lunedì 31 Marzo 2025

Il limite dei 30 km/h in città spiegato, oltre la propaganda

Da martedì 16 gennaio, la città di Bologna sta facendo parecchio parlare di sé a causa dell’introduzione del limite di velocità di 30 chilometri orari nella maggior parte delle sue strade. Come succede spesso in casi come questo, l’iniziativa del Sindaco Matteo Lepore, esponente del PD, si è tinta in breve tempo di colori politici, impedendo un autentico dibattito sui contenuti della misura avanzata. Per comprendere davvero i potenziali vantaggi e svantaggi di questa misura, tuttavia, si deve fare l’esercizio di sospendere momentaneamente le proprie personali posizioni, in modo da analizzarla sotto la lente inequivocabile dei dati. Spogliati dai pregiudizi, la questione risulta piuttosto lineare da leggere, e le domande da porsi altrettanto semplici: quali sono, se ci sono, i vantaggi di viaggiare a massimo 30 chilometri orari nelle strade urbane? Quali gli svantaggi? E, sempre se ci sono, questi stessi vantaggi rapportati agli svantaggi sono tali da giustificare un abbassamento dei limiti di velocità?

Zona e Città 30: genesi della proposta e regolamentazione

La discussione sui limiti urbani parte dall’evidente riscontro che gli incidenti stradali in città sono i più frequenti. Il dibattito inizia a emergere negli anni ‘80 quando i primi Paesi europei, capofila la Germania, iniziano ad autorizzare la sperimentazione di zone 30 su suolo urbano. L’introduzione di vere e proprie città 30 arriva solo all’inizio negli anni ‘90, quando, in seguito alle prove condotte nel decennio precedente, si iniziano ad allargare le zone 30 a sempre maggiori aree urbane. Il primo caso in assoluto di città 30 in Europa è quello dell’austriaca Graz, che nel 1992 ha implementato il limite di 30 chilometri orari sull’80% delle proprie strade, ma col tempo la misura è arrivata in numerose città europee, toccando anche grandi centri urbani e metropolitani come Amsterdam, Barcellona, Berlino, Bruxelles, Londra, Parigi e tanti altri.

In Italia la zona 30 viene introdotta nel 1995 all’interno delle direttive dei Piani Urbani del Traffico (PUT), regolamentati dall’articolo 36 del Codice della Strada, recentemente aggiornato, obbligatori per i comuni di oltre 30.000 abitanti. In particolare, il comma 4 specifica che “i piani di traffico sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico”, e che ogni città può fare ricorso alle misure che ritiene più adatte, eventualmente promuovendo provvedimenti di “verifica del rallentamento della velocita”. A oggi in Italia si stimano circa 2.700 chilometri di strade con il limite fissato a 30 chilometri orari distribuite in 66 diversi capoluoghi. La prima vera e propria città 30 italiana arriva solo nel 2021: si tratta del comune di Olbia centro urbano di circa 60.000 abitanti nella provincia sarda di Sassari. Dopo il 16 gennaio, Bologna è diventata così la prima grande città italiana a promuovere una misura di ripensamento dei limiti di chilometraggio orario nella propria area urbana, estendendo le zone 30 attive da qualche anno a circa il 70% delle strade.

Nonostante le basi legali fornite dai PUT, l’iniziativa è stata attaccata, tra le altre cose, anche sul fronte giuridico: il 23 gennaio, il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha infatti promosso una delibera volta a frenare l’iniziativa bolognese, nella quale si legge che alla luce dell’articolo 142 commi 1 e 2 “qualsiasi fissazione generalizzata di limiti di velocità nel contesto urbano risulta di per sé arbitraria”, perché ogni regolazione di velocità deve venire operata in maniera “capillare” in base alle caratteristiche delle singole strade. L’articolo a cui la delibera del MIT fa riferimento sancisce che ogni città può cambiare i limiti di velocità “in determinate strade e tratti di strada” che ritiene essere dotate di caratteristiche “costruttive e funzionali” che lo consentano. Nello specifico, secondo il MIT, la riduzione dei limiti di velocità dovrebbe circoscriversi a quelle strade in cui si registrano “l’assenza di marciapiedi”, “anormali restringimenti”, “pendenze elevate”, “andamenti planimetrici tortuosi” come quelli del centro città, e, ancora, tratti particolarmente pericolosi o luoghi per loro natura sensibili come scuole, parchi gioco o posti “a frequenza di ingressi e uscite carrabili da fabbriche”.

