sabato 23 Novembre 2024
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Scoperto il corallo più grande al mondo: può essere visto dallo spazio

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È lungo più di 30 metri, ha almeno 300 anni ed è persino visibile dallo spazio: è il mega-corallo appena scoperto nell’Oceano Pacifico sud-occidentale che, nonostante possieda già dimensioni sbalorditive, starebbe persino continuando a crescere. La scoperta è avvenuta durante una spedizione scientifica lanciata dal programma Pristine Seas del National Geographic, quando alcuni scienziati l’hanno avvistato scambiandolo inizialmente per un relitto. «Proprio quando pensiamo che non ci sia più nulla da scoprire sul pianeta Terra, scopriamo un enorme corallo composto da quasi 1 miliardo di piccoli polipi, pulsante di vita», ha dichiarato Enric Sala, esploratore del National Geographic e fondatore del programma Pristine Seas. Tuttavia, gli stessi esperti avvertono che la scoperta, seppur straordinaria, non è immune alle minacce ambientali, le quali potrebbero comprometterne l’esistenza.

I coralli sono organismi marini appartenenti al gruppo phylum Cnidaria, che include anche meduse e anemoni di mare. Vivono principalmente in acque calde e poco profonde, formando strutture conosciute come barriere coralline, che sono tra gli ecosistemi più ricchi e diversi del pianeta. Sono essenziali per la vita marina, fungendo da rifugio e fonte di cibo per una vasta gamma di specie e, inoltre, supportano l’economia di milioni di persone, con circa un miliardo di individui che dipendono indirettamente dalla pesca legata agli ecosistemi corallini. Infine, le barriere coralline sono anche un importante scudo naturale contro le tempeste e l’innalzamento del livello del mare.

La vista aerea del corallo più grande del mondo, sotto la poppa di una barca da ricerca. Credit: Steve Spence/National Geographic Pristine Seas

Nel caso del corallo appena scoperto nelle Isole Salomone, si tratta di una struttura che, come spiegato dagli esploratori, da vicino si trasforma in qualcosa di «spettacolare», con la sua complessa rete di polipi e spruzzi di vividi colori viola, gialli, blu e rossi che interrompono la sua tonalità marrone. Si tratta di un ambiente che ospita una moltitudine di vita marina tra cui pesci, granchi e gamberetti: una vera e propria enciclopedia vivente che contiene informazioni sulle condizioni dell’oceano risalenti a centinaia di anni fa secondo Manu San Féliz, biologo marino e direttore della fotografia subacquea che si è immerso per immortalare il nuovo corallo da record. Si tratta di dimensioni tre volte maggiori del precedente record nelle Samoa Americane e maggiori a quelle di una balenottera azzurra, l’animale più grande del pianeta. Proprio per questo motivo, spiegano i ricercatori, le sue dimensioni hanno creato anche qualche problema: i metri a nastro non erano sufficientemente lunghi per misurare il corallo gigante. Così hanno dovuto lavorare a coppie, distendendo il metro tra di loro. Quando il nastro raggiungeva la sua massima estensione, uno dei due restava sul posto mentre l’altro riavvolgeva il metro, per poi nuotare verso di lui e continuare il processo.

Si tratta di una scoperta che «è il sogno più grande» della vita di ricercatori come Paul Rose, capo della spedizione Pristine Seas della National Geographic ma, tuttavia, come spiegato da Sala, c’è anche un “motivo di allarme”: «Nonostante la sua posizione remota, questo corallo non è al sicuro dal riscaldamento globale e da altre minacce umane». I coralli, infatti, secondo gli esperti sono minacciati da una serie di fattori locali, tra cui la pesca eccessiva, che può danneggiare e alterare il delicato equilibrio dei loro ecosistemi, l’inquinamento industriale e le acque reflue. Tuttavia, «la sopravvivenza di questo corallo, che ha centinaia di anni, dimostra che non tutto è perduto per le barriere coralline», ha concluso Derek Manzello, coordinatore del programma Coral Reef Watch della National Oceanic and Atmospheric Administration.

