La Banca Centrale Europea ha mantenuto invariati i tassi di interesse per la quarta volta di fila dopo otto riduzioni consecutive. «I tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale rimarranno invariati al 2,00%, al 2,15% e al 2,40%, rispettivamente», si legge in un comunicato della Banca. La BCE ha inoltre valutato che l’inflazione dovrebbe stabilizzarsi sull’obiettivo del 2% a medio termine.
I trattori contro la Commissione UE: in diecimila bloccano Bruxelles
Le proteste degli agricoltori sono tornate a Bruxelles. Oggi in occasione dell’avvio dell’ultimo consiglio europeo dell’anno, migliaia di lavoratori hanno invaso le strade della capitale belga e si sono scontrati con la polizia, per contestare le politiche agricole comunitarie e l’accordo dell’UE con Mercosur, l’unione economica degli Stati sudamericani, a ora in fase di discussione per la ratifica finale. La Francia guida il fronte contrario all’accordo, e ha raccolto il sostegno della presidente Meloni che ha affermato che firmarlo così come scritto ora sarebbe «prematuro». La manifestazione è stata organizzata da Copa-Cogeca, un’alleanza tra le maggiori associazioni di categoria europee, e ha radunato circa diecimila agricoltori, oltre 1.000 dei quali arrivati a Bruxelles a bordo degli ormai simbolici trattori con cui da tre anni sfilano per le strade di tutta Europa. Giunti nel quartiere europeo, dove si trovano le istituzioni comunitarie, gli agricoltori hanno paralizzato le strade, incendiato copertoni, e ingaggiato scontri con le forze dell’ordine.
I trattori sono iniziati ad arrivare a Bruxelles da tutta Europa sin dall’alba. Da quanto comunicano i maggiori giornali belgi diverse linee di trasporto urbano su superficie sono state interrotte, mentre la polizia ha chiuso altrettante strade, specialmente quelle che circondano le sedi istituzionali nel quartiere europeo. I manifestanti si sono radunati in presidio alla Gare du Nord (la stazione ferroviaria); sin dalla mattina gruppi di agricoltori hanno provato a sfondare cordoni delle forze di polizia, che hanno fatto ricorso agli idranti; attorno alle 12:30, i manifestanti si sono mossi in corteo in direzione del quartiere europeo. Un folto gruppo si è fermato a Piazza Lussemburgo, piazza centrale nel quartiere, dove ha stabilito una sorta di centro di raduno permanente: qui i presenti hanno incendiato copertoni, danneggiato vetrine e ingaggiato scontri con la polizia provando ad avvicinarsi ai palazzi europei. I manifestanti hanno lanciato pietre, petardi e patate alla polizia che ha risposto con i gas lacrimogeni. Dopo ore di presidio, la polizia è entrata in piazza caricando i manifestanti.
La protesta di oggi è stata una delle maggiori manifestazioni di categorie degli ultimi anni. Gli agricoltori e gli allevatori contestano i tagli alla politica agricola comune previsti nel nuovo bilancio UE (stimati al 20%/25%), il suo programmato accorpamento con i fondi di coesione, i vincoli burocratici giudicati eccessivi e l’accordo con il blocco Mercosur. Quest’ultimo prevedrebbe una drastica riduzione dei dazi reciproci per diverse categorie di prodotti, tra cui proprio quelli del settore agricolo: secondo gli agricoltori l’accordo non contiene abbastanza tutele per i lavoratori del settore europeo, e finirebbe per avvantaggiare i prodotti esteri – soggetti a norme e controlli meno rigidi – sul mercato. Gli agricoltori chiedono maggiori finanziamenti al settore agricolo, una revisione degli accordi commerciali in vigore con gli altri Paesi e una riduzione delle importazioni dall’Ucraina, e deroghe alle norme ambientali; per quanto riguarda l’accordo con il blocco Mercosur, gli agricoltori chiedono maggiori tutele al settore con l’istituzione di meccanismi di salvaguardia in caso il mercato finisca per favorire i prodotti sudamericani, e l’istituzione di un meccanismo di reciprocità che permetta di importare solo i beni che seguono le medesime norme che si seguono in Europa.