Città30, i principali vantaggi e svantaggi della misura: la questione ambientale

Al di là delle questioni legislative a fare discutere sono anche quelle di merito. Uno dei punti fondamentali portati avanti da tutti i promotori di un limite di velocità ridotto è quello del minor impatto ambientale, screditato dai critici della proposta. Questi, per avvalorare le proprie tesi, fanno principalmente riferimento a un grafico fornito da uno studio dell’ISTAT che rileva come a velocità costante le emissioni di un qualsiasi modello di automobile siano maggiori a 30 chilometri orari rispetto che a 50; ma appunto, a velocità costante. Se è vero che, tenendo una velocità più alta, una macchina inquina di meno, è vero anche che un’automobile in città non viaggia a velocità fissa, ma è caratterizzata da quello stile di guida che il gergo inglese chiama stop and go, che noi definiremmo più semplicemente “a scatti”. In aggiunta a ciò, va rilevato anche che “limite di 30 chilometri orari” non significa automaticamente “viaggiare con una velocità di 30 chilometri orari”. In città le automobili raggiungono raramente il chilometraggio orario imposto dal limite, perché la loro velocità di viaggio dipende da innumerevoli fattori che impediscono alle vetture di muoversi a passo sostenuto; a tal proposito i dati di datamobility mostrano come nelle strade delle città italiane si viaggi in media attorno ai 22/24 chilometri orari, e suggeriscono anche che una diminuzione della velocità massima aiuterebbe a combattere il fenomeno di congestione stradale.

Un elemento legato a quest’ultimo punto usato dai critici di Città 30 è proprio quello del traffico, e conseguentemente della maggiore permanenza delle automobili in strada, a causa della quale si verificherebbero un aumento delle emissioni di gas inquinanti, e maggiore spreco. Cionondimeno, stando a uno studio condotto dall’Università di Atene una diminuzione del limite di velocità porterebbe a un aumento irrisorio del tempo di percorrenza (circa il 3%), analisi sottoscritta dal centro di monitoraggio londinese Transport for London (TFL), secondo cui l’aumento del tempo di viaggio (che secondo loro ammonterebbe a circa il 7%) non porterebbe ad alcun incremento delle emissioni, e aiuterebbe a far fluire meglio il traffico. Secondo gli studi scientifici la migliore viabilità in strada ridurrebbe frenate e accelerazioni e così facendo porterebbe a una riduzione delle emissioni e dei consumi; a tal proposito va sottolineato come l’intera letteratura scientifica sia d’accordo con il fatto che porre un limite di velocità urbana più basso avrebbe un impatto positivo sull’ambiente, che se implementato con un piano urbanistico adeguato potrebbe toccare una riduzione del 10% delle emissioni, come nel caso di Anversa in Belgio. Dalle varie analisi, quello che emerge è che, più che l’abbassamento del limite in sé e per sé, ciò che porterebbe a un aumento dell’impatto sarebbe l’eventuale mancanza di misure di implementazione urbanistica da affiancare alla riduzione di velocità.

Città30, i principali vantaggi e svantaggi della misura: la sicurezza

Il vantaggio principale che una misura come quella di Città 30 apporterebbe secondo Lepore è quello della sicurezza. La tesi secondo cui un limite di velocità inferiore aumenterebbe la sicurezza nelle strade si basa sulla presunta autoevidente equazione più lento = meno pericoloso, e porta avanti l’argomentazione secondo cui la velocità è una delle cause più frequenti degli incidenti stradali. I critici dell’iniziativa sostengono invece che andando più piano si creerebbe più traffico, aumentando dunque la possibilità di incidenti, ma come si è visto non è affatto vero che imponendo un limite di 30 chilometri orari si alimenterebbe automaticamente il fenomeno della congestione stradale. L’incidenza del fattore velocità, invece, è un elemento confermato dai più recenti dati ISTAT, che riportano come i comportamenti errati alla guida che più portano a causare incidenti sono “la distrazione, il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata”. Quest’ultima si colloca al terzo posto nella classifica delle cause più frequenti di incidenti in Italia, con una percentuale del 9,3%, e la maggior parte degli incidenti si verifica proprio nelle strade urbane, arrivando a toccare quota 73,4%.

