concentrati e possiamo contare su una vera efficacia dal punto di vista nutrizionale e nutraceutico. Si possono trovare varie preparazioni da masticare come mentine, gessetti, tronchetti. E addirittura vi sono prodotti che sono fatti con una delle liquirizie più pregiate al mondo, quella della Calabria, in particolare quella prodotta sulla costa del Mar Ionio.

In definitiva questa pianta spontanea – il cui nome scientifico Glycyrrhiza Glabra significa proprio “radice dolce” – è conosciuta e utilizzata da oltre tre millenni per le sue proprietà salutari: antinfiammatorie, cicatrizzanti, lassative, fluidificanti.
La liquirizia fa alzare la pressione?
L’estratto di questa pianta lavorato poi in caramelle, confetti o liquore, può far alzare la pressione sanguigna solo se assunta in determinati quantitativi, e per alcune persone potrebbe essere addirittura un vantaggio! In realtà il problema di un innalzamento della pressione del sangue riguarda soprattutto i forti consumatori: uno studio recente dell’Anses, l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, basato sui 64 casi di intossicazione riportati tra il 2012 e il 2021, – la metà delle quali con gravi conseguenze – ha mostrato che le intossicazioni erano dovute però all’ingestione di forti quantità di bevande a base di liquirizia o di caramelle (una scatola o più al giorno), integratori assunti in dose maggiore rispetto alla prescrizione. Sulle confezioni destinate agli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) ha chiesto di indicare che chi soffre di ipertensione non deve consumare più di 3/4 pezzetti al giorno della classica liquirizia spezzata o 5/6 del formato più piccolo.
In conclusione un consumo moderato e anche regolare di prodotti di alta qualità può offrire dei benefici per la salute, ma attenzione ai prodotti da supermercato iperzuccherati con aromi e coloranti (diffidare anche delle famose marche “alpine” che hanno nomi molti famosi, e leggere la lista ingredienti). Possibilmente rivolgersi sempre in Erboristeria per essere sicuri di acquistare un prodotto di qualità erboristica con caratteristiche di pregio e privo di ingredienti e additivi inutili come lo zucchero e gli aromi.
Attentato a Mosca: morti 2 agenti e l’attentatore
Stamattina in via Yeletskaya, nell’area meridionale di Mosca, si è verificato un attentato che ha ucciso 2 membri delle forze dell’ordine. L’attentato è stato effettuato vicino al luogo dove lo scorso 22 dicembre è stato ucciso il capo di stato maggiore russo Sarvarov. Da quanto comunica l’agenzia di stampa ufficiale russa Tass, gli agenti avrebbero visto una «persona sospetta» vicino alla loro auto di pattuglia, e si sarebbero avvicinati per trattenerlo; proprio in quel momento, è esplosa l’autobomba, uccidendo tanto i poliziotti quanto l’attentatore. Sono ancora in corso le indagini sull’accaduto.