La manifestazione di Copa-Cogeca non è l’unica che ha interessato l’Europa e le istituzioni europee nell’ultimo periodo. Ieri, gli agricoltori della Via Campesina, movimento dal basso che punta a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e sovranità alimentare, hanno organizzato una protesta presso l’aeroporto di Liegi per analoghi motivi. Gli agricoltori della Via Campesina, contrariamente alle corporazioni come Copa-Cogeca o l’italiana Coldiretti, chiedono uno stop alle deregolamentazioni dei meccanismi che regolano i mercati agricoli e gli standard di qualità, tracciabilità e sostenibilità, ritenendo che lo smantellamento di questo sistema sia un pretesto per promuovere nuovi accordi di libero scambio. Piuttosto che una riduzione dei vincoli, chiedono norme per regolamentare il mercato e maggiori sussidi e investimenti per i piccoli e medi imprenditori.
Accordo India-Oman: zero dazi su quasi tutti i beni
India e Oman hanno firmato un accordo di partenariato economico per rilanciare il commercio bilaterale e gli investimenti, fronteggiando al contempo le tariffe statunitensi. L’Oman ha offerto all’India l’accesso a zero dazi su quasi tutti i prodotti in entrata, tra cui gemme, gioielli, prodotti tessili, farmaceutici e automobili. L’India taglierà a sua volta le tariffe su circa l’80% delle categorie di prodotti, in una mossa che interesserà il 95% dei beni provenienti dall’Oman. L’accordo è il primo patto commerciale dell’Oman dal 2006 e rafforza i rapporti tra l’India e il Golfo Persico.
Assange denuncia la Fondazione Nobel: da simbolo di pace a strumento di guerra
Il Premio Nobel per la Pace non è più un simbolo di riconciliazione, ma una leva di potere. A sostenerlo è Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, che ha denunciato la Fondazione Nobel accusandola di aver trasformato uno dei riconoscimenti più prestigiosi al mondo in uno strumento di legittimazione geopolitica. Secondo Assange il fatto che il premio nell’ultima edizione sia stato assegnato a María Corina Machado – ritenuta responsabile di aver incoraggiato l’escalation militare degli Stati Uniti contro il Venezuela – significa che il Nobel non celebra più la fine delle guerre, ma ne diventa uno strumento di legittimazione.
«Il fondo di dotazione per la pace di Alfred Nobel non può essere speso per promuovere la guerra. Né può essere utilizzato come strumento per un intervento militare straniero. Il Venezuela, qualunque sia lo status del suo sistema politico, non fa eccezione», scrive infatti nella denuncia evidenziando che il testamento di Nobel, vincolante per la legge svedese, «stabilisce chiaramente che ogni anno il denaro del premio per la pace sarà assegnato alla persona che durante l’anno precedente “ha apportato il massimo beneficio all’umanità” svolgendo “il maggior o il migliore lavoro per la fratellanza tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione degli eserciti permanenti e per l’organizzazione e la promozione di congressi per la pace”». E quindi, siccome «qualsiasi esborso in contrasto con questo mandato costituisce un’appropriazione indebita del fondo di dotazione, il trasferimento in sospeso di 11 milioni di corone svedesi (circa 1 milione di euro) e l’attuale consegna, il 10 dicembre 2025, della medaglia del premio a María Corina Machado, in violazione di questa restrizione all’erogazione, sembrano costituire atti di grave criminalità».
Secondo l’esposto: «Esistono numerose dichiarazioni pubbliche, accessibili ai sospettati, che dimostrano che il governo degli Stati Uniti e María Corina Machado hanno sfruttato l’autorità del premio per fornire loro un casus moralis per la guerra con l’obiettivo di insediarla con la forza al fine di saccheggiare 1,7 trilioni di dollari in petrolio venezuelano e altre risorse». E, per Assange, non si può prescindere «dall’enorme accumulo di forze militari statunitensi al largo delle coste del Venezuela, iniziato ad agosto e che ora conta oltre 15mila effettivi, e ha già commesso innegabili crimini di guerra, tra cui l’attacco letale a imbarcazioni civili e sopravvissuti in mare, che ha ucciso almeno 95 persone». A sostegno della tesi riporta anche la dichiarazione dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che ha definito gli attacchi statunitensi contro imbarcazioni civili come «esecuzioni extragiudiziali».