Per quanto riguarda i morti il quadro è molto più complesso. Gli stessi dati ISTAT mostrano come le vittime in città siano inferiori a quelle che si registrano nelle strade “Statali, Regionali e Provinciali fuori dall’abitato e Comunali extraurbane”, soprattutto se le si mette in rapporto agli incidenti, circa 1 su 91 in città contro 1 su 23 fuori. Questa disparità nel rapporto si riduce drasticamente se si restringe il campo alle città più grandi e popolose d’Italia: nelle grandi città, infatti, il numero di morti nelle strade urbane supera quello nelle strade extra-urbane, e il numero delle vittime scende a 1 su 120 incidenti, contro 1 su 55 sulle strade extraurbane. Se si parla di vittime, vale la pena sottolineare come l’ISTAT ponga sotto la categoria delle “strade urbane” anche le “Statali, Regionali e Provinciali all’interno del centro abitato”, dove con ogni probabilità il limite di 30 chilometri orari non si applicherebbe e dove generalmente si viaggia a velocità più sostenuta. Questo comporta che il numero di morti nelle strade cittadine intese in senso stretto è in verità inferiore rispetto a quanto emerga dai dati, anche se ciò non significa che se l’obiettivo a cui si punta è quello di “zero morti”, Città 30 non possa apportare vantaggi.

Generalmente parlando, la maggior parte degli studi apparsi in riviste scientifiche (e non) è concorde con il fatto che ridurre il limite della velocità nelle strade urbane diminuirebbe anche il numero degli incidenti e dei morti: pare infatti abbastanza comprovato che la possibilità di morte in un incidente a 30 chilometri orari sia di circa il 10%, mentre quella a 50 chilometri orari sia pari a circa l’80%. A ciò si deve aggiungere il fatto che riducendo la velocità diminuirebbero parallelamente anche i fattori di distrazione, garantendo un migliore stile di guida. Se si guarda alla città di Londra, secondo il report di TFL, tanto il numero di collisioni quanto quello di incidenti mortali è diminuito del 25%, il numero di incidenti che hanno coinvolto soggetti deboli (tra cui veicoli a due ruote e pedoni) è diminuito del 36% mentre quello dei pedoni rimasti vittima di incidenti è calato del 63%.

Di fronte a questi inequivocabili dati, ci sono quelli diametralmente opposti di Olbia, in cui i morti nelle strade urbane sono aumentati, così come gli incidenti. Nonostante il numero di morti (pari a 3) sia talmente basso da non potere fare davvero statistica, non si può dire lo stesso sugli incidenti non letali, che dal 2021 al 2022 hanno registrato un aumento piuttosto considerevole pari a circa il 16%.

Il caso di Bologna e i vantaggi collaterali

I motivi per cui si registra una forte disparità tra Londra e Olbia nonostante i dati forniti dagli studi scientifici sono numerosi. Ciascuno di essi tuttavia potrebbe ridursi a un unico generale principio che è quello dell’aderenza dell’attuazione di un sistema di riduzione della velocità con il territorio entro cui esso si applica.

Città 30 non può significare solo “andare più piano”, e se così fosse mancherebbe completamente il proprio obiettivo, rischiando addirittura di portare più danni che vantaggi. Il ripensamento dell’intera area urbana è forse il punto di maggiore rilevanza in un piano che punta a ridurre i limiti di chilometraggio orario, ma per attuarlo, si deve agire sulle strade con un approccio totalizzante: si deve insomma anche creare maggiori isole di sicurezza, rotatorie, dossi, disegnare strade che favoriscano la viabilità e la fruizione del traffico, e infine fornire alternative alla macchina, disincentivandone l’uso, e allo stesso tempo incentivando il ricorso a mezzi più sostenibili e meno impattanti. Molti dei vantaggi di Città 30 si fondano infatti sul principio che sempre meno persone facciano uso dell’automobile, restituendo alla città e ai suoi abitanti i loro spazi, e puntando all’ideale di eliminare o quanto meno ridurre al necessario, l’utilizzo di mezzi di trasporto individuali così tanto ingombranti. Perché un simile piano abbia effetto è necessario ampliare i marciapiedi, creare isole pedonali, aumentare il numero di piste ciclabili, e soprattutto infittire la rete di trasporto collettivo. Una vera Città 30, in sintesi, vuole ed è tenuta a risignificare interamente il tessuto urbano.

A Bologna il Sindaco Lepore ha promosso numerose iniziative da porre in parallelo con Città 30. Nel corso degli anni sono stati portati avanti lavori per aumentare il numero di piazze e isole pedonali, soprattutto in luoghi sensibili come le scuole; per implementare la rete ciclabile della città, che a oggi conta circa 220km totali di strada; per creare isole stradali che non solo mettessero in sicurezza i pedoni, ma che diminuissero il rischio di incidente eliminando le curve troppo strette; e infine per migliorare il trasporto pubblico. Questo tuttavia non significa che sia tutto perfetto. Nelle grandi città europee che hanno promosso la riduzione dei limiti di velocità, le reti di trasporto pubblico contano numerose alternative e arrivano a toccare anche centri in provincia (si pensi all’immensa metropolitana di Londra, che conta 272 stazioni per 11 linee e 402 chilometri, quasi il doppio della distanza che separa Roma e Napoli) e le piste ciclabili sono sparse in tutta la città (l’esempio più noto è sicuramente Amsterdam, con i suoi 400 chilometri di ciclabile).