[di Roberto Demaio]

Torino, centinaia di studenti in piazza contro governo e guerra: la polizia carica

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Centinaia di studenti sono scesi oggi in piazza a Torino per manifestare per la Palestina e la fine del conflitto in Medio Oriente, oltre che contro il governo. Il corteo ha sfilato per le principali vie del centro di Torino, facendo tappa sotto gli edifici della Rai, gli uffici scolastici regionali e nelle sedi di McDonald e Burger King, considerati complici di Israele nel genocidio. In piazza Castello i manifestanti hanno cercato di superare i blocchi delle forze dell’ordine e sono stati caricati dagli agenti. Secondo alcuni media, ci sarebbero una quindicina di agenti feriti.

Spese militari, la maggioranza degli italiani dice no all’incremento al 2%

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Un sondaggio commissionato a SWG da Greenpeace Italia, effettuato su un campione di 1.200 maggiorenni, mostra che il 55% degli italiani si oppone all’incremento delle spese militari al 2% del PIL entro il 2028, come previsto, tra gli altri, dal governo e dalla NATO. Solo il 23% si dice favorevole, mentre il 22% non si esprime. Parallelamente, il 52% degli italiani boccia l’aumento delle spese militari dell’UE, proposto dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. La proposta di tassare gli extraprofitti delle aziende belliche riceve invece ampio consenso: il 65% si dichiara favorevole. «Questi risultati dimostrano chiaramente che le cittadine e i cittadini italiani vogliono meno spese militari e più investimenti per il benessere collettivo», dice Sofia Basso, di Pace e Disarmo di Greenpeace Italia. «Al contrario, il governo Meloni ha scelto di aumentare il budget della Difesa a discapito di settori fondamentali come sanità e welfare». È proprio contro questa tendenza al rialzo che si batte la campagna “Ferma il riarmo!”, chiedendo che vengano ridotte le spese militari a favore di maggiori investimenti in salute, istruzione, ambiente, solidarietà e pace, e introducendo, piuttosto, una tassa sugli extraprofitti dell’industria bellica.

Il sondaggio SWG è stato condotto tra il 23 e il 28 ottobre 2024, prelevando un campione casuale di 1.200 italiani, di cui il 52% uomini e il 48% donne. Degli intervistati, l’8% aveva un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, il 13% tra i 25 e i 34, il 14% tra i 35 e i 44, il 18% tra i 45 e i 54, e il restante 24% oltre i 64 anni. Gli italiani sono inoltre stati divisi per provenienza geografica in quattro macro-aree: Nord-Ovest (27% degli intervistati), Nord-Est (20%), Centro (20%), Sud e Isole (33%). La prima domanda che è stata posta ai 1.200 intervistati recitava: “Nel 2024 l’Italia ha speso circa 30 miliardi di euro in spese militari, pari all’1,5% del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL). L’attuale governo prevede di portare le spese militari al 2% del PIL entro il 2028 per un importo annuo di circa 40 miliardi di euro. Lei è favorevole o contrario a questa proposta?”. Secondo il sondaggio, il fronte di oppositori agli aumenti di investimenti nel settore bellico sarebbe di gran lunga superiore a quello dei suoi sostenitori. Tra i più contrari si rilevano i 55-64enni (63%) e i residenti nel Nord-Est (62%), nelle Isole (62%) e nel Centro Italia (60%).

Lo studio ha posto gli italiani davanti ad altre due domande, una relativa all’incremento delle spese per la difesa nella cornice europea, e una relativa all’eventuale introduzione di una tassazione degli extraprofitti delle aziende belliche. In materia di difesa europea, i risultati pendono leggermente più a favore del sì rispetto a quelli registrati dalla prima domanda, ma restano comunque fortemente orientati su quello del no, con il fronte dei favorevoli pari al 27%, quello dei contrari al 52%, e gli indecisi al 21%. Riguardo alla tassazione degli extraprofitti, invece, i dubbi sembrano essere ancora di meno: laddove il 65% degli italiani ha espresso il suo sostegno all’idea, solo il 17% si è professato contrario, e il 18% indeciso; tra i più favorevoli emergono gli over 55 (76%), i residenti nel Nord-Est (72%) e gli uomini (71%).

La spesa militare in Italia è in crescita da anni. Durante il suo mandato, il governo Meloni ha aumentato la spesa per la difesa, nonché per l’acquisto di aerei e carri armati. In generale, anche gli esecutivi precedenti avevano incrementato l’esportazione di armamenti, così come la spesa militare, cresciuta del 60% in dieci anni, fino a superare i 32 miliardi di euro nel 2025. Questo aumento di investimenti, produzione, esportazione, e acquisto nel settore bellico risulta pienamente in linea con le richieste della NATO, dell’UE, e di Draghi. L’Alleanza Atlantica ha infatti raccomandato agli Stati di arrivare a spendere più del 2% del PIL nel settore militare, l’Unione Europea si sta muovendo per la costruzione di un piano di difesa comune, mentre il “Rapporto Draghi” consiglia molto caldamente di riservare più fondi e meno burocrazia al settore delle armi.

