Il latte è un alimento straordinario, tanto quello materno quanto quello di provenienza animale. Pensiamo soltanto che il bambino duplica il suo peso nei primi 6 mesi di vita, per poi triplicarlo entro il primo anno di età, soltanto assumendo latte. La crescita e lo sviluppo di cervello, cuore, ossa, muscoli e qualsiasi altro tessuto dell’organismo avviene con la sola assunzione di questo alimento, il cui valore nutrizionale è evidentemente altissimo, tanto da non avere eguali in natura. Ma quello che si acquista al supermercato mantiene tutte le qualità? E, soprattutto, è vero che tra latte fresco e a lunga conservazione (UHT) non c’è differenza come da sempre assicura l’industria alimentare? La verità è che vi sono grandi differenze e il latte a lunga conservazione non solo perde molti nutrienti, ma può anzi rivelarsi dannoso. Vediamo perché.
Il latte e i suoi derivati sono preziosi a livello nutritivo non solo per l’accrescimento dei cuccioli di ogni specie nei primi mesi di vita, ma anche per altre categorie di individui, come ad esempio gli anziani. Con l’avanzare dell’età si tende infatti a perdere massa ossea e muscolare (sarcopenia) e i livelli di alcuni ormoni si riducono drasticamente, con ricadute anche sul metabolismo e con il possibile insorgere di patologie quali diabete, problemi cardiovascolari e tumori. Con un quadro del genere, l’assunzione di latte e derivati (quali formaggi e yogurt) fornisce un valido supporto alla salute.
Fatta tale premessa, è necessario sottolineare che non tutti i prodotti commerciali forniscano tali benefici. Il latte che proviene direttamente dalla mammella della madre, assunto dal neonato senza alcun trattamento fisico o termico intermedio, è l’unico in grado di fornire l’intera gamma di nutrienti e nulla ha a che vedere con il latte confezionato. Si tratta di una discriminante che è bene tenere a mente per regolarsi al meglio nel consumo di questa bevanda.
Parlando, nello specifico, di latte animale vaccino, in commercio ne esistono una gran varietà. Muovendoci in ordine qualitativo decrescente (da quello di migliore qualità fino al peggiore), possiamo elencare:
- il latte crudo (non è pastorizzato in alcun modo);
- il latte fresco (pastorizzato a bassa temperatura);
- il latte microfiltrato (pastorizzato a bassa temperatura);
- il latte Più Giorni e tutti i latti da banco frigo con scadenza da 10 a 21 giorni, tecnicamente chiamati anche latte ESL (Extended Shelf-Life, ovvero latte a scadenza più lunga e pastorizzazione ad alta temperatura)
- il latte UHT, detto anche latte a lunga conservazione (a scaffale, non banco frigo, con scadenza di 90 giorni, pastorizzato a temperatura ultra-elevata).

Latte crudo e latte fresco
Per latte crudo si intende «il prodotto ottenuto mediante secrezione della ghiandola mammaria di animali d’allevamento che non è stato riscaldato a più di 40°C e non è stato sottoposto ad alcun trattamento avente un effetto equivalente».
Il latte crudo, per poter risultare idoneo alla vendita diretta al consumatore finale, non deve aver subito in alcun modo operazioni di sottrazione o addizione di un qualsiasi suo componente naturale (ad esempio, non può essergli stato tolto il grasso, motivo per cui non esistono confezioni di latte crudo parzialmente scremato in commercio, ma solo di latte intero). Deve inoltre essere consumato al più presto e comunque entro 3 giorni dalla messa a disposizione, conservandolo in frigo ad una temperatura tra 0°C e 4°C. Il latte crudo è in vendita soltanto direttamente in fattoria oppure presso i distributori cittadini, presenti in varie province italiane – i quali vendono esclusivamente questo tipo di latte. Per un elenco completo di tutti i distributori in Italia di latte crudo, è possibile visitare il sito Milk Maps, che offre un dettaglio provincia per provincia. Il latte crudo ha grandi benefici e si differenzia dalle altre tipologie di latte vaccino per quanto riguarda i trattamenti subiti dopo la mungitura, i quali gli consentono di mantenere determinate caratteristiche organolettiche e nutrizionali – che, con i trattamenti termici, vanno in gran parte perse. Il prodotto è quindi più genuino, fresco e gustoso. Possiamo – anzi, dobbiamo – considerare questo l’unico vero latte naturale, integro, con tutti i nutrienti inalterati. Purtroppo, questo è anche il latte meno utilizzato in assoluto (almeno in Italia), in quanto non risponde alle esigenze di comodità che il consumatore moderno richiede. Per acquistarlo bisogna infatti recarsi appositamente in fattoria o presso i distributori cittadini, dotati di proprio contenitore, rifornirsi e poi tornare a casa, magari dopo aver fatto diversi chilometri in auto. Scomodo, o comunque meno comodo che entrare al supermercato e acquistare un latte qualsiasi, assieme a tutto il resto della spesa. Inoltre, il latte crudo va consumato al massimo entro 3 giorni dall’apertura della confezione e anche in questo caso molti consumatori storcono il naso, in quanto vorrebbero un prodotto da consumare nell’arco di una settimana o anche più tempo. Per tutti questi motivi i distributori di latte crudo sono ormai in via di dismissione in tante città.