A Bologna si contano 75 linee urbane e suburbane (contando le notturne), non esiste una metropolitana, e il sistema tranviario, che con le sue 4 linee dovrebbe funzionare da alternativa bolognese alla metropolitana, è ancora in fase di costruzione, e fa decisamente fatica a tenere il passo, tanto che il piano di costruzione è stato adottato nel 2018, ma i lavori sono iniziati solo lo scorso aprile e sono ancora circoscritti a una sola delle quattro linee, che dovrebbe venire ultimata nel 2026. Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile di Bologna prevede parecchie iniziative da porre in parallelo al progetto di Città 30, ma ha bisogno ancora di ulteriori interventi perché possa risultare efficace e portare a un autentico ripensamento degli spazi urbani.

Gli elementi da considerare sono molteplici e non si può ancora sapere con certezza se, preso tutto insieme, il sistema bolognese sarà capace di far fronte ai bisogni della città portando allo stesso tempo avanti un serio miglioramento delle condizioni abitative dei cittadini. I vantaggi di una Città 30 in condizioni ideali, considerati al di là di ogni colore politico, sono fuori discussione, ma ogni città fa caso a sé. Bologna non è Londra, ma non è neanche Olbia: sta all’amministrazione provare di essere all’altezza delle aspettative.

[di Dario Lucisano]

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25 Commenti

  1. Posso dire che in generale non capisco tutto questo astio? Concordo sul fatto che servirebbero più infrastrutture di mobilità sostenibile, questo sì, e ciclabili vere. Ma il limite a 30 secondo me tange solo chi non è in grado di uscire dalla sua zona di comfort riguardo al trasporto. Io l’ho fatto felicemente da ormai quattro anni, e l’automobile la uso solamente per quei pochi spostamenti annuali in zone davvero scomode o a orari poco conciliabili con altri mezzi, oppure che necessitano di trasporto merci. Ed ogni volta che la riprendo in mano mi irrito in breve per quanto traffico ci sia, dato perlopiù da persone troppo comodose per fare altre scelte e da quante persone guidino male. La conseguenza è che sono felice di riprendere subito bicicletta (principalmente) piedi e mezzi pubblici, con qualsiasi stagione e tempo atmosferico, dove l’unico svantaggio è effettivamente l’inadeguatezza delle infrastrutture, fatte spesso solo per fare statistica che non per fornire un vero servizio, ed usate spesso male.

  2. Si tratta, come sempre negli ultimi anni, di un misto di banale buon senso, condito da un’enorme dose di ideologia. Anziché puntare sulla responsabilità individuale dei cittadini e la loro educazione civica si preferisce introdurre divieti estesi e assoluti, appoggiandosi senza alcuna logica ad esempi di altre città spesso paesoni di provincia che hanno un contesto completamente diverso sia dal punto di vista urbanistico che storico.Del resto Bologna è una citta che desidera un modello cinese di distribuzione di punti premio ai cittadini “virtuosi”. E qui il cerchio si chiude. Un sindaco alla moda si trova sempre…per far cassa di voti delle ingenue giovani generazioni.

  3. Assolutamente crontaria a questa imposizione del limite assurdo di 30km/h. Esistono diversi modi per moderare la velocità su strade particolari frequentate da pedoni.
    Auspico invece di veder staccare multe a ciclisti che, in presenza di una ciclabile, invadono comunque la strada. Preparerò una torta al vigile che avrà il coraggio di multare chi sfreccia come un pazzo su un monopattino elettrico (magari pure in due e senza luci!!!) superando limite previsto per le ciclabili

  4. I Pastafariani hanno chiarito, una volte per tutte, cosa sia la statistica e come funzioni. Sostengono infatti che l’aumento di CO2 nell’atmosfera è inversamente proporzionale al numero dei Pirati viventi sul pianeta. Grafici alla mano è tutto sorprendentemente vero, esatto e scientifico. Oppure no? 🙂 I commenti a questo triste articolo sembrano confermare l’ipotesi pastafariana, che è ovviamente una presa in giro dello scientismo così di moda.