L’accusa di Assange ha lo scopo di bloccare immediatamente i fondi rimanenti e di avviare un’indagine penale, in un quadro condiviso da 21 organizzazioni pacifiste norvegesi che avevano boicottato la cerimonia di assegnazione. La denuncia penale, rivolta a 30 persone legate alla Fondazione Nobel, inclusi i vertici come la presidentessa Astrid Söderbergh Widding e la direttrice esecutiva Hanna Stjärne, è stata depositata presso le autorità svedesi competenti, in particolare l’Autorità Svedese per i Reati Economici e l’Unità Svedese per i Crimini di Guerra, con richieste che includono il congelamento dei fondi del Premio Nobel per la Pace assegnato a Machado e un’indagine penale completa sui dirigenti coinvolti.
UE: sanzionate 41 presunte navi russe
L’Unione Europea ha imposto nuove sanzioni alle navi che farebbero parte della cosiddetta “flotta ombra” russa, la flotta di navi che Mosca utilizzerebbe per eludere le sanzioni europee sugli idrocarburi. Le nuove sanzioni colpiranno 41 navi, che vanno ad aggiungersi alle oltre 500 già designate. Sarà loro vietato l’ingresso nei porti UE e l’accesso ai servizi legati di trasporto marittimo. Finora l’UE ha imposto 19 pacchetti di sanzioni contro la Russia, coinvolgendo tra gli altri proprio il settore petrolifero.
Cipro diventerà il primo paese europeo a comprare gas da Israele
L’isola di Cipro, un tempo nota solo per le spiagge e per il conflitto congelato dai tempi della guerra fredda, sta assumendo oggi un ruolo chiave nel Mediterraneo orientale. Il governo riconosciuto a livello internazionale, quello della metà greco-cipriota dell’isola, si sta consolidando come hub diplomatico-energetico regionale grazie alla vicinanza con Libano, Israele e Palestina. Il presidente cipriota Nikos Christodoulides ha siglato pochi giorni fa a Beirut uno storico accordo con il Libano sulla delimitazione della Zona Economica Esclusiva (ZEE). L’accordo, definito dal presidente «un traguardo di importanza strategica», mette fine a vent’anni di negoziati e apre la strada a progetti di cooperazione energetica, inclusa la possibile interconnessione elettrica tra i due Paesi. Ma a questo si aggiunge anche il recente accordo che l’isola ha siglato con Israele, che rifornirà Cipro di gas naturale.
La questione del gas, che coinvolge anche l’ENI e prosegue da oltre un quarto di secolo, è tornata al centro dell’attenzione a causa delle tensioni regionali e delle iniziative promosse dagli Stati Uniti per rompere l’isolamento relativo di Israele. In questo contesto, due accordi assumono un ruolo chiave: quello già citato tra Cipro e Libano e un altro, quello tra Cipro e Israele. Non è un caso che l’accordo sulla ZEE con Beirut arrivi ora: parallelamente al negoziato ventennale con il Libano, Cipro ha gettato le basi per l’accordo con Israele attraverso il gasdotto di Energean, un progetto destinato a collegare giacimenti già operativi come Karish e Karish North. Questi due elementi renderebbero possibile una “triangolazione” per evitare di accendere tensioni tra Israele e Libano, in un momento delicato come quello attuale. Anche se, va detto, nel 2022 Beirut e Tel Aviv avevano siglato un’intesa mediata dagli USA che definiva le rispettive zone marittime e la ripartizione dei giacimenti, sebbene Israele avesse ottenuto condizioni più favorevoli.
Il progetto del gasdotto di Energean rappresenta oggi l’opzione più rapida e concreta per fornire gas naturale all’isola, dice il CEO, Mathios Rigas, alla stampa cipriota: l’infrastruttura potrebbe essere completata entro 12 mesi dal rilascio delle licenze governative necessarie, con un costo stimato tra 350 e 400 milioni di dollari. Il progetto è interamente privato, potenzialmente finanziato da Energean stessa, con possibilità di coinvolgere partner in futuro.
In un contesto geopolitico complesso come questo, l’incognita principale rimane la Turchia: Ankara e il governo della Repubblica turco-cipriota non hanno un ruolo nei progetti siglati dalla Nicosia greco-cipriota e hanno sottolineato come le due iniziative unilaterali rappresentino una violazione degli accordi tra le due comunità, garantiti dall’ONU. Per dirla in breve: cosa tornerebbe ai turco-ciprioti dell’iniziativa del presidente del sud, Nikos Christodoulides? La repubblica secessionista considera sotto la sua giurisdizione gran parte della ZEE della Repubblica di Cipro. E questo è tutt’altro che un problema da poco.