[di Dario Lucisano]

Un nuovo rapporto ONU dichiara che a Gaza Israele sta compiendo un genocidio

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Le politiche e le pratiche di Israele nel periodo compreso tra l’ottobre 2023 e il luglio 2024 “sono coerenti con le caratteristiche del genocidio”. “I civili sono stati indiscriminatamente e in modo sproporzionato uccisi in massa a Gaza, mentre nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme est, i coloni israeliani, il personale militare e di sicurezza hanno continuato impunemente a violare i diritti umani e il diritto umanitario”. Sono le conclusioni dell’ultimo rapporto pubblicato dal Comitato speciale della Nazioni Unite per indagare sulle pratiche israeliane che incidono sui diritti umani, istituito nel dicembre del 1968. Il documento arriva dopo quello presentato a ottobre dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Occupati Palestinesi, Francesca Albanese, dal titolo “Il genocidio come cancellazione coloniale”. Similmente alla relazione di Albanese, l’ultimo rapporto ONU evidenzia come Israele stia intenzionalmente e sistematicamente causando la morte della popolazione palestinese, mettendo in risalto i metodi utilizzati a tal scopo: la massiccia e indiscriminata campagna di bombardamenti, l’uso di attacchi basati sull’intelligenza artificiale con una minima supervisione umana e la crescente censura dei media da parte dello Stato ebraico. Una denuncia esplicita e dettagliata di cui i media occidentali non parlano nonostante la rilevanza e la portata delle accuse e dei fatti menzionati.

“Attraverso l’assedio di Gaza, l’ostruzione degli aiuti umanitari, insieme ad attacchi mirati e uccisioni di civili e operatori umanitari, nonostante i ripetuti appelli delle Nazioni Unite, gli ordini vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza, Israele sta intenzionalmente causando morte, fame e gravi ferite, usando la fame come metodo di guerra e infliggendo punizioni collettive alla popolazione palestinese”, si legge nel comunicato stampa delle Nazioni Unite. L’imponente campagna di bombardamenti a Gaza ha decimato i servizi essenziali scatenando una catastrofe ambientale e epidemie infettive tra la popolazione, costretta a bere acqua inquinata e privata, oltre che del cibo, anche dei sistemi idrici e igienico-sanitari, distrutti dai bombardamenti. “Distruggendo i sistemi vitali di acqua, servizi igienici e cibo e contaminando l’ambiente, Israele ha creato un mix letale di crisi che infliggerà gravi danni alle generazioni future”, riporta  il documento. Il Comitato ha poi posto l’accento sul fatto che Tel Aviv impedisce gli aiuti umanitari, accanendosi contro le organizzazioni e gli operatori umanitari presenti sul posto e ostacolando l’ingresso di beni primari. Lo stesso ha quindi condannato gli attacchi contro l’UNRWA e l’ONU in generale.

Un altro aspetto messo in luce dal resoconto delle Nazioni Unite è quello relativo all’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli attacchi: “L’uso da parte dell’esercito israeliano di attacchi basati sull’intelligenza artificiale, con una supervisione umana minima, combinato con bombe pesanti, sottolinea il disprezzo di Israele nei confronti del suo obbligo di distinguere tra civili e combattenti e di adottare adeguate misure di salvaguardia per prevenire la morte di civili”, afferma il rapporto. Già in precedenza era emerso, attraverso dettagliate inchieste condotte da giornalisti israeliani e palestinesi, come Israele usi sistemi d’IA che decidono in pochi secondi quali palestinesi uccidere, senza alcuna supervisione umana. Tra questi sistemi compaiono “Lavender” e “Habsora” (“Il Vangelo”): il primo, durante le prime settimane di guerra, ha generato una lista di 37.000 palestinesi sospettati di essere dei militanti delle sigle di resistenza arabe, indicandoli quindi come bersagli da colpire. Il secondo, invece, designa automaticamente gli edifici che sono un obiettivo legittimo. In questo modo, lo Stato ebraico ha sistematicamente preso di mira gli individui identificati da “Lavender” mentre si trovavano nelle loro case, uccidendone anche tutta la famiglia. Questa combinazioni di sistemi di IA è stata descritta da un ex ufficiale dell’intelligence come una «fabbrica di omicidi di massa» e rappresenta per il Comitato un chiaro disprezzo nei confronti della vita dei palestinesi.