  5. Per fortuna leggo molti commenti in sintonia con quanto mi accingo a scrivere.
    Trovo l’impostazione di questo articolo molto simile a quelli che il cosiddetto mainstream ci ha fornito, e continua a farlo sui vaccini, il lockdown e il greenpass.
    “Recenti studi” hanno dimostrato che…
    Ecco, trovo queso uso degli studi e relativi dati statistici, usato come passpartout per accreditare qualunque tesi, totalmente errato e fuorviante.
    I dati statistici, come mi spiegò tannti anni fa un mio amico che insegnava, guarda caso, statistica all’università, non dicono nulla rispetto al macrodato finale.
    Ma ci dicono molto di tutti quegli elementi interni che il dato finale hanno contribuito a calcolare.
    Ciò significa dunque che ogni singola statistica va contestualizzata e studiata nei dettagli.
    Quando in questo articolo si riportano dati sulla velocità a 30 km orari, studiati e calcolati in Germania negli anni ’80, o dell’austriaca Graz, prima città nel 1992 a sperimentare il limite a 30 Km sull’80% del territorio, non si sta facendo alcuna opera di informazione. Al contrario si tende a mistificare la realtà.
    Perché mi sembra ovvio che ogni contesto urbano sia estremamente variabile, così come il periodo storico in cui certi studi sono stati effettuati.
    Dunque portare certe eventuali conseguenze positive dagli esperimenti fatti, in specifici luoghi e circostanze, non porta alcuna prova della generale ed incondizionata efficacia di certi provvedimenti, disposti indifferentemente in ogni luogo urbano di qualunque paese.
    Quando poi vengono riportati i dati di Londra, una delle città urbanisticamente più attrezzate e organizzate, con, tra le altre cose, una rete di metropolitane capillare, con cui muoversi praticamente ovunque nella città e anche in zone extraurbane, come l’aeroporto di Heathrow ad esempio,
    questo vuol dire affrontare con grande superficialità l’utilizzo di certi dati. Niente affatto probanti.
    Inoltre vorrei far riflettere l’autore dell’articolo su quanto scrive ad un certo punto rilevando quanto segue: uno studio dell’ISTAT rileva come a velocità costante le emissioni di un qualsiasi modello di automobile siano maggiori a 30 chilometri orari rispetto che a 50. Poi però obietta che in realtà nelle nostre strade la velocità non è costante, ma assai variabile, con quell’andatura definita Stop and Go, a scatti. Benissimo. E proprio per questo con il limite fissato a 30 km, queste andature a scatti verrebbero eliminate, stabilendo, appunto, una costante di velocità a 30 Km orari. Quella che è stato dimostrato risulterebbe più inquinante di una velocità costante superiore.
    Vorrei chiedere poi, sempre all’autore dell’articolo, se ha mai provato a far circolare la sua automobile a 30 all’ora in città.
    E se, qualora lo avesse fatto, la ritenesse una andatura accettabile per lo spostamento urbano. Non in una città di 30.000 abitanti, ma in una metropoli come Roma, ad esempio. Dove io vivo.
    E se questa andatura avesse forse un anche debolissimo senso alle ore 13, potrebbe ancora averne alle 23 della sera? Dove persino a Roma la circolazione risulta molto più agevole?
    Senonché pongo un’ultima riflessione: cosa ne sarebbe della efficienza del motore della maggior parte delle macchine, di qualunque cilindrata, quando, dopo un lasso di tempo, avessero costantemente utilizzato le medesime a non più di 30 km orari? A causa dei, quali se si riesce ad innestare la 3a marcia si è già dei campioni della guida. E così facendo siamo certi che risparmieremmo sui consumi?
    Cerchiamo di risolvere il problema affrontando seriamente i veri nodi da sciogliere.
    Operiamo affinche le infrastrutture stradali, la viabilità, i messi di trasporto pubblici, possano essere ad un livello avanzato di affidabilità e funzionalità.
    Noi cittadini non siamo stupidi. Se ci fosse permesso di muoverci agevolmente in città, come avviene ad esempio nella a spoposito citata Londra, faremmo volentieri a meno delle nostre vetture private. Alle quali destineremmo un uso al di fuori dei consueti spostamenti lavorativi o di altre quotidiane necessità.
    E per favore non nominiamo invano il nome delle piste ciclabili, come fossero la panacea di tutti i mali.
    Anche in quel caso prima si risolvono i problemi di viabilità e poi eventualmente si inizia a costruire una rete ciclabile.
    Tenendo conto comunque che non tutte le città si sviluppano su un territorio piano come Bologna.
    Roma, ad esempio, con i suoi colli e colline varie, non è una città dove, se vifosse sviluppata una rete cicalbile estesa, potrebbe essere fruita da chiunque.