Gli USA non sono rimasti a guardare e, per evitare un’escalation improvvisa, hanno aperto un negoziato con la Turchia, sperando di trovare anche una combinazione per affrontare la divisione dell’isola che perdura da oltre 50 anni. Gli incentivi europei non hanno convinto Erdoğan e, se le voci di collegare il ritiro delle truppe turche dall’isola ad accordi energetici fossero fondate, il compromesso sarebbe complesso: le linee tracciate dalla Turchia su sovranità, diritti territoriali e diritto internazionale non sono negoziabili per i greco-ciprioti, ma Ankara non vuole correre il rischio di essere esclusa dai progetti energetici del Mediterraneo orientale.
Per ora, l’accordo in vista tra Nicosia (sud) e Tel Aviv sul gasdotto viene denunciato dai turchi come una violazione, collegata alla crescente presenza di cittadini israeliani a Cipro. Intanto, Energean ha firmato una lettera di intenti con il gruppo industriale ed energetico cipriota Cyfield, per fornire gas alla futura centrale elettrica del gruppo. Il gasdotto avrebbe una capacità di 1 miliardo di metri cubi all’anno, sufficiente a coprire il fabbisogno della centrale e a fornire ulteriori volumi al mercato cipriota. Rigas ha sottolineato che il progetto è immediatamente realizzabile, basandosi su giacimenti già operativi in Israele, Karish e Karish North, attivi da oltre tre anni e che coprono circa il 50% della domanda israeliana. Dal 2027, la produzione aumenterà ulteriormente grazie al nuovo giacimento Katlan.
La proposta non sostituisce ma integra la strategia energetica di Cipro: terminale di Vasilikos, progetto FSRU e sviluppo dei giacimenti ciprioti sono tutti elementi necessari per trasformare l’isola in un hub energetico regionale, come vorrebbe il suo governo in carica. In questo modo, Cipro diventerebbe il primo Stato dell’UE a importare gas israeliano tramite gasdotto, all’interno di un piano sostenuto dagli USA volto a rafforzare l’asse Cipro–Grecia–Israele e la cooperazione strategica “3+1”. Lasciando in sospeso, tuttavia , mille questioni politiche e giuridiche,
Taiwan, armi dagli USA per 11 miliardi di dollari
L’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump ha autorizzato una nuova vendita di armi a Taiwan per un valore complessivo di 11 miliardi di dollari, la seconda dall’inizio del suo secondo mandato. Il pacchetto, annunciato da Taipei, include sistemi missilistici Himars, obici semoventi, missili Atacms, armi anticarro, droni, software militari e componenti per elicotteri e missili Harpoon. Si tratta di un salto di scala rispetto al primo lotto da 330 milioni di dollari approvato a novembre. La Cina ha reagito duramente, chiedendo agli Stati Uniti di interrompere l’armamento di Taiwan.
Il governo Meloni ha modificato la legge di bilancio aumentando l’età pensionabile
Il governo Meloni ha inserito nella legge di bilancio una serie di modifiche che rialzano i requisiti per il pensionamento e allungano i tempi di decorrenza dell’assegno, con effetti progressivi dal 2027 in poi. Accanto al ritorno dell’adeguamento automatico dei requisiti alla speranza di vita (con +1 mese nel 2027 e scatti più consistenti dal 2028), il maxiemendamento introduce anche l’allungamento della “finestra” tra maturazione dei requisiti e percezione della pensione, nonché una parziale sterilizzazione del riscatto della laurea. Le misure hanno scatenato contestazioni sindacali e dissensi nella maggioranza, mentre la premier ha escluso effetti retroattivi sul riscatto già perfezionato. Tale mossa viene inquadrata dai critici come l’ennesimo tradimento al mandato elettorale da parte delle forze di governo, che più volte avevano attaccato gli effetti della riforma Fornero sulle pensioni, ma che ora l’hanno resa addirittura più restrittiva.