Ad aggravare questo già macabro e distopico contesto, vi è la sistematica censura attuata da Israele sui media. Secondo il rapporto, la censura, la soppressione del dissenso e la presa di mira dei giornalisti sono sforzi deliberati per bloccare l’accesso globale alle informazioni. Già lo scorso maggio il governo israeliano aveva approvato all’unanimità la chiusura del media qatariota Al-Jazeera, l’unica emittente che raccontava la guerra in corso a Gaza con propri corrispondenti sul campo.

Il rapporto del Comitato ONU conclude affermando esplicitamente che “gli obblighi stabiliti dalla legge internazionale di limitare le barbarie della guerra e di proteggere i diritti umani, compreso quello all’autodeterminazione, sono minacciati dalle violazioni di Israele e dal fatto che altri Stati non riconoscono la sua responsabilità e continuano a fornirgli supporto militare e di altro tipo”. La Commissione ha inoltre affermato che un fallimento nel rispetto della legge internazionale “indebolisce il nucleo stesso del sistema legale internazionale e crea un precedente pericoloso, consentendo alle atrocità di passare inosservate”. Il rapporto sarà presentato alla settantanovesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 novembre 2024.

[di Giorgia Audiello]

Occidente e Cina alla guerra delle auto elettriche e dei pannelli solari

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Prosegue la guerra commerciale tra Occidente e Cina, iniziata ormai più di un decennio fa e che, lungi dallo smorzarsi, si sta ora intensificando a causa della forte competitività e capacità produttiva raggiunta da Pechino che, nell’ambito della cosiddetta transizione energetica, ha ampiamente superato USA e UE, soprattutto per quanto riguarda la produzione di auto elettriche e pannelli solari. Nell’arco di pochi decenni, il gigante asiatico è passato dall’essere un Paese povero con un’economia arretrata ad essere la seconda potenza economica mondiale, grazie ai suoi lungimiranti piani industr...

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Ponte sullo Stretto, ok del ministero dell’Ambiente: comitati in protesta

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La Commissione Tecnica di Valutazione dell’Impatto Ambientale ha dato parere favorevole al progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, con le integrazioni previste sul riavvio dell’iter «nel rispetto delle condizioni ambientali prescritte», relative all’ambiente naturale, terrestre, marino ed agricolo e ad aspetti concernenti la progettazione di dettaglio per le opere a terra. Insorgono i Comitati anti-Ponte, che passano al contrattacco e promettono battaglia contro un’opera che «impatta pesantemente su territori fragili e ultra vincolati». Veementi critiche anche dalle opposizioni, che già nei giorni scorsi avevano attaccato la maggioranza per aver «lottizzato» politicamente la nuova Commissione, appena insediatasi.

La Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima l’autonomia differenziata

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La Consulta ha dichiarato incostituzionali alcune norme chiave della legge sull’autonomia differenziata, accogliendo i ricorsi di quattro Regioni. Pur confermando la legittimità complessiva del provvedimento, promosso dal ministro degli Affari regionali leghista Roberto Calderoli, i giudici hanno infatti ritenuto non conforme alla Carta che i LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) vengano stabiliti dal governo, affermando che la materia dovrà essere disciplinata dal Parlamento; incostituzionali, secondo la Corte, sono anche la modifica delle aliquote tributarie con decreto interministeriale e l’uso del criterio della spesa storica per la compartecipazione delle risorse, ritenendo che debbano essere presi come riferimento i costi e i fabbisogni standard. In una nota, la Consulta ha spiegato che spetta al Parlamento «colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali».

All’interno di un comunicato, la Corte ha chiarito che le norme concepite dalla legge Calderoli rischiano di ampliare i divari tra le Regioni, svuotando peraltro le Camere delle proprie funzioni legislative nella trattativa tra Regioni e governo. Nello specifico, sono sette i punti bocciati dai giudici. In primis, la «possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative» e debba essere giustificata alla luce del «principio di sussidiarietà», ma anche la delega che il Parlamento ha dato al governo per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) – ovvero i servizi minimi che lo Stato deve garantire uniformemente su settori fondamentali – senza «idonei criteri direttivi». Il che produrrebbe la limitazione del «ruolo costituzionale» del Parlamento. Bocciata anche «la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP», nonché il ricorso alla procedura prevista dalla legge di bilancio per il 2023 «per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP».