  6. Come ha detto qualcuno le statistiche sono come il bikini: fanno vedere tutto tranne l’essenziale, e l’essenziale è che, la sinistra, la prima cosa che fa é proibire e mettere divieti, contemporaneamente farci cassa, e portare avanti surrettiziamente, mascherandola da soluzione green per la sicurezza dei cittadini, l’idea delle città da 15 minuti, ossia le gabbie che è tutto quello che ci si puó aspettare nel regno della sinistra asservita al capitale dominante sovranazionale

  7. Un’analisi statistica sui limiti ha senso se quei limiti si rispettano. I dati di Londra possono essere dati affidabili perchè, conoscendo i Londinesi in prima persona, so che quei limiti li rispettano. Se dovessimo prendere il caso Olbia mi piacerebbe vedere quanti vanno veramente sotto i 30. Allora magari ci si accorge che non è una questione di limiti ma di farli rispettare. Se io andassi sempre ai limiti di velocità mi troverei sempre un’auto dietro che ti sta addosso e ti sfanala. Mi è capitato in autostrada, limite a 60 per lavori in corso, io sono andato a 60 ed un camion mi ha sfanalato e suonato per tutto il tempo come per dire “certo che c’è il limite ma è ridicolo quindi vai”. Il limite di 50 all’ora in città è più che accettabile. Ho voluto fare una prova, prima di muovermi in città ho messo il limitatore a 50 km, sapete che per tutto il tragitto il limitatore non è quasi mai partito? Puoi andare a 50 o a 30 ma devi ricordarti che alle strisce pedonali si rallenta a prescindere, che i pedoni hanno la precedenza, che non si guida col cellulare in mano mandando messaggi vocali. Questi sono i veri motivi per cui ci sono gli incidenti.

  8. La chiave è tutta qui “Nelle grandi città europee che hanno promosso la riduzione dei limiti di velocità, le reti di trasporto pubblico contano numerose alternative ” a Bologna, dove vivo, è stato prima imposto la riduzione delle strade per introdurre 220 Km di piste ciclabili che ha diminuito moltissimo la scorrevolezza, ora introdotto il limite dei 30 e solo DOPO si sta pensando di attuare alternative per l’uso del trasporto pubblico. E’ ovvio che se vi fosse stato il metrò oppure un sistema tramviario funzionante sarebbe stato diverso, ma fare prima le restrizioni e poi pensare alle soluzioni per ritornare alla scorrevolezza di prima (da un paio di anni il mio tragitto casa-lavoro è passato da 20 min a 30 min) non evidenzia una grande strategia. Prima si mettono i cittadini in condizione di usare alternative POI si fanno le opportune restrizioni.

  9. Qualsiasi discussione diventa pura demagogia se prima di tutto non avviene un potenziamento della rete pubblica dei trasporti. Parlo pensando a qualsiasi città e non solo a Bologna. Avendo una rete di trasporti efficiente, anche di superficie, si può parlare di qualsiasi proposta anche dell’eliminazione delle auto private in città. Quando parlo di rete efficiente immagino un mezzo che passa ogni 2 o 3 minuti e mi porti in 5 o 10 minuti a destinazione. Il primo passo è la rete dei trasporti pubblica, qualsiasi altro discorso o applicazione di regole non va bene e mira ad altri scopi che non sono ambiente, incidenti etc..

  10. Sono cresciuto a Bologna. Mi rattrista molto un articolo dell’Indipendente che desidera fare il punto sui pro ed i contro senza valutarne diversi e fondamentali. Chiunque non valuti a tavolino ma viva la città sa perfettamente che i 50 km sono ampiamente più che sufficienti, se rispettati, per avere tempo a sufficienza per evitare incidenti. Andrebbe esaminato con cura se al riduzione degli incidenti è associato a nuovi cartelli (limite 30) o ai nuovi controlli. Se si rispettasse i 50 non ci sarebbe bisogno dei 30. Ovviamente benissimo quel limite in aree particolari: pedonali, scuole etc. per carità. Continuare a citare la velocità media intorno ai 20 km/h è imbarazzante. Essa è sicuramente vera in orari di punto non certo alla sera ad esempio. Quindi quello che si contesta quindi non è i 30 a prescindere, ma l’avere imposto un limite in modo indiscriminato in termini di zone ed orari, facendo alla fine pagare il tutto ai cittadini ed imprese: ritardi nell’andare al lavoro, ristrutturazione della logistica, prevedibile aumento dei costi degli interventi degli artigiani. Se si vuole una città “del futuro” si parta prima dai servizi, affinchè non ci sia bisogno o quasi della macchina. Da ragazzo il mio autobus passava alla mattina (non in orario di punto) con frequenza non oltre 15 minuti, ora 40 minuti.