L’intervento principale conferma il meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. Dopo un aumento “soft” di un mese nel 2027, il sistema torna a regime pieno dal 2028. Secondo le ultime proiezioni, ciò comporterà un progressivo innalzamento dei contributi necessari. Per la pensione anticipata, ad esempio, si passerà dagli attuali 42 anni e 10 mesi per gli uomini a 43 anni e 1 mese nel 2028, fino a raggiungere 43 anni e 9 mesi dal 2037. La vera novità dell’emendamento riguarda la cosiddetta “finestra mobile”, il periodo di attesa tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione. Attualmente fissata a tre mesi, sarà gradualmente allungata: salirà a quattro mesi per chi matura i requisiti nel 2032-2033, a cinque mesi per il 2034 e a sei mesi a partire dal 2035. Questo posticipo, unito all’adeguamento demografico, comporterà un significativo rinvio dell’uscita effettiva dal lavoro. «Formalmente la finestra non è un requisito contributivo, ma nei fatti costringe lavoratrici e lavoratori a restare più a lungo nel lavoro o senza reddito, rinviando la decorrenza della pensione», hanno fatto notare i sindacati.
La misura che ha scatenato le polemiche politiche, anche all’interno della maggioranza, riguarda il riscatto della laurea. Il testo originario prevedeva una penalizzazione progressiva di questo strumento a partire dal 2031: nel conteggio dei contributi utili per la pensione anticipata, verrebbero “sterilizzati” dai 6 ai 30 mesi degli anni riscattati. Dopo le proteste, la premier Meloni è intervenuta correggendo il tiro: «Nessuno che ha riscattato la laurea vedrà cambiata l’attuale situazione. Qualsiasi modifica che dovesse intervenire varrà solo per il futuro». La Lega, attraverso il senatore Claudio Borghi, ha presentato un subemendamento per cancellare completamente le misure sulle finestre e sul riscatto, definendole «clausole di salvaguardia inserite da qualche tecnico troppo zelante». Ma Meloni appare intenzionata a tirare dritto.
L’impatto sociale è al centro delle critiche: la Cgil evidenzia come l’aumento dei requisiti non colpisca tutti allo stesso modo ma pesi in modo sproporzionato sui redditi più bassi e sulle carriere discontinue. L’analisi del sindacato segnala che 5,1 milioni di dipendenti del settore privato — il 29% del totale — non riescono oggi a maturare un anno pieno di contributi, spesso per contratti brevi, part-time involontari o salari che restano sotto il «minimale contributivo». Dal 2022 al 2026 tale soglia è salita del 16,5%, più rapidamente delle retribuzioni, e per il 2026 per far valere 12 mesi saranno necessari almeno 12.551 euro annui: chi resta al di sotto “perde” settimane di contribuzione anche lavorando tutto l’anno.
A nemmeno due settimane dalla scadenza della conversione in legge alle Camere, per venire incontro ai desiderata di Confindustria il governo ha proposto di prolungare per altri tre anni agevolazioni fiscali sugli investimenti; inoltre, ha stanziato risorse aggiuntive — 1,3 miliardi e 532 milioni — destinate rispettivamente a incentivi legati a Transizione 4.0 e ai crediti d’imposta per gli investimenti nelle Zone economiche speciali (ZES). Parallelamente, c’è stato l’intervento sulle pensioni. Il paradosso evidenziato dai sindacati è che un governo che aveva promesso il superamento della legge Fornero ne ripristina invece la logica degli adeguamenti automatici, scaricando gli oneri della sostenibilità del sistema proprio sulle categorie più fragili. «Flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso facilitato alla pensione, favorendo al contempo il ricambio generazionale», «stop all’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita», «un sistema pensionistico che garantisca anche le giovani generazioni e chi percepirà l’assegno solo in base al regime contributivo», si leggeva a chiare lettere nel programma con cui Fratelli D’Italia ha vinto le elezioni nel 2022. Il vicepremier Matteo Salvini, nel corso degli anni, ha più volte parlato della legge Fornero come di «una schifezza» e qualcosa di «disumano» e «immorale», annunciando che la sua cancellazione – definita un «impegno morale» – sarebbe stata «la prima cosa da fare una volta al governo». Dal 2018 Salvini è salito al governo per tre volte, ma la Legge Fornero è ancora lì.