È stata poi cassata «la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito». Infatti, spiega la Consulta, sulla base di tale previsione «potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti», incapaci di assicurare l’adempimento di quelle funzioni attraverso tali risorse. Viene poi ritenuta illegittima «la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica». In ultimo, i giudici bocciano il fatto che la legge sia applicata alle richieste di autonomia che potrebbero arrivare dalle Regioni a statuto speciale, che hanno la possibilità di attivare la procedura seguendo il proprio statuto.

La controversa legge sull’autonomia differenziata era stata approvata in via definitiva dalla Camera lo scorso giugno. Nello specifico, l’autonomia differenziata consiste nel riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una Regione di una autonomia normativa rispetto a materie di competenza concorrente (quelle su cui le Regioni esercitano la potestà legislativa nel rispetto dei principi fondamentali statali) e, in alcuni casi, su materie di competenza esclusiva dello Stato. La nuova legge era inoltre nata con l’intento di offrire alle Regioni la possibilità di trattenere il gettito fiscale, non redistribuendolo più a livello nazionale in base alle necessità collettive. Forti voci contrarie al provvedimento si sono sin da subito levate dalle opposizioni, ma anche dai sindacati del lavoro e della scuola, dalle rappresentanze dei medici e dalle associazioni ambientaliste, secondo cui l’entrata in vigore della legge avrebbe prodotto un inasprimento delle disuguaglianze fra i territori e i cittadini appartenenti a differenti fasce di reddito. Contro la legge è nata anche l’iniziativa per un referendum abrogativo, i cui promotori hanno raccolto in breve tempo le 500mila firme richieste e il cui testo è ora al vaglio della Cassazione. Gli ermellini dovranno infatti valutarlo entro il 15 dicembre. Con l’intervento della Consulta, che ha demolito aspetti fondamentali della norma, non vi è però certezza che la Cassazione dia il via libera. Anche se, secondo alcuni costituzionalisti, potrebbe farlo dopo aver riformulato il quesito.

[di Stefano Baudino]

“Make America healthy again”: Trump nomina Kennedy Jr. capo del Dipartimento della Salute

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Robert F. Kennedy Jr. (RFK Jr.), che aveva partecipato alla campagna presidenziale come indipendente prima di ritirarsi, è stato nominato da Donald Trump come Segretario dello United States Department of Health and Human Services, ovvero il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani. Trump, già nel suo primo discorso nella notte delle elezioni del 5 novembre, si era rivolto a Kennedy Jr. cambiando il suo famoso slogan, «Make America Great Again» in «Make America Healthy Again». «Contribuirà a riportare l’America di nuovo in salute. È un uomo eccezionale, e si impegna davvero. Vuole fare alcune cose e lo lasceremo fare», aveva detto Trump durante il suo discorso, non mancando di lanciargli una frecciatina rispetto alle sue posizioni sulle questioni ambientali. Kennedy Jr., negli ultimi anni, si è dimostrato molto attento sul tema della salute, ponendo l’accento sulla cattiva alimentazione promossa dalle aziende così come sulla qualità del cibo ma anche sui conflitti d’interesse che coinvolgono Big Pharma.

«Per troppo tempo, gli americani sono stati schiacciati dal complesso alimentare industriale e dalle aziende farmaceutiche che hanno commesso inganni, disinformazione e informazioni errate quando si tratta di Salute Pubblica. La sicurezza e la salute di tutti gli americani sono il ruolo più importante di qualsiasi Amministrazione e l’HHS [il Dipartimento della Salute, ndr] svolgerà un ruolo importante nell’aiutare a garantire che tutti siano protetti da sostanze chimiche nocive, inquinanti, pesticidi, prodotti farmaceutici e additivi alimentari che hanno contribuito alla travolgente crisi sanitaria in questo Paese. Il signor Kennedy ripristinerà queste Agenzie alle tradizioni della Ricerca Scientifica Gold Standard e ai fari della Trasparenza, per porre fine all’epidemia di Malattie Croniche e per Rendere l’America di Nuovo Grande e Sana» ha dichiarato il neoeletto presidente, annunciano il nuovo ruolo di Kennedy Jr.