    • Mi ritrovo assolutamente d’accordo con questo commento! Il rispetto del limite dei 50 ed il guidare con attenzione e buon senso sono di per se’ più che sufficienti ad evitare incidenti. Ovviamente sono anche io concorde nell’ ammettere che è più che giusto che alcune aree abbiano il limite di 30 km (in prossimità di scuole ed ospedali per esempio). Mi permetto di aggiungere una riflessione personale:
      Ciò che ho spesso riscontrato in molte città è una sincronizzazione dei semafori errata per cui se procedo con la guida ai 50 km o sotto il limite immancabilmente in un corso prenderò tutti i semafori rossi, se invece “si corre” oltre il limite si riesce a percorrere il corso in onda verde; ora io non sono un esperto di regolamentazione stradale, ma reputo che una sincronizzazione intelligente dei semafori potrebbe garantire una circolazione in sicurezza disincentivando il superamento del limite di velocità in quanto risulterebbe inutile.

  11. Mi sembra solo una mossa propagandistica e irritante tipica del nostro paese. Il problema è sempre quello: Idea utopica e bellissima ma la sua “messa a terra” scandalosa. Non si forniscono le infrastrutture adeguate per fare a meno della vettura e non si abbassano i costi dei mezzi pubblici ma s’impone al cittadino l’ennesima restrizione per convincerlo (costringerlo) a non usare la macchina. Tutto questo, riempito da una valanga di autovelox ad ogni angolo pronti a multarti perchè fai i 33kmh (e fare cassa) mentre stai cercando di evitare l’ennesima voragine su strade sempre più simili a mulattiere del ’15 ’18.
    Allora mi domando: quando è EVIDENTE che sia lo STATO il primo problema di ogni cittadino di questo paese, come sì può affrontare un argomento senza pregiudizi?

  12. Pregiatissimo Sindaco,
    in merito alla città 30 attuata per la salute del cittadino nonché alle ripetute citazioni di esempi per città come Londra, Copenaghen ed altre, sono a ricordarle che queste città prima hanno realizzato i servizi di trasporto funzionali e funzionanti poi hanno fatto le eventuali limitazioni e sanzioni.
    Bologna invece, prima ha speso nel Civis, poi ha speso nel People Mover (soldi buttati in entrambi i casi), poi ha aperto un numero inverosimile di cantieri che ostacolano al massimo la mobilità di chi è passato dall’euro 0 al 6 in meno di 20anni (a proprie spese).
    Allo stesso tempo le vorrei ricordare come l’aeroporto di Bologna nel 2023 con 9.960.205 passeggeri, è stato il sesto aeroporto italiano per traffico passeggeri. I passeggeri su voli nazionali sono stati 2.438.699, in crescita del 10,0% sul 2022, mentre i passeggeri su voli internazionali sono stati 7.521.506, in aumento del 20,0% sul 2022: immagino che tutti questi voli siano ad emissioni zero come quelli papali?
    Vorrei inoltre conoscere quante sanzioni sono state elevate a ciclisti che transitano senza alcuna luce nelle ore di buio. Che passano col rosso e circolano contromano. Quante sanzioni sono state elevate a monopattini che sfrecciano sui marciapiedi, sulle strisce pedonali, in contromano e privi di illuminazione notturna.
    Pregiatissimo Sindaco, anche controllare queste infrazioni sarebbe compito della Polizia Municipale (pagata con i soldi dei cittadini) e di interesse per la salute pubblica, gentilmente ci spiega perché fermano e sanzionano solo gli automobilisti/motociclisti?
    I dati ci sono e sono pubblici.
    Fare cassa sugli automobilisti/motociclisti per recuperare il bagno di sangue di Farinetti & Company con FICO … è una cosa, la salute pubblica è un’altra! Buon Lavoro

  13. Penso che gli incidenti avvengano molto spesso per concorso di colpa. La causa principale e di fondo è sempre la distrazione. Distrazione che non è solo di chi è alla guida ma di ogni utente della strada compresi pedoni, ciclisti, motociclisti.
    Noto sempre più spesso l’intenzione di deresponsabilizzare il singolo, credendo di fare il bene della popolazione quando invece la si porta a non vivere.

    Uno dei luoghi dove avvengono più incidenti è l’ambito casalingo.

