domenica 19 Gennaio 2025

Voci palestinesi sul cessate il fuoco di Gaza

TULKAREM, CISGIORDANIA OCCUPATA – «Inshallah, finalmente. Basta guerra a Gaza, il cessate il fuoco è più che benvenuto» dice Abed, un cittadino di Tulkarem a L’Indipendente. In pochi sono scesi per strada all’annuncio del cessate il fuoco a Gaza dopo 15 mesi di massacri in Cisgiordania. Un po’ di persone si sono radunate a Ramallah, qualche fuoco d’artificio è esploso a Betlemme, ma le piazze della maggior parte delle città palestinesi sono rimaste silenziose. Eppure, tutti sono contenti: Gaza forse potrà tornare a respirare. «Qui non si festeggia a causa della situazione. La guerra non è ancora finita, né a Gaza dove le bombe continuano a cadere, né qui», conferma Abed. «A Jenin hanno appena ucciso 12 persone. Gli attacchi dei coloni e dell’esercito sono quotidiani in tutto il territorio.»

Il massacro dei civili, infatti, continua: sono centinaia le persone uccise, nonostante l’accordo firmato a Doha, come a voler confermare l’intenzione di Tel Aviv di portare avanti una pulizia etnica fino all’ultimo minuto consentito. Il cessate il fuoco è effettivo da oggi: ora, forse, anche in Cisgiordania si potrà ricominciare a festeggiare. Nonostante qui invece, la guerra sembri destinata a continuare. «Il cessate il fuoco è una grande vittoria. Ha preso molto tempo, è costato molto sangue, ma c’è stata pazienza. È un grande cambio: il mondo aveva dimenticato la Palestina. Ora ha aperto gli occhi» dice Shireen, abitante del campo profughi di Tulkarem, a L’Indipendente. «Abbiamo perso molte persone a Gaza, e anche qui in Cisgiordania» dice Ibrahim, studente d’inglese del campo profughi di Nur Shams. «Il 7 ottobre hanno detto che avrebbero distrutto Hamas. Invece adesso hanno chiesto ad Hamas gli ostaggi indietro e libereranno molti prigionieri palestinesi. È una vittoria. L’opinione e i discorsi della resistenza a Gaza non sono cambiati nei mesi: per me, questa guerra, l’ha vinta Hamas».

Abitazioni dalle bombe israeliane, campo profughi di Tulkarem

Anche Mahmoud, 25 anni, la pensa così. «È una vittoria per la Palestina. E per Hamas. Sono riusciti ad obbligare Tel Aviv a un accordo che sembra migliore di quello che Israele aveva rifiutato mesi fa», dice, «dovrebbero rilasciare più prigionieri». Il numero di fatto è ancora incerto: pare che nella prima fase dell’accordo Israele dovrebbe liberare almeno 830 prigionieri palestinesi (tra cui 95 donne e bambini), in cambio di 33 ostaggi detenuti da Hamas. Anche decine di prigionieri condannati all’ergastolo verranno rilasciati, tra cui alcuni personaggi molto amati e conosciuti, come Zakaria Zubeidi, ex comandante delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa a Jenin e protagonista della seconda Intifada palestinese, oltre a 1167 palestinesi della Striscia di Gaza arrestati durante l’offensiva di terra israeliana. «Preghiamo da giorni che anche nostro figlio venga liberato», riporta Ahmad a L’Indipendente. Lui e sua moglie sono stretti nell’attesa e nella speranza di poter riabbracciare il figlio Ibrahim, condannato a 15 anni di carcere perché membro della resistenza nelle Brigate di Tulkarem. «Metà delle famiglie palestinesi sono nella nostra situazione», dice riassumendo la realtà detentiva che opprime quasi tutte le famiglie palestinesi in Cisgiordania. «Inshallah!». I primi prigionieri dovrebbero venire rilasciati a partire da oggi stesso.

La felicità per la fine della guerra e per la liberazione dei detenuti è forte, nonostante il prezzo pagato sia stato altissimo. Ma molti degli intervistati non negano la preoccupazione per il futuro della Cisgiordania. «Tutti lo sanno qui in Cisgiordania. Arrivano i nostri giorni peggiori», dice Ibrahim. «Ovviamente siamo contenti per tutti i cessate il fuoco. Quello in Libano, quello a Gaza… ma qui in Cisgiordania non c’è nessun cessate il fuoco. Cercheranno di finire la resistenza e andare avanti con il loro progetto coloniale. Con Trump al potere che supporta le colonie, parlano già di migliaia di nuovi coloni… Arrivano i giorni peggiori di sempre qui». Non nasconde l’inquietudine. «Prima l’esercito israeliano era impegnato in Libano, Yemen, Iran, Gaza… ora con la fine del conflitto in Libano e a Gaza, lo Yemen smetterà di attaccare Israele e gli israeliani si impegneranno ancora di più nel cercare di prendersi la Cisgiordania. Era il loro progetto da decenni». Comunque, afferma di nuovo, «il cessate il fuoco a Gaza è una grande vittoria».

«Il sangue non è finito», dice Shireen. «Ora passeranno di sicuro alla Cisgiordania. E qui abbiamo sia Israele che l’Autorità Palestinese contro di noi», riassume. «Ma siamo pronti. Iniziamo a vedere che siamo più vicini alla libertà». Shireen ha già perso sette membri della sua famiglia a causa dei raid israeliani dal 7 di ottobre. Eppure la speranza si legge nei suoi occhi. «In molti moriranno, ma dipende per cosa si muore. La seconda Intifada è stata dura, ma non come questa. Però adesso vediamo la libertà».

[testo e immagini di Moira Amargi, corrispondente dalla Palestina]

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