Il latte fresco è un buon compromesso tra un latte crudo e uno pastorizzato ad alte temperature, in quanto è pastorizzato a bassa temperatura, procedimento che gli permette di mantenere gran parte dei nutrienti e delle qualità nutrizionali. Tuttavia, anch’esso ha lo “svantaggio” di non andare troppo incontro alle comodità del consumatore moderno: scade dopo appena 6 giorni e ha un costo superiore rispetto ad altre tipologie di latte di inferiore qualità – come quello Più Giorni o l’UHT. Negli ultimi anni, diverse aziende che producevano il latte fresco hanno smesso di farlo per il calo delle vendite, che costringeva i supermercati (e i produttori stessi) a resi di lotti invenduti e cali di fatturato. Il latte fresco Granarolo, ad esempio, non esiste più dal 2023: la cooperativa bolognese ha infatti eliminato il suo prodotto più classico, decidendo di concentrarsi sul latte “pastorizzato ad alta temperatura”. Una decisione grave, che priva i consumatori dei nutrienti del latte fresco pastorizzato e li spinge verso un prodotto di qualità inferiore.
Latte pastorizzato e a lunga conservazione

Veniamo ora alle tipologie di latte di bassa qualità che sono collegate a problemi di salute proprio a causa dei processi fisico-chimici con cui si altera il latte fresco o il latte crudo: parliamo del latte pastorizzato ad alta temperatura e del latte UHT (Ultra High Temperature). L’industria, per poter fare profitti ingenti, deve fare in modo che i suoi prodotti rimangano in commercio per periodi lunghi: perché ciò avvenga con il latte, questo deve essere trattato al fine di scongiurare la deperibilità (3 giorni per il latte crudo, 6 per quello fresco). Un alimento vivo, ricco di enzimi e di batteri come lo è qualsiasi alimento naturale, che sia vegetale o animale come il latte, è un cibo che ha dei naturali e fisiologici tempi di freschezza e deperibilità. Per evitare la deperibilità le soluzioni a disposizione dell’industria sono due: usare dei conservanti chimici oppure fare dei trattamenti termici che sterilizzano il prodotto. Entrambe le soluzioni comportano una grande perdita di nutrienti e lo sviluppo di sostanze tossiche indesiderate all’interno dell’alimento.
Il latte e i prodotti lattiero-caseari sono solitamente sottoposti a procedure termiche prima di essere commercializzati e consumati. Il trattamento termico è finalizzato a eliminare i batteri patogeni e contaminanti, alcune spore e inattivare gli enzimi. Il trattamento termico induce tuttavia alcune reazioni (dette “di Maillard”) che modificano le proteine, generando prodotti come la furosina e il 5-idrossimetilfurfurale (5-HMF).