    Tutto sto aflato di occuparsi dei più deboli molto spesso nasconde altre mire e altre motivazioni che non sarebbero accettabili se dichiarate palesemente. Il concetto è creare gabbie sempre più strette per inquadrare la società e condizionarla. Dai 30 km orari alla città a 15 minuti in cui non puoi uscire dal tuo recinto, il passo è breve.

  14. Bolognese. Con città 30 arrivo sempre in ritardo al lavoro con grave pregiudizio. Mia figlia per andare a scuola un tratto di 5 km in autobus lo percorre
    in un ora, anziché nei 30 minuti precedente(già un’enormità). E non ditemi che se sto 20 minuti in più in macchina inquino meno; non servono gli schemini per capire il maggior inquinamento che crea.
    Alla guida sono più nervosa e distratta. Per evitare le strade in cui fanno controlli, gli automobilisti si immettono in massa solo in alcune strade, incrementando gli incidenti.
    A Bologna il trasporto pubblico è fallimentare; le piste ciclabili dichiarate sono strisce in mezzo alla strada per amanti degli sport pericolosi o aspiranti suicidi.
    Paragonare Londra o Parigi dotate di un sistema di metro/bus di particolare efficenza a Bologna è risibile .. è molto ingenuo…
    Citta 30 un incubo

  15. Ah, le statistiche, com’è facile usarle per dimostrare tutto e il suo contrario! Mi hanno fatto venire in mente una frase famosa (sono andato a vederla, non me la ricordavo mica a memoria): “Se vuoi ispirare fiducia, dai molti dati statistici. Non importa che siano esatti, neppure che siano comprensibili. Basta che siano in quantità sufficiente”.
    (Lewis Carroll)
    Non ho capito che fine ha fatto l’elenco degli svantaggi promessi all’inizio dell’articolo…Olbia, e basta, tutto qui?

  16. E’ giusto affrontare il tema senza pregiudizi.
    Ma si sarebbe dovuto affrontare PRIMA di implementare i limiti, coinvolgere la cittadinanza e soprattutto attuare il piano insieme a tutte le misure di ripensamento urbano indicate nell’articolo. Il caso di Olbia è illuminante.
    Il soggetto da criticare non è il limite dei 30 km/h, sul quale non sono d’accordo, piuttosto la modalità che come al solito non prende in considerazione tanto il senso del servizio quanto altri interessi.
    Cui prodest? Al momento soltanto al comune di Bologna che può fare propaganda green con il minimo di investimento e con il massimo di ricavo dalle multe comminate. Difficile pensarla in termini diversi.

    • Gli obiettivi virtuosi sono ovviamente degli specchietti per le allodole. Nessuno può essere credibile se inserisce a bilancio preventivo i proventi delle sanzioni. Se tutti diventassero virtuosi ci sarebbe un buco nel bilancio?
      I dati, ai quali ho dato un’occhiata, ovviamente possono essere tirati da tutte le parti. La maggior parte di incidenti e di incidenti mortali, ovviamente, non avviene sulle strade urbane.
      Poi che la viabilità nelle città medievali come Bologna sia un caos è un dato di fatto. Ma Se vogliono investire sulla riduzione dell’inquinamento [che uccide molto di più degli incidenti!] è un gioco da ragazzi: trasporto pubblico gratuito o a prezzi politici, limiti negli spostamenti ‘inutili’, occhio di riguardo per i lavoratori. C’è anche da dire che Bologna soffre di due fattori sui quali i 30 possono incidere ben poco: pianura padana, cioè la camera a gas europea e il nodo autostradale più trafficato del paese a ridosso della città. I 30 sono come un’aspirina per il trattamento di una malattia terminale

    • Concordo, il punto è proprio questo. PRIMA si forniscono servizi pubblici adeguati che siano di alternativa all’utilizzo dell’auto, e dopo si aumentano limiti e divieti. Purtroppo nel nostro Paese invece l’unica cosa che sono capaci di fare è mettere divieti, null’altro, visto anche che governo e comuni non possono spendere per via dei limiti imposti da Bruxelles.

  17. Temo ci sia un po’ di confusione, specie sugli incidenti mortali extra e intraurbani. Anche perché avrebbe senso fare un confronto normalizzando in funzione del numero di kilometri e di vetture per anno, non solo rapportare al numero di morti per incidente!
    Infine ”pare infatti abbastanza comprovato che la possibilità di morte in un incidente a 30 chilometri orari sia di circa il 10%, mentre quella a 50 chilometri orari sia pari a circa l’80%” è un po’ surreale! Scritto così sembra che ogni 10 incidenti a 30 km c’è un morto. Ogni 10 ai 50 km/ho: 8 morti! Un massacro 😉

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