Nel corso di un’intervista rilasciata a NBC News pochi giorni fa, Kennedy aveva dichiarato che Trump «Vuole che io faccia tre cose: eliminare la corruzione delle agenzie, in particolare i conflitti di interesse che hanno trasformato queste agenzie in agenzie prigioniere dell’industria farmaceutica, alimentare e delle altre industrie che dovrebbero vigilare; riportare le agenzie alla scienza di base e alla medicina basata sull’evidenza; rendere l’America di nuovo sana, per porre fine all’epidemia di malattie croniche». Per dipingere il quadro entro cupo entro cui sarà chiamato a lavorare, Kennedy Jr. aveva fatto un paragone con gli anni in cui suo zio era alla presidenza degli Stati Uniti: «Quando mio zio era presidente, il 6% dei nostri figli aveva una malattia cronica. Oggi sono il 60%. Quando mio zio era Presidente, il 3% degli americani era obeso. Oggi il 70% è obeso o in sovrappeso». Kennedy Jr. definisce la situazione della salute dei cittadini statunitensi come una «questione esistenziale», riferendosi alla quantità di sostanze chimiche presenti negli alimenti che altrove sono illegali, facendo l’esempio dell’Europa.

«La guerra della FDA contro la salute pubblica sta per finire», aveva scritto Kennedy Jr. sui social media poco prima delle elezioni, riferendosi alla Food and Drug Administration, l’ente che approva gli alimenti e le sostanze al loro interno così come i farmaci e i vaccini. In merito a questi ultimi, il futuro Segretario della Salute ha detto che non è contro ogni tipo di vaccino ma che ritiene che i cittadini statunitensi debbano avere tutte le informazioni necessarie, in maniera trasparente, per poter prendere in autonomia le proprie decisioni. Durante l’emergenza pandemica, Kennedy è stato molto critico rispetto ai vaccini Covid-19, alle informazioni veicolate ad un pubblico terrorizzato e alle politiche sanitarie intraprese. «Faremo in modo che gli americani abbiano buone informazioni in questo momento. La scienza sulla sicurezza dei vaccini in particolare ha enormi deficit e faremo in modo che questi studi scientifici vengano condotti e che le persone possano fare scelte informate sulle loro vaccinazioni e sulle vaccinazioni dei loro figli», ha detto Kennedy a NPR.

Durante la medesima intervista, Kennedy Jr. ha parlato della fluorizzazione dell’acqua che negli Stati Uniti avviene da decenni – introdotta per migliorare l’igiene dentale – la quale sarebbe responsabile di disturbi dello sviluppo neurologico nei bambini, artrite, problemi alla tiroide, cancro delle ossa e maggior facilità della loro rottura. Ha quindi spiegato che la nuova amministrazione Trump agirà subito affinché i sistemi idrici degli Stati Uniti rimuovano il fluoro dalle acque pubbliche.

[di Michele Manfrin]

Libano, proseguono gli attacchi israeliani: almeno 30 morti

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Almeno 30 persone sono state uccise, mentre altre 30 sono rimaste ferite, a causa di una serie di attacchi aerei israeliani sul Libano, ha riferito l’emittente albanese Al Mayadeen. Le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno effettuato almeno 13 attacchi aerei in varie parti della valle della Beqaa, nell’area orientale del Libano. Diversi residenti sono stati dichiarati dispersi. Dall’inizio del conflitto a Gaza, Secondo l’ultimo aggiornamento del Ministero della Salute libanese, in Libano sono state uccise 3.386 persone e 14.417 sono rimaste ferite.

Il primo trattamento al mondo con cellule staminali ha ripristinato la vista in tre persone

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Le cellule staminali si confermano per l’ennesima volta uno strumento formidabile nella lotta contro le malattie debilitanti, dimostrandosi capaci di lenire i danni causati persino agli occhi: quattro persone, tutte presentanti gravi danni alla vista, hanno ricevuto un trattamento innovativo che l’ha migliorata significativamente, e in tre casi su quattro tali progressi sono stati mantenuti per oltre un anno. È quanto dettagliato in un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, il quale è stato sottoposto a revisione paritaria e condotto dal team di Kohji Nishida, oftalmolog...

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