Molti altri cambiamenti fisico-chimici si verificano nel latte dopo il processo di pastorizzazione. Tra questi vi sono la degradazione del lattosio in lattulosio e acidi, la denaturazione delle proteine del siero di latte, la defosforilazione e l’idrolisi delle caseine, l’ossidazione dei grassi e la glicazione delle proteine. Tutti rovinano la qualità del latte e creano difficoltà digestive e problemi di allergie e infiammazione intestinale. La reazione di Maillard, per esempio, porta alla perdita di lattosio e aminoacidi essenziali, il che riduce il valore nutrizionale dei prodotti lattiero-caseari. Inoltre, alcuni sottoprodotti della reazione di Maillard sono dannosi per la salute umana, come il 5-HMF che ha citotossicità, mutagenicità indiretta, cancerogenicità, epatotossicità e nefrotossicità. Potrebbe anche ridurre il livello di glutatione cellulare (un antiossidante prodotto direttamente dal nostro organismo) e causare reazioni allergiche. Niente di tutto ciò avviene se si consuma latte crudo o latte fresco.
La realtà dei fatti è che la versione naturale di questo alimento è priva di effetti dannosi e nutre in maniera sana, quella industriale e trattata termicamente, funzionale al bisogno di illusoria comodità e benessere dell’uomo moderno (e all’arricchimento dell’industria) comporta problemi di salute. Inoltre, gran parte del latte UHT in commercio in Italia proviene dall’estero: in questi casi viene sottoposto a un doppio trattamento termico UHT, in quanto, per normativa, si deve pastorizzare prima del trasporto (nello Stato estero) e dopo l’arrivo in Italia, al fine di scongiurare eventuali contaminazioni microbiologiche che possono insorgere nelle fasi di carico, scarico, trasporto e così via.
E mentre in Italia la massa dei consumatori si abbuffa di latte UHT al prezzo inferiore di un euro al litro, in altri Stati, come l’Austria, le persone possono scegliere latte crudo alla spina, pagando il giusto all’allevatore (1,50 euro circa). Tutto questo avviene in un supermercato (Interspar), che normalmente vende moltissimi prodotti sfusi, in confezioni ecosostenibili, per scelta aziendale.
Vivo ad Amsterdam ed ho la fortuna di avere il latte a crudo a 10 minuti di bicicletta. Non c’è paragone rispetto al latte del supermercato, che pure è di qualità superiore a quello italiano
Per chi chiede del latte senza lattosio: purtroppo non esiste in commercio un latte senza lattosio che sia di qualità, nel senso che è sempre pastorizzato ad alta temperatura e inoltre è scremato, non intero. In aggiunta, non è latte che proviene da filiere di qualità come quella del latte fieno. La soluzione? Se siete fortemente intolleranti al lattosio abbandonate il latte e utilizzate semplicemente altri alimenti o altre bevande (ad esempio quelle vegetali, anche se non hanno i nutrienti del latte a dire il vero). In alternativa potete provare anche latticini che sono naturalmente senza lattosio come kefir e yogurt (ma lo sono solo quelli fatti in casa con fermentazione lunga di 12-24 ore. E’ la lunga fermentazione che elimina del tutto il lattosio, mentre lo yogurt e kefir commerciali da supermercato hanno solo 6 ore di fermentazione e una parte del lattosio è ancora presente nel prodotto).
E qual’e’ la situazione con il latte ultrafiltrato????
Ma allora la famosa storia che dopo una certa età si perde l’enzima per digerire il latte è vera o no?
Ma una persona come intollerante al lattosio che latte deve scegliere se non uno delattosato?
da quello che ho capito l’intolleranza si sviluppa a partire da un latte trattato. Comunque se ti produci il kefir in casa come faccio io il problema si risolve, Ovviamente prendendo latte fresco (non ho provato con il crudo)
Purtroppo non esiste in commercio un latte senza lattosio che sia di qualità, nel senso che è sempre pastorizzato ad alta temperatura e inoltre è scremato, non intero. In aggiunta, non è latte che proviene da filiere di qualità come quella del latte fieno. La soluzione? Se siete fortemente intolleranti al lattosio abbandonate il latte e utilizzate semplicemente altri alimenti o altre bevande (ad esempio quelle vegetali, anche se non hanno i nutrienti del latte a dire il vero). In alternativa potete provare anche latticini che sono naturalmente senza lattosio come kefir e yogurt (ma lo sono solo quelli fatti in casa con fermentazione lunga di 12-24 ore. E’ la lunga fermentazione che elimina del tutto il lattosio, mentre lo yogurt e kefir commerciali da supermercato hanno solo 6 ore di fermentazione e una parte del lattosio è ancora presente nel prodotto).